liriche di CLAUDIO CISCO
NISIDA
Sconosciuta Nisida, sacerdotessa del male
misteriosa, imprendibile, diabolicamente angelica
dimmi ti prego: chi sei?
Fai parte del mio mondo mortale
o ti ha partorito la mia immaginazione?
Sei una creatura di carne e ossa
oppure un'entità figlia di magia e misteri?
Ogni notte ed alla stessa ora
puntuale mi rapisci col tuo campo magnetico
invisibile alone che dà piacere e uccide
e mi traforma in alieno uguale a te
estrema lotta fra carne e spirito
drammatico calvario di orgasmi e morte.
Ti scongiuro Nisida
svelami il tuo complicatissimo enigma
e rivelami se è donna o fantasma
colei che di notte fa l'amore con me.
Amabile folle creatura
da quale mondo vieni?
che poteri hai?
che specie di demone sei? Mi leggi la mente, oltrepassi i pensieri.
Non ho paura di te, sai: tu sei tutto quello che io sono
ma le conseguenze di questa tua presenza in me
non sono in grado di controllarle, potrebbero essere devastanti.
Io so da sempre
di non essere normale
legato da un cordone ombelicale alla solitudine
perso nei labirinti dell'angoscia
sospeso tra le forze del bene e quelle del male
aggrappato solo all'arte ed alla sua creatività.
Ma tu inafferrabile Nisida disegni il mio destino
sei una lama affondata nella mia carne che non trasmette dolore
una voce lunare che mi guida la mente come un sesto senso
ed hai disintegrato ogni equilibrio
ormai sono folle più dei folli.
E' tempo di portarmi con te, seducente Nisida
questo mondo non è più per me
la mia anima è troppo inquieta e gitana per rimanere ancora,
ho conosciuto solo tenebre
ora voglio entrare nella luce.
FOLGORI
Ci sono macchie scure, zone d’ombra che anziché scacciare ho alimentato,
Che non riesco ad estirpare mai dal mio io: frutti cattivi d’un albero buono,
Enigmi interiori della mia mente, sempre invasa da concupiscenti tentazioni demoniache,
Carnali follie indecifrabili radicate in me sin dalla nascita:
Perdonami mamma!
Se non son riuscito ad essere ciò che volevi,
Per non aver saputo vivere una vita normale: una falsa libertà mi rendeva schiavo.
Ora che tu non sei più capisco che l’unica ragione della tua vita ero io
Le tue parole scuotono la mia anima
Come folgori nella notte, ho sfigurato la bellezza dell’anima scandalizzando i miei occhi;
Rimane il rimpianto di non averti ascoltata e il doloroso esame d’un passato ingolfato di sbagli.
Ma vi è un’unica grande consolazione dopo la tua morte, segno di vittoria:
L’imbattibile tempio di Satana fatto di lussuriose immagini oscene,
Eretto in segreto a casa mia, ora brucia nel fuoco, umiliato ed impotente,
Ridotto in cenere, trasformato in sporcizia e spazzatura.
Quel maledetto perverso gene ereditato da mio padre,
È ancora presente in me,
Ma la potenza di Dio lo ha reso innocuo ed inefficace
Trasformandolo, dopo un lungo e progressivo periodo di purificazione nel mio spirito,
In in uno strumento di gloria per questa vita e per quella eterna.
Casa mia, prima piena zeppo di figure oscene,
Ora, completamente ripulita, è ricca di angeli ed immagini sacre,
Diventata un luogo di preghiera per gli altri e per me stesso
Da solo e in comunione con i fratelli
Mettendo a disposizione di tutti
Il dono carismatico che il Padre Celeste mi ha dato
IL SILENZIO NEL SILENZIO
Erba appena bagnata sulla livida terra,
odore di pioggia da poco caduta
trasporta nell’aria bollicine di sogni
in questo autunno che scorre lento...
Silenti alberi ammutoliti e spogliati
attendono stanchi giovani foglie,
con la nuova stagione arriveranno
in questo autunno che respira lento...
Un colore giallognolo suggestivo e irreale
avvolge ogni cosa di magico incanto,
sfumature di anime invocano il sole
in questo autunno che sbadiglia lento...
Piante e animali stanno dormendo,
la natura è un fantasma che si aggira ramingo,
persino le pietre chiudono gli occhi arrossati
in questo autunno che dorme lento...
Non si avvertono rumori, non si odono lamenti
non c’è più linfa, è sottratta ogni energia
domina il nulla immobile e statico
in questo autunno che tace lento...
Una coltre di nebbia come una nuvola
disegna il paesaggio di malinconica assenza,
una sottile tristezza scende sul cuore
in questo autunno che muore lento...
E in questo bosco solitario e sperduto
dove anche il vento non ha la forza di soffiare,
io perdo me stesso ed i miei pensieri
e nel silenzio io rimango in silenzio.
LA LUNA DI PETER PAN
Sentirsi eterni adolescenti
o addirittura curiosi bambini
alla meravigliosa scoperta del mondo.
Presi per mano dalla fantasia,
sospesi fra le nuvole
tra favole ed eroi,
viviamo nella città dei sogni.
In fondo
siamo creature talmente vulnerabili e fragili
che finiscono per provare realmente
i sentimenti e le emozioni che immaginano.
E rifiutare di crescere,
fuggire dalle proprie responsabilità,
annullare la vecchiaia e cancellare la morte.
Tutto è ingenuità,
disarmante stupore,
poetica avventura,
tenerissima immaturità.
Avere per amici solamente
gli artisti,
gli uccelli,
gli acrobati,
gli angeli
e tutti coloro i quali
con i piedi per terra
un senso non hanno.
Viaggiare con la mente,
leggeri come piume
che non atterrano neanche senza vento,
col dono dell'immunità'
verso i problemi pratici quotidiani,
incontaminati dalla crudeltà del materialismo.
Noi siamo Peter Pan,
affetti da una sindrome cronica
che non si potrà mai curare
e che si nutre ogni giorno
di nuovi colori, nuove sensazioni,
abbiamo la luna sempre negli occhi
siam pronti a raggiungerla in ogni magico istante.
Siam veramente malati e patologici?
o forse siamo solo
più fortunati di altri,
capaci di essere noi stessi.
Credo che siamo davvero vicini a Dio
e veniamo da un mondo
che sta al di là.
LA MIA ANIMA È NUDA
La mia anima è nuda
anarchico il mio istinto
folle la mia mente
immorale la mia libertà.
La mia anima è nuda
ama i bambini
sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati
adora gli ultimi della classe sociale.
La mia anima è nuda
non sa vivere in società
non scende a compromessi e non concepisce le regole
non lavora e non produce.
La mia anima è nuda
è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne
non può esser limitata dal tempo
è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.
La mia anima è nuda
posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza
come un verme striscia e bacia i piedi del demonio
poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio
sempre in bilico tra inferno e paradiso.
La mia anima è nuda
soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,
esce manifestando la sua diversità
se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,
bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,
guai a chi provasse a risvegliarli!
quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.
La mia anima è nuda
immortale e ribelle
aliena venuta da chissà quale mondo
destinata a perdersi e soffrire
nel crudele gioco della vita e della morte.
La mia anima è nuda
scevra da qualunque vanità
spogliata nella sua infinita miseria
non si lascia etichettare in nessun modo
non è né maschio né femmina, né schiava né regina.
La mia anima è nuda
conosce la sensibilità del male
è attratta dal fascino del proibito
è inquietante ma sincera.
La mia anima è nuda
è ancora bambina quando sogna
terribilmente vecchia quando insegue la logica
morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.
La mia anima è nuda
condannata dalla sua stessa sensibilità
ad un isolamento senza uscita,
non chiede più comprensione ormai
sa di averla data ma di non poterla ricevere.
La mia anima è nuda
dannata
salvata
ma dannata ancora.
Anime perverse, entrate in sintonia con me!
sono qui, se volete potete trovarmi
non ho maschere e non mi nascondo:
la mia anima è nuda.
LA MIA MENTE
Silenzi e vuoti intorno a me
quiete assoluta nella mia stanza
sguardo assente, occhi chiusi
la mia mente mi porta lontano fuori da qui
mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,
prende il largo sulle acque
attraversa un fiume tranquillo
che cancella i ricordi
e li fa scivolare via.
La mia mente
è volo di idee
ragnatele di ragionamenti
archivio di esperienze rimosse
cassetti colmi di dubbi incessanti.
La mia mente
è follia pura
immaturità e saggezza insieme
è un gigantesco pallone
che vaga rimbalzando continuamente
da un soffice sogno all’altro.
La mia mente
è finto silenzio
fantasie strane
vertigini e vortici di pensieri
spinta per vivere.
Crea una tempesta
non dorme la notte
incubi che si accavallano
sogni che nascono e rimangono sospesi
paure e solitudini senza fine.
La mia mente
è invasa di ricordi che si susseguono
notizie divorate
date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite
profumi di opere buone
domande senza risposte
amori cancellati e poi riscritti
sì che diventano no.
La mia mente
è un insieme di cose da dimenticare
una cantina di occasioni perdute
di progetti mai portati a termine
di ricordi nostalgici.
La mia mente
silenziosa corre, vola, sfugge,
anela, brama di sapere.
Va via col vento, più su delle nuvole
sopra gli oceani
sorvola spazi infiniti
raggiunge nuovi orizzonti.
La mia mente
mi convince
ha sempre la meglio
detta le sue leggi
ed io non posso sfuggirle,
la seguirò perché lei vuole così.
La mia mente
mi fa impazzire
mi fa venir voglia di scoppiare
mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.
Uccidimi il cuore!
la mia mente mi resterà ancora intatta.
Legami con una catena fortissima!
lei mi slegherà,
forse neanche la morte fisica
potrà riuscire a fermarla.
Ti prego mente mia
portami con te lontanissimo
nei grandi campi di neve dove il sole non c’è
nei deserti sabbiosi senza confini
nelle praterie immense
nei mari in tempesta
nelle cime vertiginosamente alte
nelle strade vuote senza fine
che portano al nirvana e all’estasi.
Portami o mente mia
attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,
le mie vene saranno fiumi tra le rocce
le mie mani pallidi monti nella notte
il mio sangue torrente rosso più del fuoco.
Solo con te sulla scia delle ninfe
tra cascate argentate, ghiacciai sterminati
i miei pensieri frustati dal vento
scatenati e prendi, prendi tutto di me!
VORREI
Vorrei vagare nell’universo
e cercarti ovunque,
nelle intrecciate tele di un ragno
nel fruscio delle foglie morte
nel dondolare dei rami stecchiti
nel profumo d’un incensiere
sfogliando la Bibbia
dinanzi al portone d’un antico monastero.
Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza
lontano dalla prigione d’un grattacielo
lungo le strade dell’inverno
ed osservare riflessa nel lago argentato
la mia immagine vecchia e deforme
trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca
e contare poi una per una
le perle della tua corona.
Vorrei capire chi sono
mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,
mostrandoti la scia luminosa dei ricordi
di quello che ero ieri,
l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,
la statua, la lapide e la polvere
di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.
Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia
tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà
e nelle annebbiate stanze del tuo nido
io mi sto sempre più addentrando.
Ed ora sento di poterti raggiungere.
Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei
vorrei chiamarti ma non so il tuo nome
vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente
in aria,
scompari quando credo d'afferrarti.
Eppure io ti inseguo da sempre
nei labirinti della mia mente,
cercandoti affannosamente
in ogni piccolo spazio
della mia camera vuota e solitaria.
E nelle lacrime della solitudine mia
che percorron lente il mio viso pulito,
vedo i miei sogni evanescenti
morire uno dopo l’altro
ed un bimbo,
quel bimbo che vive in ognuno di noi,
li porta con sé invecchiati
fino ad estinguersi
nel riposante approdo d’un obitorio.
NICO
Nico!
Ti ricordo ancora
avevi dodici anni, la mia stessa età
solo qualche giorno in meno.
Nico!
Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri
una bocca grande ma con pochi denti
ti facevo il verso
non te la prendevi.
Nico!
Eri sempre con le brache corte
e le gambe viola
per il grande freddo.
Nico!
Ma com’eri buffo
con quel cappellino con il paraorecchie
una grossa sciarpa fatta da tua mamma
come ci tenevi.
Nico!
Il compito in classe
lo copiavi sempre da me
eri furbo
non so come facevi.
Nico!
Insieme sulle piante
a buttar giù palle di neve
alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali
quelle proprio racchie.
Nico!
Non ti ricordi le mele
rubate insieme e mangiate di nascosto
in quel mercato rionale?
E le domeniche d’agosto?
correvamo per le strade deserte
c’eravamo solo noi
chissà cosa volevamo dalla nostra vita!
Nico!
Eri il mio migliore amico
un giorno mi dicesti:
“Se fossi nato femmina ti amerei”.
Quel giorno al doposcuola
ci presero un po’in giro
avevano scoperto
i nostri giochi strani.
Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,
di regalarti il mio affetto
quello che riuscivo a darti,
quello che potevo darti.
Nico!
Ma tu adesso cosa fai?
chissà se ti sei sposato, se hai dei figli
se pensi ancora a noi.
Com’era bello uscire da scuola!
e col sole o con la neve
tornare a casa
insieme.
Nico!
MADAME CLELIA
Un’emozione forte
si fa strada nei miei pensieri,
lenta scende come un’ombra
nella mia realtà ormai stanca
e tra la fantasia e l’età
mi trascina via con sé
in un tempo ormai lontano.
Mi rivedo di colpo lì
a spiarti dietro la finestra
di quella tua tenebrosa casa antica.
Sui miei undici anni appena compiuti
cadeva già il primo velo di follia,
e che sussulti, che tremiti segreti
in quelle mie inquiete notti di fanciullo
quando impaurito e rannicchiato
mi nascondevo sotto le coperte,
la mia prima masturbazione
la conobbi proprio allora e fu per te.
Madame Clelia!
Eri grande, troppo grande
forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.
Avevi perso il marito
ti avevano abbandonato i figli
io come un giocattolo, un barboncino
ero tutto quello che ti rimaneva
nella tua vita mai vissuta
sempre attesa, mai avverata.
Ancor adesso
a distanza di tanti anni
non so cosa volessi tu da me
né cosa avrei potuto darti io.
Ma ti giuro Madame Clelia,
tu sei stata per me una regina
ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,
mi chiedo come mai così bella dentro
nessuno, all’infuori di me,
ti aveva vista mai.
PAESE NATÌO DI MIA MADRE
Al tuo paese torni
con me
ogni tanto,
ma sei triste
pensierosa
non parli.
La tua fontana rivedi
i vicoli
la piazza
che a miglior tempo
ti furono amici.
Anche la tua casa
giace silente e vuota
negletti i fiori
accanto ai muri.
Guardi fissa la chiesa
e odi la voce
di chi la preghiera
t’insegnò a ripetere.
Vedi tutti i ricordi
segnati da croci
cerchi ma non trovi
la speme d’un dì.
IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO
È solo mio questo improvviso aprirmi
e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato
e poi simultaneamente
allargare le braccia all’universo che mi circonda
e respirare a pieni polmoni
come volessi trasportarlo in me
per sentirmi parte di esso.
E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria
lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato
me stesso bambino giocare in un cortile
e paragonarlo alla luna
distante anch’essa mille anni luce da me.
E continuare a rivivere nei ricordi
la spensieratezza della giovinezza
e nello stesso istante
dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo
ammirare spazi infiniti
nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo
Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria
e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato
per la prima volta,
e confrontare la luce limpida dei suoi occhi
con quella delle stelle
o semplicemente della stella cometa.
Ricordare infine i dolci versi
scritti in tenerissima età
nella mia prima poesia,
immaginando di trovarmi
tra fiorellini di campo di vario colore,
solleticati dolcemente da un leggero venticello,
mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre
e tanti piccoli animaletti festanti
tutti insieme
cantano la loro canzone alla primavera.
Capisco proprio in questi dolci momenti
di non essere solo
malgrado il tempo che passa
malgrado non abbia una compagna.
Intorno a me
vedo tutto un mondo magico
che pullula d’amore.
C’è tanta musica nell’aria che respiro
ed ora finalmente anch’io posso sentirla
e lasciarla entrare nel mio cuore.
Sono in simbiosi con l’universo.
SOLITUDINE UNIVERSALE
Uno spaventoso silenzio
avvolge tutto l’universo,
gli uomini come marionette di pezza
si susseguono nel tempo gli uni agli altri
e non nascono che per morire definitivamente.
Quanta gente nel corso dei secoli
mi ha soltanto preceduto!
uomini in carne e ossa proprio come me
col mio stesso sangue
con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.
Hanno vissuto in tempi diversi
e per età differenti
ma di loro non è rimasto più nulla!
Dov’è l’uomo delle caverne?
e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?
e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?
imperatori e papi, uomini comuni ed eroi
tutti scomparsi
nell’inesorabile scorrere del tempo.
Vorrei uccidermi subito
al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,
è strano come gli uomini
continuino a vivere con impegno
pur sapendo che dovranno morire,
anche se vivessero per cento anni
sarebbe sempre un soffio di fiato
rispetto all’eternità.
Ma poi mi consolo tra me
pensando che la solitudine non è solo mia
ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo
e non esiste gioia più grande
del sentirsi parte di questa immensità
pur consapevole della propria piccolezza
e piangere l’intima fragilità
in un pianto accorato e senza speranza.
Così mi nasce dentro un’emozione fortissima
che, anche se nata dalla disperazione
è pur sempre un’emozione
e subito dopo rido, rido e ancora rido.
Ormai più nulla ha valore per me.
Scopro la dolce ebbrezza del non senso,
non m’importa della seduzione della fede
né del ragionamento della scienza.
Sono totalmente felice
e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine
che ora riesco a proiettare nel cosmo
e la solitudine dell’universo
è la mia stessa solitudine
e mi dà conforto
mi rende grande.
TRISTEZZA
Tristezza di cose perdute
di voci, di grida, d’amore
è struggente la pena che sento
come una lama mi trafigge il cuore.
Addio nidiata di bimbi!
è tanto quel che mi rimane di voi
siete riusciti a far sparire il dolore
per sempre compagno di vita.
Sorridevo felice all’innocenza
di nascosto, nel silenzio, tra le ombre
in segreto e in perfetta armonia
entravate uno dopo l’altro in me.
M’illudo di avervi vicino
vedo i vostri corpi e li tocco, li sento
immagino che siate con me
nel pensiero più dolce ch’esista.
Ripiomba di colpo ogni cosa
in grembo all’eterno destino
i vostri visi risplendono come dolci memorie
e poi muoiono con un tremulo brillio.
SENSAZIONI
È tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia
questa vita mia,
con genuino e infantile stupore,
della natura osservo ogni manifestazione
fino ad esserne rapito.
Con sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto
le voci, i suoni
anche i più tenui,
delle piccole cose intorno a me.
Affascinato e curioso
percepisco la suggestione, la religiosità, il mistero
nascosti in esse.
Ai miei occhi non appaiono
sempre traducibili e afferrabili
ma sciogliendosi in musica, in sospiro
mi riempiono ugualmente l’animo d’immenso.
INFANZIA LONTANA
Storia d’una infanzia lontana
ricognizione di un mondo
pietrificato nei ricordi.
È il canto della memoria
che si eleva
è profondo, sentito, cercato.
In esso
si rincorrono
gli attimi che hanno lasciato una traccia.
Rivivono anch’essi
insieme alle cose, alle persone familiari
ai sogni di più remote stagioni.
La memoria mi appare così
come immagine sovrapposta al presente
e i suoi impulsi,
ritornando dal passato,
s’intrecciano sinfonicamente,
trovano una finale armonia.
SULL’ORLO DELL’ABISSO
Dimora in me
un continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza
come memoria limpida, essenziale
non coperta da incrostazioni.
Tornano nella mia mente
lontane primavere, gigli appassiti
come visioni taciturne e distanti
e tra echi sepolti
in un urlo senza voce
cadendo vittima del segreto logorio della vita,
subisco inerme la vecchiaia
come qualcosa di ineluttabile
stagione ultima, cupa e persino squallida
in cui sopravvive solo la memoria.
Non è tanto l’immagine della decadenza fisica
dell’inarrestabile declino che mi colpisce,
quanto la fugacità, la brevità del tempo
lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,
anche le immensità celesti
dove ho cercato quasi un punto focale
della mia esistenza.
Oggi sono immerso nella follia più lucida,
il mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia
il mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.
Non c’è più luce, non c’è chiarezza
nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.
Mi sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività
che traspare dalla contemplazione della natura,
ha il gusto del tempo e delle sue rovine
perché quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,
è il solo che mia dia una qualche trepidazione
un’incertezza, una sorpresa.
IL MIO IO COSMICO
Vedo vivere e sfiorire intorno a me
inesorabilmente
le persone, le cose, le stagioni
preda d’un sentimento panico dell’universo.
Trovo conforto abbandonandomi nella natura
per dimenticare in essa la mia forma umana
accogliendo nel sangue
il brivido solare d’una vita pura.
Il mio io cosmico pone la propria oggettività
per poi tornare a se stesso
nel perpetuo flusso della vita.
Mi fondo nella natura
contemplando il momento in cui l’amore
sarà libero fuori dal corpo
per farsi cielo.
Sublimo l’anima con i sensi
ma non interrompo il contatto fisico col mondo.
Forse spero di trovare in fondo alla strada percorsa
il silenzio e la solitudine dell’universo
anche quando silenzio e solitudine
sembrano chiudermi e annientarmi.
SFACELO
Gioco artificiale e platonico di specchi
sempre mutevoli
con tante facce e tante luci,
non trovo il filo interiore
quello vero e profondo,
cado così nel gioco delle invenzioni
delle contraddizioni.
Una totalità non trovata
che rivela disagio, sofferenza.
Cerco rifugio altrove
senza sapere dove
ma ciò che mi rimane di questa umana fatica
è la coscienza di una prigionia
e mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini
che si avvicendano in modo sterile.
Sogno impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini
invano lotto per non essere travolto dal tempo
ma l’amore mi appare perduto
tra la cenere dell’esistenza.
Archivio la memoria
come un mondo ormai passato per sempre
fatto di resti sospetti,
tracce che tendono a scomparire nel tempo
come carte antiche e indecifrabili
vere e proprie reliquie.
Sopra tutto questo sfacelo
aleggia sovrano il sentimento del tempo
che sfugge, che rovina, che travolge.
Non mi rimane
che una ragione stanca, ferita
al limite della resistenza
ma non vinta
che cerca in fondo alla dolcezza,
nella disperazione,
la speranza d’una morte amica.
LA LUCE DEL COSMO
Come per magia
il divino traluce
o affiora nei margini del mistero sovrasensibile
e la mia anima s’insinua
tra sensazioni terrene e misteri dell’essere,
nelle cose che l’occhio può scoprire mutate
in una luce e un suono
insospettato, nuovo, più profondo.
Sento nascere in me
il bisogno di illuminare con la luce del cosmo
le cose infinitamente piccole.
La mia anima così si fa largo
e nello spazio che mi creo
c’è il senso del tempo, del moto, del divenire,
e insieme del mistero
che avvolge il mondo delle mie sensazioni.
Entro in contatto
con tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto
e soltanto in quell’istante,
sia pure con animo turbato,
riesco a capirmi.
PRESENZA VIVA
Momenti magici, favolosi
della mia infanzia,
ricordi evocati
da attimi di malinconia,
visioni incantate
della mia terra natìa.
Naufrago dolcemente
in un’infanzia che è ormai
il mito di se stessa,
e del dolore che l’ha portata via.
Pur tuttavia è suono, movimento
vita che trascorre.
Non la confronto con altri silenzi
con gli arcani mondi dell’immaginato
dello sperato, d’una irraggiungibile felicità.
Diventa invece voce intima del ricordo
presenza viva di qualcosa che passa
come echi, rintocchi.
Immersa nel tempo fluido
la natura come per magia
penetra nel tessuto della mia anima
e si fa poesia
ne scioglie i nodi, ne ispira i versi
è pianto che rasserena.
L’ALBA DELL’UOMO
Da un chiarore lontano
spunta l’alba
repentinamente
e colora di luce il nuovo mondo.
Intorno,
piante stecchite
animali selvatici
grotte e caverne buie.
Si svegliano anche gruppi di scimmie
sono nude come vermi della terra,
schiamazzano
litigano
si riuniscono.
Qualcosa sembra dire loro:
“Uniamoci
e combattiamo insieme”,
una battaglia che durerà nei secoli
sino alla fine dell’universo
se fine ci sarà.
MIA EVA
Mia Eva! Inizio della fine
sei tu la prima donna
l’origine delle mie perversioni
il pretesto per la mia follia
la madre dell’animale che è in me,
hai creato il mio istinto che ormai è morboso
il mio desiderio che è già sporcato.
Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli
io ti osservo nuda, allucinante visione,
misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.
Dammi la mela ti prego, che aspetti?
voglio mangiarla!
è eccitante peccare
se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.
Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?
Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.
Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità
di lavorare, sudare e morire
di bruciare nelle fiamme dell’inferno,
l’importante è averti accanto.
Sei tu la causa del mio male
ma lo stesso male è ambiguo
cambia forma quando credo di conoscerlo.
Dal giorno che mangiasti quella mela
ogni uomo è sempre guidato
dalla follia d’una donna.
LA RIGENERAZIONE
Albero solitario
che mi aspetti in un campo di grano,
io ti vado incontro
e ai tuoi rami
mi appendo.
Ora sono appeso ai tuoi rami
e dondolo felice.
Tu ed io siamo un solo essere
una sola forma.
IL MIO FUNERALE
Come quando ci si toglie un abito
così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi
ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.
Lento veniva trasportato
un corpo straccio
dentro quella bara
avara di ghirlande,
quel corpo era il mio
sì, ero io.
E quel carro funebre
attraversava le strette vie
che portavano a quel piccolo cimitero di collina
dove io fui sepolto
e riposo di già.
Scialli neri
vecchie facce coperte da veli
silenziosa processione,
dormiva mio padre
piangeva mia madre
quell’accompagnamento era il mio
sì, era il mio
ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo
al di là dello spazio
e dall’alto osservavo stupito
quello strano spettacolo
sulla mia morte.
COINCIDENZE
Seguo una linea grandiosa
un’acutezza di senso
capace di rendere concreta
persino la fantasia.
E la visione
che parte generata dalla mia anima
si spande al di là degli orizzonti,
al di sopra delle piccole cose domestiche
ed è bellissimo
sentire come il senso dell’infinito
coincida fino a fondersi in uno stesso clima
con le cose più piccole.
NULLA È LONTANO
Grandezza e malinconia interiore
e povertà del mondo presente
ma la trasposizione mia
muta i termini del dissidio
ed è il bisogno di sognare
che rende grande l’opaco atomo terreno
illuminandolo di altre verità.
La fantasia ora avverte nel mondo
più segreti e profondi significati
dà immagine all’eco
si spande in altri mondi
si dissolve nell’immensità.
Ormai nulla è lontano dal mio spirito.
IL MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA
Nel margine silenzioso della memoria
che non è presente in me,
trovo rivelazioni e scoperte
un ricchissimo terreno umano.
La poesia restituisce alla vita
i nodi segreti
i ricordi assopiti
le reazioni più remote,
fa conoscere una nuova dimensione del reale,
a volte contro la ragione
a volte in armonia con essa,
sempre con libertà.
EGOISMO SOLITARIO
Sono il re
del mio egoismo solitario
che ha coscienza
soltanto per esprimerla in privato
in una totale esaltazione dei sensi.
Io non cerco più
un rapporto dialettico tra me e gli altri
e la mia concezione estetizzante della realtà
diviene dominio sulla folla,
forma una solitudine privata
dove il mio pene riaffiora docile tra le mie mani
fino a divenire una strana sensualità
fuori dai sensi
trasformata in un processo di spiritualizzazione.
ALLA DERIVA
È grigio il clima del perenne essere.
Tutto è caduto
le speranze perdute, le preghiere vane
le parole inutili, l’amore illuso
le primavere sfiorite, gli ideali mortali.
Ma non v’è più dramma in me
in questo continuo appassire e morire
ma completo abbandono.
Accetto di andare alla deriva
lasciandomi cullare dalla marea del tempo
in cui tutto si dissolve
fino a compiacermi del mio dolore.
È dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.
Capire che persino la vanità delle cose
diventa pura armonia.
VERRÀ POI LA MORTE
La mia vita passerà molto presto
drammatica e patetica
e con essa anche la sua ricchezza
fatta umana dalla fatica.
Il tempo,
un male che impoverisce la vita,
mi toglie ogni energia vitale,
il mio corpo senza speranza e senza salvezza
si rivolta, si risparmia, geme
s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.
Ma vi è un altro male
subdolo e ancor più disperato:
quello di essere completamente solo
nell’umana comprensione di sé
costretto a tacere e fingere,
a rivedere il passato riflesso
nelle lacrime degli occhi che piangono
in un profondo bisogno di confidenze.
Triste appare allora il volto della memoria
come immobile silenzio che tende all’astrazione.
Verrà poi la morte del corpo
il distacco amaro.
LA MIA SOLITUDINE
Schivo mi stupisco di vivere
mi sento staccato ed incompreso
da tutti gli altri uomini.
Mi aggrappo agli scarti della vita
tutto il resto è inconsistente.
Non mi aspetto comprensione
né consolazione né tregua
consapevole della mia solitudine.
Ho scelto liberamente l’aridità e il deserto
e osservo le cose della vita
prosciugate e fisse
come simboli magici in una luce rarefatta.
LO STRAZIO D’ESISTERE
Urlo di masse
voci, passi, gesti
tra pietà curiosa e fanatismo,
irrazionale catena di incubi e fobie
ai margini dell’ossessione.
La personalità umana si lacera
il senso dell’alienazione incombe
la coscienza si smarrisce.
Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,
contagiato dalla multanime esistenza
affogo lentamente nel caos
e non ho scampo
se non nella perfetta solitudine.
LA MIA FOLLIA
L’infinita miseria della vita
la solitudine del mondo
la caducità della fama che passa.
E poi la morte delle persone care
l’incombente paura delle malattie
il continuo vagabondare senza pace dell’uomo
acuiscono la mia sensibilità
ma accrescono i sintomi della mia follia.
Cupe ombre di pazzia
si addensano minacciose su di me
travestite da un’atmosfera di lucida estasi.
È il dramma della mia ansia angosciante
la disperazione di tutto il mio essere
forse creato da Dio
ma poi lasciato a se stesso
privo d’identità, privo di vita
impossibilitato di comunicare
di capire e farsi capire.
LA MIA MODESTA FORMA UMANA
Ormai ridotto ad accettare la mia condizione
di uomo consapevole del proprio destino,
sento tristemente che la vita in me
invecchia inesorabilmente
che altri sentimenti, altre idee
mi nascono nell’anima,
che arte e vita procedono insieme,
e la poesia della mia vita solitaria
diventa essa stessa memoria.
Non è più la storia d’un uomo
che cerca l’illusoria grandezza dell’universo
ma semplicemente la povertà di chi
insegue soltanto la sua modesta forma umana.
Affido alla mia scrittura,
unico ed ultimo appiglio rimastomi,
la speranza di trovare ancora
punti luminosi sul mio cammino terreno
proiettandomi fin quando mi sarà possibile
e ne avrò ancora la forza,
nel tempo e nell’universale,
solo così la realtà della poesia
potrà apparirmi più ricca di significato
di quella della vita.
DESIDERIO D’INFINITO
Un sentimento dell’esistenza umanissimo
mi scorre dentro,
la mia spiritualità
è attraversata da malesseri sublimati
da torpori e da abbandoni,
trasalimenti e sofferenze confessate,
si distacca dalle cose terrene
diventa consapevole della fugacità umana,
è poesia per questo suo fluire
in mezzo alla vita
non ancora del tutto purificata
non ancora donata a una fede.
Le mie parole sono ultime gocce d’una vena
che ha già dato ciò che poteva dare.
La strada che porta alla bontà
mi libera dall’ansia
restituendomi un desiderio d’infinito.
LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA
Da una bimba e un pianto
nacque lei
piena di paure e ingenuità
chiara e trasparente
dai suoi occhi si affacciò
e da quelle ciglia sottili
piano piano scese giù.
Attraversò quel viso
dai lineamenti dolci
pulito di bambina
e per il mondo
sola sola
s’incamminò.
Ma era troppo ingenua
non conosceva il male
e la sua vita
era già in pericolo.
E passarono in fretta gli anni
e anche le stagioni
venne presto l’inverno
portando con sé la pioggia.
Tante grandi gocce
cadevano giù dal cielo
tutte insieme,
erano prepotenti
si spingevano tra loro
si bisticciavano.
La dolce lacrima ben presto
si trovò sommersa
cercò di ribellarsi
ma era troppo buona
e non aveva la forza.
Così per non morire
pensò di tornare
dentro quegli occhi
dov’era nata.
Sola e stanca
cercò quella bambina
la cercò dovunque
e la trovò alla fine.
Ma era ormai cresciuta
non era più bambina
il suo viso era truccato
non si ricordò di lei
e la cacciò via con forza.
Così la povera lacrima
restò proprio sola
in balìa di tutti
senza alcuna difesa.
Vagava per il mondo
ignorata da chiunque
sembrava invisibile
trasparente
proprio come una lacrima.
E venne il sole
e con la sua luce
forte forte
la illuminò.
Ma era ormai vecchia
allo stremo delle forze
e lentamente
si sciolse da sola.
Finisce così
la sua insignificante vita,
la sua insignificante storia
e nel silenzio,
la gocciolina
muore.
Così è il mio destino
la storia di quella piccola lacrima
è uguale alla mia.