scelta di un auto parte due
Scelta di un auto
Parte due
Si avvicinava intanto il tempo del mio esame di maturità classica e contemporaneamente il “diritto” alla patente di guida, prima l’uno e poi l’altra. Superati agevolmente entrambi, ottenni in regalo la Appia, il che mi sconvolse perché io speravo nella 500, come molti dei miei compagni, ma quella mi diedero e quella mi tenni. L’avessi ancora adesso! Mio padre era migrato verso un’altra auto la bellissima Fulvia, sempre Lancia, stavolta bianco sporco con interni grigi ancora di panno Lancia, niente classico Blu Lancia: il suo amico concessionario aveva ceduto l’attività e ora vendevano le Volkswagen nei locali che erano stati da me visitati per anni.
L’Appia mi tenne compagnia per tre anni, mentre intraprendevo altri studi per compensare la malattia di mio padre (un brutto infarto, e allora faceva veramente paura) poi sceglievo altra vita, stavolta senza auto. A piedi per migliaia di chilometri sulle aspre vette e la sola compagnia delle jeep a pelo (muli) e qualche mezzo motorizzato, ma lì non potevo scegliere: quello ti davano e quello prendevi.
Sempre i motori mi procuravano un forzato allontanamento dalla vita militare, e finalmente potevo scegliermi un mezzo di trasporto. I pochi denari che avevo risparmiato, non riuscivo a spenderli in giro sulle alte vie delle Alpi, e, come si usava allora, pacchi di cambiali mi “convinsero” che potevo cambiare macchina in tempi brevi, modelli che ora farebbero la storia dell’automobile: Fiat, Lancia, Alfa, Austin-Morris, Peugeot, Citroen ma la scelta era sempre condizionata dalle mode e dalle riviste, a volte anche dalle vittorie nelle gare.
Mi sono sempre affezionato alle mie auto, e sempre le ho vendute con rammarico, ma la civiltà dei consumi colpiva soprattutto un bene come l’auto, e soprattutto gli spazi, anzi la mancanza degli spazi in cui ritirarle. Le mie scelte in tale campo sono però sempre state ponderate e prima di decidere passavo ore e ore nelle concessionarie e nelle officine per sentire quali modelli avessero meno difetti e quali fossero meno rubate, ma intanto mi rubarono un’Alfa 1750 berlina, bella, con soli dieci giorni e di cui non ebbi più notizie, anzi, se qualcuno la vedesse, era grigia con interni in finta pelle (texalfa) marrone, con autoradio Autovox linea blu che pochi ricordano ma che era associata nella pubblicità a una bellissima fanciulla dalla pelle nera e…altro che Naomi Campbell, mi chiami, saprò ricompensarlo.
Impazzivo letteralmente, ma come me molti altri, per il rumore di aspirazione e scarico: un suono meraviglioso che mi fa rabbrividire ancora appena sento un duetto che passa, ci sono solo più loro con quel motore lì.
Un breve periodo con qualche corsa nella pianura padana (= in riva al Po: il paese sede dell’autodromo si chiama Morano Po!), prima con una mini Cooper S preparata da un mitico preparatore di Torino, e anche appassionato, tale Burzio di cui nessuno ricorda il nome. Al volante di un’Alfa GTV 2000, preparata da Virgilio “penna bianca” Conrero, di cui sono ancora innamorato, dell’auto naturalmente, nonostante sia “scappata” in Sicilia, e di cui abbia perso le tracce, da cui ricavai qualche soddisfazione e qualche amararezza ( n.d.r.: queste ultime causate dalle BMW 2002 TII. Una premonizione?).
L’autodromo di Morano Po, nel Casalese con un lato adiacente al fiume, ha cessato di vivere per motivi di…campanile, e, naturalmente interesse: il paese vicino si sentiva disturbato dal rumore delle auto e soprattutto non riceveva benefici dall’invasione dei piloti dal nord-ovest e dalla Svizzera. Il sindaco del paese era tale Garrone ed è il padrone della Erg e della Samp: segnatevelo!
Un giorno entrarono sulla pista delle ruspe che cancellarono pochi metri dell’autodromo in quanto sorti sul territorio del comune adiacente e non erano state richieste le dovute autorizzazioni! Sono bastati pochi metri ed ecco un autodromo inutile: comunque è ancora lì, e basterebbe poco per rimetterlo in funzione, ma in tempi di falsa ecologia nessuno vuole impegnarsi: sempre la politica. Insomma un po’ di diatribe ci hanno costretti a migrare verso Monza con aumento dei costi che già allora erano notevoli. Ero “senza famiglia” e quindi potevo spendere. In effetti tra le auto, le corse e le preparazioni mi sono “sputtanato” qualche stipendio e una liquidazione, pure senza strafare: alcuni piloti, i più, dormivano in hotel e mangiavano al ristorante, noi sfigati in tende nel parco e si mangiava panini portati da casa e si arrivava al circuito alla guida della nostra auto e loro con la bestia sul carrello.
La passione si regge fino a un certo punto. Insomma comperai molte auto, poi mi innamorai di una donna, conosciuta sul circuito di prima, e arrivò il matrimonio.
continua