continuiamo la nostra avventura
Grazie per i suggerimenti, danzatrice di selene. Avevamo lasciato Ulisse alle prese con il magico canto di Zobeide, la sirena. E mentre i suoi compagni tentavano di remare il più in fretta possibile per allontanarsi da quel luogo di periglio, l'odisseo agitandosi nel beccheggio, in preda al delirio canoro e per il dolore simil a quello per il quale si usa la Preparazione H, inizio anche lui a cantare
e mentre cantava, Zobeide e le altre sirene proruppero in un interminabile grido di disperata richiesta d'aiuto: le scaglie d'oro che ricoprivano le loro code ittiche iniziarono a distaccarsi e a disperdersi tra i flutti, i turgidi seni che tanto piacevano ai marittimi del tempo deflagarono tutti allo stesso tempo mostrando indubbie testimonianze di aiuti siliconici e le loro voci, ferite dal tanto gridare si trasformarono in dei miserrimi suoni di bestial e ferina simiglianza. Ripresosi dai dolori al fondoschiena e visto l'orrendo spettacolo, mentre le scogliere delle sirene si allontanavano rapidamente, Ulisse chiedeva ai suoi compagni di liberarlo da quella dolorosa postura, sì che il periglio canoro era finito. Ma mal gliene incolse per il fatto che ancora le gocciole di stearica permanevano nei condotti uditivi dei marinai suoi compari. Fu allora che Ulisse pregò gli dei di, almeno, passare dal beccheggio al rollio. E mentre questi fatti accadevano, ad Itaca come tutti i giorni, si ripeteva un turpe mercimonio: una lunga fila di aitanti giovanotti dalle terga ignude era in fila davanti alla porta del talamo nuziale odisseo, ed all'interno della stanza una donna, lei, Penelope, si ungeva di olii profumati ed adornava i lunghi capelli di fiori colorati mentre cambiava le pile ai diversi giochini gommosi con i quali si dilettava in compagnia di quei giovin signori. Costoro erano i Proci, ensemble di laidi viscidotti, signori di isolette dei mari della Grecia in cerca di nuovi possedementi. E, poiché erano renitenti alla leva della guerra di Troia, non persero tempo e si recarono nell'isola di una vera tr...emebonda moglie in attesa del rientro glorioso del marito. Ma questi, come ben sappiamo, facevasi aspettare tra sirene e beccheggi, ed allora, da esperta delle cose del mondo, Penelope non volle mandare al macero tutto quel ben di Zeus che aveva nel suo corpo e si adoperò per una corroborante e attivissima ginnastica pelvica e non solo con tutti i pretendenti al trono di Itaca, che nel frattempo erano diventati parecchie decine. E siccome lei non voleva farsi mancare nulla, aveva fatto una scommessa: se uno solo dei Proci l'avesse fecondata lei l'avrebbe sposato! Per evitare questo problema, la perfida cornificatrice escogitò un trucchetto: tesseva robusti cappucci di tela di lino e cardo con i quali proteggeva le asperità dei Proci nell'atto dell'amore, che essi ben poco riuscivano a fare così costretti nelle loro ricchezze. Ed Ella, degna figlia di Ilio, la tirava sempre per le lunghe, mentre fuor della porta del talamo la fila si ingrossava, e secondo qualche testimone, non solo la fila....