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Questa leggenda è la prima delle tre legate alla presenza di Porsenna a Roma. Con Orazio Coclite si attua il fallimento della presa repentina della città di Roma, con Caio Muzio Scevola si attuano le trattative per la pace e con Clelia la pace duratura. Eccovi la storia. Cacciato da Roma, l'ultimo re Tarquino il Superbo si rivolge, tra gli a ltri, al re di Chiusi, Porsenna e chiede il suo aiuto contro i romani. Fa appello alla comune origine etrusca, ai pericoli impliciti nel mettere in discussione il potere legale e Porsenna accetta di aiutarlo, marcia verso Roma e con il suo esercito si accampa sul Gianicolo. Per entrare in Roma era necessario attraversare il fiume Tevere sopra l'unico ponte che i romani avevano costruito: il ponte Sublicio. Gli uomini di Porsenna già stavano per attraversarlo, quando tra le file romane si fece avanti un giovane, era Orazio Còclite. Egli avanzò, solo, sul ponte e, con incredibile sprezzo del pericolo, tenne testa a tutti gli etruschi, impedendo loro il passaggio. Nel frattempo i romani, dietro di lui, abbatterono il ponte con grandi colpi di scure. Poco dopo si udì uno frastuono di assi e di travi spezzate: il ponte crollò, trascinando con sé Orazio ed alcuni soldati etruschi. Il romano era un buon nuotatore e riuscì a porsi in salvo, raggiungendo le rive di Roma liberata. Porsenna però non si ritirò e pose l'assedio alla città, con la speranza che i romani si arrendessero per fame.




Muzio Scevola - Rubens

Fallita la presa repentina di Roma grazie al gesto eroico di Orazio Coclite, Porsenna si accinge a mettere sotto assedio la città nel tentativo di conquistarla per fame. Durante tale assedio, proprio quando a Roma inizia a scarseggiare il cibo, fa il suo ingresso nella storia un'altro eroe romano, Caio Muzio. Le sue intenzioni sono quelle di uccidere il re di Chiusi, Porsenna, e parte, travestito da etrusco, per il campo nemico con un pugnale nascosto fra le vesti. Purtroppo Muzio fallisce l'obbiettivo e per sbaglio non uccide Porsenna, ma un suo segretario. Catturato, venne condotto alla presenza di Porsenna, dove con estrema risoluzione mette la sua mano destra su un braciere acceso per punirla dell'errore. La sua mano doveva uccidere il re per la libertà di Roma, comunque se lui aveva fallito, sappia Porsenna che almeno altri trecento giovani romani erano pronti a ritentare il colpo. A questo punto Porsenna inizia a tentennare. Ammirato per l'eroismo dei romani e visibilmente preoccupato dalle minacce di Caio Muzio, decide di aprire le trattative. Il ritorno dei Tarquini, uno dei punti che Porsenna si sentiva obbligato a sostenere, non venne concesso, ma ottenne alcuni ostaggi ed i terreni compresi nel territorio di Veio. Con questi pegni decise di togliere l'assedio e di lasciare il territorio romano. Caio Muzio venne soprannominato "Scevola", il mancino e proclamato eroe dai romani. Fra gli ostaggi vi era Clelia




Roma ha appena trattato la pace con Porsenna, re di Chiusi, il quale chiese come ostaggio nove fanciulle. Fra queste vi era Clelia, una ragazza dallo spirito indomito. Ella, da fiera romana, incitò le altre a non sottomettersi al giogo etrusco e le convinse a fuggire. Dopo un lungo cammino durato tutta la notte, all'alba raggiunsero il fiume Tevere e quindi Roma era ormai vicina. L'unico ponte sul Tevere, il Sublicio, fu distrutto quando Orazio Coclite aveva affrontato da solo le milizie di Porsenna. Alle ragazze non restava altro che attraversare il Tevere a nuoto. Incoraggiate da Clelia le ragazze si gettarono nelle acque gelide del fiume e lo attraversarono. Una sentinella le scorse, arrivò un ufficiale, che presa una tromba lanciò l'allarme. La sponda romana si riempì di soldati pronti ad accogliere il nemico con le spade, quando tutti rimasero stupiti nel vedere emergere dalle acque del Tevere le fanciulle. Esse spiegarono ai soldati di essere romane, prigioniere di Porsenna riuscite a fuggire. Furono portate davanti ai consoli, i quali con rammarico, diedero l'ordine di riportarle da Porsenna, per onorare i patti sottoscritti. Riconsegnate a Porsenna, questi volle sapere chi le avesse aiutate a fuggire, e Clelia con fierezza, ammise che la colpa era tutta sua, ed alla domanda se fosse pentita, rispose di no, anzi lo avrebbe rifatto. Porsenna, già colpito dalla lealtà dei romani, preferì alla fine mantenere la pace con Roma piuttosto che ostinarsi nel dare appoggio al re spodestato Tarquinio il Superbo. Restituì gli ostaggi e le terre fra Roma e Veio, una pace duratura si stabilì. Per le sue gesta vennero tributati a Clelia molti onori e nel Foro venne innalzata una statua equestre dell'eroina, ancora visibile nella tarda Repubblica.

fonte: roccioso.it


Pietro Metastasio, nel terzo atto del dramma musicale “Il trionfo di Clelia”, mette in bocca a Porsenna il seguente attestato di ammirazione e riconoscimento per la valorosa resistenza dimostrata da Roma:

Non insultate,
amici, al mio rossor. Di tanti e tanti
prodigi di virtù sento il cor mio
pieno così che son romano anch’ io.
Quanti assalti in un dì! Muzio mi scosse,
Orazio m’ invaghì ma del trionfo
hai tu l’ onor, bella eroina. È incerto
s’ oggi in Clelia ostentò pompa maggiore
della patria l’ amore,
il coraggio, la fede
o l’ onestà. Va’, torna a Roma e vinto
da te Porsenna annuncia. Offrimi amico,
offrimi difensore
della sua libertà. Chi mai non vede
che la protegge il ciel, che il ciel voi scelse
a dar norme immortali
all’ armi, alla ragione, un solo impero
a far del mondo intero,
ad onorar l’ umanità? Rispetto
del fato il gran disegno e son superbo
d’ esser io destinato
il gran disegno a secondar del fato.


Clelia impersonifica, dunque, la grandezza di Roma, di cui Porsenna profetizza l’immortale destino: il nemico stesso, alla fine, diventa alleato; colui che si era mosso per distruggere ora sente che non può opporsi al “gran disegno” che la sorte ha stabilito.
[Modificato da kamo58 02/03/2012 17:25]