gelo a sinistra

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DarkWalker
00mercoledì 6 agosto 2008 11:42
Crepe a sinistra

Veltroni rischia di essere ricordato come l'ultimo segretario del PD, un partito sempre più fragile e diviso
ANDREA ROMANO
Sostiene Tremonti che «in senso storico dieci anni sono un tempo breve... in una dialettica che si sviluppa fisiologicamente nella sequenza tesi, antitesi e sintesi». Viene da chiedersi se il neohegelismo tremontiano non sia già il catechismo ufficiale dei dirigenti del Partito democratico. Che in questi giorni mostrano di voler affidare ai tempi lunghi della storia la soluzione della malattia che li affligge, fingendo di non vedere l'esplosione di sintomi che entro pochi mesi potrebbe mandare in pezzi il Pd.

Altro che un armonico dispiegarsi di tesi, antitesi e sintesi. Qui si moltiplicano le crepe in un edificio apparso fragile fin dall'inaugurazione e che rischia di non passare la prossima primavera, se ognuno dei maggiorenti persevererà nella strategia che si è scelto. Quella di D'Alema è al solito la più razionale. Dopo avere nuovamente collocato Veltroni al posto di comando come aveva già fatto nel 1998, benedicendone la carica di novità dieci anni dopo la prima investitura, ha deciso di tagliargli gli alimenti e di attenderne il completo logoramento. Quale sia la sua alternativa non è dato sapere, visto che D'Alema si guarda bene dal fare ciò che sarebbe normale in qualsiasi partito per l'appunto normale: si contesta il leader, ci si candida apertamente a prenderne il posto, si cerca il consenso necessario. Ma la normalità non sembra essere di questo mondo. E D'Alema un po' si balocca di televisione e di filosofia, un po' fa l'esatto contrario di quanto predica Veltroni e un po' manda avanti ora questo ora quest'altro «junior partner» nella speranza di ripetere lo schema di cui fu vittima Piero Fassino: piazzare un segretario convinto di governare il partito ma in realtà commissariato dall'alto.

Dall'altra parte, prendersela con il povero Veltroni rischia ormai di apparire banale. Eppure non sembra esserci fine all'agonia di un leader che qualche mese dopo avere preso in mano il Pd è già costretto a rifugiarsi nella nostalgia del bel tempo che fu. Nella conferenza stampa di fine stagione, ad esempio, ha rievocato con malinconia il «perduto entusiasmo dei primi mesi» e ci ha soprattutto informato che d'ora in avanti il Pd dovrà rimpiangere il risultato raggiunto alle ultime e già disastrose elezioni. Il che significa che si prepara ad incassare risultati sempre peggiori. Formulata da un leader di partito, non è esattamente una profezia destinata ad infondere entusiasmo nei militanti o nell'opinione pubblica. Soprattutto perché somiglia molto da vicino alla verità. Se le cose continueranno così – e non si vede perché debbano cambiare, considerando l'attuale condotta dei dirigenti – il Pd è destinato a sprofondare sia alle europee del 2009 che alle regionali del 2010. E forse per allora la carta della nostalgia non basterà più a far scattare quel minimo di solidarietà a cui Veltroni forse puntava.

Nel frattempo già oggi il Pd mostra di non avere alcuna consistenza in importanti aree del Paese. Cos'altro significa, se non che in Campania quel partito semplicemente non esiste, l'annuncio di Bassolino di non avere intenzione di firmare la petizione contro il governo? La giustificazione è del tutto discutibile – non essendo Bassolino un prefetto tenuto all'imparzialità ma un governatore eletto con pieno mandato democratico –, ma la sostanza rivela che persino la più alta carica politica di quella regione ritiene di non tenere in alcun conto le indicazioni del suo partito affidandosi invece alla benevolenza del governo pur di restare in sella. E cosa dire del rifiuto di partecipare alla festa torinese del Pd venuto ieri da Chiamparino, uno dei sindaci più autenticamente popolari del centrosinistra costretto (forse proprio per questo) a difendersi dal cannoneggiamento quotidiano del suo stesso partito?

La verità è che di questo passo Veltroni sarà ricordato come il primo e ultimo segretario del Partito democratico. Colui che si era trovato per le mani una delle poche innovazioni reali della politica italiana di quest'ultimo decennio e che ha invece contribuito – in concorso con altri – a seppellirne le fragili spoglie. Colui che invece di prendere atto del disastro e di convocare un congresso per discutere linea e leadership, come avviene in tutto il mondo democratico, ha scelto di tirare a campare affidandosi ai tempi lunghi della storia. Ma il Pd non può contare sulle virtù terapeutiche della dialettica ma solo su quel coraggio delle scelte che ad oggi sembra mancare del tutto dalla visione di coloro che si trovano ancora a dirigerlo.

da la stampa
princepsoptimus
00mercoledì 6 agosto 2008 11:48
Dovrei propormi come nuovo Nostradamus...
Pilbur
00mercoledì 6 agosto 2008 11:58
Non credo che il Pd si sfaldera' comunque...alla fine, rimarra' un partito pieno di correnti in lotta, ma il collasso mi sembra improbabile
Pilbur
00mercoledì 6 agosto 2008 14:58
Dopo il terremoto, nel Pd le scosse di assestamento allargano le crepe. A livello nazionale come in Campania. Lo sguardo rivolto a Roma e l´indice puntato, con diversi distinguo, contro il governatore, reo di non aver aderito alla campagna "Salva l´Italia" per mandare a casa il governo Berlusconi. Restano in pochi a difenderlo, molti ad attaccarlo più o meno velatamente.

Il giorno dopo lo strappo, arriva da Roma il richiamo all´ordine per Bassolino. Veltroni, infastidito, glissa, «ognuno fa ciò che la coscienza gli dice», e lascia al coordinatore del Pd Bettini il compito di mordere: «Criticare le scelte dannose del governo è un dovere». La mancata adesione del governatore, che trova una sponda nel sindaco di Venezia Cacciari, è uno schiaffo all´establishment del partito. La recente, entusiastica adesione del presidente regionale a Red spinge tutti a guardare nella stessa direzione. E allora D´Alema si affretta a prendere le distanze: «Sono stato tra i primi firmatari. Non è che non faccio una cosa e la faccio fare a Bassolino. Solo un imbecille può pensare una cosa così». So prendermi le mie responsabilità, il messaggio dell´ex ministro degli Esteri.

In Campania la più critica è la deputata Luisa Bossa: «La posizione più corretta è quella della Iervolino. Penso che Bassolino, che non ci ha abituati ad atti di disobbedienza, stia presentando il conto a un partito che non lo ha saputo difendere quando lui voleva essere difeso. Ma non ne farei un dramma, non credo che questo avrà un peso determinante sul futuro del Pd, lui ormai è fuori, i prìncipi hanno fatto il loro tempo. Forse è il suo ultimo schiaffo». Tra gli amministratori campani sono ancora in molti a non avere firmato. Il sindaco di Salerno, De Luca, che è in vacanza e non si è certo precipitato a sottoscrivere un documento contro il premier che lo ha indicato come un esempio di buona amministrazione. Non ci sono ancora le firme dei presidenti delle provincie di Salerno, Villani, e Caserta, De Francisciis, in ferie. Ha già firmato invece il sindaco di Caserta Nicodemo Petteruti che cerca di gettare acqua sul fuoco: «Mi sembra che intorno a questa petizione si sia acceso un interesse spropositato, morboso». La quota Pd della giunta di Palazzo San Giacomo ha sposato ampiamente la linea del sindaco: in calce alla petizione ci sono già le firme di Mola, Nugnes, Valente. E altre arriveranno, come quella di Di Mezza che non è tenero con Bassolino: «La sua scelta crea confusione e disorientamento e finisce per esasperare il dualismo che si è venuto a creare nel partito». Già, il dualismo con Nicolais che, secondo Bossa, non facendo sconti al governatore «ha espletato bene il suo ruolo». Il partito, questo il messaggio, anche a livello provinciale, ha bisogno di una regia solida.


Teresa Armato, responsabile per Napoli di "Salva l´Italia", non vuole sentire parlare di flop: «Siamo arrivati a seimila firme».
Chi invece non se la sente di condannare Bassolino è il senatore Riccardo Villari: «L´appartenenza politica deve sfumare di fronte all´interesse generale. Ma questa petizione è sbagliata, arriva a tre mesi dall´insediamento del nuovo governo e assomiglia a una mancanza di idee per contrastarne l´azione».
Intanto in un´intervista in uscita sul settimanale "Tempi" Bassolino ribadisce le difficoltà incontrate con il governo Prodi per la soluzione dell´emergenza rifiuti: «Con quella maggioranza troppo eterogenea non potevamo esercitare i nostri poteri per i continui veti imposti. Berlusconi è entrato nel vivo del problema con piglio forte e deciso, gli va riconosciuto. La differenza è che ora si può rendere praticabile ciò che si decide anche perché gli oppositori di destra che allora andavano in strada dicendo "no" a tutto ora sono al governo e, silenziosi, obbediscono al capo». Sullo scontro in atto nel Pd sono intervenuti ieri anche diversi esponenti del Popolo delle libertà: «Hanno perso un´altra occasione per salvare la faccia», la sintesi di Paolo Russo.

Da la Repubblica
Armilio1
00mercoledì 6 agosto 2008 15:38
Questo è l'effetto di non aver ancora concordato una linea unica del partito...con la storia che il PD deve essere un partito che contenga varie sfaccettature come i democrats americani(un pò troppo ambizioso forse?) non s'è capito ancora qual'è l'idea politica generale di questo partito...

Bisogna dire comunque che la sconfitta elettorale, D'Alema con le sue trame di corte e i fedeli Prodiani(Parisi & co.) offesi per il mancato appoggio a Prodi di Veltroni hanno fatto il loro,non è solo colpa di Veltroni...

Certo che ovviamente,formare un partito nel momento forse peggiore per la propria parte politica e senza una leadership riconosciuta da tutti(come quella di Berlusconi nel Pdl) non è il massimo come inizio per un partito...non c'è stato neanche il tempo di darsi una identità che già c'erano le elezioni...infatti s'è visto nel programma: non così malaccio come dicevano,ma comunque senza un anima,senza un qualcosa di riformatore,di centro-sinistra...anche perchè certi discorsi(Dico ecc) era meglio non farli subito prima che non si sapesse come avrebbe reagito l'ala Teodem del partito...Ed altri era meglio non farli prima che si sapesse come avrebbe reagito l'ala più a sinistra o i radicali...
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