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All'inizio dei tempi, sulla terra splendeva sempre il sole e faceva sempre caldo. I prati erano perennemente coperti di fiori e nei campi crescevano frutti, verdure e frumento tutto l'anno.

Era la Dea Cerere che seminava, innaffiava le piante e faceva sì che gli alberi fiorissero e dessero frutti. Mentre Cerere lavorava, sua figlia Proserpina giocava nei verdi boschi della Sicilia e la sera tornavano a casa insieme cantando e ridendo.

Tra gli Dei, c'era però un Dio non altrettanto felice e fortunato. Era Plutone, il Dio dei morti, il quale non viveva insieme a tutti gli altri Dei sul Monte Olimpo, ma regnava sotto terra, al freddo e al buio.

I raggi del sole non erano mai riusciti a penetrare in quelle tristi caverne, ed in questo lugubre luogo, Plutone viveva solo; nessuna donna aveva infatti mai voluto rinunciare allo splendore della luce, al calore del sole e alle bellezze della natura per diventare regina dell'oltretomba.

Ogni tanto Plutone saliva in superficie per spiare la vita sulla terra, ma la luce del sole gli faceva male agli occhi ed inoltre, vedere tanta bellezza e tanto splendore, lo rendeva ancora più triste. Un giorno Plutone scorse Proserpina mentre raccoglieva fiori nel verde della sua amata Silicia.

Quando la vide se ne innamorò, ma sapendo che se fosse andato a chiederla in sposa a Cerere, entrambe avrebbero rifiutato la sua proposta, decise di rapirla, col consenso di Giove.

Salì quindi sul suo carro nero, lanciò i cavalli al galoppo frustandoli con furia al punto che tutta la Sicilia tremò per quella galoppata e, con le redini fra i denti, si sporse dal carro ed afferrò Proserpina per i capelli.

Mentre Proserpina gridava supplicando di essere lasciata andare, Plutone continuava a galoppare verso l'Oltretomba fino a quando, colpendo la terra con la sua frusta, questa si aprì ed il carro piombò nel baratro, portando con sè la fanciulla.

Quando giunsero al fiume Acheronte, che divide il regno dei vivi dal regno dei morti, Proserpina gridò al punto che anche il fiume s'impietosì, e cercò di far cadere Plutone afferrandolo per le gambe.

Ma Plutone scalciò con forza e si liberò e Proserpina, disperata, si tolse la cintura di fiori che aveva in grembo e la lanciò nel fiume , affinchè le acque potessero portare alla madre il suo messaggio.

Plutone e Proserpina giunsero nel regno dei morti e, mentre Plutone cercava di consolarla dicendole che sarebbe diventata regina, sulla terra era sceso il tramonto e quindi Cerere incominciò a chiamare e a cercare la figlia.

Cerere cercò disperatamente la figlia in giro per il mondo ed intanto, per il dolore e la disperazione, lasciò appassire i fiori e smise di seminare sicché, il frumento ed i frutti , smisero di crescere.

Dopo nove giorni e nove notti vissuti senza sonno e senza cibo alla ricerca della figlia scomparsa, il decimo giorno Cerere si sedette stanca e disperata lungo la riva di un fiume fino a che scorse , accanto a lei, una piccola cintura di fiori.

La verità le fu raccontata da Elios, il dio Sole, che illumina la terra e con la sua luce discopre ogni trama oscura. Elios, che tutto vede e tutto ascolta, rivelò a Cerere lo svolgimento dei fatti avvenuti con il consenso di Giove.

Per il dolore, Cerere non si curò più della terra e quindi cessò la fertilità dei campi e vennero i tempi della carestia e della morte. Giove, vedendo la fame sterminare intere popolazioni, mandò i suoi messaggeri ad ammansire l'indignata Cerere, la quale, irremovibile nel suo dolore, rispondeva che sarebbe tornata alle cure della terra solo se Proserpina fosse tornata .

Giove decise allora d'inviare immediatamente Mercurio ad avvisare la figlia affinché non toccasse cibo, ma Mercurio, per quanto veloce, arrivò troppo tardi.

Plutone infatti aveva fatto preparare un pranzo succulento ed appetitoso ed anche se Proserpina era troppo infelice per mangiare, a forza d'insistere, cedette per la fame davanti a rossi e succosi chicchi di melograno (simbolo d'amore), che Plutone, furbamente, le aveva messo nella mano.

Plutone gliene porse una dozzina e , quando arrivò Mercurio, Proserpina purtroppo ne aveva già assaggiati sei. La fanciulla scoppiò in lacrime quando venne a conoscenza della legge divina per cui, colui che mangia anche un solo boccone mentre si trova nel regno dei morti, non può più ritornare sulla terra.

Proserpina gridò allora tutta la sua rabbia ed il suo odio a Plutone per l'inganno subìto e Plutone , che ne era innamorato ed avrebbe voluto essere amato a sua volta, impallidì, confessandole di averla rapita perché si sentiva troppo solo.

Allora Giove, mosso a compassione, decise che Proserpina, avendo mangiato sei chicchi di melograno, avrebbe vissuto nel regno dei morti insieme a Plutone per sei mesi all'anno ed i rimanenti sei mesi avrebbe vissuto sulla terra insieme alla madre Cerere.

Il mito di Proserpina vuole quindi che l'arrivo della Primavera sia sancìto dall'arrivo di Proserpina sulla terra, che porta con sé il soffio creatore dell'abbondanza e che il suo ritorno nell'Ade, sei mesi dopo, coincida con l'arrivo dell'autunno e dell'inverno, per tornare e rinascere nuovamente, insieme alla vegetazione, la primavera successiva.

La storia della dea romana Proserpina, Persefone per i greci, è così suggestiva ed intrisa di fascino d'aver ispirato numerosi artisti i quali, nel corso dei secoli, hanno interpretato il mito utilizzando diverse forme d'arte.




« Plutone, dio degli inferi, stanco delle tenebre del suo regno, decise un giorno di affiorare alla luce e vedere un po' di questo mondo....Dopo un lungo e faticoso cammino emerse infine su una pianura bellissima, posta a mezza costa del monte Enna. Era Pergusa, dal lago ceruleo, alimentato da ruscelli armoniosi e illeggiadriti da fiori di tante varietà che mischiando i profumi creavano soavi odori e così intensi da inebriare....Ad un tratto, volgendo lo sguardo, scorse in un prato un gruppo di fanciulle che coglievano fiori con movenze leggere, fiori tra i fiori »

(Claudiano)


« [Plutone] si precipitò verso di lei [Proserpina], che, scortolo, così nero e gigantesco, con quegli occhi di fuoco e le mani protese ad artigliarla, fu colta dal terrore e fuggì leggera assieme alle compagne....Il dio dell'Ade, in due falcate le fu addosso e l'abbracciò voracemente e via col dolce peso; la pose sul cocchio, invano ostacolato da una giovinetta, Ciane, compagna di Proserpina, che tentò di fermare i cavalli, ché il dio infuriato la trasformò in fonte. Ancora oggi Ciane, con i suoi papiri, porta le sue limpide acque a Siracusa »

(Claudiano)


« Dopo nove giorni e nove notti insonni di dolore, decise di rivolgersi a Giove per impetrarlo di farle riavere la figlia; ma Giove nicchiava (come poteva tradire suo fratello Plutone?). Allora Cerere, folle di dolore, decise di provocare una grande siccità in tutta l'isola. E dopo la siccità venne la carestia e gli uomini e le bestie morivano in grande quantità. Non valevano invocazioni e scongiuri alla dea, che era irremovibile.
Giove inviò Mercurio da Plutone per imporgli di restituire Proserpina alla madre. A Plutone non restò che obbedire. Però, prima di farla partire, fece mangiare alla sua amata dei chicchi di melograno »

(Claudiano)