nel sottosuolo

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°calime°
00giovedì 14 dicembre 2006 22:36

Pozzi e tubi per catturare i gas-serra
"Nel sottosuolo la nuova frontiera"


ROMA - Acchiappare i gas-serra, come le nuvole o i fantasmi, per seppellirli nelle viscere della terra. E così abbattere le emissioni mefitiche della CO2 con cui avveleniamo l'aria e i nostri polmoni quando bruciamo i combustibili fossili - petrolio, metano e carbone - per ricavarne energia sporca. Non è un sogno o un'utopia, ma un metodo già sperimentato in altri Paesi, dall'America al Canada, dalla Gran Bretagna all'Olanda, dalla Danimarca alla Norvegia. La sigla, in inglese, è Ccs, "carbon capture and storage": cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica.

Si può fare anche in Italia? È utile, opportuno, conveniente? Ne parla perfino il programma elettorale dell'Unione. Nel capitolo dedicato all'innovazione e alla sicurezza in campo energetico, oltre all'impegno a raddoppiare nell'arco della legislatura le fonti rinnovabili e a promuovere le energie sostenibili, a pagina 143 si legge fra l'altro: "In particolare riteniamo che vadano intensificati gli sforzi di ricerca sul sequestro del carbonio".

Per quanto il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, abbia manifestato una disponibilità a verificare in concreto il progetto, i Verdi e una parte degli ambientalisti temono che l'operazione sia un pretesto per continuare a consumare i combustibili fossili e riesumare il mito del "carbone pulito". Nel frattempo, i produttori di energia sono già al lavoro e l'Enel ha commissionato uno studio di fattibilità all'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, presieduto dal professor Enzo Boschi.

Un dato di partenza è certo. Entro il 2012, secondo l'impegno sottoscritto nel Protocollo di Kyoto, bisogna ridurre del 5% le emissioni mondiali di gas a effetto serra rispetto ai valori che si registravano nel 1990. Ma, per evitare un aumento di temperatura superiore ai 2 gradi centigradi che altererebbe il clima in modo irreversibile, la stessa Comunità europea raccomanda una riduzione del 70% dai livelli attuali entro la fine del secolo.

In mancanza di una soluzione globale, immediata e definitiva, il primo obiettivo - come predicano da sempre gli ambientalisti - è il risparmio energetico: senza bloccare lo sviluppo economico e produttivo, si può e si deve ridurre il consumo di energia con l'adozione di comportamenti collettivi più virtuosi e soprattutto di tecnologie più moderne. Poi c'è l'incremento delle fonti rinnovabili: il solare, l'eolico, il geotermico, le biomasse e quant'altro. Ed è una prospettiva tanto più obbligata per il fatto che i combustibili fossili sono in via di esaurimento (50-70 anni per il petrolio, 60 per il gas metano, 200-220 per il carbone).

Da qui ad allora, in questa fase più o meno lunga di transizione, la cattura e lo stoccaggio geologico della CO2 possono rappresentare perciò una soluzione-ponte, complementare al risparmio e allo sviluppo delle fonti rinnovabili per produrre energia pulita, a cominciare proprio dall'idrogeno. In linea teorica - come spiegano il professor Boschi e i suoi collaboratori, Fedora Quattrocchi e Roberto Bencini - sarebbe possibile eliminare tutta l'anidride carbonica prodotta dalle centrali elettriche, dalle raffinerie e dai cementifici, vale a dire il 60% del totale (il resto proviene dai trasporti, dalle abitazioni e dagli uffici), avvicinandosi più rapidamente agli obiettivi di Kyoto. E a differenza del petrolio o del metano che stanno finendo, le riserve di carbone possono durare un paio di secoli.

"Questo processo - precisa Giuseppe Vatinno, coordinatore del gruppo "Energia e cambiamenti climatici" dell'Unione - non ha niente in comune con il cosiddetto carbone pulito, ottenuto attraverso la separazione delle polveri e quindi pur sempre inquinante. La cattura e lo stoccaggio dei gas-serra alla fonte consentono di ricavare un carbone super-pulito, a zero emissioni. Solo un pregiudizio ideologico può indurre i Verdi e la sinistra più radicale a opporsi ancora al progetto".

Trattenuta da un apparato di filtri, la CO2 viene trasformata con le tecniche più evolute in materia liquida e quindi trasportata nei tubi di una pipe-line, simile a un metanodotto, fino a una piccola centrale costruita in superficie sul modello dell'impianto che dal Nord Dakota arriva a Weyburn, in Canada, per una lunghezza di 330 chilometri. Inizialmente i tecnici provarono a disperdere l'anidride carbonica in mare, al largo, ma poi s'è visto che questo provoca un'alterazione dell'acqua, vale a dire un'eccessiva mineralizzazione. E perciò ora viene compressa e iniettata sotto terra, anche oltre i mille metri di profondità, dove si autosigilla trasformandosi nel tempo in minerali: per lo più carbonati, cioè pietra, roccia.

Per lo stoccaggio nel territorio italiano, dopo uno studio e una selezione sul campo, si potrebbero utilizzare una parte dei circa 6.500 pozzi abbandonati che si trovano nel sottosuolo. Gli esperti dell'Istituto nazionale di Geologia assicurano comunque che non c'è alcun rischio sismico rilevante: non solo perché giacimenti di CO2 esistono già in natura, come per esempio a cavallo tra l'Irpinia e la Basilicata, ma anche per il fatto che proprio in quella zona all'epoca del terremoto non furono registrate né fughe di gas consistenti né esalazioni rischiose per la salute.

"In ogni caso - ribadisce il professor Boschi - un sito del genere non ha nulla a che fare con un deposito di scorie radioattive: l'anidride carbonica, una volta imprigionata sotto terra, diviene una materia assolutamente inerte, non inquina e non contamina". E aggiunge: "Del resto, in questi giorni anche l'Etna, come qualsiasi altro vulcano in eruzione, butta fuori anidride carbonica. Il problema è quello di evitare la concentrazione di gas a effetto serra nell'atmosfera o quantomeno di abbattere le emissioni nocive".

Se è vero dunque che da qui al 2020 l'Italia s'è impegnata con gli accordi post-Kyoto a ridurle di 98 milioni di tonnellate all'anno, a conti fatti basterebbero cinque siti di stoccaggio per seppellire nel sottosuolo 20 milioni di tonnellate ciascuno e risolvere così il problema. Ogni sito costa all'incirca 500 milioni di euro e occorre grosso modo un anno per costruirlo. Per tamponare la minaccia dei gas-serra, e contenere il rischio delle alterazioni climatiche, forse vale la pena almeno prendere in considerazione il progetto aprendo un confronto sul piano tecnico e politico.
LestatNotturno
00giovedì 14 dicembre 2006 23:04

Ho letto in questi giorni gli effetti sconsiderati che stiamo producendo al pianeta... con lo scioglimento dei ghiacci del polo nord se non dico una stupidata entro trenta quaranta anni... con la natura non si scherza... e noi continuiamo a farlo... prima o poi si ribellerà... il protocollo di Kyoto... lo trovo indispensabile per la nostra sopravvivenza come trovo indispensabile trovare nuovi sistemi come questo che possono arginare almeno il problema... insisto a dire che il futuro comunque sia lo spazio... per darci materie prime etc... tra un paio di secoli qui... non ci rimane più nulla... [SM=g27813]
(LadyHawke)
00giovedì 14 dicembre 2006 23:32
"insisto a dire che il futuro comunque sia lo spazio... per darci materie prime etc... tra un paio di secoli qui... non ci rimane più nulla... "Indubbiamente la situazione è seria!
Ma vediano di non fare predizioni apocalittiche .
Il vampiro si peoccupa per la sua integrità fra 200 anni eheheh
Vorrà dire che diventerà vegetariano, un vampiro ecologico, in fondo la cadaverina non fa bene alla pelle. [SM=x131180]
Non ti ho visto al mio ingresso, ci conosciamo quì dunque per il benvenuto a corte [SM=x131222] [SM=x131179]
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