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La tragica storia di questa fanciulla, nata a Roma il giorno 8 febbraio 1577, ha avuto inizio ancor prima della sua nascita. Infatti ebbe la sfortuna di venire al mondo in una famiglia che viveva nel disordine, avvezza ad ogni eccesso anche se di origine antica ed aristocratica. La discendenza le veniva dal Console Crescenzio ma la ricchezza e' il frutto degli intrighi e delle ruberie perpetuate dal nonno Cristoforo che era Monsignore e Tesoriere Generale della Camera Apostolica. Questi, nonostante fosse un ecclesiastico, ebbe una relazione con una nobildonna romana dalla quale nacque un figlio, Francesco che doveva poi essere il padre di Beatrice. Il giovane Francesco, deriso e umiliato dai compagni per la sua origine, crebbe in strada coltivando un carattere sempre piu' violento. Quando il padre Cristoforo mori' aveva appena 13 anni.La madre naturale per non dover provvedere al figlio lo fece sposare con una coetanea: Ersilia Santacroce. Il matrimonio risulto' molto infelice perche' il carattere di Francesco era bestiale. La giovane tento' di fuggire ma il marito la ricondusse a casa con la forza. Perche' non riprovasse la fuga, il marito la costrinse ad essere sempre incinta Nacquero cosi', nell' odio e nel rancore, sette figli: Giacomo, Cristoforo, Antonina, Rocco, Beatrice, Bernardo, Paolo. Giovanissima, nel 1584, sfiancata dalle gravidanze, la giovane madre muore lasciando orfani tutti quei figli. Il padre che non ne voleva saperne di dedicarsi alla prole decise di consegnare Bernardo e Paolo ad una famiglia di trastevere mentre le due figlie Antonina e Beatrice, di 7 e di 11 anni, vennero rinchiuse in collegio dalle suore. I tre ragazzi piu' grandi li tenne a palazzo senza pero' interessarsi che avessero di che mangiare.. I giovani vissero per strada imparando ogni forma di violenza, derubando e violentando chiunque fosse sul loro percorso per diletto e per sopravvivere. Furono arrestati piu' volte e carcerati e nemmeno in quelle occasioni il padre volle interessarsi di loro. Chiesero aiuto al Papa e questi ordino' a Francesco di provvedere ai figli. Questo lo mando' su tutte le furie e si scateno' ancor piu' contro di loro. Ancora in giovane eta' Cristoforo e Rocco moriranno, di morte violenta in duello. All' eta' di 15 anni Beatrice lascia l' orfanotrofio. E' con lei la sorella Antonina . La vita che dovettero affrontare, al loro rientro in famiglia, sara' cosi' dura che il periodo del collegio fu da loro rimpianto per il resto dei loro giorni e definito come il piu' bello della loro giovinezza.. Le due giovani non vollero mai partecipare ai banchetti e ai festini triviali, famosi in tutta Roma, organizzati dal padre e allora si rinchiusero in una zona del palazzo molto appartata. Il padre, reagi' subito contro di loro perche' si sentiva snobbato e giudicato. Prese l' abitudine di mortificarle, di castigarle, di percuoterle con ogni mezzo.. Beatrice, esasperata tento' la fuga ma il padre la riprese e la trascino' per i capelli sino a casa. Finalmente arrivo' il giorno che il tribunale, preso atto delle numerose denunce a carico di Francesco Cenci, lo processa e lo dichiara colpevole. Viene quindi carcerato e per i figli c' e' un po' di pace. Beatrice in quegli anni frequenta famiglie nobili che offrono spunti culturali e soprattutto di buoni costumi. Incontra anche un prelato con il quale instaura una buona amicizia. Scontata la pena Francesco ritorna a casa malato e ancor piu' violento verso le figlie. Si risposa con una donna molto mite che a sua volta dovra' subire angherie di ogni tipo. Sospettando che le donne confabulassero contro di lui decide di far maritare la figlia Antonina e di portare Beatrice e la moglie nella rocca di Petrella in Abbruzzo che era di sua proprieta'. Questo viaggio segna la fine per le due donne che si trovano rinchiuse in un fortino, senza alcuna possibilita' di comunicazione con il mondo esterno. L' accesso alla rocca era consentito solo ad un servitore tuttofare che provvedeva all' approvvigionamento, ai lavori di manutenzione. All' interno del palazzo vi era anche un custode che si era ritirato in quel luogo per sfuggire al carcere. Il comportamento del padre, sempre piu' ammalato di gotta e di rogna, e' tale da far pieta' a tutti. Beatrice cerca aiuto dal fratello Giacomo e questi studia un piano per liberare le due donne. Francesco sospetta e aumente ogni controllo. Qui la ragazza s'innamorò del castellano Olimpio Calvetti e, non resistendo più alle angherie del padre, insieme con i fratelli Giacomo e Bernardo, lo fece uccidere nel sonno da sicari, facendolo gettare da un balcone per simulare una disgrazia (1598). La paura, l' imprevisto portano tutti a commettere molti errori e la polizia scoprira' che la morte non e' stata accidentale. La notizia del parricidio trapelò a Roma e Clemente VIII° volle che i componenenti della famiglia fossero processati e messi alla tortura.



Tutti i componenti della famiglia vengono carcerati e sottoposti a torture molto crudeli: legati per i piedi dovranno rispondere ai giudici. I Cenci furono difesi dal famosissimo avvocato Prospero Farinacci, (1544-1618) celebre penalista dell'epoca, ma che ancora oggi viene ricordato per gli innumerevoli trattati di diritto privato, per i pareri legali ed una raccolta di decisioni della Rota romana. Consigliere della Sacra consulta sotto Clemente VIII, il Farinacci fu anche procuratore generale fiscale della Camera Apostolica sotto il pontificato di Paolo V. Sia il fratello Giacomo che la matrigna riversano su Beatrice ogni colpa sperando di cavarsela. La ragazza e' l' unica che, nonostante tutto, continua a mostrarsi calma. Non cerca di scusarsi e non si adombra con il fratello o con la matrigna per le accuse. Questo meraviglia i presenti al processo. La condanna prevede la morte per decapitazione (il fratello minore Bernardo per la minore età fu mandato in galera). Il patibolo viene preparato l'undici settembre del 1599 nello spazio antistante Castel S. Angelo. Il fratello Giacomo arriva al patibolo svenuto per la paura e il boia lo decapitera' ancor prima che riprendesse i sensi. La matrigna si presenta in preda ad una crisi nervosa ma prima di essere uccisa chiedera' perdono a Beatrice per quanto aveva detto su di lei; Beatrice si presenta alla folla e al boia ferma nel passo, elegante nell' abbigliamento. Il pubblico vedendola cosi' sicura, sprezzante del boia la ammira tanto da farla divenire una eroina. Il suo aspetto di fanciulla le aveva procurato la simpatia popolare e si disse che l'accanimento papale fosse motivato dal ricco patrimonio dei Cenci, che venne confiscato. La sua figura fu ripresa in molte opere, fra cui un racconto di Stendhal e la tragedia, scritta proprio a Roma, da Percy Shelley. Le spoglie di Beatrice Cenci sono ora poste sotto l'altare maggiore della chiesa di S. Pietro in Montorio dove ella stessa chiese di essere sepolta “…per essere lontana dai fantasmi della famiglia…”



Questo l’ultimo brano di conversazione fra Beatrice ed il giudice che la condannò a morte:

“GIUDICE: Hai commesso un delitto orribile.
BEATRICE: Ho scelto la giustizia da me stessa.
GIUDICE: Che Dio abbia pietà di te. Domani verrai condotta a morte.
BEATRICE: Urla interminabili mi inseguiranno. Non voglio morire... Chi mi potrà garantire che laggiù non ritroverò mio padre!”


L'esecuzione di Beatrice fu drammatica, un palco costituito poco distante, sulla stessa piazza, crollò uccidendo molte persone. Questo rallentò l’esecuzione.
La giovane si sistemò sul patibolo di sua volontà: non voleva essere toccata dal boia.
Si narra che lo stesso esecutore trovò molta difficoltà a tranciarle la testa, sia a causa dei lunghissimi capelli della giovane, sia perché i seni turgidi non le permettevano di poggiare la testa come avrebbe dovuto. L’ascia vacillò mentre il Papa, rinchiusosi in preghiera a Monte Cavallo, raccomandava la salvezza dell’anima di Beatrice. Quell’istante di incertezza fu terribilmente infinito. Poi calò, e tutto finì. Il boia raccolse il capo mozzo e lo mostrò al pubblico attonito.
Beatrice, nella sua confessione, disse una frase che alla luce degli avvenimenti susseguitisi nei secoli, sa quasi di preveggenza:

“ Nessun giudice potrà restituirmi l’anima. La mia unica colpa è di essere nata! [...] Io sono come morta e la mia anima [...] non riesce a liberarsi.”



E difatti la sua anima non si liberò mai, e ancora vaga disperatamente laddove il suo corpo terreno trovò una tragica morte.
In data 11 Settembre c'é chi é pronto a giurare che Beatrice si presenti puntuale in piazza di Ponte Sant'Angelo: tra le mani, la testa mozzata.
C'é chi giura di averla riconosciuta anche nella chiesa di S.Clemente presso l'antica tenuta di campagna della famiglia Cenci:
"Passammo accanto ad un vecchissimo castello dove, già in passato, giravano storie agghiaccianti, ambientate proprio al suo interno. Infatti, il noto Fantasma di Beatrice Cenci, giovane donna, accusata dell'omicidio del padre, venne uccisa, tagliandole la testa.
Da quel giorno vaga all'interno del castello, o come altri dicono, all'interno della chiesa. Onestamente non ci avevo mai creduto, ma dovetti ricredermi. Scorgemmo, da una finestra, il suo volto pallido osservarci. All'inizio pensammo, nonostante gli abiti, che fosse una donna entrata nell'edificio, e immaginate il nostro stupore quando ci siamo accorte che le si vedeva attraverso. Dopo, circa un mese, abbiamo visto un ritratto di Beatrice Cenci, e ci accorgemmo che era la stessa donna scorta un mese prima dalla finestra".



[Modificato da kamo58 16/02/2012 16:43]