Liberamente tratta da sant’Ambrogio
Liberamente tratta da sant’Ambrogio
di Giuseppe Giusti
Vostra
Emittenza, che mi sta in cagnesco
per que' pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella per
komunista
perché metto le birbe alla berlina,
lessi la sua prosa e
cominciai a non esser più io.
Cercai di tenermi indietro, chè, piovuto in mezzo
di quella marmaglia, io non lo nego,
d'aver provato un senso di ribrezzo,
sentivo un'afa, un alito di lezzo,
che lei non prova in grazia dell'impiego.
E come se que'
kompagni diventati
fossero gente della mia gente,
entrai nel branco involontariamente.
E quest'odio, che mai non avvicina
il popolo lombardo al siciliano,
giova a chi regna dividendo, e teme
popoli avversi affratellati 'insieme.
Costor, - dicea tra me, -
strappa a' lor tetti, e qua, senza riposo
schiavi li spinge, per tenerci chiavi;
li spinge di Campania e di Calabria,
Povera gente!
lontana da' suoi;
in un paese, qui, che le vuol male,
chi sa, che il 9 aprile po' poi,
non mandi a quel paese il principale!
Qui, se non fuggo, abbraccio un manovale,
colla su' brava mazza di nocciòlo,
piantato duro in un cantiere TAV a mo’ di piòlo.