s.AMBROGIO: brani scelti

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°Teofilo°
00giovedì 30 luglio 2009 22:18

Lo Spirito di Dio inclina alla pietà

I Novaziani sostengono che non possono essere reintegrati nella comunione dei fedeli coloro che sono caduti in apostasia. Se facessero eccezione per il solo peccato di sacrilegio come non passibile di condono, mostrerebbero durezza, ma sarebbero, almeno, coerenti con la loro dottrina e in contrasto soltanto con gli insegnamenti divini. Il Signore, infatti, ha condonato tutti i peccati senza alcuna eccezione. I Novaziani, invece, alla maniera degli Stoici, pensano che tutte le colpe si debbano valutare parimenti e che debba per sempre rinunciare ai celesti misteri sia chi abbia sgozzato un gallo, come si dice, del pollaio, sia chi abbia strangolato il proprio padre. Come, dunque, possono escludere dai sacramenti la sola categoria dei rei di apostasia, quando, per giunta, proprio i Novaziani affermano che è cosa assai deplorevole estendere a molte persone il castigo che conviene a poche?

Essi dicono che onorano il Signore, giacché riconoscono il diritto di condonare i peccati a lui solo. Coloro, invece, che violano coscientemente la legge del Signore e sovvertono il magistero che egli ha loro affidato offendono assai gravemente Dio. Cristo medesimo ha detto nel Vangelo: "Ricevete lo Spirito Santo e a chi rimetterete i peccati saranno a lui rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,22.23). Dunque, rende onore maggiore chi ubbidisce ai comandi o chi disubbidisce?

La Chiesa ottempera all`uno e all`altro comando: a quello di non rimettere la colpa e a quello dell`assolverla. L`eresia, invece, è spietata nell`esecuzione del primo dei due imperativi, disubbidiente nell`altro. Pretende legare ciò che non intende sciogliere, non vuole sciogliere ciò che ha legato. Si condanna manifestamente da se medesima. Il Signore, infatti, ha voluto che il diritto di assolvere e quello di non assolvere siano del tutto identici. Ha garantito entrambi e a pari condizioni. E` ovvio che chi non possiede l`uno, non può possedere l`altro diritto. Infatti, in conformità agli insegnamenti di Dio, chi ha il potere di condannare ha anche quello di perdonare. Logicamente, l`affermazione dei Novaziani cade. Col negare a sé la potestà del condonare sono costretti a rinunciare a quella del non assolvere. Come potrebbe essere lecita l`una e non l`altra potestà? A chi è stato fatto dono di entrambe o è chiaro che sono possibili l`una e l`altra o nessuna delle due. Alla Chiesa sono, dunque, lecite entrambe, all`eresia né l`una né l`altra. A ben considerare, tale facoltà è stata data, infatti, ai soli sacerdoti. A ragione, pertanto, la Chiesa che ha ministri legittimi, si arroga l`uno e l`altro diritto, l`eresia non può, al contrario, farlo, poiché non ha i sacerdoti di Dio. Col non rivendicare le due potestà, l`eresia sentenzia nei propri riguardi che, non avendo ministri legittimi, non può attribuirsi un loro diritto. Nella sfacciata tracotanza è dato intravedere un`ammissione, sia pure timida.

Tieni anche presente: chi riceve lo Spirito Santo, riceve la potestà di assolvere e di non assolvere i peccati. Sta scritto: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Dunque, chi non può assolvere non possiede lo Spirito Santo, dal momento che è lo Spirito Santo, appunto, a far dono del ministero sacerdotale e la sua autorità è nel condonare e nel non rimettere le colpe. Come, perciò, i Novaziani potrebbero rivendicare un dono di chi mettono in dubbio l`autorità, la potestà?

Che dire della loro enorme sfacciataggine? Lo Spirito di Dio è incline alla pietà, non già alla durezza. Essi, al contrario, non vogliono ciò che egli dice di volere e fanno ciò che egli afferma di non gradire. Eppure il castigare si addice al giudice, il perdonare, invece, all`indulgente. Tu che appartieni alla setta dei Novaziani saresti, pertanto, piú tollerabile coll`assolvere che col non condonare. Col non essere indulgente peccheresti di disubbidienza verso Dio, coll`usare misericordia, elargiresti il perdono, dimostrando di provare, almeno, pietà di chi vive nell`afflizione.

(Ambrogio, De Paenit. 1, 2)


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.56
Dal "Commento su san Luca" di Sant'Ambrogio, vescovo
(2,19.22-23.26-27; CCL 14,39-42)
La visitazione di Maria



L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti "appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo" (cfr. Lc 1,41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
Esultò Giovanni, esultò anche lo Spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito Santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito Santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
"Beata - disse - tu che hai creduto" (cfr. Lc 1,45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
Come avete potuto leggere anche altrove: Magnificate il Signore con me (Sal 33,4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie, magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.57

Dal trattato "Sui misteri" di Sant'Ambrogio, vescovo
(Nn. 19-21,24.26-38; SC 25 bis,164-170)
L'acqua non purifica senza lo Spirito Santo


Ti è stato detto antecedentemente di non credere solo a ciò che vedi perché non abbia a dire: È forse questo quel grande mistero che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo? (cfr. 1Cor 2,9). Vedo le acque che vedevo ogni giorno. Queste acque nelle quali spesso mi sono immerso senza mondarmi, sono proprio esse che devono mondarmi? Da questo impara che l'acqua non monda senza lo Spirito. È per questo che tu hai letto che nel battesimo tre testimoni sono concordi (cfr. 1Gv 5,8): l'acqua, il sangue e lo Spirito, perché se di essi ne togli uno solo, non c'è più il sacramento del battesimo. Di fatto, che cos'è l'acqua senza la croce di Cristo, se non una cosa ordinaria senza nessuna efficacia sacramentale? D'altra parte, senza acqua non vi è mistero di rigenerazione, perché "se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Anche un catecumeno crede nella croce del Signore Gesù con la quale è segnato anche lui, ma se non sarà stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo non può ricevere la remissione dei peccati e neppure attingere il dono della grazia spirituale. Perciò quel Siro si immerse nell'acqua sette volte sotto la Legge, ma tu sei stato battezzato nel nome della Trinità. Hai confessato il Padre - ricordati ciò che hai fatto - hai confessato il Figlio, hai confessato lo Spirito. Segui l'ordine delle cose. In questa fede sei morto al mondo, sei risorto a Dio e, quasi sepolto in quell'elemento del mondo cioè nell'acqua battesimale, sei morto al peccato, sei risorto alla vita eterna. Credi dunque che le acque non sono inefficaci.Così quel paralitico della piscina Probatica attendeva un uomo. E quale uomo se non il Signore Gesù, nato dalla Vergine Maria? Alla sua venuta avrebbe operato la liberazione, non più mediante la sua ombra, ma con la realtà della sua presenza. Non più di uno solo, ma di tutti.
Era dunque lui di cui si aspettava la venuta, lui del quale Dio Padre disse a Giovanni Battista: "L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo" (Gv 1,33). Era colui del quale Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui" (Gv 1,32). E qui per quale ragione lo Spirito discese in forma di colomba se non perché tu vedessi, perché tu conoscessi che anche quella colomba, che il giusto Noè fece uscire dall'arca, era figura di questa colomba, cioè perché tu riconoscessi la figura del sacramento?
E perché dubitare ancora dopo che nel vangelo te lo proclama chiaramente il Padre dicendo: "Questi è il Figlio mio nel quale mi sono compiaciuto?" (Mt 3,17). Te lo proclama il Figlio sul quale lo Spirito Santo si è mostrato in forma di colomba. Te lo proclama lo Spirito Santo che è sceso in forma di colomba. Te lo proclama Davide: "Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono, il Signore, sull'immensità delle acque" (Sal 28,3). La Scrittura stessa ti attesta che alle preghiere di Gedeone il fuoco discese dal cielo (Gdc 6,17-21) e a quelle di Elia fu mandato il fuoco che consacrò il sacrificio (1Re 18,38).
Non fare attenzione ai meriti delle persone, ma al ministero dei sacerdoti. Che se guardi ai meriti, come stimi Elia, così terrai conto anche dei meriti di Pietro e di Paolo, i quali ci hanno trasmesso questo mistero ricevuto dal Signore Gesù. A quelli era mandato un fuoco visibile perché credessero, invece in noi, che crediamo, agisce un fuoco invisibile; a loro in figura, a noi per proclamazione. Il Signore Gesù disse: Dove sono due o tre, là sono anch'io (cfr. Mt 18,20). Credo perciò che quando è invocato dalle preghiere dei sacerdoti è presente. Quanto più non si degnerà di accordare la sua presenza dov'è la Chiesa, dove sono i misteri?
Sei sceso dunque nel fonte battesimale. Ricordati che cosa hai risposto: che credi nel Padre, che credi nel Figlio, che credi nello Spirito Santo. Non hai detto: Credo in un maggiore, in un minore, in un ultimo, ma, con l'impegno della tua parola, ti sei obbligato a credere nel Figlio come credi nel Padre, a credere nello Spirito Santo come credi nel Figlio, e, se una differenza fai, è che, trattandosi della morte in croce, la credi solo di Gesù Cristo.


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Inviato: 10/11/2002 6.58
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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 6.59

Dal trattato "Sulla lettera ai Filippesi" di sant'Ambrogio, vescovo
(PLS 1,617-618)
Rallegratevi nel Signore, sempre


Come avete sentito nella precedente lettura nella quale l'Apostolo diceva: "Rallegratevi nel Signore, sempre" (Fil 4,4), la carità di Dio, o fratelli carissimi, ci chiama, per la salvezza delle nostre anime, alle gioie della beatitudine eterna. Le gioie del mondo vanno verso la tristezza senza fine. Invece le gioie rispondenti alla volontà del Signore portano alle gioie durature ed intramontabili coloro che le coltivano assiduamente. Perciò l'Apostolo dice: "Ve lo ripeto ancora: rallegratevi" (Fil 4,4).
Egli esorta ad accrescere sempre più la nostra gioia in Dio mediante l'osservanza dei suoi comandamenti, perché quanto più avremo lottato in questo mondo per obbedire ai precetti del Signore, tanto più saremo beati nella vita futura, e tanto maggior gloria ci guadagneremo agli occhi di Dio.
"La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini" (Fil 4,5); cioè, la vostra condotta santa sia manifesta non solamente agli occhi di Dio, ma anche quelli degli uomini, come esempio di onestà e sobrietà per tutti coloro che abitano con voi sulla terra. Lasciate di voi un buon ricordo sia di vita cristiana che di rettitudine umana.
"Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla" (Fil 4,5-6). Il Signore è sempre vicino a tutti quelli che lo invocano con cuore sincero, con fede retta, con speranza ferma, con carità perfetta; egli infatti sa quello di cui avete bisogno prima che glielo domandiate: egli è sempre pronto a venire in soccorso in ogni necessità a tutti coloro che lo servono fedelmente. Perciò non dobbiamo preoccuparci gran che dei mali che ci sovrastano, quando abbiamo la certezza che Dio, nostra difesa, ci è vicinissimo secondo il detto: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti. Molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore" (Sal 33,19-20). Se noi ci sforziamo di compiere e di conservare quanto ci ha comandato, egli non tarda a renderci quello che ci ha promesso.
"Ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti" (Fil 4,6) per potere affrontare le prove con pazienza e serenità e mai con amare contestazioni - Dio ce ne guardi - anzi "rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre" (Ef 5,20).

°Teofilo°
00giovedì 30 luglio 2009 22:19

Dal "Commento sul salmo 118" di Sant'Ambrogio, vescovo
(Nn. 12.13-14; CSEL 62,258-259)
Santo è il tempio di Dio, che siete voi


"Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). Sia aperta a colui che viene la tua porta, apri la tua anima, allarga il seno della tua mente perché il tuo spirito goda le ricchezze della semplicità, i tesori della pace, la soavità della grazia. Dilata il tuo cuore, va' incontro al sole dell'eterna luce "che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). Per certo quella luce vera splende a tutti. Ma se uno avrà chiuso le finestre, si priverà da se stesso della luce eterna. Allora, se tu chiudila porta della tua mente, chiudi fuori anche Cristo. Benché possa entrare, nondimeno non vuole introdursi da importuno, non vuole costringere chi non vuole.Nato dalla Vergine, uscì dal suo grembo irradiando la sua luce sulle cose dell'universo intero, per risplendere a tutti. Quelli che lo desiderano ricevono la chiarezza dell'eterno fulgore che nessuna notte riesce ad alterare. A questo sole che vediamo ogni giorno tiene dietro la notte tenebrosa. Ma il sole di giustizia non tramonta mai perché la sua luce di sapienza non viene mai offuscata da alcuna ombra.Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. È questa la porta per la quale entra Cristo. Perciò anche la Chiesa dice nel Cantico dei Cantici: "Un rumore! È il mio diletto che bussa" (Ct 5,2). Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: "Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia; perché il mio capo è bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne" (Ct 5,2).Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: allorché il suo capo è pieno di rugiada notturna. Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall'affanno, abbia a soccombere. Il suo capo dunque si riempie di rugiada, ovvero di gocce, quando il suo corpo soffre. È allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, se ne va prima di bussare. Ma se il tuo cuore veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: "Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria" (Sal 23,7). Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: "Apritemi le porte della giustizia" (Sal 117,19).L'anima dunque ha le sue porte, l'anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuoi trovare la sposa desta.


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Consiglia  Messaggio 13 di 22 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 7.01

Dal trattato "Caino e Abele" di sant'Ambrogio, vescovo
(Lib. 1,9.34.38-39; CSEL 32,369.371-372)
Si deve pregare in modo speciale per tutto il corpo della Chiesa

"Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti" (Sal 49,14). Chi promette a Dio e mantiene quello che gli ha promesso, lo loda. Perciò viene privilegiato sugli altri quel samaritano il quale, mondato dalla lebbra per comando del Signore insieme agli altri nove, ritorna a Cristo da solo, magnifica Dio e lo ringrazia. Di esso Gesù affermò: "Non si è, trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio all'infuori di questo straniero? E gli disse alzati e va', la tua fede ti ha salvato!" (Lc 17,18-19). Il Signore Gesù ti ha fatto conoscere in modo divino la bontà del Padre che sa concedere cose buone, perché anche tu chieda a lui, che è buono, ciò che è buono. Ha raccomandato di pregare intensamente e frequentemente, non perché la nostra preghiera si prolunghi fino al tedio, ma piuttosto ritorni a scadenze brevi e regolari. Infatti la preghiera troppo prolissa spesso diventa meccanica e d'altra parte l'eccessivo distanziamento porta alla negligenza. Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri. Così l'opera sarà una commendatizia alla tua preghiera. Anche l'Apostolo insegna che si deve pregare senza ira e senza contese perché la preghiera non venga turbata e falsata. Insegna anche che si deve pregare in ogni luogo (Cfr 1Tm 2,8), laddove il Salvatore dice: "Entra nella tua camera" (Mt 6,6). Intendi non una camera delimitata da pareti dove venga chiusa la tua persona, ma la cella che è dentro di te dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi, e in essa non c'è altro giudice se non Dio solo.Ti si insegna ancora che si deve pregare in maniera tutta speciale per il popolo, cioè, per tutto il corpo, per tutte le membra della tua madre: sta in questo il segno della carità vicendevole. Se, infatti, preghi per te, pregherai soltanto per il tuo interesse. E se i singoli pregano soltanto per se stessi, la grazia è solo in proporzione della preghiera di ognuno, secondo la sua maggiore o minore dignità. Se invece i singoli pregano per tutti, tutti pregano per i singoli e il vantaggio è maggiore. Dunque, per concludere, se preghi soltanto per te, pregherai per te, ma da solo, come abbiamo detto. Se invece preghi per tutti, tutti pregheranno per te. Perché nella totalità ci sei anche tu. La ricompensa è maggiore perché le preghiere dei singoli messe insieme ottengono a ognuno quanto chiede tutto intero il popolo. In questo non vi è alcuna presunzione, ma maggiore umiltà e frutto più abbondante.


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Consiglia  Messaggio 14 di 22 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 7.02

Dal "Commento sul salmo 118" di sant'Ambrogio, vescovo
(Disc. 20,47-50; CSEL 62,467-469)
Sii testimone fedele e forte


Come molte sono le persecuzioni, così molti sono i generi di martirio. Ogni giorno tu sei testimone di Cristo. Sei stato tentato dallo spirito di fornicazione, ma, per timore del futuro giudizio di Cristo, hai conservato la castità dell'anima e del corpo: sei martire di Cristo. Sei stato tentato dallo spirito di avarizia a invadere la proprietà del povero, a violare i diritti della vedova, ma, ricordando i comandamenti di Dio, hai compreso che bisogna aiutare piuttosto che recar danno: sei testimone di Cristo. Tali li vuole Cristo i suoi testimoni secondo quanto sta scritto: "Rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova. Su, venite e discutiamo, dice il Signore" (Is 1,17-18).
Sei stato tentato dallo spirito di superbia, ma, vedendo il misero e il povero, ne hai sentito profonda pietà e hai amato l'umiltà più che l'arroganza: sei testimone di Cristo. E, quel che è più, hai reso testimonianza non soltanto a parole, ma anche con le opere. Quale uomo, infatti, è testimone più autorevole e credibile di chi "riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne" (1Gv 4,2) proprio osservando le norme del Vangelo? Invece chi ascolta e non fa, nega Cristo. Anche se lo confessa a parole, lo nega con i fatti. A quanti diranno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome"? Risponderà in quel giorno: "Allontanatevi da me, tutti voi operatori di iniquità" (Mt 7,22-23). Testimone è dunque colui che attesta i precetti del Signore Gesù, soprattutto con la prova dei fatti. Dio solo sa quanti soffrono quotidianamente il martirio in segreto e confessano nel loro cuore il Signore nostro Gesù Cristo!L'Apostolo conobbe questo martirio e questa fedele testimonianza a Cristo, egli che disse: "Questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza" (2Cor 1,12).Si verifica anche il contrario. Quanti hanno confessato esternamente e negato internamente! Ecco perché ci si dà questa raccomandazione: "Non prestate fede a ogni ispirazione" (1Gv 4,1), e si dice anche: Dai loro frutti conoscerete a chi dovete credere (cfr. Mt 7,16).Perciò sii fedele e forte nelle persecuzioni interne, per essere approvato anche in quelle che sono pubbliche. Anche nelle persecuzioni interne ci sono re e prèsidi e giudici terribili per il loro potere. Hai un esempio nella tentazione che ha subìto il Signore.Si legge: "Non regni più il peccato nel vostro corpo mortale" (Rm 6,12). Vedi davanti a quali re sei posto, o uomo? Se fai regnare in te la colpa, sottostarai al re-peccato. Quanti sono i peccati, quanti sono i vizi, altrettanti sono i re. Davanti a questi noi siamo trascinati e davanti a questi siamo posti. Anche questi re hanno un loro tribunale nello spirito di moltissimi. Ma se uno confessa Cristo, fa subito prigioniero quel re, lo atterra dal trono della propria anima. Infatti, come potrebbe restare il tribunale del diavolo in colui nel quale è eretto il tribunale di Cristo?


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Consiglia  Messaggio 15 di 22 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/11/2002 7.03
Dal trattato "Sui misteri" di Sant'Ambrogio, vescovo
(Nn. 12-16,19; SC 25bis,162-164)
Tutte queste cose accaddero loro come figura


L'Apostolo ti insegna "che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare" (1Cor 10,1-2). Inoltre anche Mosè stesso dice nel suo cantico: "Soffiasti con il tuo alito: il mare li coprì" (Es 15,10). Tu scorgi che già in quel passaggio degli Ebrei nel quale gli Egiziani perirono e gli Ebrei si salvarono, vi era certo la figura del battesimo. Che altro infatti ci viene insegnato ogni giorno in questo sacramento se non che la colpa è sommersa e l'errore distrutto, mentre la pietà e l'innocenza passano oltre intatte?Tu senti che i nostri padri furono sotto la nuvola, e certo sotto una buona nuvola, se essa rinfrescò gli ardori delle passioni. Una buona nuvola davvero! Essa copre con la sua ombra coloro che sono visitati dallo Spirito Santo. Poi si posò sulla Vergine Maria e la potenza dell'Altissimo stese la sua ombra su di lei quando generò la redenzione per il genere umano. Se dunque lo Spirito era presente nella figura, non lo sarà nella verità quando la Scrittura ti dice che "la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo"? (Gv 1,17).Mara era una sorgente amara, Mosè vi gettò dentro un legno e diventò dolce. Così l'acqua senza la predicazione della croce del Signore non serve a nulla per la salvezza. Ma quando è stata consacrata dal mistero della croce che salva, allora è disposta per servire da bagno spirituale e da coppa di salvezza. Perciò come Mosè, vale a dire il profeta, gettò un legno in quella sorgente, così il sacerdote pronunzia su questo fonte una formula di esaltazione della croce del Signore e l'acqua si fa dolce per conferire la grazia.Non credere, dunque, solamente agli occhi del corpo. Si vede meglio quello che è invisibile, perché quello che si vede con gli occhi del corpo è temporale, invece quello che non si vede è eterno. E l'eterno si percepisce meglio con lo spirito e con l'intelligenza che con gli occhi. Del resto, ti ammaestri la lettura, che noi abbiamo fatto da poco, del libro dei Re. Naaman era Siro, aveva la lebbra e nessuno poteva mondarlo. Allora una ragazza prigioniera di guerra disse che in Israele vi era un profeta capace di sanarlo dal contagio della lebbra.Avendo preso, come dice il testo, oro e argento si recò dal re di Israele. Questi, appreso il motivo della sua venuta, si stracciò le vesti dicendo che era piuttosto una provocazione il domandargli ciò che non rientrava nel suo potere di re. Ma Eliseo ingiunse al re di mandargli il Siro perché questi avesse a conoscere che c'era un Dio in Israele. E quando arrivò gli ordinò di immergersi sette volte nel fiume Giordano. Allora egli cominciò a pensare che i fiumi della sua patria avevano acque migliori nelle quali si era immerso spesse volte, ma senza venire mai mondato dalla lebbra, e, trattenuto da questo fatto, non obbediva ai comandi del profeta. Tuttavia dietro le istanze e le pressioni dei suoi servi, cedette e si immerse. Mondato subito, egli comprese che l'essere uno mondato istantaneamente non è opera dell'acqua. ma della grazia. Fu prima di essere sanato che dubitò. Tu invece sei già stato sanato e perciò non devi dubitare.

°Teofilo°
00giovedì 30 luglio 2009 22:21

Dal "Commento sui salmi" di Sant'Ambrogio, vescovo
(Sal 48,13-14; CSEL 64,367-368)
Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù



Il fratello non può redimere il fratello, ma c'è un uomo che compirà la redenzione. Egli però non avrà bisogno di propiziarsi Dio, né dovrà versargli un riscatto per la propria anima (cfr. Sal 48,8-9 volg.). Il che è quanto dire: "Perché temere nei giorni tristi?" (Sal 48,6). Infatti che cosa può nuocere a me che non solo non ho bisogno di un redentore, ma sono io stesso il redentore di tutti? Libererò gli altri e dovrò trepidare per me stesso? Ecco, farò nuove tutte le cose, produrrò un rinnovamento quale nessun amore umano saprebbe desiderare o attuare. Colui che il fratello, venuto alla luce dal medesimo grembo materno, non può redimere perché ne è impedito dalla debolezza della medesima natura, lo redimerà un uomo, quell'uomo del quale è scritto: "Il Signore manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà" (Is 19,20). Quest'uomo ha detto di se stesso: "Ora cercate di uccidere me che vi ho detto la verità" (Gv 8,40).
Ma benché sia un uomo, chi lo conoscerà? Perché, come uno solo è Dio, così è anche "uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5). Egli è il solo che redimerà l'uomo andando al di là di ogni amore fraterno, perché ha versato per estranei il suo sangue che nessuno può dare per un fratello. Perciò non risparmiò il proprio corpo per redimerci dal peccato e "ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,6), come ha asserito il suo testimone verace, l'apostolo Paolo, il quale afferma: "Dico la verità, non mentisco" (Rm 9,1).
Ma perché lui solamente redimerà? Perché nessuno può eguagliarlo nell'amore, e come lui nessuno dà la propria vita per i suoi schiavi; nessuno può eguagliarlo in integrità: tutti, infatti, sono sotto il peccato perché tutti sottostanno alla caduta di Adamo. Viene scelto solamente un redentore, il quale non possa essere soggetto all'antico peccato. Dunque, per l'uomo intendiamo Cristo Signore, il quale ha preso la condizione dell'uomo per crocifiggere nella sua carne il peccato di tutti e per distruggere con il suo sangue la sentenza di condanna contratta da tutti.
Ma forse dirai: Come si nega che un fratello possa redimere, quando egli stesso ha detto: "Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli"? (Sal 21,23). L'uomo Cristo Gesù non ci ha rimesso i peccati in quanto fratello nostro, ma in quanto Dio nostro. Così infatti sta scritto: "È stato Dio a riconciliare il mondo a sé in Cristo" (2Cor 5,19) cioè in quel Cristo Gesù del quale solamente fu detto che "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Dunque, non come fratello, ma come Signore abitò fra di noi, quando abitava nella carne.


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Da: <NOBR>Soprannome MSN°Teofilo</NOBR>Inviato: 05/02/2003 23.05
Dipartita del fratello

47. Ma non ne fu così avido, da essere incauto; sappiamo bene, infatti, che molti per avidità trascurano ogni precauzione. Fece venire il vescovo, e, giudicando che non esiste vera amicizia se non nasce dalla vera fede, s'informò da lui se fosse in armonia con i vescovi cattolici, cioè con la Chiesa di Roma. E probabilmente in quella regione. la Chiesa di quella località era nello scisma, perché proprio allora Lucifero (un vescovo, ndr ) si era distaccato dalla nostra comunione. E sebbene mio fratello fosse andato lontano a motivo della sua fede, lasciandoci eredi della sua fede, tuttavia non ammise che la fede dovesse trovarsi nello scisma; infatti, sebbene coloro avessero mantenuto la fede in dìo, non l'avevano però mantenuta verso la Chiesa, permettendo che se ne strappassero come le giunture e se ne lacerassero le membra. Ma poiché Cristo ha patito per la Chiesa, e la Chiesa è il corpo di Cristo, non si può dire che prestino fede a Cristo coloro che rendono vana la sua passione e ne straziano il corpo.


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Da: <NOBR>Soprannome MSN°Teofilo</NOBR>Inviato: 05/02/2003 23.08

La penitenza

23. … Pietro disse a Simone, il quale, corrotto dall'esercizio della magia, aveva creduto che il denaro potesse procurare la grazia di Cristo per mezzo dell'imposizione delle mani, e l'infusione dello Spirito Santo: "Non v'è parte ne sorte alcuna per tè in questa cosa, perché il tuo cuore non e retto davanti a Dìo. convcrtiti dunque da cotesta tua malvagità, e prega il Signore, se forse vorrà perdonarti questo divisamente del tuo cuore; ti vedo infatti in lacci d'iniquità e Ìn fiele amaro ". Osserva che Pietro condanna con autorità di apostolo colui che bestemmiava lo Spirito Santo con la sua superbia di mago: e tanto più, in quanto non godeva della pura conoscenza della fede. Ma, nonostante tutto, non gli tolse completamente la speranza del perdono, perché lo invitò a far penitenza.

24. Perciò il Signore rispose alla bestemmia dei Farisei; egli nega loro la grazia della sua potenza — che si manifesta nel perdono dei peccati — proprio perché ritenevano che la sua potenza celeste si appoggiasse sulla complicità del demonio. Ma egli afferma che anche quanti dividono la Chiesa del Signore sono mossi dallo spirito del demonio, comprendendo così gli eretici e gli scismatici di tutte le epoche, ai quali nega il perdono, perché ogni altro peccato riguarda i singoli, ma questo danneggia tutti. Essi, infatti, sono gli unici a voler distruggere la grazia di Cristo, e a dilaniare le membra della Chiesa, per formare la quale il Signore Gesù ha sofferto la passione, e ci è stato dato lo Spirito Santo.

25. In fin dei conti, affinchè sappiate che egli parla dei dissipatori, troviamo queste parole : " Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde )). E per farci sapere che parla di costoro, subito dopo aggiunge: "Perciò vi dico: qualunque peccato o bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata agli uomini )). Non è chiaro che, col sottolineare: "Perciò vi dico", egli ha voluto farci comprendere questa verità più di tutto il resto ? E giustamente aggiunge : " Ogni albero buono produce frutti buoni e l'albero cattivo produce frutti cattivi"; infatti una cattiva comunità non può produrre frutto buono. Quindi l'albero significa la comunità, e i frutti dell'albero buono sono i figli della Chiesa.

26. Ritornate dunque alla Chiesa, se qualcuno di voi se ne è separato empiamente. Cristo promette il perdono a tutti quelli che ritornano, perché sta scritto : " Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvo " . Perfino il popolo giudaico, che diceva del Signore Gesù: "Ha un demonio" ; quel popolo che diceva : " Costui scaccia i demoni nel nome di Beelzebui ", e che mise sulla croce il suo Signore, viene chiamato al battesimo dalla predicazione di Pietro, perché si sgravi della responsabilità di un così enorme delitto.



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Da: Soprannome MSN°Gino¹Inviato: 02/06/2004 14.20
Da: <NOBR>Soprannome MSN°Teofilo</NOBR>Inviato: 03/05/2003 22.46

Sant'Ambrogio, (Lo Spirito Santo I,12-16).


"Ed ora presentiamo i piedi dell'anima nostra. Il Signore Gesù vuol lavare i piedi anche a noi. Non solo a Pietro, ma a ciascun fedele dice: Se non ti laverò i piedi, non avrai parte con me. Vieni, dunque, Signore Gesù, deponi la veste che hai indossato per me; spogliati per rivestirci della tua misericordia. Cingiti di un asciugatoio per cingerci con il tuo dono che è l'immortalità… Lava non soltanto i piedi, ma anche il capo, e non solo i piedi del nostro corpo, ma anche i piedi dell'anima. Voglio deporre tutta la sporcizia della nostra fragilità… Come un servitore lavi i piedi ai tuoi servi, come Dio mandi la rugiada dal cielo. E non solo ci lavi i piedi, ma ci invita anche a metterci a tavola con te e ci esorti con l'esempio della tua condiscendenza… Dunque anch'io voglio lavare i piedi ai miei fratelli, voglio adempiere il comandamento del Signore. Volle che non mi vergognassi, che non disdegnassi di fare ciò che lui ha fatto prima di me. E' a mio vantaggio il mistero dell'umiltà, perché mentre lavo la sporcizia degli altri, mi purifico dalla mia… C'è un'acqua che dobbiamo mettere nel catino dell'anima nostra: l'acqua che si ricava… dal libro dei Salmi. E l'acqua è la rugiada del messaggio celeste. Venga, dunque, Signore Gesù quest'acqua nella mia anima e nella mia carne… Lava i piedi dell'anima mia affinchè io non possa peccare ancora… Tu che hai redento il mondo, redimi anche l'anima di un singolo peccatore…"


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Da: <NOBR>Soprannome MSN°Gino¹</NOBR>Inviato: 24/01/2004 20.04
«Di chi è l’immagine e l’iscrizione?» (Lc 20,24). In questo passo egli c’insegna che dobbiamo essere cauti nel respingere le accuse degli eretici oppure dei giudei. In un altro punto ha detto: «Siate astuti come i serpenti». Questo, diversi lo interpretano così: poiché la croce di Cristo fu preannunciata nel serpente levato in alto, affinché venisse distrutto il veleno serpigno degli spiriti del male, parrebbe che si debba essere accorti come il Cristo, e semplici come lo Spirito. Ecco dunque chi è il serpente che tiene sempre protetto il capo, ed evita così le ferite mortali. Quando i giudei gli chiedevano se avesse ricevuto dal cielo la sua autorità, egli rispose: «Il battesimo di Giovanni di dov’era, dal cielo o dagli uomini?» (Mt 20,4). E lo scopo era che essi, non osando negare che era dal cielo, si convincessero da soli della propria demenza nel negare che colui che lo dava era dal cielo. Egli chiede un didramma e domanda di chi è l’effigie: infatti diversa è l’effige di Dio, diversa l’effigie del mondo. Per questo anche colui ci ammonisce: «E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così portiamo l’immagine dell’uomo celeste» (1Cor 15,49).

Cristo non ha l’immagine di Cesare, perché egli è «l’immagine di Dio». Pietro non ha l’immagine di Cesare, perché ha detto: Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mt 19,27). Non si trova l’immagine di Cesare in Giacomo o in Giovanni, perché sono i figli del tuono, ma essa si trova nel mare, dove vi sono sulle acque quei mostri dalle teste fracassate, e lo stesso mostro principale, col capo mozzo, vien dato come cibo ai popoli degli Etiopi. Ma se non aveva l’immagine di Cesare, perché mai ha pagato il tributo? Non l’ha pagato del suo, ma ha restituito al mondo ciò che apparteneva al mondo.

L'effige divina
- S. AMBROGIO (397), Expositionis evangelii secundum Lucam, IX, 34-36

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Da: <NOBR>Soprannome MSN°Gino¹</NOBR>Inviato: 24/01/2004 20.05
Il frantoio.
Un uomo piantò una vigna (Lc 20,9). Parecchi deducono diversi significati dal nome della vigna, ma è evidente che Isaia ha ricordato come la vigna del Signore di Sabaoth sia la casa d’Israele (cf. Is 5,7). Chi altro mai, se non Dio, ha creato questa vigna? E dunque lui che la diede in affitto e partì per andare lontano, non nel senso che il Signore si sia trasferito da un luogo all’altro, dato che egli è sempre dappertutto, ma perché è più vicino a chi lo ama, ma sta lontano da chi lo trascura.
Egli fu assente per lunghe stagioni, per evitare che la riscossione sembrasse prematura.
Quanto più longanime la benevolenza, tanto più inescusabile la ostinatezza.
Per cui, secondo Matteo, giustamente trovi che «la circondò anche di una siepe» (Mt 21,33; Is 5,2), cioè la recinse munendola della protezione divina, affinché non fosse facilmente esposta agli assalti delle belve spirituali.

E al tempo dei frutti mandò i suoi poveri servi. È giusto che abbia indicato il tempo dei frutti, non il raccolto, infatti dai Giudei non si ebbe alcun frutto, questa vigna non ha dato alcun raccolto, poiché di essa il Signore dice: «Attendevo che producesse uve, ma essa diede spine» (Is 5,2). Perciò i torchi traboccarono non di vino che rallegra, non di mosto spirituale, ma del sangue rosseggiante dei profeti. Del resto Geremia fu gettato in una cisterna (cf. Ger 38,6), di questa specie erano ormai i torchi dei Giudei, pieni non di vino ma di melma. E sebbene, come sembra, questa sia un’allusione generale ai profeti, tuttavia il passo ci permette di pensare che si tratti di quel ben noto Nabot (cf. i Re 21,1-14), il quale fu lapidato: sebbene di lui non ci sia stata tramandata nessuna parola profetica, ci è stata però tramandata la sua storia profetica, poiché preannunziò col proprio sangue che molti sarebbero stati i martiri a favore dl questa vigna. E chi è colui che viene colpito al capo? È certamente Isaia, a cui una sega poté più facilmente tagliare in due le membra del corpo che non far vacillare la fede, o sminuir la costanza, o troncare il vigore dell’anima.

E ciò avvenne perché, quando ormai aveva designato tanti altri estranei, che i Giudei cacciarono senza onore e senza risultati, non essendo riusciti a cavarne nulla, per ultimo mandò anche il figlio unigenito, e quei perfidi, mossi dalla bramosia di eliminarlo perché era l’erede, l’uccisero (cf. Lc 20, l3ss) crocifiggendolo, lo respinsero rinnegandolo.

Quante cose, e quanto importanti, in così brevi tratti! Anzitutto questo: che la bontà è una dote di natura, e il più delle volte si fida di chi non lo merita; inoltre, che Cristo è venuto come estremo rimedio delle perversità; infine, che chi rinnega l’erede, dispera del creatore. E Cristo (cf. Eb 1,2) è al tempo stesso erede e testatore; erede, perché sopravvive alla propria morte e raccoglie nei progressi che facciamo direi come i frutti ereditari dei testamenti, ch’egli stesso ha stabilito.



Il "frantoio", testimonianza dei profeti martiri che hanno preceduto Cristo

S. AMBROGIO (397), Expositionis evangelii secundum Lucam, IX, 23,27

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