le verità nascoste

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Sound72
00martedì 17 agosto 2010 09:28
L'anno del Palio maledetto
Siena più forte del suo destino



La Tartuca vince il Palio di Siena, tensioni e cadute.

Si stacca un cornicione e uccide un francese: ma la corsa non si ferma


Nella piazza del Campo, è un rumore sordo quello che ti prende. La Tartuca ha tagliato il traguardo. Ha vinto Istriceddu, guidato dal re dei fantini, Gigi Bruschelli detto Trecciolino, il più vecchio della piazza, il più duro di tutti: l’hanno chiamato così perché era il soprannome di uno che non mollava mai. Ma alla fine della corsa fanno la conta delle disgrazie. Hanno ricoverato una operaia che non sapeva quel che le era successo: aveva perso la memoria. Un fantino aveva una frattura alla gamba. E a una signora belga di 50 anni stanno facendo la tac: è stata colpita dalla bandiera della Civetta, volata tra il pubblico durante la sfilata. La sera prima c’era stato un morto, alla cena della Civetta. Sembra una maledizione. La maledizione del Palio delle contrade verdi, dicono da queste parti. Ce ne sono quattro che hanno questo colore nelle loro bandiere, e ieri, come capita di rado, erano tutte in piazza, Bruco, Oca, Selva e Drago.

A Siena dicono che il Palio è come la vita. Nella vita c’è tutto, ci sono anche i conti da pagare. E il destino non ha tempo per fermarsi, proprio come il Palio. Nella notte della vigilia, alle due e mezzo, una pietra caduta da un balcone aveva ucciso Alain Enfaux, il capo delegazione della città di Avignone ospite del Comune di Siena: era stato invitato alla cena della Civetta e si era appena alzato per salutare il fantino della contrada, Andrea Mari detto Brio, un ragazzone di 33 anni che ne ha già viste tante nella sua carriera e che una volta rischiò pure la vita, alla partenza di un palio, quando il cavallo lo buttò per terra, scalciandolo e rompendogli una spalla. L’altra notte Brio ha visto morire il signore Enfaux nella maniera più assurda. Il Palio non ha potuto fermarsi, perché, come s’affretta a spiegare il sindaco Maurizio Cenni, «questa tragica fatalità non ha nessun collegamento diretto con il Palio. Siamo tornati a casa alle 4 e 40 stanotte, e abbiamo cercato tutti di stare vicini al nostro amico: questa è una città fatta più di anima e sentimenti che di altre cose. Abbiamo anche deciso di fare un minuto di raccoglimento prima della prova, una dimostrazione che noi di solito riserviamo solo alle grandi figure del Palio. I vigili hanno deciso di non mettere l’alta uniforme, in segno di cordoglio».

Ma di più non si poteva fare. Come ammette Cenni, «per noi la vita si ferma in questi giorni». E’ difficile da capire per chi non c’è mai venuto a guardare da dentro questa città meravigliosa, con i suoi lastricati, le sue chiese, i suoi palazzi mercantili, la sua storia immobile, in questa piazza che degrada in controluce come una pittura del Rinascimento, con la sua corsa senza senso, proprio come la vita. «In realtà, la vita va avanti e presenta il conto». E quest’anno è un conto lungo. Dev’essere la cabala, ripetono a Siena: 4 contrade verdi alla partenza, non portano bene. Il conto aveva cominciato a presentarlo il ministro Michela Vittoria Brambilla, con la sua polemica sulla corsa di Siena da abolire per la violenza ai cavalli, poi ritrattata in parte: «Ho solo detto che certi palii sono simili alle corride». Ieri, però, la Giraffa s’è ritirata, perché il suo cavallo, Guschione, «aveva un leggero stiramento e allora hanno preferito non rischiarlo». Adesso il sindaco cerca di spiegare la sofferenza per questa decisione: «Qui si vive tutto l’anno in funzione di questo giorno. Rinunciarci è un dolore vero. Ma si è preferito tutelare la salute dell’animale. E’ successo tante altre volte, a riprova che quel che dice qualcuno è una sciocchezza. Noi da ottobre alleviamo 150 cavalli seguiti meticolosamente, facciamo l’antidoping preventivo, mentre altri lo fanno dopo. E terminata la carriera, l’animale viene mantenuto in una struttura che sarebbe magnifica anche per un essere umano». In fondo, i cavalli sono stati gli unici a salvar la pelle, ieri. Vallo a capire il destino. Alla sera, sulla piazza sono schierati con i loro fantini, altri racconti di vita e di morte, come quello di Giuseppe Zedde detto Gingillo, 28 anni appena, che a un altro palio, a Ferrara, montava un cavallo di sua proprietà, Baonero, e dopo due giri di pista inciampò in una buca all’ingresso di una curva: lui finì in ospedale con una lesione alla tibia. A Baonero gli spararono: eutanasia.

Anche Alberto Ricceri, detto Salasso, rischiò la vita ad Asti, mangiando la polvere assieme ad altri 5 fantini finiti per terra. Lui restò steso tra le nuvole di quello scompiglio, ma poi lo portarono via, restituendogli il respiro. Il suo cavallo, azzoppato nello scontro, fu abbattuto. Ieri i cavalli sono rimasti illesi, mentre le sfortune si accanivano. Persino Giovanni Atzeni, detto Tittia (che vuol dire «che freddo») s’è fatto male senza neanche cadere. Il più famoso dei fantini, il «dittatore», come lo chiamano fra le vie delle contrade, è Gigi Bruschelli detto Trecciolino, che era il grande favorito. Il suo soprannome risale alla prima corsa, quella del 1990, che fece quando non aveva neanche 20 anni: «Me lo diede il capitano della Civetta dopo che caddi al primo San Martino. Nel loro passato c’era un fantino che si chiamava così e che aveva vinto tre palii. Era un combattente, uno che non si arrendeva. Sei come lui, mi dissero». Da allora ha vinto 12 volte, meno soltanto di Aceto (14) e Picino (13). Trecciolino ha un volto scolpito, come un guerriero, capelli neri corti, e sguardo intenso. Ha vinto di nuovo. Il Palio aveva deciso così. E’ la vita.
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00giovedì 19 agosto 2010 12:34
Una Viola nera. «Galdiolo malato»
L'annuncio della famiglia: «Giancarlo Galdiolo, 62 anni, ex giocatore della Fiorentina degli anni Settanta, è gravemente ammalato»


( corriere.it )- FIRENZE - No, lui no, il più forte di quella Fiorentina degli anni settanta che oggi sembra maledetta. Un fisico da far paura, una vera roccia, uno che era soprannominato non a caso «badile» e solo dai compagni «Pappa», per via di una vaga somiglianza con Pappagone (Peppino De Filippo), eroe televisivo di quel periodo. Giancarlo Galdiolo, 62 anni il prossimo novembre, è malato, molto malato. Se ne parlava da qualche mese, gli amici sapevano tutto e tacevano, ma ormai la voce correva troppo e allora la famiglia ha deciso di fare chiarezza convocando per lunedì prossimo una conferenza stampa alla Blu Clinic di Bagno a Ripoli per spiegare la situazione a tutti quelli, e sono davvero tanti, che vogliono bene al vecchio capitano viola. Si parla di Sla, ma mancano conferme ufficiali e nemmeno interessa averne in un momento come questo di grande tristezza. Negli ultimi anni alcuni giocatori della Fiorentina degli anni Settanta e Ottanta si sono ammalati, alcuni di questi sono morti, tanto che la procura aveva aperto un’inchiesta per eliminare i sospetti di doping. La vicenda si è conclusa con l’archiviazione.

Dalla Romagna scenderanno in Toscana i tre figli Alberto, Eleonora e Alessandro, mentre la moglie Maria Rosa resterà a Forlì accanto a Giancarlo, che sta soffrendo in un letto. Tutto è precipitato nello scorso gennaio, all'improvviso, senza nessuna avvisaglia. Fino a quel momento la vita di Galdiolo era stata infatti piena come sempre di sport (segue una squadra giovanile) e di attività varie. Ogni tanto un salto a Pontassieve dal suo storico dentista, che era poi solo una scusa per rivedere la sua Firenze e tuffarsi così nel passato di storie che oggi si tingono ancora di più di giallo. Galdiolo è stato infatti compagno di squadra degli scomparsi Mattolini, Longoni, Beatrice, Ferrante e Saltutti (su questi ultimi tre c'è stata un'inchiesta), tutti morti per cause diverse, ma che è impossibile non collegare tra loro nella disgrazia. E ha giocato anche con Caso, Antognoni e De Sisti, che hanno in qualche modo superato gravissimi problemi di salute. Insomma, una vera e propria maledizione che ora non risparmia uno degli atleti più generosi che abbiano mai vestito la maglia viola. Dieci anni a Firenze, con 229 presenze e appena 3 gol, ma uno memorabile, su punizione. Era il 31 dicembre 1977, la Fiorentina penultima in classifica batteva il Napoli e si rimetteva in carreggiata. Ha vinto una Coppa Italia e una Coppa italo-inglese, ma ha soprattutto partecipato a due delle più incredibili salvezze della Fiorentina, quella del 1971 e quella appunto del 1978, conquistata con un soffertissimo pareggio interno contro il Genoa.

Memorabili i suoi duelli con Riva, Boninsegna e Prati, fermati con le buone o con le cattive, anche perché senza troppe telecamere a far vedere tutto era più facile ricorrere a certi trucchi del mestiere. E' sempre però stato considerato uno duro, ma corretto, un difensore che non ricorreva a provocazioni o particolari cattiverie. Col passare degli anni, Galdiolo è diventato la chioccia dei più giovani, aiutando l'inserimento dei tanti promettenti ragazzi del settore giovanile. Come Moreno Roggi, che ora sta seguendo l'amico con l'associazione degli ex viola e che è salito spesso a Forlì trovando ogni volta una situazione sempre più grave. «Una cosa è certa - ha dichiarato Roggi - qualunque cosa succeda, non lasceremo mai solo Giancarlo neanche per un minuto».

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00giovedì 19 agosto 2010 12:39
Cossiga. Una faccia, tante verità (nascoste)

viaemilianet.it - L'ex presidente emerito della Repubblica diceva di non avere scheletri nell'armadio. "Invece i segreti sono morti con lui" dice Paolo Bolognesi presidente dell'Associazione familiari vittime della strage di Bologna. Meno dura Daria Bonfietti dell'associazione familiari vittime di Ustica: "suoi pezzi di verità hanno consentito di riaprire le indagini"
BOLOGNA, 18 AGO. 2010 - Francesco Cossiga, anche negl'ultimi giorni di vita, è riuscito a fare un altro dei suoi colpi di scena lasciando quattro lettere sigillate nelle mani del segretario del Senato. Così che un po' tutti ora si chiedono cosa conterranno quelle missive. Chissà che dentro non ci sia qualche riga dedicata ai misteri dietro la strage di Bologna e di Ustica. Proprio sulla tragedia del Dc9 in passato erano state diverse e controverse le esternazioni dell'ex capo di Stato, allora presidente del Consiglio.
La presidente dell'associazione dei familiari di Ustica ieri ha ricordato che, dopotutto, negli ultimi tempi Cossiga si era messo a raccontare "pezzi di verità importanti che ci hanno permesso di riaprire le indagini sulla vicenda". Ora quei brandelli di informazioni sono in mano ai magistrati e la Bonfietti spera "che siano utili per arrivare alle responsabilità di quell'evento". "Si è trattato di una guerra aerea - ha spiegato ai microfoni del tg3 - di conseguenza possiamo immaginare bene le difficoltà nel fare emergere la verità, per questo comprendiamo il suo comportamento.
Molto meno di comprensione sono state le parole di Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione familiari delle vittime dell 2 agosto. "Quando uno muore tutti ne devono dire bene - ha detto intervistato dall'Ansa - ma per me, se in Italia siamo ridotti così male, è anche colpa sua. Penso che, in virtù delle sua alte cariche, fosse depositario di segreti che avrebbero potuto fare chiarezza sui mandanti delle stragi. Invece i segreti sono morti con lui".
"Non credo - ha detto ancora Bolognesi - che essere servitore dello Stato sia nascondere la verità. Per questo, per me, Cossiga non fu un servitore dello Stato". Sulla strage alla stazione, che causò 85 morti e più di 200 feriti, sostenne tre piste, prima la fascista, poi quella libica e poi ancora quella palestinese. "Noi crediamo in ciò che dicono i tribunali - ha ribadito il presidente dell'Associazione vittime - cioè alla condanna dei terroristi neri. Mi sembra che l'elemento fondamentale, in questi grandi drammi italiani - è la conclusione di Bolognesi - sia che l'importante è non arrivare alla verità".


Sound72
00venerdì 20 agosto 2010 16:52
Sms mafiosi a "Quelli che..."
Erano diretti ai boss detenuti



Per aggirare il regime d'isolamento imposto dal "41 bis", venivano utilizzati messaggi cifrati mandati in onda la domenica nel rullo di "Quelli che il calcio..." e altri programmi tv. Lo ha spiegato l'ex procuratore antimafia aggiunto Macrì. Grasso: "Non esistono sistemi impenetrabili"


CATANZARO, 20 agosto 2010 - Un sms apparentemente banale: "Tutto ok, Paolo". Un messaggio che scorreva, in mezzo a migliaia di altri simili, nel rullo che fa da "sottopancia" alla trasmissione domenicale "Quelli che il calcio...". Ebbene, stando all'ex procuratore nazionale antimafia aggiunto Enzo Macrì, quelle tre semplici parole erano in realtà dirette a boss mafiosi detenuti in regime di 41 bis.

"tutto ok, paolo" — Lo stesso sms è stato inviato anche ad altri programmi tv, scelti tra quelli che consentono ai telespettatori l'interazione tramite sms mandati in onda pochi istanti dopo l'invio. Va subito precisato che la staff e la macchina produttiva di "Quelli che il calcio..." non hanno la minima responsabilità su ciò che è avvenuto: i brevi testi che vengono pubblicati in quel rullo sono fuori dal loro controllo. Del resto, chiunque si fosse trovato di fronte a un sms normalissimo come "Tutto ok, Paolo" non avrebbe avuto motivo di "scartarlo" ed eliminarlo in fase di moderazione.

banalità — Macrì, oggi procuratore generale ad Ancona, ha parlato di questa procedura di invio di messaggi cifrati l'11 maggio scorso, nel corso dell'audizione alla Commissione parlamentare antimafia, non rivelando da quale carcere sia stata fatta la segnalazione. "Ciò che ci colpì - riflette Macrì - era l'apparente banalità del contenuto degli sms dietro ai quali, in realtà, si celavano precise comunicazioni ai boss impossibilitati, a causa del regime carcerario cui erano sottoposti, ad avere qualsiasi comunicazione con l'esterno. È chiaro, tra l'altro, che l'esatto significato del messaggio lo potevano capire solo i destinatari".

sistema penetrabile — Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha chiesto una verifica sui programmi tv la cui visione è consentita ai detenuti in regime di 41 bis, aggiungendo però che "non esiste un sistema d'isolamento assolutamente impenetrabile. Per esempio, i colloqui tra i boss e i loro avvocati non possono essere intercettati o registrati, quindi gli avvocati corrotti potrebbero diventare facili messaggeri per i capi clan. Stesso discorso per gli agenti infedeli, per i medici e i cappellani, tutte persone che hanno contatti con i detenuti".

(Gasport)

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00giovedì 9 settembre 2010 10:14
, La Padania attacca i Cesaroni:
«Non sono lo specchio di nessuno»
Il quotidiano della Lega contro la fiction di Mediaset:
«Il solito clichè». Amendola replica: «Attacco pretestuoso»



ROMA (8 settembre) - Da domani torna su Canale 5 una delle famiglie più amate dal pubblico italiano: 'I Cesaroni'. La serie tv, giunta alla quarta stagione, oltre a vincere il confronto a colpi di share con la fiction di RaiUno, 'Ho sposato uno sbirro 2', dovrà battere lo scetticismo di 'La Padania'. Il quotidiano della Lega oggi ha duramente criticato la serie di Mediaset, affermando che «'I Cesaroni' non sono lo specchio di nessuno».

La pagina degli spettacoli del giornale ha dedicato un articolo alla serie televisiva che «puntuale come le tasse» torna domani su Canale 5: «Alla quarta serie le enciclopediche puntate ricalcano il solito clichè dei buoni borgatari che tra un bianchetto dei Castelli e un amorazzo finito male, si barcamenano in un Paese dove il furbetto del quartierino vale sempre un pizzico in più degli altri».

Prosegue l'articolo: «In molti hanno spiegato che 'I Cesaroni' hanno il pregio di rappresentare la famiglia media di questo Paese. Che le loro storie sono un po' le storie di tutti. Ma da qui a dire che 'I Cesaroni' sono lo specchio degli italiani ce ne corre. La disoccupazione che colpisce i giovani? Solo un fantasma che vaga sullo sfondo della vineria romana. La disperazione di molte famiglie erose dagli odi tra marito e moglie? Tutte rose e viole. Un giardino in cui gli amori svolazzanti si rincorrono senza drammi. Senza lacrime. Senza un reale pathos».

'La Padania' attacca anche la lingua usata nella serie: «Il resto della fiction è solo un collegamento tra un innamoramento e l'altro: tutto in perfetta salsa romanesca, compreso, ovviamente, quello dei linguaggio declinato in ogni spessore semantico dai vari personaggi e protagonisti. Abbiamo cercato di trovare anche un solo vocabolo in lingua toscana nel trailer, ma è stato veramente difficile. Una ricerca inefficace anche con un qualsiasi lanternino verbale. Tutto rigorosamente in dialetto romanesco».

Amendola: «Un attacco pretestuoso». Alle critiche di 'La Padania' ha risposto Claudio Amendola, uno dei protagonisti dei Cesaroni: «Questo attacco della Padania ai Cesaroni non mi tocca minimamente. Non mi sento neanche offeso. Mi sembra un attacco pretestuoso, ma a dir la verità da loro non mi aspettavo niente di diverso».

E per quanto riguarda il linguaggio usato nella fiction, definito dal quotidiano «rigorosamente romenesco», Amendola aggiunge: «Sia a livello di contenuti che a livello linguistico abbiamo avuto sempre un riscontro positivo nelle persone: da Trento, a Milano, fino alla Sicilia».

..........

la Padania non ha tutti i torti
lucolas999
00giovedì 9 settembre 2010 10:45
sì non ha tutti i torti ma francamente sono più disgustato dal tg1 radiocomandato di Minzolini che dai Cesaroni
lucaDM82
00giovedì 9 settembre 2010 10:54
Io ricordo che in veneto volevano il doppiaggio di viaggi di nozze di verdone perchè non capivano il romanesco...
Sound72
00giovedì 9 settembre 2010 11:54
Andreotti: Ambrosoli? Se l’era cercata


GIULIO ANDREOTTI SU GIORGIO AMBROSOLI - Nella puntata di stasera de La storia siamo noi Giulio Andreotti dice la sua sulla morte di Giorgio Ambrosoli.Non cìè dubbio che la sua opinione in merito susciterà non poche polemiche.


La puntata in onda stasera de La storia siamo noi di Giovanni Minoli, su Raidue alle 23.50, provocherà qualche eco scandalizzato. Il programma racconterà di Giorgio Ambrosoli e del crac Sindona. Di come Ambrosoli venne nominato unico commissario liquidatore della Banca Privata Italiana del faccendiere, del contesto in cui Sindona arrivò ai vertici della finanza italiana, grazie alle sue affiliazioni massoniche e mafiose, e di come, la notte dell’11 luglio del ’79, Ambrosoli fi freddato con quattro colpi di pistola, da un sicario pagato da Sindona, per aver voluto fare fino in fondo il suo dovere, senza compromessi alcuni. IN tutto ciò, una dichiarazione di Giulio Andreotti, raggiunto dal programma, per molti rappresenterà una nota decisamente stonata.
Quando a Giulio Andreotti viene chiesto perché Giorgio Ambrosoli sia stato ucciso, il senatore a vita 7 volte presidente del Consiglio, risponde, senza tradire emozione alcune, come nel suo stile: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando». Una frase butta lì, certo, Da contestualizzare in rapporto al personaggio, e al fatto che visse in prima persona quegli anni e quegli episodi. E che, semplicemente, avrà lanciato ironia. Di certo, le polemiche non mancheranno.

Sound72
00venerdì 10 settembre 2010 09:53
Re:
Sound72, 09/09/2010 11.54:

Andreotti: Ambrosoli? Se l’era cercata


GIULIO ANDREOTTI SU GIORGIO AMBROSOLI - Nella puntata di stasera de La storia siamo noi Giulio Andreotti dice la sua sulla morte di Giorgio Ambrosoli.Non cìè dubbio che la sua opinione in merito susciterà non poche polemiche.


La puntata in onda stasera de La storia siamo noi di Giovanni Minoli, su Raidue alle 23.50, provocherà qualche eco scandalizzato. Il programma racconterà di Giorgio Ambrosoli e del crac Sindona. Di come Ambrosoli venne nominato unico commissario liquidatore della Banca Privata Italiana del faccendiere, del contesto in cui Sindona arrivò ai vertici della finanza italiana, grazie alle sue affiliazioni massoniche e mafiose, e di come, la notte dell’11 luglio del ’79, Ambrosoli fi freddato con quattro colpi di pistola, da un sicario pagato da Sindona, per aver voluto fare fino in fondo il suo dovere, senza compromessi alcuni. IN tutto ciò, una dichiarazione di Giulio Andreotti, raggiunto dal programma, per molti rappresenterà una nota decisamente stonata.
Quando a Giulio Andreotti viene chiesto perché Giorgio Ambrosoli sia stato ucciso, il senatore a vita 7 volte presidente del Consiglio, risponde, senza tradire emozione alcune, come nel suo stile: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando». Una frase butta lì, certo, Da contestualizzare in rapporto al personaggio, e al fatto che visse in prima persona quegli anni e quegli episodi. E che, semplicemente, avrà lanciato ironia. Di certo, le polemiche non mancheranno.





se qualcuno ha visto la puntata..un solo commento..Agghiacciante.


ci sta bene davvero l'intro del film Il Divo [SM=g28002]


Sound72
00lunedì 13 settembre 2010 13:46
Noi, adulti, e quella
follia di volare dai palazzi



Corriere.it - Se mi chiedessero qual è il compito principale degli adulti nei confronti dei ragazzi, direi: permettere che invecchino e non s'ammazzino prima. Ma a chi si lancia da un balcone per un pò di gloria su YouTube, cosa vuoi dire? Il fenomeno del balconing — una colossale idiozia internazionale non poteva non avere un nome inglese — sta diventando una piaga. Quest'estate, già sei vittime tra i giovani turisti alle Baleari. L'ultima, nel fine settimana: un italiano di 26 anni è morto a Ibiza, caduto da un terrazzo al settimo piano di un albergo, in circostanze non chiare

C'è chi scivola e chi si butta, cercando di centrare la piscina di sotto. Chi vuol saltare sul balcone delle ragazze e chi fa l'equilibrista a venti metri d'altezza. Rimbambirsi in disco, bere fino a stordirsi, strafarsi di pasticche, lanciarsi dal balcone, chiedere a un amico di filmare l'impresa col cellulare. Insulti e moralismi — le reazioni più umane, di fronte a comportamenti del genere — non servono. Bisogna cercare di capire il movente: ricerca di emozioni forti? Emulazione? Esibizionismo? Gusto del rischio? La sensazione di essere invulnerabile? Moventi antichi, che nei secoli hanno spinto i ragazzi a lanciarsi contro le pallottole (tra gli applausi degli adulti che li avevano mandati in guerra); a giocare alla roulette russa; a guidare a fari spenti nella notte; a fermarsi sull'orlo di un precipizio; a buttar giù di tutto, a patto che facesse male. In cambio — non sempre — una canzone, un romanzo, un film; e la disperazione muta dei genitori e dei conoscenti, che non capivano. Oggi possiamo fare un regalo, ai ragazzi: la possibilità di sbagliare ancora. Perché chi muore, di sicuro, non sbaglia più. Per far questo dobbiamo accettare di essere informati, spiacevoli e impopolari. Informati: molti genitori — me ne sono resto conto — non sanno cosa sono, d'estate, Ibiza e l'isola greca di Ios.

Posti tossici, dove divertirsi in modo normale è difficile da grandi, impossibile da adolescenti. Se ci vogliono andare, impediteglielo. Convinceteli, corteggiateli, corrompeteli: mettete loro in mano i soldi per andare altrove. Spiacevoli: un ragazzo di vent'anni non vuol sentirsi dire che è uno sciocco. Anzi: non vuol sentirsi dire nemmeno cosa fare, dove andare, chi vedere. Ma nei film d'azione sono gli stuntman a lanciarsi dai balconi (spesso a pianterreno, al resto si pensa in montaggio): diteglielo. Si offenderà, protesterà, dirà che anche noi, da ragazzi, abbiamo combinato scemenze. Rispondete: erano scemenze meno sceme, tant'è vero che siamo ancora qui. Impopolari: gli adulti sono troppo impegnati a sentirsi giovani, per occuparsi dei giovani. Ma se lo facessero, e scoprissero cose gravi, dovrebbero arrabbiarsi. E battersi. È vero: porta via tempo al burraco, al calcetto o alla cena con gli amici. Ma è tempo ben speso. Non serve a niente? Ci abbiamo provato. Altrimenti c'è il rischio di pensare: fossimo stati informati, spiacevoli e impopolari, su quel balcone non sarebbero saliti.
( B. Severgnini )

lucaDM82
00martedì 14 settembre 2010 22:53
Allarme bomba a Parigi
evacuata la torre Eiffel
Una telefonata anonima e il ritrovamento di un pacco sospetto hanno fatto scattare l'emergenza. Allontanate duemila persone dal monumento e dall'area circostante che è stata chiusa
faberhood
00mercoledì 15 settembre 2010 09:15
Re:
Io quest'attacco al potopeschereccio di Mazara del Vallo da parte della motovedetta libica non l'ho capito.
Ho letto i giornali italiani da vari giorni...finora non ho trovato nessuna spiegazione attendibile.
L'unica fonte di informazione che ha dato i fatti e ha espresso i miei stessi dubbi è stata la BBC.
Ci sono questi due esponenti della guradia di finanza che stanno sopra la motovedetta libica ( non si sà se sottocoperta o coinvolti direttamente) che perchè qualcuno pesca illegalmente (e dopo bisogna vedere se è vero) assistono alla possibile trucidazione dei loro connazionali.
Forse il tutto fa parte degli accordi tra il Premier e Gheddafi....
Che bella figura a livello internazionale.


Sound72
00giovedì 16 settembre 2010 09:54
Il ponte sul fiume Kwai

Cosa rimane del ponte reso celebre dal film premio Oscar? La terribile e avventurosa storia della ferrovia che a Kanchanaburi è diventata una meta turistica

- Cosa resta oggi dell’originario ponte sul fiume Kwai, a parte l’omonimo film di David Lean (tratto dal romanzo di Pierre Boulle), sette premi Oscar nel 1958? A Kanchanaburi, il ponte è diventato una meta turistica, circondato da bancarelle di souvenir e attraversato da un improbabile treno colorato ideato ad hoc per i turisti, mentre le vie delle guesthouses portano i nomi dei Paesi coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale.
Del ponte originario - distrutto, nella parte centrale, dai bombardamenti alleati nel ‘45 - restano le campate esterne, fatte con il legno tagliato e trasportato da sessantamila prigionieri di guerra australiani, inglesi, tedeschi e americani e duecentomila asiatici costretti ai lavori forzati. Eccola la ferrovia della morte, scavata a mani nude nella roccia, nel mezzo della jungla thailandese: 415 chilometri di linea fatti costruire dai giapponesi nel ‘42 per unire la Thailandia alla Birmania (Myanmar). Si costruiva da entrambi i Paesi: il 16 settembre 1942 i prigionieri alleati e gli asiatici cominciarono a lavorare sia dalla base di Kanchanaburi, dove c’erano nove reggimenti, sia dalla base giapponese di Thanbyuzayat dove ve ne erano cinque. Centinaia di chilometri di jungla, di ponti da costruire e di strada ferrata da scavare nei fianchi della montagna. Centinaia di chilometri di alberi da abbattere, di tronchi giganteschi da trasportare in spalla camminando nell'acqua del fiume, aiutandosi con gli elefanti, sotto i quali spesso si moriva. Tronchi pesantissimi da mettere in piedi per costruire non uno ma due ponti sul fiume Kwai a circa due chilometri di distanza dal punto in cui si unisce al Kwai Noi (small Kwai) formando il Mae Klong. Un punto strategico dato che, poco dopo Kanchanaburi, il Mae Klong si allarga per poi sfociare nel golfo di Thailandia, a Samut Songkram, 70 chilometri a sud est di Bangkok. Un’impresa ingegneristica gigantesca a cui i giapponesi pensavano dal ‘41 ma alla quale avevano quasi subito rinunciato perché considerata impossibile in quelle zone impervie. Un’opera che si è trasformata in una vera mattanza per i prigionieri Alleati, costretti dai propri carcerieri a costruire la linea ferroviaria che andava contro gli interessi dei propri eserciti di appartenenza. Memorabile il loro sottile tentativo di sabotare il ponte che essi stessi costruivano, con le termiti.
Secondo i calcoli degli ingegneri dell’epoca, ci sarebbero voluti cinque anni per costruire la ferrovia, ma i giapponesi avevano fretta, volevano subito un percorso alternativo per i rifornimenti in vista della conquista di altri Paesi dell’Asia occidentale. E la vollero in soli sedici mesi (il loro obiettivo era dodici). In particolare, dall’aprile 1943 i lavori accelerarono: è la fase nota come “Speedo period” che coincise con il colera, la malaria, la dissenteria e varie malatttie tropicali. Si lavorava giorno e notte, mangiando solo una ciotola di riso con vegetali, due volte al giorno. Porzioni misere per sostenere la fatica e il clima nella jungla, uniti alle terribili punizioni da parte dei giapponesi che in ogni modo costringevano i loro “schiavi” a lavorare al massimo per abbreviare i tempi. Porzioni che diminuirono con i bombardamenti degli Alleati sulle risaie.
faberhood
00lunedì 20 settembre 2010 17:04
Militari americani uccidevano civili afghani «per divertimento»


Orrore a Kandahar: i cinque avevano formato uno «squadrone della morte» e collezionavano i teschi


MILANO - Cinque soldati americani in servizio nella provincia afghana di Kandahar, dediti alla droga e all'alcol, avrebbero ucciso dall'inizio di quest'anno tre civili afghani «solo per divertimento». La rivelazione choc del quotidiano americano Washington Post arriva nel primo giorno dello spoglio elettorale, dopo elezioni parlamentari boicottate dai talebani e segnate dal sangue: minacce, bombe, rapimenti e pesanti irregolarità segnalate da più parti. Il giornale cita documenti dell'esercito e persone vicine all'inchiesta, che affermano che i 5 militari di fanteria, compreso un sergente che sarebbe stato il «caporione», hanno assassinato tre civili fra gennaio e maggio di quest'anno. Gli omicidi, secondo il Post, «sono stati commessi essenzialmente per sport da soldati dediti all'hascisc e all'alcol». Tra le vittime anche un religioso afghano. Nell'inchiesta sono indagati anche altri sette membri della Quinta brigata di combattimento Stryker, ai quali sono contestati reati minori come consumo di droga e atti di «nonnismo».

LO «SQUADRONE DELLA MORTE» - I componenti del plotone accusati di omicidio hanno cominciato a parlare di creare uno «squadrone della morte» nel dicembre del 2009, quando alla brigata Stryker si è unito il 25enne sergente Calvin R. Gibbs, che era già stato in Afghanistan nel 2004 e si vantava con gli altri delle sue «imprese». I cinque, coalizzati attorno a Gibbs, hanno a lungo accarezzato l'idea di uccidere un civile afghano scelto a caso e di far passare tutto sotto silenzio, solo per fare una bravata. Il 25 gennaio, nel villaggio di La Mohammed Kalay a Kandahar, si è presentata l'occasione che aspettavano: un civile disarmato si è avvicinato per parlare con loro. Uno della squadra ha cominciato a urlare e ha lanciato una granata, poi gli altri hanno aperto il fuoco, assassinando il civile. Il tutto è stato fatto passare come difesa da un attacco terroristico.

TESCHI E OSSA COME TROFEI - Di queste imprese, lo «squadrone della morte ne ha compiute almeno tre, tra gennaio e maggio 2010. Dopo le uccisioni, i militari avrebbero smembrato e fotografato i cadaveri delle loro vittime, e avrebbero collezionato teschi e ossa come macabri trofei. Per mesi sono riusciti a farla franca. Già a dicembre un giovane commilitone aveva confessato ai propri genitori, sotto choc, quello che Gibbs e i suoi compagni stavano facendo: il padre del ragazzo ha tentato più volte di avvertire gli ufficiali superiori dell'esercito, ma a lungo è rimasto inascoltato. Tutti gli indagati hanno respinto le accuse e, messi davanti alle prove, hanno cercato di scaricare la colpa gli uni sugli altri.

LO SPOGLIO - Intanto in Afghanistan, all’indomani del voto per le legislative, contrassegnato da violenze e numerosi episodi di brogli, è in corso lo spoglio delle schede elettorali. Secondo il capo della Commissione elettorale, Fazil Ahmad Manawi, hanno votato circa 1,3 milioni di afgani, pari al 40% degli aventi diritto. Le ultime elezioni, quelle presidenziali dell’agosto 2009, avevano registrato un’affluenza tra il 30 e il 33%. La Commissione dovrebbe annunciare i risultati definitivi entro la fine di ottobre. Cauto il giudizio sulle elezioni da parte del rappresentante speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, secondo il quale le condizioni di sicurezza in cui si è svolto il voto «non erano buone». Secondo il comando Nato, gli episodi di violenza sono stati più numerosi ma meno sanguinosi che nel precedente scrutinio: nella giornata di sabato 22 persone sono state uccise, di cui 7 civili, 11 poliziotti e 4 soldati delle forze internazionali.

Elezioni insanguinate in Afghanistan


DENUNCE DI BROGLI - La Fondazione afghana per elezioni libere e trasparenti (Fefa) denuncia che le elezioni si sono svolte in un quadro di diffuse irregolarità. La Fondazione ha anche rivolto un appello alla Commissione elettorale indipendente (Iec) affinché assicuri l'integrità della restante parte del processo elettorale. In un comunicato, la Fefa ha sostenuto che vi sono stati seri incidenti in almeno 389 seggi nel paese, che alcuni centri di voto sono stati fatti saltare in aria nelle province di Kunar, Khost e Kandahar, mentre altri sono stati occupati dai talebani in Laghman, Kunduz e Badghis, e le votazioni sono state interrotte. Fra le irregolarità registrate sono state segnalate violenze di candidati e loro sostenitori, schede false nelle urne, inchiostro non indelebile, chiusura anticipata di seggi e ingresso di candidati non autorizzati. Di fronte a tutto ciò, si dice, «la Fefa ha serie preoccupazioni riguardo alla qualità delle elezioni» ed ora spetta alla Iec e alla Commissione per i ricorsi elettorali (Ecc) assicurare l'integrità del processo, uno spoglio trasparente delle schede e una indagine seria sui casi di brogli denunciati. Al riguardo fino a ieri sera la Ecc aveva ricevuto 1.426 ricorsi, di cui solo 126 però presentati nella forma prevista.

MORTI TRE MILITARI NATO - Fra i molti attentati nel giorno delle votazioni, tre hanno causato la morte di altrettanti militari della Nato. Lo ha reso noto Isaf in un comunicato, precisando che due soldati sono morti nell'esplosione di altrettante bombe su strada, mentre un terzo in un attacco nel nord del Paese.

Redazione online
Sound72
00martedì 21 settembre 2010 10:44
Vendola: ci fu un premier gay.
Imbarazzo degli ex dc

Pomicino: chiacchiere su due leader.
Mastella: risulta anche a me, c'erano battute

Il caso Il governatore della Puglia: un presidente del Consiglio omosessuale c'è già stato



ROMA — «No, scusi: non ho capito... può ripetermi, per favore, la domanda?», chiede con cortesia rara, antica, e con un filo di divertita sorpresa Arnaldo Forlani, 85 anni, ex segretario della Democrazia cristiana ed ex presidente del Consiglio (dal 18 ottobre 1980 al 26 giugno 1981). Presidente Forlani, allora: Nichi Vendola, l'altro giorno, intervistato da Enrico Lucci, la Iena più sfacciata e divertente di Italia 1, ha ammesso nuovamente di essere gay, aggiungendo che «pure un gay può diventare premier». Anche perché «un premier gay, in questo Paese, c'è già stato». Lucci, rapido, lo ha incalzato. E Vendola: «Chi è? No, non dirò chi è neanche sotto tortura. Posso solo dire che era un democristiano».

A questo punto, Forlani tace. Poi ha come un sospiro. «Beh, senta: vuole la verità?». Naturalmente, presidente. «Ebbene: in tanti e tanti anni di partito, io una storia simile non l'ho mai, davvero mai sentita». Mai. «Mi creda: mai. Nella diccì che ho conosciuto, una roba del genere non l'ho mai saputa». Eppure Vendola sembra sicuro. Sentiamo Giulio Andreotti. È a casa, nel suo appartamento che si affaccia a pochi metri dagli angeli di bronzo su ponte Vittorio Emanuele. Anche lui, come Forlani, si fa ripetere la domanda. Quindi, con la sua inconfondibile voce: «Mah... cosa le devo dire? Francamente non ho competenze particolari su questo genere di argomenti... Davvero, anche sforzandomi, non saprei proprio come aiutarla...». Ma allora chi può aiutarci a capire se quello di Vendola è solo un bluff? C'è stato sì o no un premier democristiano omosessuale? «Mi richiami tra mezz'ora, adesso sono a un convegno...»: Paolo Cirino Pomicino ha tutta l'aria di sapere qualcosa. Del resto era uno dei grandi capi della diccì. Temuto. Due volte ministro. Il più eccentrico, e scaltro, tra gli andreottiani (nel film Il Divo di Paolo Sorrentino è memorabile la scena in cui Pomicino, in uno slancio di pura eccitazione da potere, conclude la sua corsa sul pavimento liscio del Transatlantico con una scivolata: che lui, Pomicino, ha però smentito sia mai accaduta nella realtà). Mezz'ora dopo. «Beh, sì, quello che racconta Vendola ha un fondo di verità. Anche se io...».

Se lei, onorevole Pomicino? «Io ricordo che ad essere inseguiti da questa chiacchiera dell'omosessualità, all'interno della diccì, fossero addirittura un paio di persone». Due, non una. «Due: ma, vede, a quei tempi la vita privata restava, appunto, privata. Nessuno avrebbe mai pensato di renderla pubblica né, tantomeno, di utilizzarla per ragioni politiche. Cosa che, temo, in qualche modo fa il mio amico Vendola». Insomma Pomicino sostiene che Vendola, sia pure per ragioni strumentali, svela forse una piccola verità. La quale, a quanto sembra, doveva essere anche piuttosto conosciuta dalle parti di piazza del Gesù, dove aveva sede quel partito così grande e grosso da venir definito «la balena bianca» (copyright by Giampaolo Pansa). Sentite Clemente Mastella, che fu giovane e efficientissimo capo ufficio stampa di Ciriaco de Mita. «Sì, effettivamente anche a me risulta che ci fossero due leader democristiani sospettati, diciamo così, di essere omosessuali...». Quindi lei conferma: erano due. «Sì, a me risulta fossero due». E ne parlavate tra di voi? «Vuol sapere se ci si scherzava su?». Esatto: era solo pettegolezzo o... «Poteva scapparci la battuta, l'occhiata, il doppio senso». Ma ne parlavate tutti, o magari personaggi come De Mita ne restavano fuori? «No, guardi, forse non ci siamo capiti: era una cosa che sapevano tutti. Ma ne parlavano lì, tra quelle mura. Nessuno di noi avrebbe mai osato parlarne fuori. Così come a nessun giornalista sarebbe mai venuto in mente di scrivere mezza riga». I nomi? «I nomi di chi?». Dei due leader in questione. «No. Non posso dirglieli».

C'è una forma di riservatezza, tra i vecchi democristiani, che dunque ancora resiste. «È l'abitudine a tenere distinto, in un uomo politico, l'aspetto pubblico da quello personale», ammette Marco Follini, oggi nel Pd ma dal 1977 al 1980 segretario dei giovani democristiani e poi, nel 1980, nella direzione nazionale della Dc. «Poteva esserci un esponente politico sospettato di essere gay. Ma essendo una questione sua, privata, tale restava. Si veniva giudicati per quel si faceva, e non per ciò che si era». Il saggio Enzo Carra — che prima di diventare deputato, ora è nell'Udc, fu a lungo cronista politico del quotidiano Il Tempo — ricorda un congresso della diccì assai duro. «Con Benigno Zaccagnini che doveva essere eletto segretario. E con i vecchi potenti centristi del partito, come Fanfani, che diedero battaglia. Intervennero anche i dorotei, Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Salutati da salve di fischi e che alcuni delegati soprannominarono, per l'occasione, le Sorelle Bandiera... prendendo spunto dal trio comico e musicale che Renzo Arbore aveva lanciato con successo nella trasmissione televisiva "L'altra domenica"». Carra, con amarezza: «Battutacce, volgari e false: in un partito che pure aveva fatto della riservatezza e del rispetto un codice inviolabile. Ma ormai si stava entrando in una degenerazione della politica di cui, ancora oggi, portiamo i segni».
corriere.it

E_Dantes
00martedì 21 settembre 2010 12:12
non ho molta stima di questi annunci quasi da soap opera.
scopri l'omosessuale....... mah
ovviamente il dubbio e il pensiero a quegli anni viene ma forse son troppo giovane. L'unico che ricordo che può farmi pensare ad una omosessualità latente, mmmm.. boh.. Giovanni Goria? Ma poi una volta scoperto?
Ho visto l'intervista a Vendola, alcune cose nn mi son piaciute. Perchè Frocio è offensivo ma mignotta no? mah...
Poi su Matrix c'era Renzi che giocava a fare il giovane politico intraprendente dicendo che il problema della sinistra sono le facce tristi e incazzate che fanno in tv.
e vabè, fortunamente mi interesso pochissimo di politica (del nostro paese).
Sound72
00mercoledì 22 settembre 2010 14:24
GIOIA TAURO, SEQUESTRATE SETTE TONNELLATE DI T4

«È escluso che »l'enorme quantità di esplosivo trovata potesse servire ai disegni criminali di cosche locali della 'ndrangheta«. Lo ha detto il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, incontrando i giornalisti sull'operazione che ha portato al sequestro di sette tonnellate di T4 nel porto di Gioia Tauro. «La quantità veramente impressionante che abbiamo sequestrato - ha aggiunto il questore Casabona - lascia pensare che i destinatari possano essere grandi organizzazioni criminali internazionali e forse legate a movimenti terroristici». Nel corso della conferenza stampa è intervenuto anche il colonnello Alberto Reda, comandante provinciale di Reggio Calabria della Guardia di finanza. «È un'operazione congiunta tra noi, la polizia di Stato e i servizi di sicurezza - ha detto Reda - frutto di una complessa analisi e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia. Gioia Tauro si conferma anche in questo episodio uno dei porti di massima sicurezza costantemente monitorati dagli apparati dello Stato». Casabona ha anche sottolineato il rapporto determinante con la Guardia di Finanza, con l'Agenzia delle Dogane e con i servizi di intelligence «che ancora una volta, con la loro azione, sono riusciti a tutelare la sicurezza in un porto strategico per gli obiettivi del Paese come Gioia Tauro».

«Gioia Tauro era soltanto una tappa». È quanto ha riferito il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, incontrando i giornalisti per illustrare i particolari dell'operazione che ha portato al sequestro di circa sette tonnellate di esplosivo T4 stivati all'interno di un gruppo di container, e mischiati ad un grande quantitativo di latte in polvere, trasportati dalla nave «Finland» del gruppo armatoriale Msc, un gruppo italo-svizzero, e battente bandiera liberiana. Secondo quanto emerso dalle indagini la nave era partita da un porto del Mare del nord. Gli inquirenti non hanno ufficializzato il porto di partenza della nave, ma hanno escluso che la «Finland» sia giunta nel Mediterraneo direttamente dall'Iran. Su questo aspetto investigativo l'ipotesi più probabile, secondo quanto riferito dagli investigatrori, è che la nave portacontainer sia partita con il suo carico «da un grandissimo ed importante porto del Mare del Nord». A Gioia Tauro la «Finland» ha soltanto depositato un gruppo di container che dovevano essere smistati successivamente in vari porti del Mediterraneo, tra cui uno della Siria.

SEQUESTRATE 7 TONNELLATE Sei, sette tonnellate di esplosivo potentissimo, il micidiale T4, nascosto in un container tra i sacchi di latte in polvere: il carico, sequestrato nel porto di Gioia Tauro, secondo quanto emerso, proveniva dall'Iran ed era diretto in Siria. Adesso gli uomini della squadra mobile della questura di Reggio Calabria, della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle dogane stanno compiendo ulteriori accertamenti sul carico e sul suo percorso. Per ora l'ipotesi sulla quale si lavora con maggiore intensità è quella del traffico internazionale di esplosivo e non di un rifornimento per la criminalità organizzata italiana.
L'operazione, a quanto si è appreso, è cominciata alla fine di agosto per proseguire poi fino all'accertamento della reale natura del carico. Quando gli investigatori hanno aperto il container si sono trovati di fronte a quello che avrebbe dovuto essere il reale contenuto: sacchi di juta pieni di latte in polvere. Una volta rimossa la muraglia di sacchi che erano in evidenza, più o meno a metà del container, c'era l'esplosivo, già diviso in panetti.
Il T4, meglio conosciuto come ciclotrimetilene trinitramina o Rdx, è un esplosivo militare usato da quasi tutti gli eserciti del mondo ed è il maggior componente del più noto C4, in cui compaiono altri composti quali nitrocellulosa ed altri componenti inerti. Il Semtex, uno degli esplosivi il cui uso è stato spesso accertato nell'esecuzione di molti attentati, è un esplosivo a base di pentrite e T4. E a base di T4 sono stati confezionati anche gli ordigni utilizzati nelle stragi di mafia del 1992 e del 1993, da quelle in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e per gli attentati di Milano, Roma e Firenze, ma anche per il disastro di Ustica e per le stragi alla stazione di Bologna e quella del Rapido 904. Ma in questo caso, anche per la provenienza e la destinazione del carico sequestrato, gli investigatori privilegiano la pista del traffico internazionale di esplosivo.

GRASSO: CHIARIRE RUOLO DI GIOIA TAURO «Il porto di Gioia Tauro non finisce mai di sorprendere: bisogna chiarire perchè l'esplosivo, sequestrato ieri sera e a quanto pare non destinato a obiettivi italiani, abbia fatto tappa nel porto calabrese provenendo dall'Iran ed essendo diretto in Siria. Senz'altro è un traffico molto 'fuori rottà ». Così il procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso, commenta la notizia del maxisequestro di alcune tonnellate di esplosivo rinvenute ieri sera in un container nel porto di Gioia Tauro. «Ricordo che non molto tempo fa - ha aggiunto Grasso - sempre a Gioia Tauro furono trovate tonnellate di rifiuti destinati ad Hong Kong. L'unica cosa certa è che bisogna spiegare il ruolo 'logisticò di questo scalo: questo esplosivo non è certo latte in polvere!».

ATTI TRASMESSI ALLA DDA Sono stati trasmessi alla Dda di Reggio Calabria gli atti dell'inchiesta che ha portato ieri alla scoperta di sette tonnellate di esplosivo T4 in un container nel porto di Gioia Tauro. La Procura della Repubblica di Palmi, competente per territorio, dopo avere effettuato gli atti istruttori urgenti, ha trasmesso il fascicolo alla Dda, che svolgerà le indagini successive. In ambienti investigativi è stato confermato che l'ipotesi più attedibile è che il T4, proveniente dall'Iran e diretto in Siria, mimetizzato in un carico di sacchi di juta contenenti latte in polvere, servisse per alimentare un traffico internazionale di esplosivo e non fosse destinato alla criminalità organizzata italiana. Alle 11, nella Questura di Reggio Calabria, avrà luogo una conferenza stampa nel corso della quale gli investigatori della Squadra mobile reggina, della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle dogane illustreranno i dettagli dell'operazione che ha portato al sequestro dell'esplosivo.

LE INDAGINI Accertare il motivo del passaggio dell'esplosivo nel porto di Gioia Tauro: è uno degli elementi che dovrà chiarire l'inchiesta della Dda di Reggio Calabria sulle sette tonnellate di T4 trovate ieri in un container nel porto di Gioia Tauro. Magistrati ed investigatori vogliono capire perchè il container contenente l'esplosivo, partito dall'Iran e diretto in Siria, sia dovuto passare dal porto di Gioia Tauro. Se si è trattato cioè di uno scalo tecnico nel tragitto seguito dal mercantile che trasportava il container o se il passaggio dal porto di Gioia Tauro sia stato funzionale al disegno criminoso legato all'utilizzo del T4. In questo senso sono stati avviati accertamenti per ricostruire tutto il percorso seguito dal mercantile a bordo del quale si trovava il container. L'indagine s'inserisce nell'attività investigativa che da tempo la Dda di Reggio Calabria sta svolgendo sul porto di Gioia Tauro sul possibile utilizzo dello scalo per i traffici internazionali di armi e droga gestiti dalla 'ndrangheta. Un ruolo che è emerso in passato da numerose inchieste condotte dalla Dda di Reggio Calabria. L'elemento nuovo che emerge dopo la scoperta ieri del T4 è il possibile inserimento del porto di Gioia Tauro nei traffici internazionali di esplosivo.

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Sound72
00venerdì 24 settembre 2010 17:38
Fini: "In un video la mia verità"

Scontro sui dossier, Bocchino rilanciaAnnuncio del presidente della Camera. Che a Piacenza lancia una frecciata al premier: "La legge è uguale per tutti, sulla giustizia stiamo ancora discutendo".


Bocchino: "Quando un leader politico dissente, rischia il linciaggio".
Il ministro di Santa Lucia: "La carta è vera".
Lavitola: "Chiarirò tutto".
Di Pietro: "A casa ricattatore e ricattato, Berlusconi e Fini"

Repubblica.it -ROMA - "Dirò la mia verità in un video" annuncia Gianfranco Fini. Che precisa: "La dichiarazione andrà in linea domani in tarda mattinata sui siti di Generazione Italia e del Secolo". E il presidente della Camera fa capire che non parlerà solo della casa di Montecarlo. Ma anche del "linciaggio", per usare le parole dei suoi fedelissimi, a cui è sottoposto da mesi sulla vicenda della casa di Montecarlo, un tempo tassello del patrimonio immobiliare di An e poi venduta al fratello di Elisabetta Tulliani, compagna del presidente del Consiglio. Una vendita sulle cui modalità si sono scatenati i media vicini al premier che accusano Fini di aver favorito Giancarlo Tulliani.

Oggi la vicenda si arricchisce di un nuovo tassello. "E' vera" la lettera del governo dell'isola Saint Lucia nelle Antille: dimostrerebbe che la società offshore proprietaria dell'immobile (che faceva parte del patrimonio di An) fa capo proprio allo stesso Tulliani (fratello della compagna di Fini). Entro un paio d'ore è attesa una dichiarazione ufficiale del governo. Almeno a sentire lo stesso ministro di Giustizia di Saint Lucia, Lorenzo Rudolph Francis, che il quotidiano Il Fatto è riuscito a contattare.

Per il capogruppo di Fli Italo Bocchino quello che dice il ministro di Santa Lucia al Fatto Quotidiano "non cambia il giudizio sull'operazione di dossieraggio e sul fatto che si tratti di una patacca e questo sarà chiarito in maniera incontrovertibile". Perché "innanzitutto la lettera è equivoca perché non c'è scritto chi è il proprietario della Timara, e poi a questo punto il governo di Santa Lucia se ha la documentazione perché non la rende nota?"

Ieri sera le sue parole 1 in diretta ad Annozero hanno aperto un nuovo durissimo scontro tra governo e finiani. Il finiano ha dato fuoco alle polveri di un conflitto che ruota intorno alla casa di Montecarlo. Oggi, Bocchino torna all'attacco. E dopo aver puntato il dito contro presunti servizi segreti deviati, precisa: "Non abbiamo alcun dubbio sui vertici dei servizi, che sono straordinari, e sull'istituzione. Però c'è sempre stato qualche pezzetto deviato che fa il doppio lavoro. Qui qualcuno ci ha messo la manina. Abbiamo individuato qualche percorso". Replicano il legale del premier, Niccolò Ghedini, e il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, che parlano di "indecente montatura" ai danni del Cavaliere. E Antonio Di Pietro non ha dubbi: "ricattatore" e "ricattato", ovvero - a suo giudizio - Berlusconi e Fini, devono "andare a casa al più presto".

VIDEO Italo Bocchino ad "Annozero" 2

Ghedini: "Nei confronti di Berlusconi accuse diffamatorie". Sdegnata la replica del legale del premier Niccolò Ghedini: "Il coinvolgimento di Berlusconi è infondato, pretestuoso e diffamatorio. Questa falsa accusa sembra rivolta per sostituire il merito di una vicenda che rimane comunque tutta da verificare. E' stato folle e risibile ipotizzare che il premier potesse aver dato mandato a chicchessia per creare un documento ufficiale falso". Per Ghedini, Lavitola avrebbe svolto unicamente il suo "legittimo diritto di inchiesta e di cronaca". E lo stesso Lavitola prende tempo: "Sono impegnato nella raccolta di ulteriori documenti per fare chiarezza su questa vicenda, domani chiarirò tutto".

Cicchitto: "Indegna montatura". E' in corso una "indegna montatura" che vorrebbe coinvolgere Berlusconi nelle vicende di dossieraggi sul caso Montecarlo. Lo dice il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: In televisione, sostiene, "è avvenuta un'indegna operazione di depistaggio, fatta per di più attraverso una trasmissione della tv di Stato, che ha raccontato una serie di menzogne senza possibilità di contraddittorio. Si è detto addirittura che Berlusconi avrebbe mandato un incaricato per costruire un documento falso. Si tratta di un'indegna montatura per far dimenticare i problemi che derivano da una vicenda che, purtroppo, Fini non ha chiarito e che si sta complicando". Per Cicchitto "i Servizi hanno smentito, Lavitola ha fatto una precisazione, ma quello che non può essere assolutamente affermato, perché si corre anche il rischio di querele, è un rapporto tra Berlusconi e questa operazione in America latina, rispetto a un documento che verificheremo se è vero o falso. Ma se fosse falso nessuno sarebbe così matto da costruirlo in Italia, perché le cose false si smontano in pochissimi minuti".

Ma i finiani non ci stanno. Il documento è "una patacca", ribadisce Bocchino ai microfoni di Sky Tg24. Ribandendo le accuse contro Lavitola: "Abbiamo notizie certe su quello che è accaduto, quando sarà fatta chiarezza completa emergerà che se c'è un leader politico che fa un'operazione tutta politica, anche di dissenso, può accadere che venga sottoposto al linciaggio". Secondo Bocchino, al momento di decidere le candidature "Berlusconi ci raccomandò Lavitola perché insieme a Sica lo aveva molto aiutato nell'operazione di far cadere il governo Prodi". Bocchino, infine, allarga l'orizzonte. "Il problema ormai riguarda la democrazia in questo Paese". Mentre un altro fedelissimo del presidente della Camera, non esclude che Fini possa spiegare pubblicamente come stanno le cose: "E' possibile che Fini abbia ulteriori elementi che lo rendono assolutamente sicuro. E che mettano fine a una campagna ossessiva fatta dalla stampa vicinissima o controllata dal premier".

Affondo sulla giustizia. "La legge è uguale per tutti". E sul Lodo Alfano "c'è una discussione franca in corso. Vediamo cosa sarà presentato. Le carte sono sul tavolo". Per Gianfranco Fini, durante una tavola rotonda a Piacenza, nessun riferimento diretto ai veleni e ai dossier. Ma un implicito messaggio al premier sulla giustizia: "Non si può derogare al principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge solo perché si appartiene al ceto politico". A queste parole, accolte con applausi, ha aggiunto una significativa frase: "Sulla giustizia stiamo ancora discutendo, vedremo. Il presidente del Consiglio ha il diritto e il dovere di governare, quello che non può essere fatto è che per qualcuno si facciano interventi che penalizzino altri. Tutelare la funzione del premier non è negativo, come interventi volti a garantire non l'annullamento, ma la sospensione dei processi".
Casini: "Possibili trame nell'ombra". Di Pietro: "A casa ricattatore e ricattato". Per il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini non si può escludere "che ci siano ambienti deviati e persone che nell'ombra tramano con qualcosa di poco chiaro. Ma non la struttura istituzionale dei servizi che credo debbano godere della nostra fiducia". Antonio Di Pietro non ha dubbi: "Ricattatore e ricattato", ovvero Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, devono "andare a casa al più presto". Il leader Idv spiega: "La patacca sta nell'uso del dossieraggio per fermare il lavoro dell'avversario politico. Si tratta di un'estorsione che sta facendo Berlusconi nei confronti del presidente della Camera, un ricatto nei confronti di Fini il quale non è più in grado di rimanere terzo in questa situazione". Perciò, sottolinea, "chiediamo che ricattatore e ricattato vadano al più presto a casa, perché non sono in grado di potere assicurare governabilità, stabilità e credibilità delle istituzioni".

"Il Giornale", Feltri cambia ruolo. Vittorio Feltri lascia da oggi l'incarico di direttore responsabile del Giornale per assumere quello di direttore editoriale. La notizia è stata comunicata ieri al comitato di redazione. Assume dunque il ruolo di direttore responsabile Alessandro Sallusti, fino a ieri condirettore, come si legge pure sulla gerenza del quotidiano. A motivare il cambio, secondo quanto si apprende, sarebbe stato il rischio sanzioni per Feltri, magari una lunga sospensione da parte del Consiglio nazionale dei giornalisti - in merito al caso Boffo - che potrebbe pronunciarsi a breve. A fine marzo, l'Ordine della Lombardia aveva inflitto sei mesi di sospensione a Feltri. Sanzione poi sospesa in attesa della pronunica dell'organismo nazionale.
Sound72
00domenica 3 ottobre 2010 12:05
"Le indagini sono in buone mani
chiariranno i dubbi sulla vicenda"L'ex procuratore D'Ambrosio: molte analogie con l'agguato contro di me sventato nel '95



Gerardo D'Ambrosio, ex procuratore di Milano


Repubblica.it - MILANO - "Quel poliziotto non è un novellino. Ha una grande esperienza di scorte. Lascia stupiti il fatto che si sia lasciato ancora una volta sfuggire l'attentatore. Capitano tutte a lui...". Gerardo D'Ambrosio, oggi senatore del Pd, era il capo della procura di Milano quando, il 14 aprile del 1995, Alessandro M. - il caposcorta che ha sventato l'attentato nei confronti di Maurizio Belpietro - mise in fuga un uomo armato di fucile pronto a colpirlo. Un episodio inquietante del quale non si venne mai a capo. E che oggi lo stesso ex capo di Mani Pulite richiama, parlando della vicenda che coinvolge il direttore di Libero.

Cosa ne pensa, senatore?
"La ricostruzione dell'agguato che ho letto sui giornali presenta diverse stranezze. Se è vero che ha sparato tre colpi di pistola, mi stupisce che un professionista come lui, con una calibro nove parabellum non abbia colpito il bersaglio da quella distanza. A meno che non abbia sparato a scopo intimidatorio. Ma io di quest'indagine non so niente, lasciamo che siano i magistrati a occuparsene e vediamo cosa emerge. A occuparsene, del resto, è Ferdinando Pomarici, lo stesso che si occupò del mio caso".

A coordinare l'inchiesta è il procuratore aggiunto Armando Spataro, sul cui conto ha espresso le sue riserve Maurizio Gasparri, chiedendosi se non ci fossero altri magistrati a cui affidare le indagini...
"Spataro, oltre a essere un ottimo magistrato, è il coordinatore della sezione antiterrorismo: le indagini non potevano essere affidate che a lui. Gasparri si occupi dei fatti suoi, se non conosce come funzionano gli uffici giudiziari, eviti di parlare. Forse dice quello che pensa il suo capo che vorrebbe una commissione d'inchiesta sui magistrati. Lasciamolo parlare e aspettiamo gli sviluppi delle indagini".

Nel suo caso finì con un'archiviazione.
"L'ipotesi dell'agguato nei miei confronti è rimasta solo un'affermazione di Alessandro M.".

Vuol ricordare come andò?
"Era un mattino piovoso di aprile. Ero a casa che aspettavo l'auto che mi avrebbe accompagnato in procura. Alessandro citofonò e disse: "Procuratore non scenda". Mi affacciai alla finestra del mio appartamento e vidi un uomo che parlava con una donna nell'asilo sotto casa mia. Quella persona fu poi sospettata come complice. A distanza di un po' di tempo lo incontrai in un supermercato. Si avvicinò a me sorridendo e con garbo mi disse: "Procuratore, permette che mi presenti. Sa, io sono quello che secondo qualcuno doveva ammazzarla...".

E l'agente cosa disse?
"Bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona dentro l'asilo. Un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice".

Lei non ci ha mai creduto.
"Io dovevo credere a un uomo della mia scorta. Resta il fatto, oggettivo, che non ci sono mai stati altri riscontri.

...

Sarà che a me sta storia mi ha ricordato Tartaglia..
Sound72
00martedì 5 ottobre 2010 13:29
Fanghi velenosi: 4 morti, 60 ustionati
Stato d'emergenza in Ungheria

MULTIMEDIA

Per la rottura di una chiusa invadono un villaggio
700 mila metri cubi di veleni usciti da una fabbrica chimica
Tra le vittime un bimbo di 3 mesi

BUDAPEST
Almeno quattro persone sono morte, e tra loro un bambino di tre mesi, in conseguenza della rottura di una chiusa che conteneva fanghi chimici di lavorazione in un villaggio dell’Ungheria occidentale, Kolontar, nella località di Ajka, nei pressi del lago Balaton.Ha causato una sorta di alluvione, con i fanghi avvelenati alti più di un metro. L’ha reso noto oggi, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Mti, il sindaco Karoly Tily. Tutte e quattro le vittime erano residenti del villaggio. I servizi d’emergenza stanno cercando altre sette persone che risultano disperse, ed è stato dichiarato lo stato d’emergenza in tre contee nell’ovest del Paese per quello che si configura come un vero disastro chimico.

La tragedia s'è consumata ieri sera quando i fanghi di lavorazione di un impianto d’alluminio hanno invaso l’area del villaggio fuoriuscendo da una riserva. I fanghi rossi che hanno invaso il villaggio sono arrivati a 230 case. Circa 80-90 persone sono andate in ospedale per farsi curare ferite da prodotti chimici. Oltre 60 sono ustionate dalla sostanza corrosiva e 10 sono in gravi condizioni. Un portavoce delle autorità di protezione civile ha spiegato che i fanghi potrebbero essere arrivati al fiume Marcal.

Dalla riserva di prodotti di una fabbrica di aluminio sono fuoriusciti 700 mila metri cubi di residui chimici. L’agenzia «MTI» ha riferito che le contee interessate sono Veszprem, Gyor-Moson-Sopron e Vas. I pompieri hanno provveduto ad evacuare 400 abitazioni.
Sound72
00giovedì 7 ottobre 2010 11:11
Ucciso l'ex terrorista nero Calore
l'assassino ha usato un piccone


L'ex militante di Ordine Nuovo e collaboratore di giustizia è stato trovato morto nel suo casolare. Accanto al suo corpo l'utensile sporco di sangue. Per gli inquirenti potrebbe essere stato un omicidio non pianificato. Era considerato uno dei principali pentiti dell'eversione di destra in Italia

Un passato da terrorista alle spalle e poi la sua veste di collaboratore di giustizia e quella di marito di una ex terrorista di sinistra. Ma ultimamente a Guidonia, alle porte di Roma, era conosciuto solo come Sergio Calore, tranquillo 58enne con l'hobby della campagna. E proprio nel suo casolare, a Guidonia, l'ex terrorista di Ordine nuovo, è stato trovato sgozzato: un taglio alla gola provocato da un piccone e il suo corpo in un lago di sangue. L'ex terrorista è stato ucciso, dicono in serata gli inquirenti dei carabinieri, in un contesto ancora tutto da chiarire.
L'arma del delitto, trovata insanguinata dai militari durante le indagini potrebbe condurre gli investigatori a ipotizzare che l'omicidio possa essere stato un delitto d'impeto. Calore forse, è una delle tesi su cui si lavora, potrebbe essere giunto nel casolare ed aver sorpreso qualcuno che non conosceva. Per arrivare alla verità saranno fondamentali anche i rilievi scientifici degli investigatori dei carabinieri che stanno cercando di capire se nel casolare ci possa essere stata ad esempio una colluttazione e se l'assassino possa aver lasciato tracce. A dare l'allarme ai carabinieri è stata la moglie, preoccupata dal mancato rientro a casa del marito.
Sergio Calore è stato considerato uno dei principali pentiti del terrorismo nero: l'ex terrorista infatti con le sue dichiarazioni ha contribuito a ricostruire gran parte della storia dell'eversione di destra in Italia. Calore è stato implicato in una serie di attentati e omicidi legati anche a traffici di armi e spionaggio. Venne arrestato nell'ambito delle indagini sull'omicidio di Antonio Leandri, nel dicembre del '79 a Roma in piazza Dalmazia. L'ex terrorista infatti faceva parte di commando che voleva assassinare l'avvocato Giorgio Arcangeli, però per un errore di persona venne ucciso l'operaio Antonio Leandri.
Una volta in carcere cominciò a collaborare con la giustizia. Le sue confessioni hanno portato a far luce sulla ricostituzione di Ordine Nuovo e sempre le sue dichiarazioni hanno aggiunto particolari sull'omicidio del giudice Vittorio Occorsio assassinato da Pierluigi Concutelli nel 1976 e ad altri omicidi avvenuti durante rapine di autofinanziamento dell'organizzazione. Il suo nome attorno alla metà degli anni '80 fu legato indissolubilmente a quello di un'altra ex terrorista degli anni di piombo, Emilia Libera, conosciuta con il nome di battaglia di Nadia. Il loro amore nacque tra le mura del carcere di Paliano dove nell'89 erano detenuti.
Per il giudice milanese Guido Salvini, il magistrato che per trent'anni ha indagato sui terroristi neri e sulla strage di piazza Fontana, Calore è stato "uno dei primi e dei non molti pentiti dell'estrema destra" che fin dal 1984 aveva reso "dichiarazioni importantissime" su buona parte del mondo che gravitava attorno all'estrema destra. Salvini sottolinea che Calore "non aveva più nulla che lo legasse al passato, anzi, aveva mostrato di aver rotto completamente. E poi sono passati anni da quanto ha testimoniato e conduceva una vita assolutamente normale".

............

a due passi davvero da casa mia [SM=g27993]
Sound72
00lunedì 11 ottobre 2010 15:45
Quattro Stati in lite per uno scoglio

Lo scoglio di Rockall : Gran Bretagna, Islanda, Irlanda
e Danimarca si sfidano a colpi di leggi: lì infatti c'è il petrolio



lastampa.it- Che sia un’isola, per di più fantasma, è ancora da vedere. Eppure, da quasi mezzo secolo quattro Stati europei si stanno dando battaglia a colpi di risoluzioni, proclamazioni, «invasioni» per annettersela. Non tanto per quello che rappresenta, uno degli scogli più sperduti e isolati del mondo, ma per quanto c’è «sotto»: petrolio. Si chiama Rockall l’oggetto, o se vogliamo lo scoglio, del contendere. È una piramide di granito di origine vulcanica che si erge, come la pinna dorsale di un gigantesco squalo, dall’Atlantico più tempestoso. Così tempestoso che di fatto è quasi impossibile determinare l’altezza del monolite dalla superficie del mare: tra i venti e trenta metri, dipende dalle giornate. Per una superficie di circa 642 metri quadrati. La sua posizione - 57° 35’ 48” Nord e 13° 41’ 19” Ovest - è determinata, anche se il suo orientamento rispetto al Polo non è così certo, perché l’area è bombardata da forti radiazioni magnetiche, forse generate dalla troctolite, un minerale che compone le montagne sommerse che la circondano, di cui è stata trovata traccia anche sulla Luna. E forse anche dalla bazirite, che esiste unicamente qua. Pare che Rockall sia spuntata dal mare 55 milioni di anni fa, quando l’antico supercontinente di Laurasia è andato in tilt e l’Europa e la Groenlandia si sono separati. Sarebbe comparsa per la prima volta su una mappa portoghese nel 1550, come Rochol, ma per almeno due secoli è stata scambiata per la Frislandia, l’isola fantasma indicata anche dal navigatore veneziano Nicolò Zeno, e per l’altrettanto misteriosa isola di Buss.

Qualcuno sostiene anche che sia una scheggia del mitico Regno di Brazil, la terra dell’eterna giovinezza, che appariva e scompariva. Come Rockall, quando - e succede spesso visto l’impeto dell’Atlantico - è travolta dalle onde. La più grande misurata dall’uomo era alta 29 metri. Non è nemmeno certa l’etimologia del suo nome: dipende se si parla in antico gaelico, in scozzese, in portoghese. L’accezione inglese, Rockall, potrebbe significare «roccia ruggente», ma potrebbe anche derivare dal tenente Basil Hall, il primo che ha descritto la sua scoperta, registrata nel 1881 con la spedizione dei reali vascelli britannici Endymion e Princess Charlotte. Di sicuro c’è solo che dista 301,4 chilometri a ovest dell’isola di scozzese di St. Kilda, la terra ad essa più vicina e 424 dal Donegal, Irlanda. Ciò, in accordo con le coordinate correnti, stabilite per la prima volta con uno strumento elettronico nel 1967. Ma di chi è questo scoglio? Sta proprio qui la questione. La Gran Bretagna l’ha rivendicato, con atto parlamentare e nel nome di Sua Maestà la Regina, nel 1972, annettendolo all’isola di Harris, parte della contea scozzese di Inverness. Ma nessun altro Stato ha riconosciuto questo colpo di mano. E men che mai l’Irlanda, l’Islanda e la Danimarca, quest’ultima attraverso le Far Oer, che vantano analoghe mire espansionistiche. Meriterebbe un libro, questa battaglia. Perché, al di là degli atti amministrativi, è anche una storia di uomini. Non soltanto quella dei poveretti, tanti, che vi sono naufragati. Ma anche quella di quelli, pochi, che vi hanno messo piede. A cominciare dai tre militari della Royal Navy e del naturalista James Fischer spediti da Londra a conquistare Rockall, nel 1955, ufficialmente per impedire ai sovietici di spiare il lancio di prova dalle isole Ebridi del Corporal Type II, il primo missile britannico (made in Usa). Hanno fatto seguito altri tentativi, qualcuno riuscito, di appollaiarsi sulla sommità del monolite, dove non ha resistito sotto le onde nemmeno un piccolo faro per l’ausilio alla navigazione. Attualmente è in corso la preparazione di un’ennesima spedizione, a scopo caritatevole («Help of Heroes»): un ex militare britannico, Nick Hancock, vuole andarci nel 2011, duecento anni dopo la scoperta, per centrare il record della più lunga occupazione di Rockall nella storia, restandovi sopra per 60 giorni, in assoluta solitudine. Marosi, molluschi e uccelli marini esclusi. In realtà, questi «assalti», almeno quelli del passato, non hanno rappresentato soltanto un puro esercizio di eroismo.


La Convenzione delle Nazioni Unite per il diritto internazionale marittimo, firmata a Montego Bay nel 1982, stabilisce infatti che si possa parlare di isola soltanto quando una terra è in grado di assicurare la vita degli uomini e abbia una vita economica autonoma. Diversamente, si tratta di scoglio, e come tale è di tutti e di nessuno. Patrimonio dell’umanità, come sostiene Greenpeace, che ha «conquistato» Rockall per 42 giorni, nel 1997, fondandovi lo Stato libero di Waveland, «terra delle onde», per protestare contro la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio sommersi. Gli ambientalisti avevano anche raccolto cittadini da tutto il mondo, su Internet, ma poi quest’utopia è naufragata perché la società che aveva sponsorizzato l’iniziativa ha fatto bancarotta. I britannici, insomma, hanno cercato di abitare questa «roccia ruggente» per dare fondamento alla loro annessione. E così, esercitare i propri diritti - come zona economica esclusiva - sui banchi di pesca ma soprattutto sulle risorse minerarie e petrolifere che nascondono i suoi fondali. Tenendo lontani, naturalmente, tutti gli altri candidati. I negoziati tra Londra, Copenhagen, Rejkjavik e Dublino restano aperti. È, forse, l’ultimo rigurgito imperiale d’Europa.

lucaDM82
00lunedì 11 ottobre 2010 16:27
Ricordo anche lo scontro per accaparrarsi l'isola ferdinandea,quella che emerse vicino a Sciacca e che poi tornò giù.
Sound72
00lunedì 18 ottobre 2010 15:47
Sesso orale e tumore della bocca
Esiste un collegamento


Aumentati del 50% in vent'anni gli uomini malati di cancro orale e del 3% le donne solo negli ultimi 12 mesi

MILANO - Le cifre allarmanti fanno cadere l'ultimo tabù televisivo. Nei prossimi mesi la Bbc trasmetterà un lungo documentario presentato dall'attrice britannica Jaime Winstone in cui si discuterà apertamente di sesso orale e del legame che esiste tra questa pratica sessuale e il cancro orale, tumore della bocca che più comunemente coinvolge il tessuto delle labbra o della lingua.

I DATI - Secondo i più recenti studi scientifici questa pericolosa malattia sarebbe provocata non solo dal fumo e dall'abuso di alcol, ma anche dal papilloma virus umano (HPV), un virus che si trasmette per vie sessuali e che tra l'altro è la principale causa del tumore del collo dell'utero. I dati forniti dall'associazione britannica "Cancer Research UK" che definisce questa malattia «un'epidemia emergente» sono davvero preoccupanti. Ogni anno nel Regno Unito muoiono circa 1.800 persone per cancro orale. Le cifre dimostrano che negli ultimi venti anni questa pericolosa malattia è aumentata del 50% tra gli uomini e solo negli ultimi 12 mesi del 3% tra le donne. Gli esperti notano anche un'altra pericolosa anomalia: le persone che si ammalano di cancro orale a causa del fumo da tempo diminuiscono sensibilmente, mentre coloro che sono colpiti dalla stessa malattia per cause sessuali sono in aumento in maniera esponenziale.

COMMENTI - «È chiaro che le persone hanno maggiori possibilità di essere colpite da questa malattia se hanno tanti partner sessuali e se praticano il sesso orale, siano essi uomini o donne», dichiara la dottoressa Lesley Walker, direttrice del centro informazioni dell'associazione Cancer Research UK. La Walker aggiunge poi che il documentario della Bbc potrebbe essere di grande aiuto per far conoscere i pericoli del sesso orale. Inoltre secondo la dottoressa la vaccinazione delle ragazze contro l’Hpv potrebbe ridurre il livello di infezione, ma il miglior consiglio da suggerire è quello di usare il preservativo durante i rapporti sessuali.

BeautifulLoser
00lunedì 18 ottobre 2010 17:37
Re:
Sound72, 18/10/2010 15.47:

Sesso orale e tumore della bocca
Esiste un collegamento


Aumentati del 50% in vent'anni gli uomini malati di cancro orale e del 3% le donne solo negli ultimi 12 mesi

MILANO - Le cifre allarmanti fanno cadere l'ultimo tabù televisivo. Nei prossimi mesi la Bbc trasmetterà un lungo documentario presentato dall'attrice britannica Jaime Winstone in cui si discuterà apertamente di sesso orale e del legame che esiste tra questa pratica sessuale e il cancro orale, tumore della bocca che più comunemente coinvolge il tessuto delle labbra o della lingua.

I DATI - Secondo i più recenti studi scientifici questa pericolosa malattia sarebbe provocata non solo dal fumo e dall'abuso di alcol, ma anche dal papilloma virus umano (HPV), un virus che si trasmette per vie sessuali e che tra l'altro è la principale causa del tumore del collo dell'utero. I dati forniti dall'associazione britannica "Cancer Research UK" che definisce questa malattia «un'epidemia emergente» sono davvero preoccupanti. Ogni anno nel Regno Unito muoiono circa 1.800 persone per cancro orale. Le cifre dimostrano che negli ultimi venti anni questa pericolosa malattia è aumentata del 50% tra gli uomini e solo negli ultimi 12 mesi del 3% tra le donne. Gli esperti notano anche un'altra pericolosa anomalia: le persone che si ammalano di cancro orale a causa del fumo da tempo diminuiscono sensibilmente, mentre coloro che sono colpiti dalla stessa malattia per cause sessuali sono in aumento in maniera esponenziale.

COMMENTI - «È chiaro che le persone hanno maggiori possibilità di essere colpite da questa malattia se hanno tanti partner sessuali e se praticano il sesso orale, siano essi uomini o donne», dichiara la dottoressa Lesley Walker, direttrice del centro informazioni dell'associazione Cancer Research UK. La Walker aggiunge poi che il documentario della Bbc potrebbe essere di grande aiuto per far conoscere i pericoli del sesso orale. Inoltre secondo la dottoressa la vaccinazione delle ragazze contro l’Hpv potrebbe ridurre il livello di infezione, ma il miglior consiglio da suggerire è quello di usare il preservativo durante i rapporti sessuali.





questa non è una verità tanto nascosta. anche se riportata tipo "cronaca vera" con la morale tipo "osservatore romano", tralasciando qualche dettaglio significativo.
ma visto che siamo un popolo di commissari tecnici, che siamo esperti di borsa, di finanze, di preparazione atletica, di marketing e di giardinaggio, perché non fare i virologi? [SM=g27988]


innanzitutto è da almeno una ventina di anni che si studia l'hpv.
nel frattempo sono conosciute circa duecento varianti del virus, identificate circa centoventi.
parlare di emergenza nel 2010 è completamente fuori luogo perché già dieci anni fa era chiarissimo che l'hpv si diffonde in maniera esponenziale nel senso che il 75-80% delle persone sessualmente attive l'avrà contratto in un qualche momento della sua vita. molto probabile perciò che almeno la metà di noi qui nel forum lo abbia già.
ma calma! prima di suicidarsi, bisogna aggiungere che solo trenta o quaranta varianti dell'hpv sono trasmesse per vie sessuali e causano al massimo verruche genitali, mentre le varianti che possono causare tumori genitali, rettali, vaginali, cervicali sono una ventina.

invece di insistere sul nesso tra 69 e cancro alla bocca, si potrebbe mettere in risalto che:
1. il nesso tra gli altri tumori, soprattutto quelli alla cervice, e l'hpv è molto, ma molto più alto
2. da molti anni è possibile scoprire una possibile infezione facendo un pap test presso un qualsiasi ginecologo. credo che per le donne in italia sia anche gratuito. non so per gli uomini.
3. i vaccini (ne esistono due), entrambi per donne *e* uomini (eh già, signori... chissà da dove se lo beccano le signore?), non *potrebbero* ridurre il "livello dell'infezione", ma lo riducono *oggettivamente*, anzi impediscono proprio l'infezione stessa. questi vaccini posso essere fatti a partire dall'età di nove anni.

strano poi che proprio una dottor*essa* del cruk vada a proporre la vaccinazione delle ragazze, dimenticando il fatto che alla base del 60-70% dei tumori cervicali c'è un hpv del partner maschile. prevenzione a senso unico, direi.
lucolas999
00lunedì 18 ottobre 2010 17:51
Re: Re:
BeautifulLoser, 18/10/2010 17.37:




questa non è una verità tanto nascosta. anche se riportata tipo "cronaca vera" con la morale tipo "osservatore romano", tralasciando qualche dettaglio significativo.
ma visto che siamo un popolo di commissari tecnici, che siamo esperti di borsa, di finanze, di preparazione atletica, di marketing e di giardinaggio, perché non fare i virologi? [SM=g27988]


innanzitutto è da almeno una ventina di anni che si studia l'hpv.
nel frattempo sono conosciute circa duecento varianti del virus, identificate circa centoventi.
parlare di emergenza nel 2010 è completamente fuori luogo perché già dieci anni fa era chiarissimo che l'hpv si diffonde in maniera esponenziale nel senso che il 75-80% delle persone sessualmente attive l'avrà contratto in un qualche momento della sua vita. molto probabile perciò che almeno la metà di noi qui nel forum lo abbia già.
ma calma! prima di suicidarsi, bisogna aggiungere che solo trenta o quaranta varianti dell'hpv sono trasmesse per vie sessuali e causano al massimo verruche genitali, mentre le varianti che possono causare tumori genitali, rettali, vaginali, cervicali sono una ventina.

invece di insistere sul nesso tra 69 e cancro alla bocca, si potrebbe mettere in risalto che:
1. il nesso tra gli altri tumori, soprattutto quelli alla cervice, e l'hpv è molto, ma molto più alto
2. da molti anni è possibile scoprire una possibile infezione facendo un pap test presso un qualsiasi ginecologo. credo che per le donne in italia sia anche gratuito. non so per gli uomini.
3. i vaccini (ne esistono due), entrambi per donne *e* uomini (eh già, signori... chissà da dove se lo beccano le signore?), non *potrebbero* ridurre il "livello dell'infezione", ma lo riducono *oggettivamente*, anzi impediscono proprio l'infezione stessa. questi vaccini posso essere fatti a partire dall'età di nove anni.

strano poi che proprio una dottor*essa* del cruk vada a proporre la vaccinazione delle ragazze, dimenticando il fatto che alla base del 60-70% dei tumori cervicali c'è un hpv del partner maschile. prevenzione a senso unico, direi.



Bloser visto che sei ferrato sull'argomento coem mi spieghi che ad un mio amico gay sia venuto un tumore sulla lingua ? è possibile che in via indiretta possa venire? (cioè avere rapporti orali con un uomo che sia stato con uan donna che ha questo virus? ).
Il mio amico era anche contrariato perchè in ospedale è passato per etero !
BeautifulLoser
00lunedì 18 ottobre 2010 22:22
Re: Re: Re:
lucolas999, 18/10/2010 17.51:



Bloser visto che sei ferrato sull'argomento coem mi spieghi che ad un mio amico gay sia venuto un tumore sulla lingua ? è possibile che in via indiretta possa venire? (cioè avere rapporti orali con un uomo che sia stato con uan donna che ha questo virus? ).
Il mio amico era anche contrariato perchè in ospedale è passato per etero !




innanzitutto spero che il tuo amico abbia un papilloma dei tipi 6, 7, 11 o 32, in quanto tratta di tumori benigni.

poi non è che io sia ferrato, luco, preferisco chiamarla una cultura generale abbastanza solida, e comunque da attualizzare, e in questo specifico caso favorita da una ex infermiera, da un'altra ex ricercatrice al cosbi di trento, e dal fatto di essere direttamente interessato alla prevenzione non essendo né monogamo né ascetico.

tumori nella cavità orale (lingua, palato, labbra, gengive ecc.) possono essere agevolati da vari fattori: quelli sulla parte anteriore della lingua in primis dal fumo, dal consumo smodato di alcool, dalla scarsa igiene orale. questo è quanto dice il dottore. i tumori sulla lingua fanno il 10% dei tumori degli uomini e il 4% delle donne, e il 30% dei carcinomi nella cavità orale in generale. questo è quanto dice la statistica.

l'hpv, come tutti i papilloma virus, riesce ad intaccare solo determinati tipi di tessuti epiteliali, e non sono sicuro se e quale parte della lingua ne sia composta.

se al tuo amico è stata accertata la presenza dell'hpv e di una relativa infezione, bisogna vedere di quale tipo di hpv si tratta, perché di tipi ce ne sono qualche centinaio, perlopiù innocui, che prima o poi ti becchi comunque e che ti passano dopo un anno o due. ma anche la presenza di un determinato tipo di hpv non prova niente in merito ad un tumore sulla lingua.

la cosa sulla quale vorrei attirare la tua attenzione, e la ragione per la quale avevo scritto la mia prima replica è invece la seguente:

cosa significa "via indiretta"? nelle infezioni la via è sempre diretta.

se con "via indiretta" invece vuoi dire che all'origine del tumore sulla lingua del tuo amico c'è una donna, portatrice di un determinato tipo di hpv, trasmesso poi all'amico del tuo amico, vai contro le leggi della probabilità e contro i dati della statistica, perché, come detto più avanti, nel 60-70% dei casi delle infezioni hpv dei tipi 16, 18, 31, 45 (quelle più pericolose che nella maggior parte dei casi non causano niente, pur essendo la principale causa del cancro cervicale delle donne), il virus viene introdotto (proprio in senso letterale) da un uomo. in altre parole: scarsa cura ed igiene dell'arnese preferito. in una maniera o l'altra lì dentro questo dannato papilloma ci deve pure arrivare e non ci arriva certo per immacolata concezione.

lo voglio sottolineare perché il deplorevole fatto che le donne soffrano in maniera esponenziale dei danni (vedi anche la grafica qui sotto), induce alla conclusione sbagliatissima che il partner non abbia responsabilità. dopo 25 anni di hiv e aids dovremmo invece aver capito che per tutto quello che viene trasmesso sessualmente la responsabilità è tripla per entrambi: per se stessi, per il partner attuale e per il partner futuro.





precisazione: nella mia prima replica intendevo dire che non so se un test citologico per gli uomini paragonabile al pap test per le donne fosse gratuito. ovviamente per gli uomini non può esserci un pap test in quanto gli manca la mucosa uterina per farlo. un esame citologico per l'uomo dev'essere fatto sulla mucosa dove si ritiene l'infezione, il che presuppone dei sintomi, cosa spesso impossibile perché nella maggior parte dei casi l'infezione è asintomatica.
BeautifulLoser
00martedì 19 ottobre 2010 00:03
ultima cosa su questo tema...

la storia sesso orale e tumore alla bocca è girata per la stampa internazionale già nel maggio del 2007, partendo da un articolo piuttosto fazioso sul "new england journal of medicine", gonfiato oltremodo dal "new scientist". dico fazioso perché quello che si vuole dimostrare (hpv come causa principale dei tumori alla bocca) va sicuramente incontro agli interessi di uno dei produttori dei due vaccini anti-hpv riconosciuti in europa.

su questo sfondo mi stupisce ancor di più che tre anni dopo il cancer research uk riprenda acriticamente questa tesi.
lucolas999
00martedì 19 ottobre 2010 09:14
Re: Re: Re: Re:
BeautifulLoser, 18/10/2010 22.22:




innanzitutto spero che il tuo amico abbia un papilloma dei tipi 6, 7, 11 o 32, in quanto tratta di tumori benigni.






per fortuna sì [SM=g27988]

per il resto non so dirti di più anche perchè i medici ovviamente se non hai una cultura generale tale da potergli fare domande specifiche non si dilungano in spiegazioni o ricerche approfondite . Il ragionamento è stato questo è il problema , si risolve intervenendo chirurgicamente.
lucaDM82
00martedì 19 ottobre 2010 11:41
che è,un convegno di medicina? [SM=g27985]
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