violenza sulle donne

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!silvieta!
00venerdì 6 marzo 2009 19:39
Un 8 marzo, quello di quest'anno, segnato dalle notizie di violenze e stupri: sette quelli di cui si è avuta notizia a Milano negli ultimi trenta giorni. Ma in molti casi le violenze non vengono denunciate, soprattutto quando avvengono all'interno della famiglia: ecco perché è importante che ci sia una rete sociale di sostegno che non faccia sentir sole le donne maltrattate, e che i vari servizi attivi sul territorio facciano «rete» e mettano in comune i dati raccolti. Se ne è parlato in un convegno promosso in occasione della Festa della Donna, in cui sono stati illustrati i risultati di un'indagine dell'Istituto regionale di ricerca (Irer) e commissionata dal Consiglio lombardo. Dall'indagine è emerso che i centri antiviolenza per le vittime di violenza in Lombardia sono efficienti e di alto profilo professionale, pur con la tendenza a non condividere le competenze accumulate negli anni. Secondo dati Istat relativi al 2006, in Lombardia il 34,3% delle donne tra i 16 e i 70 anni è stata vittima di almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita (di poco inferiore il dato nazionale, il 31,9%). Il 14,8% (dato nazionale 14,3%) ha subito violenza all'interno della relazione di coppia, mentre il 18,8% ha subito atti persecutori come lo stalking. Oltre il 90& di queste violenze non sono state denunciate.

COME PREVENIRE - In un documento è stata approfondita la percezione che la violenza sulle donne ha nella società, definendo politiche di prevenzione e contrasto. «A Milano e in Lombardia - ha detto Sonia Stefanizzi, responsabile scientifico dell'indagine - ci sono servizi straordinari e una competenza elevatissima, però ognuno difende la propria specificità, senza riuscire a creare un coordinamento». Il terreno del confronto, secondo Stefanizzi, dovrebbe partire dall'attivazione di un servizio informatico comune: «Quando si raccolgono dati sulla violenza - ha precisato - ogni servizio fa la propria scheda con tutti i dati sulle donne aiutate. Queste schede, però, sono difficili da comparare perché costruite secondo parametri diversi». Servirebbe, invece, «un sistema informativo standardizzato, così da creare una cabina di regia che porti a modelli comuni di interventi».

LA PRIMA ACCOGLIENZA - Oltre alla sinergia tra i servizi, in Lombardia servirebbe anche un centro di accoglienza che accudisca la donna maltrattata nelle prime 72 ore dalla violenza. «Solitamente, quando una donna è in difficoltà - ha aggiunto Stefanizzi - se ne va di casa, magari insieme ai figli, e raggiunge il commissariato più vicino, dove però è costretta a rimanere ore, sola nella sua angoscia, perché manca appunto una struttura di prima accoglienza». Una richiesta, ques'ultima, di cui si è fatta portavoce anche la maggioranza in Consiglio regionale che martedì prossimo porterà in aula una mozione in cui solleciterà la Giunta anche su questo fronte. «Questo fenomeno - ha detto il presidente del Consiglio regionale, Giulio De Capitani (Lega) - richiede un cambiamento culturale profondo, da costruire con il contributo di tutti». Secondo il vice presidente Marco Cipriano (Sd) «per combattere la violenza contro le donne occorre intervenire sulla prevenzione, ma soprattutto far capire alle persone maltrattate che non sono sole».

LA VERGOGNA DELLE VITTIME - Ma quali sono le ragioni che ancora fanno percepire come sconveniente ad una donna denunciare la violenza subita? «C'è un problema legato a certi valori - spiega Stefanizzi -. La famiglia è cambiata, ma restano i valori legati ad un modello tradizionale patriarcale per il quale la donna si trova immersa in una violenza simbolica, che s'adatta male ai cambiamenti delle relazioni tra sessi del mondo occidentale. E l'esaltazione della famiglia scoraggia le donne: chi subisce una violenza in casa si vergogna ad uscire e dire che la sua famiglia non funziona, perché il modello le dice che la famiglia va tutelata». La soluzione, secondo i ricercatori, va costruita a partire dalla giovani generazioni, secondo la «programmazione a tutti i livelli dell'istituzione scolastica di progetti di educazione ai diritti e di prevenzione della violenza sin dalla scuola primaria» perchè «è necessario intervenire sulle coscienze dei futuri cittadini per poterli educare al rispetto e all'uguaglianza, in un clima di cultura dei diritti e non della violenza e della disuguaglianza».

Cr@zy79
00lunedì 9 marzo 2009 22:49
Una triste realta'....alla quale non si puo' dire null'altro che SOLIDARIETA'
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