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Bernini inaugura con l'opera "Il ratto di Proserpina" (1620-1621) una scultura d'azione e sensazione.
Caposcuola dell'arte barocca, piena di fasto e spettacolarità, creata per suscitare meraviglia, il Bernini rompe i legami con l'arte rinascimentale e soprattutto abbandona quel punto di riferimento essenziale costituito dal classicismo. Eppure, spesso sentiremo sostenere che il Bernini ha uno spirito classico, un classicismo che non è da confondere con quello dell'epoca periclea, tutto compreso dall'imperturbabile staticità degli dei e degli eroi, bensì è conforme alla commozione ed esuberanza dei soggetti ellenistici.
Uno degli aspetti della cultura ellenistica, specie nei limiti del III e II sec. A.C., è, infatti, la creazione di forme che possono essere definite "barocche": in queste prevarrà la monumentalità, la preferenza per figure di gruppo, il virtuosismo delle soluzioni spaziali. L'impianto dell'opera è tutto essenzializzato su sviluppo "diagonale sfuggente". Le forme avvitate su loro stesse sono lanciate verticalmente nello spazio, sono inserite nell'aria e nella luce sprigionando impeto e spettacolarità.



A gambe divaricate e a braccia protese il dio degli Inferi, accompagnato dal cane Cerbero a tre teste, afferra la nuda Proserpina che si divincola, sporgendo verso l'esterno la testa e il busto, e lanciando nel vuoto le gambe. Atletico e gigantesco, il dio dell'Inferno, dal volto inappagato, stringe con violenza il corpo nudo e giovane di Proserpina, la quale si dibatte cosciente però di non poter fronteggiare la determinatezza e insieme la disperazione, dettata da una passione incontrollabile, trapelante dalla figura di Plutone. Dagli occhi di Proserpina ci appare evidente come lei cerchi un aiuto che non arriverà mai; dall'attenta osservazione del volto, e della leggera apertura delle labbra, s'intuisce come l'atteggiamento della fanciulla sembri arrendevole e com'ella si lasci andare a sussurevoli lamenti. I capelli della fragile Proserpina, nonostante sottolineino la dinamicità dell'azione, sembrano tuttavia mossi in maniera quasi esagerata, del tutto innaturale: quest'effetto si potrebbe spiegare immaginando che Proserpina sia pervasa da un soffio celestiale, il quale oltre a rappresentare la potenza divina di Plutone vuole metaforicamente anticipare quell'avviarsi verso il mondo dell'oltretomba. Mirabile è l'arte con cui Bernini rende la morbidezza della giovane carne di Proserpina, nella quale si affondano senza riguardi le mani pesanti di Plutone.
Alla base del gruppo si trova il Cerbero, figura demoniaca, custode dell'ingresso dell'Ade, riconoscibile dalle tre teste; la sua presenza sembrerebbe estranea alla composizione, mentre vi è uno stretto legame tra Plutone e il cane giacché entrambi appartengono al mondo infernale: compagno fedele e seguace vigile del suo padrone, il Cerbero sembra assumere il ruolo di "identificatore" di Plutone e della sua provenienza.





Infine, sul basamento vero e proprio, è appoggiato il forchettone della divinità: molto probabilmente quest'ennesimo simbolo di potenza giace a terra proprio per evidenziare l'abbandono dei doveri cui Plutone dovrebbe far fronte, ma ai quali non adempie poiché accecato da quel turbine di passione indottogli dalla freccia di Cupido.
Un altro fattore essenziale per il temperamento che l'opera trasmette è la luce, sia come generatrice di chiaroscuro, sia come creatrice di colori. Bernini si preoccupa, infatti, di distribuire con gran raffinatezza quest'importante fonte richiamandola sui risalti, contrastati delle rientranze all'esterno, radunandola sui punti di maggior rilievo all'interno.
L'aspetto naturalistico, costituito dalla presenza di foglie d'alloro richiama alla più tarda esperienza greca sennonché alla matrice letteraria. La durezza del terreno, da cui spicca il gruppo, è in netta contrapposizione con l'esponenziale dinamicità del mantello che sembra voler fungere da sfondo all'opera e cercare di compensare l'ampiezza dei gesti di entrambi i soggetti raffigurati. Bernini raffigura "il ratto di Proserpina", di cui Ovidio narra nelle "Metamorfosi", in chiave moderna e il suo fine perenne è raggiunto: provocare in ogni senso la "meraviglia ".
[Modificato da kamo58 02/02/2012 15:53]