00 05/07/2012 12:02



Giuseppe Cordiano, Nozze di Cana, dipinto a olio, monastero di Bose (Biella).

La vite viene presentata nell'Antico Testamento già nelle Genesi, come un bene particolarmente prezioso, simbolo di prosperità e amore di Dio, offerto a Noè dopo il diluvio.
E' poi il Cantico dei Cantici (7,9 – 10) ha confermarci questa versione:
"Mi siano i tuoi seni come i grappoli della vite,
il profumo del tuo respiro come quello dei cedri
e il tuo palato come ottimo vino
che scenda dritto alla mia bocca
e fluisca sulle labbra e sui denti."
Nei Vangeli troviamo diverse parabole con temi ricollegabili al rosso nettare:
- coltivazione della vigna (Matteo 20, 1-16);
- remunerazione degli operai ( Marco 12, 1-12);
- vignaioli omicidi (Matteo 21, 33-39).
Le fonti cristiane citano il vino anche come elemento rappresentante la gioia di vivere. Lo stesso Gesù non disdegna di berlo, e il primo miracolo che compie è la trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana.
Il vino diventa simbolo del sangue di Cristo nell'ultima cena, non è dato sapere quello che venne bevuto, poiché nei Vangeli si parla solo di "frutto della vite", ma si presume fosse di tipo rosso, per la somiglianza al sangue "versato per noi e per tutti in remissione dei peccati".
Sul significato del vino nella messa riportiamo una citazione di Tommaso d'Aquino (predicatore domenicano, sacerdote e dottore della chiesa, autore di molte opere filosofiche e teologiche), che scrisse nel XIII sec.:
"Il sacramento dell'eucaristia può essere celebrato soltanto con il vino della vite… perché il vino fatto con l'uva è in un certo senso l'immagine degli effetti del sacramento: con questo voglio dire la gioia dello spirito, perché sta scritto che il vino rende lieto il cuore dell'uomo."




Alessandro, della potente famiglia Farnese, è passato alla storia come uno dei campioni del più sfrenato nepotismo. Tipo energico, dal portamento aristocratico e di buona cultura, ebbe numerosi figli e fama d’impenitente donnaiolo, tanto da farsi soprannominare “Cardinal della Gonnella”.
Eletto Papa nel 1534, divenne convinto assertore di una riforma della disciplina e dei costumi della Chiesa, rimanendo però legato ai piaceri della tavola. Eccovi alcuni prodotti che si faceva arrivare dai suoi possedimenti: cervi e cinghiali da Castro, fagiani e spigole dall’isola di Bisentina, trote e anguille da Montalto, cipolle e verdure da Gradoli, melaranci da Capodimonte, olio e miele da Canino.
Papa Farnese non fu solo cultore del “buon mangiare”, Bartolomeo Scappi era suo cuoco, ma anche del “buon bere”. Paolo III professava un tale culto per il vino, come ci testimonia il bottigliere pontificio Sante Lancerio , da averne uno per ogni ora del giorno, per ogni mese dell'anno, per quando viaggiava, e per quando si sentiva afflitto dal peso della vecchiaia.
Questa passione per Bacco non gli impedì comunque di convocare il XIX Concilio Ecumenico di Trento allo scopo di ricucire l’unità della Chiesa, dopo lo strappo di Martin Lutero, e sanare la dilagante corruzione.
Papa Farnese fu particolarmente legato a Parma, città nella quale aveva cantato Messa e ricoperto la carica di Vescovo, ed è proprio nella tradizione emiliana che si conserva una ricetta di un tipo di tortellini che pare gli fossero graditi.



Giovanni Bellini - Ebrezza di Noè


Aristofane ne “I cavalieri” dice: “Quando gli uomini bevono diventano ricchi, prosperano gli affari, vincono le cause, sono felici e aiutano gli amici…”.
Nella Bibbia il vino è citato numerose volte, ma la sua prima menzione è nella Genesi, a proposito di Noè che si ubriacò, scoprendone così il sapore e gli effetti.
I greci dedicarono a Dionisio riti e costumi della vendemmia, poiché il dio aveva insegnato agli uomini la coltivazione della vite.
Sin dall’età omerica, nel simposio, il vino seguiva l’ultima pietanza e aveva un ruolo fondamentale per il carattere magico dell’ebbrezza generata modificando lo stato delle coscienze.
Il vino era considerato soprattutto da Platone e dalla sua scuola un mezzo per il superamento del sé verso un contatto più stretto con il divino, in grado di aprire la mente a una superiore conoscenza.
Successivamente il culto greco del dio Dionisio si diffuse a Roma assumendo nell nome di Bacco modalità più festaiole che religiose.
Nell’antico Testamento il vino ha un valore ambivalente come espressione di ospitalità o strumento di collera divina, mentre nei Vangeli suggella il primo e l’ultimo atto dell’incarnazione di Cristo: le nozze di Cana e l’Ultima Cena. Con l’affermarsi del cristianesimo l’uso liturgico della bevanda si estese, sacralizzandosi compiutamente nell’eucarestia.
Secondo l’esegesi medievale il vino rappresentava il sangue di Cristo, il mistero della sua divinità e della retta dottrina. Per l’uomo pio simboleggiava la conoscenza della legge, l’intelligenza spirituale e la vita contemplativa. Il vino puro chiamato “merum” dai latini, rappresentava per la sua schiettezza e limpidezza la sincerità e la verità.
In senso negativo, il nettare di Bacco simboleggiava il piacere del peccato, la lussuria e l’amore dei piaceri terreni.
Significato
Unione con il divino, Passione di Cristo, conoscenza spirituale, amore dei piaceri terreni.
Iconografia
Nella sua accezione simbolica è legato ai contesti cristici come l’ultima Cena, le nozze di Cana, la cena di Emmaus, o scene dell’antico Testamento come l’ebbrezza di Noè.
Il vino è parte integrante dell’iconografia bacchica. Compare anche nelle scene di genere e nelle nature morte fra XVII e XIX sec.

fonte: taccuini storici.it
[Modificato da kamo58 05/07/2012 12:03]