crescita
Carissima,
le Sue parole mi hanno molto colpito. Per diversi motivi:
1) lei vuole crescere e si trova un contesto che non Le dà risposta;
2) capisce che, da sud a nord, la zuppa è sempre la stessa;
3) tocca con mano l'attuale mercato del lavoro, davvero impermeabile alle persone competenti;
4) Lei ripropone l'eterno problema di una Sicilia avara presso i propri figli, che li costringe all'eterna emigrazione;
5) Lei mi fa venire in mente quando avevo 25 anni e vivevo al sud. All'epoca feci la scelta di andarmene all'estero, senza contatti o esperienze e col solo diploma in tasca.
Insomma, siamo in una fase in cui il mercato del lavoro, non dando a voi giovani risposte (ma pure ai miei tempi non c'erano, mi creda!), di fatto disinveste su di voi. L'emigrazione, a cui noi meridionali siamo da secoli abituati, è il (normale, forse) meccanismo di compensazione in un mercato saturo. Oggi, però, il problema è che il mercato saturo è dovunque: se fino a venti anni fa il nord dava aperture (perchèai nordici "faceva schifo" andare a lavorare nel pubblico), ora anche al nord il mercato è tendenzialmente pieno.
Altro problema: è evidente che il "prodotto" dell'attuale formazione in servizio sociale è, se non scadente, non corrispondente ai bisogni di mercato. Un esempio? Ma se Lei è specializzata in progettazione sociale e se in Italia la "progettazione sociale" la fanno tutti, al di fuori dell'assistente sociale, vuol dire che o non la sappiamo fare, o questa ha contenuti "altri", tant'è che altri la fanno. Se è venuta a Napoli allora (a memoria mi ricordo di una palermitana che mi si presentò al Convegno)Lei conosce il mio pensiero ipercritico sulla formazione. A Napoli, al di là di parlare di "libera professione", abbiamo parlato di tutte le aree in cui "dovremmo esserci" e dove non ci siamo per via della formazione universitaria (la quale, QUANDO va bene, prepara ad essere un "dipendente"). Le esperienze portate di "imprenditoria al femminile" a Napoli -vorrei ricordare- parlavano TUTTE di colleghi "svezzati" nella dipendenza e poi collocatosi nel terzo settore.
Io insisto su questo tasto con voi giovani: se l'ISTAT dimostra che il terzo settore assume ancora e noi non ci siamo (ma altri si), il problema, probabilmente, è pure nostro, perchè non vogliamo starci, oppure ci poniamo come dipendenti pubblici - burocrati - passacarte, e quindi non ci prendono.
Ma Lei ha 25 anni, ha una formazione finita e voglia di lavorare. Deve lavorare, al di là di dove e come. E' una questione di dignità. Io non posso che raccomandarLe flessibilità: si tratta di "entrare" nel lavoro e poi di starci.
Se vuole, mi scrive in privato, mandandomi il curriculum, così qualche dritta cerco di dargliela.
Ugo Albano
internet:
http://digilander.libero.it/ugo.albano