scelta di un'auto

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erstar
00lunedì 16 aprile 2007 18:13
Scelta di un’auto
Parte uno

In famiglia c’è sempre stata un’auto, per lo meno da che ricordo: i miei ricordi cominciano all’età di 3 anni con passeggiate nei viali della città, a volte a piedi e a volte sulla Topolino A mezzo balestrino amaranto di mio padre.

Mio padre era un professionista, piccolo per la verità, un “travet” dei professionisti come usava dire lui, un geometra e per cause indipendenti dalla sua volontà doveva recarsi sovente presso i clienti che erano tutti fuori città, o per lo meno nelle periferie delle stesse. Non potendo sempre recarsi sopra luogo con i mezzi pubblici era uno dei pochi [SM=x1127309]ti possessori di automobile, vettura che dal lunedì al sabato era un mezzo di lavoro utilizzato da lui solo o al massimo da due “canneggiatori”, non pensate subito male, erano i manovali che lo aiutavano nelle misure dei terreni posando a terra e spostandole delle canne di bambù lunghe tre metri e che servivano appunto per quantificare le superfici, le distanze dei confini e altro sempre riferito alla terra e nella giornata di domenica diventava il mezzo di trasporto per tutta la famiglia.

Il trasporto delle canne era la parte più complicata su una Topolino, però tra gli accessori (c’erano già anche allora gli optional, e non erano indifferenti: tetto apribile, tendalino para sole a righe bianche e verdi, panchetta posteriore per due bambini), c’era un porta sci che veniva applicato ai bulloni della ruota di scorta esterna sul cofano posteriore. Con questo sistema si sistemavano delle canne pieghevoli e così era risolta.

Affiorano ogni tanto dei ricordi su uno dei manovali di cui sopra, che chiamavamo Bergamo per le sue origini lombarde e (caso strano, vent’anni dopo avrei comandato nel corpo degli alpini, un reparto composto esclusivamente di bergamaschi) la cui altezza era di circa metri 1,80 con una stazza sui cento chili e per me piccolino era una montagna enorme, eppure riusciva a stare piegato in due sul sedile , accanto a mio padre che anche lui stava bene in carne, avendo più o meno la mia stazza non propriamente un fuscello insomma riuscivano a partire e a tornare. A volte caricavano anche delle galline o dei conigli morti e a volte, vivi lasciati quale doveroso omaggio al geometra e al suo aiutante accompagnati da bottiglie di vino che mitigavano la sete nel viaggio di rientro sotto il sole dentro una berlina (perché la nostra topolino era una versione chiusa) di colore scuro. Come diceva il geometra, è vero che d’estate si moriva di caldo, ma d’inverno era molto sentito il freddo.

Arrivò il giorno in cui la famiglia non stava più dentro la Topolino: figli cresciuti, moglie leggermente arrotondata, cane di taglia media e casa al mare. Insomma si doveva procedere all’acquisto di un nuovo mezzo di trasporto. Come oggi, si cominciò a leggere QuattroRuote e diventammo tutti esperti: di consumi, di motori e di cilindrate, di velocità e di tempi sul chilometro noi maschietti, di eleganza, di comodità, di facilità di manovra le femminucce, e tutti delle spese di gestione.

La cilindrata era, alla fine, quella che determinava la scelta di una classe di auto, e allora scattava la scelta della marca: mamma e mia sorella volevano la Fiat, mio padre la Lancia, io la Alfa, e alla fine si scelse la Lancia. Allora il capo famiglia aveva sempre un voto in più della maggioranza, e così si recò al concessionario Lancia più vicino (un suo vecchio subordinato quando era ufficiale di Marina: una famiglia di guerrieri la mia!), dove si lasciò convincere a staccare un assegno di circa un milione cinquecento mila lire, non ricordo bene ma parlava sempre di tale valore.

Divenne proprietario nel giro di dieci giorni di una meravigliosa Lancia Appia seconda serie colore blu Lancia (sic!) con interni in panno Lancia (sic!) grigio, senza radio, fascia bianca alle gomme, un optional omaggio del concessionario ai ricordi di gioventù. Era il 1957 e avevo 13 anni, e da allora l’automobile è diventata una parte integrante della mia vita, e, senza sapere che quella auto sarebbe diventata di lì a 5 anni la MIA prima automobile, a me era affidata la manutenzione: controllavo l’olio prima di ogni viaggio, mi occupavo della pressione delle gomme, assistevo ai lavaggi senza perderla d’occhio nel garage-officina vicino a casa, dove veniva ricoverata nei mesi invernali, i livelli vari di batteria e, udite udite, dello spruzzino lavaparabrise come si chiamava allora. Non c’erano i lavavetri ai semafori, anzi non c’erano quasi semafori. D’estate veniva solamente ritirata in cortile, un cortile enorme dove si poteva giocare a calcio e c’erano solamente due auto. La nostra e quella del notaio, altra figura mitica tra i professionisti, ma lui aveva, noblesse oblige, la Alfa 1900 (detta alfone), azzurra e grigia, una meraviglia. L’ho sognata per anni.
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nic65
00martedì 17 aprile 2007 14:54
[SM=g28002] [SM=x1127326] mi piacciono queste storie....
erstar
00martedì 17 aprile 2007 15:04
grazie
Grazie, nic65, se hai qualcosa da raccontare scrivi la tua storia. wellcome
erstar
00martedì 17 aprile 2007 15:04
wellcome
erstar
00sabato 21 aprile 2007 21:25
scelta di un auto parte due
Scelta di un auto
Parte due

Si avvicinava intanto il tempo del mio esame di maturità classica e contemporaneamente il “diritto” alla patente di guida, prima l’uno e poi l’altra. Superati agevolmente entrambi, ottenni in regalo la Appia, il che mi sconvolse perché io speravo nella 500, come molti dei miei compagni, ma quella mi diedero e quella mi tenni. L’avessi ancora adesso! Mio padre era migrato verso un’altra auto la bellissima Fulvia, sempre Lancia, stavolta bianco sporco con interni grigi ancora di panno Lancia, niente classico Blu Lancia: il suo amico concessionario aveva ceduto l’attività e ora vendevano le Volkswagen nei locali che erano stati da me visitati per anni.

L’Appia mi tenne compagnia per tre anni, mentre intraprendevo altri studi per compensare la malattia di mio padre (un brutto infarto, e allora faceva veramente paura) poi sceglievo altra vita, stavolta senza auto. A piedi per migliaia di chilometri sulle aspre vette e la sola compagnia delle jeep a pelo (muli) e qualche mezzo motorizzato, ma lì non potevo scegliere: quello ti davano e quello prendevi.

Sempre i motori mi procuravano un forzato allontanamento dalla vita militare, e finalmente potevo scegliermi un mezzo di trasporto. I pochi denari che avevo risparmiato, non riuscivo a spenderli in giro sulle alte vie delle Alpi, e, come si usava allora, pacchi di cambiali mi “convinsero” che potevo cambiare macchina in tempi brevi, modelli che ora farebbero la storia dell’automobile: Fiat, Lancia, Alfa, Austin-Morris, Peugeot, Citroen ma la scelta era sempre condizionata dalle mode e dalle riviste, a volte anche dalle vittorie nelle gare.

Mi sono sempre affezionato alle mie auto, e sempre le ho vendute con rammarico, ma la civiltà dei consumi colpiva soprattutto un bene come l’auto, e soprattutto gli spazi, anzi la mancanza degli spazi in cui ritirarle. Le mie scelte in tale campo sono però sempre state ponderate e prima di decidere passavo ore e ore nelle concessionarie e nelle officine per sentire quali modelli avessero meno difetti e quali fossero meno rubate, ma intanto mi rubarono un’Alfa 1750 berlina, bella, con soli dieci giorni e di cui non ebbi più notizie, anzi, se qualcuno la vedesse, era grigia con interni in finta pelle (texalfa) marrone, con autoradio Autovox linea blu che pochi ricordano ma che era associata nella pubblicità a una bellissima fanciulla dalla pelle nera e…altro che Naomi Campbell, mi chiami, saprò ricompensarlo.

Impazzivo letteralmente, ma come me molti altri, per il rumore di aspirazione e scarico: un suono meraviglioso che mi fa rabbrividire ancora appena sento un duetto che passa, ci sono solo più loro con quel motore lì.

Un breve periodo con qualche corsa nella pianura padana (= in riva al Po: il paese sede dell’autodromo si chiama Morano Po!), prima con una mini Cooper S preparata da un mitico preparatore di Torino, e anche appassionato, tale Burzio di cui nessuno ricorda il nome. Al volante di un’Alfa GTV 2000, preparata da Virgilio “penna bianca” Conrero, di cui sono ancora innamorato, dell’auto naturalmente, nonostante sia “scappata” in Sicilia, e di cui abbia perso le tracce, da cui ricavai qualche soddisfazione e qualche amararezza ( n.d.r.: queste ultime causate dalle BMW 2002 TII. Una premonizione?).

L’autodromo di Morano Po, nel Casalese con un lato adiacente al fiume, ha cessato di vivere per motivi di…campanile, e, naturalmente interesse: il paese vicino si sentiva disturbato dal rumore delle auto e soprattutto non riceveva benefici dall’invasione dei piloti dal nord-ovest e dalla Svizzera. Il sindaco del paese era tale Garrone ed è il padrone della Erg e della Samp: segnatevelo!

Un giorno entrarono sulla pista delle ruspe che cancellarono pochi metri dell’autodromo in quanto sorti sul territorio del comune adiacente e non erano state richieste le dovute autorizzazioni! Sono bastati pochi metri ed ecco un autodromo inutile: comunque è ancora lì, e basterebbe poco per rimetterlo in funzione, ma in tempi di falsa ecologia nessuno vuole impegnarsi: sempre la politica. Insomma un po’ di diatribe ci hanno costretti a migrare verso Monza con aumento dei costi che già allora erano notevoli. Ero “senza famiglia” e quindi potevo spendere. In effetti tra le auto, le corse e le preparazioni mi sono “sputtanato” qualche stipendio e una liquidazione, pure senza strafare: alcuni piloti, i più, dormivano in hotel e mangiavano al ristorante, noi sfigati in tende nel parco e si mangiava panini portati da casa e si arrivava al circuito alla guida della nostra auto e loro con la bestia sul carrello.

La passione si regge fino a un certo punto. Insomma comperai molte auto, poi mi innamorai di una donna, conosciuta sul circuito di prima, e arrivò il matrimonio.

continua
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cabrioadmin
00domenica 22 aprile 2007 21:05
... grande.. 2°puntata.
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erstar
00martedì 29 maggio 2007 10:00
parte tre
Scelta di un auto
Parte tre
[SM=x1127331]

La famiglia aveva le sue esigenze, le spese erano diverse, il figlio, il cane, la moglie, io che riprendevo gli studi interrotti per correre dietro a un sogno, insomma l’acquisto di un auto era una faccenda complicata: basta sportive a due posti, ora le station wagon o famigliari come si chiamavano allora, ma più importanti erano i consumi ridotti, bollo e assicurazione calcolati prima, manutenzione dal costo minimo, e soprattutto il colore doveva essere scelto dalla signora. Ormai mi sembrava di essere un computer, anzi un calcolatore elettronico, in cui inserivi dei dati e dopo un po’ arrivava una risposta, che non è mai quella che ti aspetti.

Avevo solo l’indipendenza nelle scelte delle motociclette (altra mia passione che non era stata soddisfatta in gioventù: una rivalsa), andavo dai venditori, un po’ più che riparatori di biciclette e, dopo avere ascoltato, decidevo. Con gli altri pochi appassionati si viaggiò un po’ e poi un po’ di trial e di enduro, con un occhio agli Stati Uniti, pronto per le corse nel deserto della bassa California.

Un giorno conobbi un venditore di BMW, moto che avevo ammirato dal piccolo lunotto della Topolino, da bambino mentre andavamo in vacanza con i miei genitori lungo le strade d’Italia: le vedevo arrivare da lontano e mi sembravano degli uccelli che volavano e danzavano a pochi centimetri da terra, poi ci sorpassavano e dal parabrise vedevo la loro ruota posteriore con bagagli appesi. Mi affascinarono e un giorno, di nuovo e purtroppo single, decisi e ne comperai una; divenne la mia compagna di viaggio, con in testa il gabbiano Jonathan Livingstone, il volo di notte (Saint Exupery) e altri scrittori on the road, percorsi migliaia di chilometri in giro per l’Europa, e poi un’altra e altre migliaia di chilometri, e poi la terza con cui sbagliai una curva: il secondo incidente della mia vita.

Obbligatorio smettere e inizio della noia in auto, Peugeot, Seat (una Marbella-panda), Opel, poi qualcuno mi parlo delle spider e cabrio e della sua ricerca delle meravigliose sensazioni che la moto gli aveva dato.

Un pomeriggio salii su una cabriolet Volkswagen e ne ritrovai qualcuna di quelle sensazioni. Mi informai ed effettivamente molti me lo confermarono: decisi che un giorno ne avrei avuta una. Per lavoro conobbi una famiglia litigiosa, riuscii nell’intento di dividere quel che uno zio scapolo aveva lasciato morendo, e alla fine di tanto litigare saltò fuori una fantomatica spider, dimenticata dagli eredi e che stava per far crollare tutto il mio lavoro.

Decisi di vederla e scoprii una BMW cabriolet e non spider con tre anni di vita e settemila chilometri all’attivo, divenne mia con il ricatto delle parcelle (da un gesto illegale a volte nascono delle fortune). Fui ricambiato con notevoli ritardi nelle volturazioni a mio nome della “creatura”, ma non mi interessava, era già mia da subito e tanto mi bastava. Batteria, olio (solo un rabbocco) e di corsa dal benzinaio: controllo gomme e varia piccola manutenzione e via. Prima uscita: una gita al mare sulla cabrio aperta, si era di luglio, ed eccomi di nuovo Bruno Cortona!

Mai scelta fu più felice: ancora oggi è qui sotto le finestre di casa, nello stesso cortile, estate e inverno perché le autorimesse sono diventate condomini e quelle poche sono lontanissime (mi servirebbe un auto per raggiungerle e allora…) in cui ora ci sono sedici auto e i bambini non possono più giocare al pallone, per scelta io ho privilegiato un giardinetto rispetto al posto auto, ma c’è ancora spazio. Tra pochi giorni gusterò le nespole dell’albero ivi piantato da mio figlio, e
che curo con molta passione.
Sono finite le corse: ci hanno imposto, giustamente dei limiti di velocità, e possiamo godere il paesaggio, e soprattutto imparare che il “viaggio” non è la meta, è il viaggio stesso!
Già con la moto usavo molto poco le autostrade e ora con la cabrio ancor meno. Ho scoperto nuovi colori, nuovi odori e nuovi incontri: si parla molto volentieri con chi ha l’auto diversa dal solito: quella senza il coperchio ai passeggeri-guidatori. Ho scoperto posti meravigliosi e ho assaporati dei cibi gustosissimi: ricordo un coniglio alla ligure in una chiesa trasformata in trattoria mentre guardavo il mare dall’alto. Ho mangiato formaggi con malgari in montagna, seduto sul bordo della strada mentre sfilavano mandrie (sì, mandrie!) che scendevano dagli alpeggi verso le stalle in pianura. Ho parlato di eredità (il mestiere ritorna), bevendo ovomaltina perché non sopporto l’alcool, con chi aveva ereditato una Mercedes 170 cabrio del 1936 e pur di averla aveva rinunciato a molto di più, e girava orgoglioso per le montagne svizzere a tetto aperto con 10 gradi di temperatura: indossava abiti da esploratore polare ma era felice.
Altre storie potrei ancora raccontare, ma non esistono solo le auto! C’è anche Ercole!
sor[SM=x1127336]
m@rco60
00mercoledì 30 maggio 2007 22:01
Bravo Gianfranco..... [SM=x1127360]

Continua così..... [SM=g28002]

Una carezza a Ercole.....
erstar
00giovedì 31 maggio 2007 07:21
ercole
Ercole ringrazia per la carezza.
Per la storia invece anche: per il prossimo racconto....vedremo! [SM=x1127315]
nic65
00giovedì 31 maggio 2007 09:48
[SM=g28002] [SM=g28002] un caro saluto a Te ed Ercole....attendiamo la prossima parte...
cabrioadmin
00giovedì 31 maggio 2007 18:57
Qui ci scappa l'applauso.... [SM=x1127322]
[SM=x1127342]
erstar
00mercoledì 6 giugno 2007 10:46
applausi
Beh insomma non esageriamo: una standing ovation ci starebbe bene! [SM=x1127336]
nuvolari76
00domenica 27 aprile 2008 15:24
ODORI DI AUTO
[SM=x1127360] [SM=x1127360] questi ricordi legati alle quattro ruote mi hanno sempre fatto impazzire, conosco queste sensazioni anche io amo queste vetture per il loro bagaglio di storia che portano dietro, fortunatamente in famiglia le vecchie auto sono state mantenute e tutt'oggi ogni volta che salgo su ognuna sento un' odore particolare che mi fa pensare ai miei nonni che non ho conosciuto ed ai miei genitori bambini, qulcuno potrà capirmi qualcuno invece mi prenderà per matto, ultimamente sono riusciuto a ricomprarmi la mia prima auto una PANDA 4X4 prima serie anche lì un bel ritorno alla spensieratezza ed incoscienza dei 18 anni che emozione!!!!!!!!!
nic65
00lunedì 28 aprile 2008 13:12
fortunato Te che ci sei riuscito...le mie nn hanno avuto tutte questa stessa sorte [SM=x1127365] ....
nuvolari76
00lunedì 28 aprile 2008 21:40
Non è che ci sono riuscito la vera fortuna è che mio nonno non sapeva dividersi dalla sua vecchia auto, anche se ne aveva comprata una nuova e quindi sono rimaste in garage, in ogni caso poi non ne aveva più cura, quindi mi sono serviti anni per restuurarle.
Comunque oltre a quelle di famiglia ho segiuitato a comprare le auto che mi potessero trasmettere sensazioni, la penultima che ho preso e che tutt'ora mi fa gioire come il primo giorno è una jaguar appartenuta al mio mito cioè Marcello Mastroianni il solo pensiero che l'abbia guidata lui è un 'emozione, L'ultima una BMW 3000CSI perchè mi ricorda l'infazia l'aveva mio zio ed all'epoca mi sembrava un'astronave, pensare come la mente umana sia strana, l'ho presa celeste metallizzato (Fjord metallic) che invece mi ricorda la BMW 320 E21,che per anni ha avuto papà, il quale quando presi la patente la rottamò per paura che io la prendessi e da inesperto pilota......... "con un'auto due ricordi!!!!!!!!!!!!!! [SM=g28002] "
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