A mia volta ringrazio Stefano per l'uscita.
Il giro che abbiamo compiuto era favoloso. Roccia bella solida e "rampicabile" (così non ci confondiamo con l'arrampicata vera e propria...), ambiente plasmato suggestivamente. La nebbia dava un tocco maggiore di severità agli scorci e, da un punto di vista psicologico, con la visuale ridotta la salita intimoriva di più, dava pepe al programma. L'umidità era alta ma la roccia rimaneva stranamente asciutta, non c'erano momenti in cui potessi essere infastidito da una presa o da un appoggio bagnati, viscidi.
All'inizio sentivo gelarsi e dolere le mani in modo preoccupante, nonostante fossero ben coperte e il resto del corpo fosse accaldato, ma poi Stefano mi fa: "Non è che semplicemente hai i guanti che stringono troppo?". Li tolgo e la circolazione sanguigna si riattiva, mandando calore alle dita. Insomma, le mani, attraverso il dolore, non mi stavano comunicando che pativano freddo, ma che non respiravano, le stavo strozzando, il loro ossigeno (il sangue) non circolava. Ho imparato una cosa nuova. E sì che i guanti non li sentivo affatto stretti; anzi, in altre occasioni stretti in quel modo mi avrebbero fatto comodo! Un fenomeno nuovo per me (ben chiaro che non ha nulla a che fare con l'ipodermia, eh?
).
Interessante anche la discesa dalla normale dello Zucco Barbesino, immersa in "un labirinto di roccia lavorata" (cit. a memoria dalla relazione di Arteriolupin) e, con la nebbia, dall'effetto fantasmagorico...
Nonostante la nebbia coprisse la vista di gran parte dei Piani di Bobbio, non ho potuto fare a meno di notare l'obbrobrio creato dagli impianti di risalita e dalle piste da sci, e di schifarmi di conseguenza.
Il rifugio Lecco è accogliente.
A breve un po' di foto.