liriche di CLAUDIO CISCO

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Claudio Cisco
00giovedì 21 maggio 2020 19:41
liriche di CLAUDIO CISCO
NISIDA

Sconosciuta Nisida, sacerdotessa del male
misteriosa, imprendibile, diabolicamente angelica
dimmi ti prego: chi sei?
Fai parte del mio mondo mortale
o ti ha partorito la mia immaginazione?
Sei una creatura di carne e ossa
oppure un'entità figlia di magia e misteri?
Ogni notte ed alla stessa ora
puntuale mi rapisci col tuo campo magnetico
invisibile alone che dà piacere e uccide
e mi traforma in alieno uguale a te
estrema lotta fra carne e spirito
drammatico calvario di orgasmi e morte.
Ti scongiuro Nisida
svelami il tuo complicatissimo enigma
e rivelami se è donna o fantasma
colei che di notte fa l'amore con me.
Amabile folle creatura
da quale mondo vieni?
che poteri hai?
che specie di demone sei? Mi leggi la mente, oltrepassi i pensieri.
Non ho paura di te, sai: tu sei tutto quello che io sono
ma le conseguenze di questa tua presenza in me
non sono in grado di controllarle, potrebbero essere devastanti.
Io so da sempre
di non essere normale
legato da un cordone ombelicale alla solitudine
perso nei labirinti dell'angoscia
sospeso tra le forze del bene e quelle del male
aggrappato solo all'arte ed alla sua creatività.
Ma tu inafferrabile Nisida disegni il mio destino
sei una lama affondata nella mia carne che non trasmette dolore
una voce lunare che mi guida la mente come un sesto senso
ed hai disintegrato ogni equilibrio
ormai sono folle più dei folli.
E' tempo di portarmi con te, seducente Nisida
questo mondo non è più per me
la mia anima è troppo inquieta e gitana per rimanere ancora,
ho conosciuto solo tenebre
ora voglio entrare nella luce.


FOLGORI
Ci sono macchie scure, zone d’ombra che anziché scacciare ho alimentato,
Che non riesco ad estirpare mai dal mio io: frutti cattivi d’un albero buono,
Enigmi interiori della mia mente, sempre invasa da concupiscenti tentazioni demoniache,
Carnali follie indecifrabili radicate in me sin dalla nascita:
Perdonami mamma!
Se non son riuscito ad essere ciò che volevi,
Per non aver saputo vivere una vita normale: una falsa libertà mi rendeva schiavo.
Ora che tu non sei più capisco che l’unica ragione della tua vita ero io
Le tue parole scuotono la mia anima
Come folgori nella notte, ho sfigurato la bellezza dell’anima scandalizzando i miei occhi;
Rimane il rimpianto di non averti ascoltata e il doloroso esame d’un passato ingolfato di sbagli.
Ma vi è un’unica grande consolazione dopo la tua morte, segno di vittoria:
L’imbattibile tempio di Satana fatto di lussuriose immagini oscene,
Eretto in segreto a casa mia, ora brucia nel fuoco, umiliato ed impotente,
Ridotto in cenere, trasformato in sporcizia e spazzatura.
Quel maledetto perverso gene ereditato da mio padre,
È ancora presente in me,
Ma la potenza di Dio lo ha reso innocuo ed inefficace
Trasformandolo, dopo un lungo e progressivo periodo di purificazione nel mio spirito,
In in uno strumento di gloria per questa vita e per quella eterna.
Casa mia, prima piena zeppo di figure oscene,
Ora, completamente ripulita, è ricca di angeli ed immagini sacre,
Diventata un luogo di preghiera per gli altri e per me stesso
Da solo e in comunione con i fratelli
Mettendo a disposizione di tutti
Il dono carismatico che il Padre Celeste mi ha dato







IL SILENZIO NEL SILENZIO

Erba appena bagnata sulla livida terra,

odore di pioggia da poco caduta

trasporta nell’aria bollicine di sogni

in questo autunno che scorre lento...

Silenti alberi ammutoliti e spogliati

attendono stanchi giovani foglie,

con la nuova stagione arriveranno

in questo autunno che respira lento...

Un colore giallognolo suggestivo e irreale

avvolge ogni cosa di magico incanto,

sfumature di anime invocano il sole

in questo autunno che sbadiglia lento...

Piante e animali stanno dormendo,

la natura è un fantasma che si aggira ramingo,

persino le pietre chiudono gli occhi arrossati

in questo autunno che dorme lento...

Non si avvertono rumori, non si odono lamenti

non c’è più linfa, è sottratta ogni energia

domina il nulla immobile e statico

in questo autunno che tace lento...

Una coltre di nebbia come una nuvola

disegna il paesaggio di malinconica assenza,

una sottile tristezza scende sul cuore

in questo autunno che muore lento...

E in questo bosco solitario e sperduto

dove anche il vento non ha la forza di soffiare,

io perdo me stesso ed i miei pensieri

e nel silenzio io rimango in silenzio.




LA LUNA DI PETER PAN
Sentirsi eterni adolescenti
o addirittura curiosi bambini
alla meravigliosa scoperta del mondo.
Presi per mano dalla fantasia,
sospesi fra le nuvole
tra favole ed eroi,
viviamo nella città dei sogni.
In fondo
siamo creature talmente vulnerabili e fragili
che finiscono per provare realmente
i sentimenti e le emozioni che immaginano.
E rifiutare di crescere,
fuggire dalle proprie responsabilità,
annullare la vecchiaia e cancellare la morte.
Tutto è ingenuità,
disarmante stupore,
poetica avventura,
tenerissima immaturità.
Avere per amici solamente
gli artisti,
gli uccelli,
gli acrobati,
gli angeli
e tutti coloro i quali
con i piedi per terra
un senso non hanno.
Viaggiare con la mente,
leggeri come piume
che non atterrano neanche senza vento,
col dono dell'immunità'
verso i problemi pratici quotidiani,
incontaminati dalla crudeltà del materialismo.
Noi siamo Peter Pan,
affetti da una sindrome cronica
che non si potrà mai curare
e che si nutre ogni giorno
di nuovi colori, nuove sensazioni,
abbiamo la luna sempre negli occhi
siam pronti a raggiungerla in ogni magico istante.
Siam veramente malati e patologici?
o forse siamo solo
più fortunati di altri,
capaci di essere noi stessi.
Credo che siamo davvero vicini a Dio
e veniamo da un mondo
che sta al di là.









LA MIA ANIMA È NUDA

La mia anima è nuda

anarchico il mio istinto

folle la mia mente

immorale la mia libertà.

La mia anima è nuda

ama i bambini

sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati

adora gli ultimi della classe sociale.

La mia anima è nuda

non sa vivere in società

non scende a compromessi e non concepisce le regole

non lavora e non produce.

La mia anima è nuda

è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne

non può esser limitata dal tempo

è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.

La mia anima è nuda

posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza

come un verme striscia e bacia i piedi del demonio

poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio

sempre in bilico tra inferno e paradiso.

La mia anima è nuda

soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,

esce manifestando la sua diversità

se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,

bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,

guai a chi provasse a risvegliarli!

quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.

La mia anima è nuda

immortale e ribelle

aliena venuta da chissà quale mondo

destinata a perdersi e soffrire

nel crudele gioco della vita e della morte.

La mia anima è nuda

scevra da qualunque vanità

spogliata nella sua infinita miseria

non si lascia etichettare in nessun modo

non è né maschio né femmina, né schiava né regina.

La mia anima è nuda

conosce la sensibilità del male

è attratta dal fascino del proibito

è inquietante ma sincera.

La mia anima è nuda

è ancora bambina quando sogna

terribilmente vecchia quando insegue la logica

morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.

La mia anima è nuda

condannata dalla sua stessa sensibilità

ad un isolamento senza uscita,

non chiede più comprensione ormai

sa di averla data ma di non poterla ricevere.

La mia anima è nuda

dannata

salvata

ma dannata ancora.

Anime perverse, entrate in sintonia con me!

sono qui, se volete potete trovarmi

non ho maschere e non mi nascondo:

la mia anima è nuda.





LA MIA MENTE

Silenzi e vuoti intorno a me

quiete assoluta nella mia stanza

sguardo assente, occhi chiusi

la mia mente mi porta lontano fuori da qui

mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,

prende il largo sulle acque

attraversa un fiume tranquillo

che cancella i ricordi

e li fa scivolare via.

La mia mente

è volo di idee

ragnatele di ragionamenti

archivio di esperienze rimosse

cassetti colmi di dubbi incessanti.

La mia mente

è follia pura

immaturità e saggezza insieme

è un gigantesco pallone

che vaga rimbalzando continuamente

da un soffice sogno all’altro.

La mia mente

è finto silenzio

fantasie strane

vertigini e vortici di pensieri

spinta per vivere.

Crea una tempesta

non dorme la notte

incubi che si accavallano

sogni che nascono e rimangono sospesi

paure e solitudini senza fine.

La mia mente

è invasa di ricordi che si susseguono

notizie divorate

date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite

profumi di opere buone

domande senza risposte

amori cancellati e poi riscritti

sì che diventano no.

La mia mente

è un insieme di cose da dimenticare

una cantina di occasioni perdute

di progetti mai portati a termine

di ricordi nostalgici.

La mia mente

silenziosa corre, vola, sfugge,

anela, brama di sapere.

Va via col vento, più su delle nuvole

sopra gli oceani

sorvola spazi infiniti

raggiunge nuovi orizzonti.

La mia mente

mi convince

ha sempre la meglio

detta le sue leggi

ed io non posso sfuggirle,

la seguirò perché lei vuole così.

La mia mente

mi fa impazzire

mi fa venir voglia di scoppiare

mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.

Uccidimi il cuore!

la mia mente mi resterà ancora intatta.

Legami con una catena fortissima!

lei mi slegherà,

forse neanche la morte fisica

potrà riuscire a fermarla.

Ti prego mente mia

portami con te lontanissimo

nei grandi campi di neve dove il sole non c’è

nei deserti sabbiosi senza confini

nelle praterie immense

nei mari in tempesta

nelle cime vertiginosamente alte

nelle strade vuote senza fine

che portano al nirvana e all’estasi.

Portami o mente mia

attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,

le mie vene saranno fiumi tra le rocce

le mie mani pallidi monti nella notte

il mio sangue torrente rosso più del fuoco.

Solo con te sulla scia delle ninfe

tra cascate argentate, ghiacciai sterminati

i miei pensieri frustati dal vento

scatenati e prendi, prendi tutto di me!





VORREI

Vorrei vagare nell’universo

e cercarti ovunque,

nelle intrecciate tele di un ragno

nel fruscio delle foglie morte

nel dondolare dei rami stecchiti

nel profumo d’un incensiere

sfogliando la Bibbia

dinanzi al portone d’un antico monastero.

Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza

lontano dalla prigione d’un grattacielo

lungo le strade dell’inverno

ed osservare riflessa nel lago argentato

la mia immagine vecchia e deforme

trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca

e contare poi una per una

le perle della tua corona.

Vorrei capire chi sono

mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,

mostrandoti la scia luminosa dei ricordi

di quello che ero ieri,

l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,

la statua, la lapide e la polvere

di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.

Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia

tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà

e nelle annebbiate stanze del tuo nido

io mi sto sempre più addentrando.

Ed ora sento di poterti raggiungere.

Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei

vorrei chiamarti ma non so il tuo nome

vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente

in aria,

scompari quando credo d'afferrarti.

Eppure io ti inseguo da sempre

nei labirinti della mia mente,

cercandoti affannosamente

in ogni piccolo spazio

della mia camera vuota e solitaria.

E nelle lacrime della solitudine mia

che percorron lente il mio viso pulito,

vedo i miei sogni evanescenti

morire uno dopo l’altro

ed un bimbo,

quel bimbo che vive in ognuno di noi,

li porta con sé invecchiati

fino ad estinguersi

nel riposante approdo d’un obitorio.



NICO

Nico!

Ti ricordo ancora

avevi dodici anni, la mia stessa età

solo qualche giorno in meno.

Nico!

Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri

una bocca grande ma con pochi denti

ti facevo il verso

non te la prendevi.

Nico!

Eri sempre con le brache corte

e le gambe viola

per il grande freddo.

Nico!

Ma com’eri buffo

con quel cappellino con il paraorecchie

una grossa sciarpa fatta da tua mamma

come ci tenevi.

Nico!

Il compito in classe

lo copiavi sempre da me

eri furbo

non so come facevi.

Nico!

Insieme sulle piante

a buttar giù palle di neve

alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali

quelle proprio racchie.

Nico!

Non ti ricordi le mele

rubate insieme e mangiate di nascosto

in quel mercato rionale?

E le domeniche d’agosto?

correvamo per le strade deserte

c’eravamo solo noi

chissà cosa volevamo dalla nostra vita!

Nico!

Eri il mio migliore amico

un giorno mi dicesti:

“Se fossi nato femmina ti amerei”.

Quel giorno al doposcuola

ci presero un po’in giro

avevano scoperto

i nostri giochi strani.

Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,

di regalarti il mio affetto

quello che riuscivo a darti,

quello che potevo darti.

Nico!

Ma tu adesso cosa fai?

chissà se ti sei sposato, se hai dei figli

se pensi ancora a noi.

Com’era bello uscire da scuola!

e col sole o con la neve

tornare a casa

insieme.

Nico!





MADAME CLELIA

Un’emozione forte

si fa strada nei miei pensieri,

lenta scende come un’ombra

nella mia realtà ormai stanca

e tra la fantasia e l’età

mi trascina via con sé

in un tempo ormai lontano.

Mi rivedo di colpo lì

a spiarti dietro la finestra

di quella tua tenebrosa casa antica.

Sui miei undici anni appena compiuti

cadeva già il primo velo di follia,

e che sussulti, che tremiti segreti

in quelle mie inquiete notti di fanciullo

quando impaurito e rannicchiato

mi nascondevo sotto le coperte,

la mia prima masturbazione

la conobbi proprio allora e fu per te.

Madame Clelia!

Eri grande, troppo grande

forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.

Avevi perso il marito

ti avevano abbandonato i figli

io come un giocattolo, un barboncino

ero tutto quello che ti rimaneva

nella tua vita mai vissuta

sempre attesa, mai avverata.

Ancor adesso

a distanza di tanti anni

non so cosa volessi tu da me

né cosa avrei potuto darti io.

Ma ti giuro Madame Clelia,

tu sei stata per me una regina

ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,

mi chiedo come mai così bella dentro

nessuno, all’infuori di me,

ti aveva vista mai.





PAESE NATÌO DI MIA MADRE

Al tuo paese torni

con me

ogni tanto,

ma sei triste

pensierosa

non parli.

La tua fontana rivedi

i vicoli

la piazza

che a miglior tempo

ti furono amici.

Anche la tua casa

giace silente e vuota

negletti i fiori

accanto ai muri.

Guardi fissa la chiesa

e odi la voce

di chi la preghiera

t’insegnò a ripetere.

Vedi tutti i ricordi

segnati da croci

cerchi ma non trovi

la speme d’un dì.




IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO

È solo mio questo improvviso aprirmi

e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato

e poi simultaneamente

allargare le braccia all’universo che mi circonda

e respirare a pieni polmoni

come volessi trasportarlo in me

per sentirmi parte di esso.

E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria

lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato

me stesso bambino giocare in un cortile

e paragonarlo alla luna

distante anch’essa mille anni luce da me.

E continuare a rivivere nei ricordi

la spensieratezza della giovinezza

e nello stesso istante

dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo

ammirare spazi infiniti

nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo

Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria

e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato

per la prima volta,

e confrontare la luce limpida dei suoi occhi

con quella delle stelle

o semplicemente della stella cometa.

Ricordare infine i dolci versi

scritti in tenerissima età

nella mia prima poesia,

immaginando di trovarmi

tra fiorellini di campo di vario colore,

solleticati dolcemente da un leggero venticello,

mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre

e tanti piccoli animaletti festanti

tutti insieme

cantano la loro canzone alla primavera.

Capisco proprio in questi dolci momenti

di non essere solo

malgrado il tempo che passa

malgrado non abbia una compagna.

Intorno a me

vedo tutto un mondo magico

che pullula d’amore.

C’è tanta musica nell’aria che respiro

ed ora finalmente anch’io posso sentirla

e lasciarla entrare nel mio cuore.

Sono in simbiosi con l’universo.





SOLITUDINE UNIVERSALE

Uno spaventoso silenzio

avvolge tutto l’universo,

gli uomini come marionette di pezza

si susseguono nel tempo gli uni agli altri

e non nascono che per morire definitivamente.

Quanta gente nel corso dei secoli

mi ha soltanto preceduto!

uomini in carne e ossa proprio come me

col mio stesso sangue

con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.

Hanno vissuto in tempi diversi

e per età differenti

ma di loro non è rimasto più nulla!

Dov’è l’uomo delle caverne?

e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?

e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?

imperatori e papi, uomini comuni ed eroi

tutti scomparsi

nell’inesorabile scorrere del tempo.

Vorrei uccidermi subito

al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,

è strano come gli uomini

continuino a vivere con impegno

pur sapendo che dovranno morire,

anche se vivessero per cento anni

sarebbe sempre un soffio di fiato

rispetto all’eternità.

Ma poi mi consolo tra me

pensando che la solitudine non è solo mia

ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo

e non esiste gioia più grande

del sentirsi parte di questa immensità

pur consapevole della propria piccolezza

e piangere l’intima fragilità

in un pianto accorato e senza speranza.

Così mi nasce dentro un’emozione fortissima

che, anche se nata dalla disperazione

è pur sempre un’emozione

e subito dopo rido, rido e ancora rido.

Ormai più nulla ha valore per me.

Scopro la dolce ebbrezza del non senso,

non m’importa della seduzione della fede

né del ragionamento della scienza.

Sono totalmente felice

e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine

che ora riesco a proiettare nel cosmo

e la solitudine dell’universo

è la mia stessa solitudine

e mi dà conforto

mi rende grande.



TRISTEZZA

Tristezza di cose perdute

di voci, di grida, d’amore

è struggente la pena che sento

come una lama mi trafigge il cuore.

Addio nidiata di bimbi!

è tanto quel che mi rimane di voi

siete riusciti a far sparire il dolore

per sempre compagno di vita.

Sorridevo felice all’innocenza

di nascosto, nel silenzio, tra le ombre

in segreto e in perfetta armonia

entravate uno dopo l’altro in me.

M’illudo di avervi vicino

vedo i vostri corpi e li tocco, li sento

immagino che siate con me

nel pensiero più dolce ch’esista.

Ripiomba di colpo ogni cosa

in grembo all’eterno destino

i vostri visi risplendono come dolci memorie

e poi muoiono con un tremulo brillio.





SENSAZIONI

È tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia

questa vita mia,

con genuino e infantile stupore,

della natura osservo ogni manifestazione

fino ad esserne rapito.

Con sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto

le voci, i suoni

anche i più tenui,

delle piccole cose intorno a me.

Affascinato e curioso

percepisco la suggestione, la religiosità, il mistero

nascosti in esse.

Ai miei occhi non appaiono

sempre traducibili e afferrabili

ma sciogliendosi in musica, in sospiro

mi riempiono ugualmente l’animo d’immenso.





INFANZIA LONTANA

Storia d’una infanzia lontana

ricognizione di un mondo

pietrificato nei ricordi.

È il canto della memoria

che si eleva

è profondo, sentito, cercato.

In esso

si rincorrono

gli attimi che hanno lasciato una traccia.

Rivivono anch’essi

insieme alle cose, alle persone familiari

ai sogni di più remote stagioni.

La memoria mi appare così

come immagine sovrapposta al presente

e i suoi impulsi,

ritornando dal passato,

s’intrecciano sinfonicamente,

trovano una finale armonia.







SULL’ORLO DELL’ABISSO

Dimora in me

un continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza

come memoria limpida, essenziale

non coperta da incrostazioni.

Tornano nella mia mente

lontane primavere, gigli appassiti

come visioni taciturne e distanti

e tra echi sepolti

in un urlo senza voce

cadendo vittima del segreto logorio della vita,

subisco inerme la vecchiaia

come qualcosa di ineluttabile

stagione ultima, cupa e persino squallida

in cui sopravvive solo la memoria.

Non è tanto l’immagine della decadenza fisica

dell’inarrestabile declino che mi colpisce,

quanto la fugacità, la brevità del tempo

lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,

anche le immensità celesti

dove ho cercato quasi un punto focale

della mia esistenza.

Oggi sono immerso nella follia più lucida,

il mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia

il mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.

Non c’è più luce, non c’è chiarezza

nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.

Mi sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività

che traspare dalla contemplazione della natura,

ha il gusto del tempo e delle sue rovine

perché quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,

è il solo che mia dia una qualche trepidazione

un’incertezza, una sorpresa.







IL MIO IO COSMICO

Vedo vivere e sfiorire intorno a me

inesorabilmente

le persone, le cose, le stagioni

preda d’un sentimento panico dell’universo.

Trovo conforto abbandonandomi nella natura

per dimenticare in essa la mia forma umana

accogliendo nel sangue

il brivido solare d’una vita pura.

Il mio io cosmico pone la propria oggettività

per poi tornare a se stesso

nel perpetuo flusso della vita.

Mi fondo nella natura

contemplando il momento in cui l’amore

sarà libero fuori dal corpo

per farsi cielo.

Sublimo l’anima con i sensi

ma non interrompo il contatto fisico col mondo.

Forse spero di trovare in fondo alla strada percorsa

il silenzio e la solitudine dell’universo

anche quando silenzio e solitudine

sembrano chiudermi e annientarmi.





SFACELO

Gioco artificiale e platonico di specchi

sempre mutevoli

con tante facce e tante luci,

non trovo il filo interiore

quello vero e profondo,

cado così nel gioco delle invenzioni

delle contraddizioni.

Una totalità non trovata

che rivela disagio, sofferenza.

Cerco rifugio altrove

senza sapere dove

ma ciò che mi rimane di questa umana fatica

è la coscienza di una prigionia

e mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini

che si avvicendano in modo sterile.

Sogno impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini

invano lotto per non essere travolto dal tempo

ma l’amore mi appare perduto

tra la cenere dell’esistenza.

Archivio la memoria

come un mondo ormai passato per sempre

fatto di resti sospetti,

tracce che tendono a scomparire nel tempo

come carte antiche e indecifrabili

vere e proprie reliquie.

Sopra tutto questo sfacelo

aleggia sovrano il sentimento del tempo

che sfugge, che rovina, che travolge.

Non mi rimane

che una ragione stanca, ferita

al limite della resistenza

ma non vinta

che cerca in fondo alla dolcezza,

nella disperazione,

la speranza d’una morte amica.





LA LUCE DEL COSMO

Come per magia

il divino traluce

o affiora nei margini del mistero sovrasensibile

e la mia anima s’insinua

tra sensazioni terrene e misteri dell’essere,

nelle cose che l’occhio può scoprire mutate

in una luce e un suono

insospettato, nuovo, più profondo.

Sento nascere in me

il bisogno di illuminare con la luce del cosmo

le cose infinitamente piccole.

La mia anima così si fa largo

e nello spazio che mi creo

c’è il senso del tempo, del moto, del divenire,

e insieme del mistero

che avvolge il mondo delle mie sensazioni.

Entro in contatto

con tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto

e soltanto in quell’istante,

sia pure con animo turbato,

riesco a capirmi.




PRESENZA VIVA

Momenti magici, favolosi

della mia infanzia,

ricordi evocati

da attimi di malinconia,

visioni incantate

della mia terra natìa.

Naufrago dolcemente

in un’infanzia che è ormai

il mito di se stessa,

e del dolore che l’ha portata via.

Pur tuttavia è suono, movimento

vita che trascorre.

Non la confronto con altri silenzi

con gli arcani mondi dell’immaginato

dello sperato, d’una irraggiungibile felicità.

Diventa invece voce intima del ricordo

presenza viva di qualcosa che passa

come echi, rintocchi.

Immersa nel tempo fluido

la natura come per magia

penetra nel tessuto della mia anima

e si fa poesia

ne scioglie i nodi, ne ispira i versi

è pianto che rasserena.






L’ALBA DELL’UOMO

Da un chiarore lontano

spunta l’alba

repentinamente

e colora di luce il nuovo mondo.

Intorno,

piante stecchite

animali selvatici

grotte e caverne buie.

Si svegliano anche gruppi di scimmie

sono nude come vermi della terra,

schiamazzano

litigano

si riuniscono.

Qualcosa sembra dire loro:

“Uniamoci

e combattiamo insieme”,

una battaglia che durerà nei secoli

sino alla fine dell’universo

se fine ci sarà.





MIA EVA

Mia Eva! Inizio della fine

sei tu la prima donna

l’origine delle mie perversioni

il pretesto per la mia follia

la madre dell’animale che è in me,

hai creato il mio istinto che ormai è morboso

il mio desiderio che è già sporcato.

Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli

io ti osservo nuda, allucinante visione,

misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.

Dammi la mela ti prego, che aspetti?

voglio mangiarla!

è eccitante peccare

se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.

Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?

Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.

Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità

di lavorare, sudare e morire

di bruciare nelle fiamme dell’inferno,

l’importante è averti accanto.

Sei tu la causa del mio male

ma lo stesso male è ambiguo

cambia forma quando credo di conoscerlo.

Dal giorno che mangiasti quella mela

ogni uomo è sempre guidato

dalla follia d’una donna.



LA RIGENERAZIONE

Albero solitario

che mi aspetti in un campo di grano,

io ti vado incontro

e ai tuoi rami

mi appendo.

Ora sono appeso ai tuoi rami

e dondolo felice.

Tu ed io siamo un solo essere

una sola forma.





IL MIO FUNERALE

Come quando ci si toglie un abito

così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi

ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.

Lento veniva trasportato

un corpo straccio

dentro quella bara

avara di ghirlande,

quel corpo era il mio

sì, ero io.

E quel carro funebre

attraversava le strette vie

che portavano a quel piccolo cimitero di collina

dove io fui sepolto

e riposo di già.

Scialli neri

vecchie facce coperte da veli

silenziosa processione,

dormiva mio padre

piangeva mia madre

quell’accompagnamento era il mio

sì, era il mio

ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo

al di là dello spazio

e dall’alto osservavo stupito

quello strano spettacolo

sulla mia morte.





COINCIDENZE

Seguo una linea grandiosa

un’acutezza di senso

capace di rendere concreta

persino la fantasia.

E la visione

che parte generata dalla mia anima

si spande al di là degli orizzonti,

al di sopra delle piccole cose domestiche

ed è bellissimo

sentire come il senso dell’infinito

coincida fino a fondersi in uno stesso clima

con le cose più piccole.





NULLA È LONTANO

Grandezza e malinconia interiore

e povertà del mondo presente

ma la trasposizione mia

muta i termini del dissidio

ed è il bisogno di sognare

che rende grande l’opaco atomo terreno

illuminandolo di altre verità.

La fantasia ora avverte nel mondo

più segreti e profondi significati

dà immagine all’eco

si spande in altri mondi

si dissolve nell’immensità.

Ormai nulla è lontano dal mio spirito.







IL MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA

Nel margine silenzioso della memoria

che non è presente in me,

trovo rivelazioni e scoperte

un ricchissimo terreno umano.

La poesia restituisce alla vita

i nodi segreti

i ricordi assopiti

le reazioni più remote,

fa conoscere una nuova dimensione del reale,

a volte contro la ragione

a volte in armonia con essa,

sempre con libertà.







EGOISMO SOLITARIO

Sono il re

del mio egoismo solitario

che ha coscienza

soltanto per esprimerla in privato

in una totale esaltazione dei sensi.

Io non cerco più

un rapporto dialettico tra me e gli altri

e la mia concezione estetizzante della realtà

diviene dominio sulla folla,

forma una solitudine privata

dove il mio pene riaffiora docile tra le mie mani

fino a divenire una strana sensualità

fuori dai sensi

trasformata in un processo di spiritualizzazione.





ALLA DERIVA

È grigio il clima del perenne essere.

Tutto è caduto

le speranze perdute, le preghiere vane

le parole inutili, l’amore illuso

le primavere sfiorite, gli ideali mortali.

Ma non v’è più dramma in me

in questo continuo appassire e morire

ma completo abbandono.

Accetto di andare alla deriva

lasciandomi cullare dalla marea del tempo

in cui tutto si dissolve

fino a compiacermi del mio dolore.

È dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.

Capire che persino la vanità delle cose

diventa pura armonia.





VERRÀ POI LA MORTE

La mia vita passerà molto presto

drammatica e patetica

e con essa anche la sua ricchezza

fatta umana dalla fatica.

Il tempo,

un male che impoverisce la vita,

mi toglie ogni energia vitale,

il mio corpo senza speranza e senza salvezza

si rivolta, si risparmia, geme

s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.

Ma vi è un altro male

subdolo e ancor più disperato:

quello di essere completamente solo

nell’umana comprensione di sé

costretto a tacere e fingere,

a rivedere il passato riflesso

nelle lacrime degli occhi che piangono

in un profondo bisogno di confidenze.

Triste appare allora il volto della memoria

come immobile silenzio che tende all’astrazione.

Verrà poi la morte del corpo

il distacco amaro.




LA MIA SOLITUDINE

Schivo mi stupisco di vivere

mi sento staccato ed incompreso

da tutti gli altri uomini.

Mi aggrappo agli scarti della vita

tutto il resto è inconsistente.

Non mi aspetto comprensione

né consolazione né tregua

consapevole della mia solitudine.

Ho scelto liberamente l’aridità e il deserto

e osservo le cose della vita

prosciugate e fisse

come simboli magici in una luce rarefatta.





LO STRAZIO D’ESISTERE

Urlo di masse

voci, passi, gesti

tra pietà curiosa e fanatismo,

irrazionale catena di incubi e fobie

ai margini dell’ossessione.

La personalità umana si lacera

il senso dell’alienazione incombe

la coscienza si smarrisce.

Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,

contagiato dalla multanime esistenza

affogo lentamente nel caos

e non ho scampo

se non nella perfetta solitudine.





LA MIA FOLLIA

L’infinita miseria della vita

la solitudine del mondo

la caducità della fama che passa.

E poi la morte delle persone care

l’incombente paura delle malattie

il continuo vagabondare senza pace dell’uomo

acuiscono la mia sensibilità

ma accrescono i sintomi della mia follia.

Cupe ombre di pazzia

si addensano minacciose su di me

travestite da un’atmosfera di lucida estasi.

È il dramma della mia ansia angosciante

la disperazione di tutto il mio essere

forse creato da Dio

ma poi lasciato a se stesso

privo d’identità, privo di vita

impossibilitato di comunicare

di capire e farsi capire.





LA MIA MODESTA FORMA UMANA

Ormai ridotto ad accettare la mia condizione

di uomo consapevole del proprio destino,

sento tristemente che la vita in me

invecchia inesorabilmente

che altri sentimenti, altre idee

mi nascono nell’anima,

che arte e vita procedono insieme,

e la poesia della mia vita solitaria

diventa essa stessa memoria.

Non è più la storia d’un uomo

che cerca l’illusoria grandezza dell’universo

ma semplicemente la povertà di chi

insegue soltanto la sua modesta forma umana.

Affido alla mia scrittura,

unico ed ultimo appiglio rimastomi,

la speranza di trovare ancora

punti luminosi sul mio cammino terreno

proiettandomi fin quando mi sarà possibile

e ne avrò ancora la forza,

nel tempo e nell’universale,

solo così la realtà della poesia

potrà apparirmi più ricca di significato

di quella della vita.





DESIDERIO D’INFINITO

Un sentimento dell’esistenza umanissimo

mi scorre dentro,

la mia spiritualità

è attraversata da malesseri sublimati

da torpori e da abbandoni,

trasalimenti e sofferenze confessate,

si distacca dalle cose terrene

diventa consapevole della fugacità umana,

è poesia per questo suo fluire

in mezzo alla vita

non ancora del tutto purificata

non ancora donata a una fede.

Le mie parole sono ultime gocce d’una vena

che ha già dato ciò che poteva dare.

La strada che porta alla bontà

mi libera dall’ansia

restituendomi un desiderio d’infinito.






LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA

Da una bimba e un pianto

nacque lei

piena di paure e ingenuità

chiara e trasparente

dai suoi occhi si affacciò

e da quelle ciglia sottili

piano piano scese giù.

Attraversò quel viso

dai lineamenti dolci

pulito di bambina

e per il mondo

sola sola

s’incamminò.

Ma era troppo ingenua

non conosceva il male

e la sua vita

era già in pericolo.

E passarono in fretta gli anni

e anche le stagioni

venne presto l’inverno

portando con sé la pioggia.

Tante grandi gocce

cadevano giù dal cielo

tutte insieme,

erano prepotenti

si spingevano tra loro

si bisticciavano.

La dolce lacrima ben presto

si trovò sommersa

cercò di ribellarsi

ma era troppo buona

e non aveva la forza.

Così per non morire

pensò di tornare

dentro quegli occhi

dov’era nata.

Sola e stanca

cercò quella bambina

la cercò dovunque

e la trovò alla fine.

Ma era ormai cresciuta

non era più bambina

il suo viso era truccato

non si ricordò di lei

e la cacciò via con forza.

Così la povera lacrima

restò proprio sola

in balìa di tutti

senza alcuna difesa.

Vagava per il mondo

ignorata da chiunque

sembrava invisibile

trasparente

proprio come una lacrima.

E venne il sole

e con la sua luce

forte forte

la illuminò.

Ma era ormai vecchia

allo stremo delle forze

e lentamente

si sciolse da sola.

Finisce così

la sua insignificante vita,

la sua insignificante storia

e nel silenzio,

la gocciolina

muore.

Così è il mio destino

la storia di quella piccola lacrima

è uguale alla mia.






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