eppur ti vedo

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lunasepolta
00venerdì 16 novembre 2012 12:13



non ti potrò toccare
purpurea come sei, eppure morte
eppur ti vedo sola come il tempo, esatta
che ti fermi così nuda
al cuore, al cielo, bocca di leone
agli occhi, cipria opaca del mio andare
tendere dito a dito il filo
oltre la mano, dita
che sono tue

-oh luna, non andare
siediti qui, vicino a casa
fammi cadere opposta, terra
al non toccarti
purpurea come sei, accento-gola
farti accelerazione ardente
sale, cadendo a me

ch’eppur ti vedo
morte
Francesca Coppola
00lunedì 19 novembre 2012 13:02

eppur ti vedo morte
hai contorni cielo - notte
nel mezzo di trapianti
e tristi inganni

sei corsa pronta allo zero
farfuglio di vecchi giganti
nota scritta, storpiata
scordata

-oh maliarda, seduci il torpore
con sorsi d'oltre vita
abbracci foto e peccati

e la pena resta a noi

ginocchia inchiodano crocefisso
direzione obitorio, rovesci
interrati - cenere

pilastro di necropoli


lunasepolta
00venerdì 14 dicembre 2012 17:13




quello ch’eppur si dice
morte, eppur candore
candido
a cielo aperto, stelle
anime nostre
che siete nei cieli

vi dirò della rosa che colsi
acerba a dicembre
dai miei abiti annegati
nel trasformarsi

in petali sciolti
come nomi
che non conosco






A te Francesca, un abbraccio stretto ed il mio più caro augurio di buone feste [SM=g8322]
Francesca Coppola
00mercoledì 2 gennaio 2013 14:00

nomi visibili come lapidi
in cimiteri sepolti

Hai rose portate in braccia
piccole, sciarpe intrise
di vento e lacrime

e dicembre muore in notti
libere di amori, in gole
mute, in fili che rendono
sorrisi pronti
come pasti in scatola






*** Abbracci e auguri anche a te! :)


lunasepolta
00martedì 12 febbraio 2013 04:39



il tuo nome, lo sogno
da quando incide la pietra
la fotografia, nitida
la camicia a quadri, un urlo
che sembra un sorriso

come se fossi morto a gennaio
tra la posa delle scale
e l’insegna di un bar

sul letto, un’intermittenza
che ha vissuto l’ultimo Natale
Francesca Coppola
00mercoledì 20 febbraio 2013 20:02

il mio nome invece lo colsi
che era giugno -ormai rotto
di traguardi

c'erano tappeti sfrangiati
di plastica arancione
e quel semaforo a gridare
-fermati!

i giardini nascosti piangevano
chiamate perse su un telefono
e l'ira inutile di mio padre



lunasepolta
00giovedì 21 febbraio 2013 11:25



si fece anonimo il settembre
ancora battuto dalla sete estiva
mi sfociò, insanguinata
di un colore bruno alle tempie

il cuore, un pugno
tra i rami del ginepro
e la vita -aperta
come raccolta lacerante
delle bacche
Francesca Coppola
00giovedì 21 febbraio 2013 15:07

erano bocche, amica mia
affamate di massacri
in svendita sull'A1

mi colpì di striscio
quel giovedì
e aveva peso nei vestiti
vuoti di chiesa

fu un venerdì spezzato
nell'attesa di possederla
pur senza sentirla
__________________ davvero


lunasepolta
00sabato 23 febbraio 2013 00:48



tutto ha bocche qui, come autopsie
reazioni di colore indifferenti
alla famiglia che riceve l'olio santo

al cane, gonfio sull'asfalto
che deve ancora morire

il velo pietoso è bianco
il rumore, quello dell'ultima canzone
che tormenta una sola estate
Francesca Coppola
00mercoledì 27 febbraio 2013 16:34

è sempre qui la morte
a vederci vivi e perdenti

ha file finte di corpi nell'essenziale
capo che cade all'in_giù
fra abiti scuri a buon prezzo

le prime lacrime lasciano aria
a parole accarezzate da lusinghe
niente fiori, perfavore

siamo chiesa giustapposta
aperta, con scarpe sporche
_al rientro
senza ostia, con l'ostia
fuori. dentro





lunasepolta
00mercoledì 6 marzo 2013 12:12





è sempre qui la morte
mi pende alla vita come una marionetta
sull’acqua che rabbocca ad ogni passo

la gola a galleggiare, galleggia la mia nudità
portata sotto l’ultimo cambio uscito dal cassetto

galleggiano i parenti, i lutti come vele
galleggiano le mani, fiori aperti
che salgono a pregare
Francesca Coppola
00mercoledì 20 marzo 2013 22:16

e mi spaventano quelle risa ___ fuori la chiesa
quando è testimone sordo quell'auto nera
così spalancata da rendere rigido
questo mio rallentare aria

e rallenta il rito, rallenta il vaso
che non bagna il fiore finto, rallenta il passo
su linee cardinali e marmi gesuiti

rallento io in quel posto senza allegria
e allora la luce diventa ghigno







lunasepolta
00martedì 2 aprile 2013 16:48



diventa ghigno l’altare
dove cade il fiore; la bara su quel filo
liquido di vento che spira alla preghiera

lo scettico – rinchiuso- dà il suo segno
al pianto degli amici, all’amore del padre
che gli aveva perdonato

la caduta dei denti, l’overdose
nel giorno di carnevale, l’averlo lasciato
senza nessuna -ultima volontà
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