Filippesi 2:6 "il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio.
Egli aveva lasciato una gloriosa esistenza come creatura spirituale nei cieli, dove era vissuto come intimo compagno e collaboratore del Sovrano universale e Re d’eternità. Eppure, mosso da un amore altruistico, Gesù fece ciò che l’apostolo Paolo descrive con queste parole: “Benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. No,
ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo, divenendo simile agli uomini. Per di più, quando si trovò in figura d’uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura”. — Filippesi 2:6-8.
La versione cattolica a cura del Pontificio Istituto Biblico traduce: “Ora egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò un bene da non dover mai rinunziare lo stare alla pari con Dio”.
Traduzioni come queste sono usate per sostenere l’idea che Gesù era uguale a Dio. Ma notate come altre traduzioni rendono questo versetto:
1869: “il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare”. The New Testament, di G. R. Noyes.
1965: “Egli — vera natura divina! — non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso”. Das Neue Testament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.
1968: “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”. La Bibbia Concordata.
1976: “Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire uguale a Dio”. Today’s English Version.
1985: “Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare”. The New Jerusalem Bible.
1987: “il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio”. Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.
Secondo alcuni, però, anche queste traduzioni più accurate implicano che (1) Gesù aveva già tale uguaglianza ma non intendeva aggrapparsi ad essa, o che (2) non aveva bisogno di afferrare tale uguaglianza perché già l’aveva.
A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97) Un’altra opera afferma: “Non troviamo nessun passo in cui ἁρπάζω [harpàzo] o alcuno dei suoi derivati abbia il senso di ‘tenere in possesso’, ‘ritenere’. Sembra invariabilmente significare ‘afferrare’, ‘prendere con violenza’. Non è quindi consentito slittare dal vero significato di ‘afferrare’ a uno totalmente diverso come ‘tenere stretto’”. — The Expositor’s Greek Testament, Grand Rapids 1967, pp. 436, 437.
Da quanto precede è evidente che alcuni traduttori forzano il senso delle parole per sostenere le loro tesi trinitarie. Lungi dal dire che Gesù riteneva appropriato essere uguale a Dio, il testo greco di Filippesi 2:6, se letto obiettivamente, indica proprio il contrario, cioè che Gesù non lo riteneva appropriato.
Il contesto (vv. 3-5, 7, 8, PIB) inoltre aiuta a capire il versetto 6. Ai filippesi fu data questa esortazione: “Ciascuno con umiltà stimi gli altri come superiori a sè”. Paolo menziona quindi Cristo come il massimo esempio di questo atteggiamento mentale: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti, che furono in Cristo Gesù”. Quali “sentimenti”? Il ‘non reputare rapina l’essere uguale a Dio’? No, questo sarebbe stato l’esatto contrario di ciò che Paolo voleva illustrare! Gesù, invece, ‘considerando il Padre superiore a se stesso’, non cercò mai di ‘afferrare l’uguaglianza con Dio’, bensì “si abbassò, facendosi ubbidiente fino alla morte”.
Certo la persona dell’Iddio Onnipotente non poteva fare una cosa simile. Il passo parla di Gesù Cristo, esempio perfetto di quello che Paolo intendeva illustrare, cioè l’importanza dell’umiltà e dell’ubbidienza al proprio Superiore e Creatore, Geova Dio.
Fonte.ti ( Che dire dei passi trinitari?)