del paradosso e del mondo trash!

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mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 16:58
Questa è una riflessione ardua, lo ammetto. Posta così la questione sembrerebbe che io sia pronta a lanciarmi da un dirupo senza paracadute, ma ho deciso di rischiare. Male che vada ne uscirò con le ossa rotte ma mi sarò tolta uno sfizio: quello di dimostrare che il trash forumistico e virtuale viene da un paradosso.
Impossibile dite? No, non credo proprio.
Proviamo…
mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:01
Per prima cosa: cos’è un paradosso?

Ogni paradosso è tale solo relativamente a premesse che la conclusione sembra contraddire. Questo significa che si ha una data situazione pur sapendo che le condizioni ne detterebbero un’altra.

Sentite un po’ questo famoso paradosso che Borges destina all’ultimo capitolo delle Inquisiciones chiamato “Avatar delle monete di rame”:

X scocca una freccia da un arco, ed essa si perde fra gli alberi.
X la cerca e riesce a ritrovarla.


Eh sì, voi non riuscite a vederlo il paradosso ma c’è, altroché se c’è!
Borges ha ammesso che i più non lo comprenderanno e in effetti vi confesso che ho fatto una certa fatica a capirlo.
E allora, se volete, vi guido un po’ per questo irto percorso che non solo vi renderà questo paradosso evidente ma, alla fine, anche stupefacente.

Borges raccontò nel suo Altre conversazioni che la preoccupazione filosofica fu sua fin da bambino, quando il padre gli rivelò, con l’aiuto di una scacchiera, i paradossi di Zenone: Achille e la tartaruga, il volo immobile della freccia, l’impossibilità del movimento.
Scrive così:
“Si supponga che si tratti di una torre; prima che giunga alla casa della torre avversaria dovrà passare per quella del re. Ma prima di passare per la casa del re dovrà passare per la casa dell’alfiere e poi per quella del cavallo. Ora, se una retta è fatta di un numero infinito di punti, se qualunque linea – quella che attraversa questo tavolo o quella che va di qui alla luna – consta di un numero infinito di punti, se ne deduce che lo spazio è infinitamente divisibile e il mobile non raggiunge mai la meta, perché avrà sempre un punto intermedio da superare.”

I paradossi diverranno la sua fissa e li citerà continuamente. Infatti vedete il “volo immobile della freccia?”

Ma andiamo con ordine…
mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:02
Lui inizia a farsi un’idea su infinito, tempo e realtà e da essi trae spunto per fondare la sua opera che sarà caratterizzata continuamente dal paradosso.

Leggete cosa scrive nelle Inquisizioni:
"Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille il millimetro, la tartaruga un decimo di millimetro, e così all'infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla".

Riuscite a capire il paradosso della freccia ora?
Il tal X la scocca, la freccia si perde, X la cerca e la trova.
Impossibile.
X non può mai raggiungere quella freccia.
mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:03
Ora a Borges non fregava niente di risolvere questi paradossi. Russell ci si accaniva, Jorge Luis no.
Lui li considera indizi da usare, fatti di cui discutere. Ed i paradossi lo spingono a dubitare della realtà del tempo e a convincersi dell’eternità.
Per Borges il tempo è “un tremulo ed esigente problema, forse il più importante della metafisica”. Dice anche “che esso scorra dal passato verso il futuro è la credenza illogica quanto la credenza contraria…e ugualmente impossibile da verificare”; e che non lo si può sincronizzare perché “se il tempo è un processo mentale, come possono condividerlo migliaia di uomini, o anche due soli uomini diversi?”.

Qui mi fermo e rifletto.
Questo senso di infinito fa sì che si possa concepire l’eternità?
Quella freccia potrebbe essere per sempre perduta?

O, più semplicemente, quella freccia è sempre lì da essere scoccata. Un ritorno eterno.

mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:04
Rifletto ancora. E sulla realtà quali effetti producono questi paradossi?
Secondo Borges essi creano il Labirinto, un caos, un mondo senza materia né spirito, una finzione.

Sulla realtà, in questa realtà cosa sta accadendo?
C’è un’immobilità del pensiero che crea il paradosso, in questa realtà i presupposti porterebbero ad una esternazione, all’espressione di genio e sapienza, al movimento.
E invece vi è un paradosso: si emette la parola, la si scocca, si perde tra i rami, non arriva.
Eppure è sempre lì sulla bocca di chi l’ha pronunciata…


Ora, a volerle cercare in questo marasma staremmo giorni e giorni.
Ma cosa accade quando, scovate e lette, persino riviste e corrette, queste restano a imputridire nella bocca di chi sta per pronunciarle pur avendole già espresse?

La grande discarica virtuale.
E’ questo il vero mondo trash.
mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:05
cazzo che fatica!
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 17:33
ok. il primissimo post.
e' la premessa, la presentazione...
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 17:36
Chiarissimo anche il secondo.
Una sorta di rivisitazione filosofica.

Ottimo l'esempio degli scacchi di Borges
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 17:38
il terzo post e' ovvia conseguenza e dunque seguiamo Borges e Zenone.
indifference
00lunedì 5 dicembre 2005 17:41
***

Scritto da: mujer 05/12/2005 17.04
Rifletto ancora. E sulla realtà quali effetti producono questi paradossi?
Secondo Borges essi creano il Labirinto, un caos, un mondo senza materia né spirito, una finzione.

Sulla realtà, in questa realtà cosa sta accadendo?
C’è un’immobilità del pensiero che crea il paradosso, in questa realtà i presupposti porterebbero ad una esternazione, all’espressione di genio e sapienza, al movimento.
E invece vi è un paradosso: si emette la parola, la si scocca, si perde tra i rami, non arriva.
Eppure è sempre lì sulla bocca di chi l’ha pronunciata…


Ora, a volerle cercare in questo marasma staremmo giorni e giorni.
Ma cosa accade quando, scovate e lette, persino riviste e corrette, queste restano a imputridire nella bocca di chi sta per pronunciarle pur avendole già espresse?

La grande discarica virtuale.
E’ questo il vero mondo trash.



Mujer , post interessantissimi.
ma sinceramente, questo tuo post che ho quotato, non l'ho capito... mi sono perso [SM=g27969]:
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 17:47
un breve accenno al quarto.
Dunque Borges amava Zenone, lo trovava come un forte spunto per la sua riflessione metafisica (mondo/realta'/tempo), ma alla fin della fiera ,non gli interessva rispondere.
Da questi paradossi dunque traeva il principio del Labirinto come non risposta razionale a una domanda.
Insomma, diciamo pure, che il nostro amico Borges deprivava il reale, da ogni connotazione modale: le coordinate spazio/tempo lo lasciavano indifferente e sconfinava nell'Infinito e nell'atemporalita'.
Uhm, bene, bene...
Vedremo
mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 17:50
Infatti ho fatto un salto troppo repentino.
Vediamo un po'.

Sulla base del paradosso della freccia scoccata, pensate alla parola pronunciata.
Questo è il bosco.

La parola viene lanciata e si perde, non giunge, ma non può essere ripresa da chi l'ha emessa. In verità non essendo giunta non è, non esiste.
Il paradosso è anche dovuto al fatto che questo posto (non solo il cibicida ma tutto il web), così com'è stato concepito, doveva essere scenario di informazione ed espressione e invece...
Parole imputridite e sempre in attesa di essere pronunciate.

Arduo dite?
indifference
00lunedì 5 dicembre 2005 17:57
***
ancora non ho chiaro una cosa..

tornando all'esempio del paradosso "X scaglia la freccia che siperde nel bosco....."

non ho ben capito perchè hai chiamato in causa il discorso di"achille e la tartaruga" ?
Voglio dire...la tartaruga continua a "correre" (seppur ad un decimo rispetto alla velocità di achille) mentre la freccia si fermerà.

sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 18:10
Indifference giusta la tua osservazione,ma stiamo anticipando un po' i tempi.
Ritorniamo ai paradossi.
Si da' una premessa sulla quale ci si attende una conclusione logica, ma che in realta' sara' sbalorditiva perche' invece sara' proprio il contrario...
Come la freccia....
Il paradosso invece e' un inganno ed e' paradossale non tanto il quesito in se', ma come viene posto.

Quasi sempre il paradosso gioco su due piani diversi: prendiamo il movimento
Sembrerebbe che non ve ne sia, o che comunque non sia misurabile.
Il paradosso del movimento viene pero' giocato su un piano d'astrazione del tutto ipotetico.
Ovvero, per dirla in altre parole , si annulla volutamente il referente principe, oppure l'unita' di misura.
Senza un denominatore comune, tutto diverrebbe assurdo
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 18:18
Il mobile non raggiunge mai la meta perche' avra' sempre un punto intermedio da superare grazie alla infinita divisibilita'...
Se fosse cosi, noi non potremmo a questo punto nemmeno vedere "il movimento", perche' in realta' sarebbe tutto fermo.
Non ci sarebbe nemmeno meta, dato che questa si allontanerebbe sempre piu', dato che non vi e' mai fine...
Eppure noi vediamo le cose muoversi e anche fermarsi.
Perche'?
Proiezione e ritenzione: sono i due fenomeni visivi che permettono all'occhio la percezione del movimento.
Se il nostro sguardo fosse fisso noi vedremmo un'immagine fissa scollegata dalle altre immagini.
Invece mentre guardiamo un oggetto muoversi, nel momento che lo guardiamo proiettiamo in avanti l'immagine grazie all'esperienza ( proiezione) e per una frazione di secondo riteniamo ( ritenzione) sulla retina l'immagine indietro, quella appena percepita: ecco a voi il movimento.
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 18:21
Questo per dire cosa?
Che ai paradossi si togle quasi sempre il denominatore comune che misura la nostra esperienza, ovvero, l'unita' di coscienza.
Noi siamo coscienti di un mondo perche' lo costruiamo in modo misurabile e identico a quello degli altri; tempo e spazio sono le finzioni che ci permettono di uscire dall'astrazione piu' assoluta.
E dunque misuriamo.
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 18:26
Se non c'e' nessuno in un bosco, un albero che cade fara' rumore?
La freccia scoccata si trovera' o no?

Noi non potremmo saperlo perche' nel momento che cade l'albero o che la freccia sibila nell'aria , noi coscienza di quei fenomeni non siamo li'.
Dunque quei fenomeni non sono mai avvenuti per noi, ma se lo sono , sono avvenuti "in se'"
La coscienza e' sempre invece un "per se'": riferisce a se stessa un fenomeno che accade.
Se si premette che una freccia e' stata scoccata, l'esperienza ci verra' in soccorso sotto forma di immaginazione retrospettiva e di abitudine: abbiamo gia' visto altre frecce scoccate e abbiamo avuto l'abitudine di vederle prima o poi declinare nella loro balistica e alla fine cadere.
Dunque "immaginiamo" che anche questa freccia cadra', e potra' essere trovata.

indifference
00lunedì 5 dicembre 2005 18:35
***
ok ...mi mancava un pezzo ...la COCLUSIONE!!!

ora è tutto chiaro...o quasi..!

ma siamo sicuri che "l'unità di misura venga annullata"?
viene solo ridotta ad "infinitesimi" ma non annullata!
...così dicendo molti principi matematici andrebbero letteralmente a "puttane" e diventerebbero solo dei "principi convenzionali".... mmm qualcosa non quadra, non credi?

dopo il tuo ultimo post, capisco cosa vuoi dire! ed in parte mi trovi daccordissimo!
ma come la mettiamo con certe regole matematiche in grado di stimare l'infinitesimo (di cui parlavo prima)? se si è in grado di stimarlo e misurarlo allora forse non è un unità d misura "nulla" ? non credete?

indifference
00lunedì 5 dicembre 2005 18:40
***
mi spiego meglio..

..non credi che principi filosofici e matematici in questo caso si contraddicano.

la filosofia tende ad annullare , con i suoi "ragionamenti", l'unità di misura mentre la matematica riesce, la stessa unità di misura, a stimarla.... dunque non è nulla!

o sbaglio?

[Modificato da indifference 05/12/2005 18.47]

sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 19:34
caro,indifference,le tue sono giuste osservazioni,ma tieni conto di una cosa:
la gnosi umana verte sempre sull'equivoco della certezza e della ipoteticita'
Poi arriva la matematica e ci dimostra...
La filosofia risponde: il fatto che una cosa sia "capita" e analizzata alla fin fine non dimostra niente di niente.
Dimostra solo che quel "limite" di conoscenza appartiene per ora alla nostra "abitudine" di comprendere quella cosa in un dato modo, con certi riferimenti.
Ovvero: gli assoluti matematici o di qualsiasi natura non dimostrano altro che l'incapacita' nostra di andare oltre.
Da millenni il sole sorge alla mattina e tramonta alla sera: ci siamo "abituati" a questo modo.
L'astronomia ha dimostrato il sistema solare, ma lo ha compreso fino ad ora e Nulla ci puo' dire se tra un millennio qualcosa cambiera'.Puo' solo fare previsioni.
Scienze come la matematica assolutizzano, discipline come la filosofia spronano a dubitare, per spostare quel limite oltre...

Il denominatore comune come un nulla: vero, infatti anche per comprendere la matematica si ha bisogno di una coscienza di essa stessa e cosi' siamo da capo.
Senza un "referente" ovvero una "finzione" tutto sarebbe assurdo.
Poi spostiamo il discorso sulle parole e il linguaggio: la parola scoccata dalle labbra ,come una freccia da un arco e vedremo che il paragone regge.
Senza un referente ogni "dire" non avrebbe senso: anche i nostri post, non avrebbero significato alcuno.
Prof V
00lunedì 5 dicembre 2005 21:21
Un labirinto non potrà mai rappresentare il caos, giacche qualsiasi labirinto è strutturato su base logica. Un pensiero da declinare, altrimenti si rischia di accettare il caos come qualcosa di è metodico, finalizzato e costruito. Paradossalmente l’anarchia non esisterebbe.
sergio.T
00lunedì 5 dicembre 2005 21:37
Prof egregio e' vero, ma dipende..
Il labirinto e' costruito su basi logiche, ma una volta che ne conosci l'archetipo e la struttura.
A priori, no.
Il percorso razionale prosegue su strade di causa e di effetto; di direzione da...a....,,di parole con segni convenzionali e nominali.
In tutto vi e' un ordine e dunque anche nell'idea che ti fai del labirinto.
Se si prova a pensare un attimo, la logica risiede nelle idee che noi abbiamo della cosa e mai nella cosa stessa.
Di per se' il labirinto non esiste, come non esiste nemmeno questo forum, per chi intende cosa significhi, a priori

[Modificato da sergio.T 05/12/2005 21.39]

mujer
00lunedì 5 dicembre 2005 21:49
e poi anche il caos, non è poi così illogico...
vi ricordate il caos che struttura?
Borges, Gombrowicz, Bioy Casares...

Emanuele Brunetto
00lunedì 5 dicembre 2005 23:36
[SM=x245520]
sergio.T
00martedì 6 dicembre 2005 09:30
Quindi la parola pronunciata come la freccia scoccata.
Il paradosso del web e' appunto questo: si scoccano parole pronunciate, ma queste parole in un certo senso non arrivano a destinazione.
Perche'?
Eppure un post viene scritto e letto da decine di persone,
il post viene scoccato e lasciato fermo in una pagina del web: li', in bella evidenza, tutto da leggere e tutto da trovare.
Internet come concezione e' per l'appunto comunicazione: l'interazione molteplice di una infinita' di persone estranee a tutti gli altri: la comunicazione telematica dovrebbe essere la via piu' "facile" e piu' veloce, eppure, il paradosso vuole che si ottenga il contrario.
sergio.T
00martedì 6 dicembre 2005 09:40
vado avanti da solo....
Dicevasi il contrario, ma perche'?
Il post e' personale; spesso volentieri e' intitolato ed e' firmato con un nick, riconoscibile da tutti, una sorta di firma , insomma..; dovrebbe dunque essere una propria scrittura, una propria presentazione, una propria opinione.
Chiara, netta, pulita.
Signori e signori io sono questo, la penso cosi', la intendo cosa', e via di questo passo...
Il nostro post dovrebbe essere dunque inequivocabile,deciso, fermo,coerente,ma tutto questo in un certo senso , cade proprio nel momento che lo scriviamo.
Diventa impersonale, sfuggente,veloce, equivocabile,frammentario,pericoloso: diventa, insomma, il contrario di quello che si voleva.
Non sempre, naturalmente, ma frequentemente e' cosi'.
sergio.T
00martedì 6 dicembre 2005 10:36
Impersonalita'.
E' il primo paradosso.
La comunicazione telematica offre una vastissima gamma di possibilita' e la prima e' proprio quella dei nick: si potrebbe avere piu' nomi, in linea teorica, anche mille.
In un forum sono A, nell'altro B, nell'altro ancora C, e via di questo passo.
La premessa dunque e' in contaddizione con la conclusione: si scrive in internet per conoscersi, ma il primo passo e' quello di "potere" cambiare il proprio nome. Ci si moltiplica.
Si pensa: ma intanto sono sempre io che scrivo e dunque....; qui si cade in un gioco d'illusione psicologica.
E' facile, invece, abituarsi a scrivere in un modo con un nick e in altro modo con altro nick.
Provare per credere.
mujer
00martedì 6 dicembre 2005 12:24
Questo è un posto di "immagine".
Esiste ciò che si vede. Del non vedersi non esisterebbe.
L'immaginazione (l'insieme di immagini che rendiamo visibili in base all'idea che ce ne facciamo) fa sì che qui si vivano le Finzioni che Borges traeva dai suoi paradossi.

Ora una domanda... ciò che è finto è trash?

Uhmmmm, oggi non intitolerei più questa stanza "dei paradossi e del mondo trash" ma rivedrei il tutto.

Che ne pensate?
sergio.T
00martedì 6 dicembre 2005 12:29
e come la intitoleresti?
mujer
00martedì 6 dicembre 2005 12:31
Dal paradosso alle finzioni... o qualcosa del genere.
Sai che tengo molto ai titoli, sono il sunto ed è lì tutta la questione.

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