carte da cul

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lucaDM82
00sabato 8 giugno 2013 11:51
a parte la retorica alla cagnucci della pianta rampicante,la cosa assurda è parlare di gruppo,punti riferimento e affini dopo quello che abbiamo visto questa stagione.De Rossi è stato accusato da Zeman di pensare ai fatti suoi,e questo dovrebbe essere un riferimento?
E questo vale per il resto della squadra (tolgo perrotta che è quello che ritengo più maturo di tutti e che ha sempre fatto gruppo anche quando non è stato più un titolare).Questi si fanno tutti i cazzi propri sia dentro che fuori.C'è da sperare che i nuovi siano giocatori di personalità in grado loro di portare qualcosa a questo gruppo.O un altro rimedio sarebbe quello di portare nella società i nela e i boniek.
Io nella squadra attuale nutro zero speranze (basta vedere dopo il derby come sono evaporati).
lucolas999
00lunedì 17 giugno 2013 17:05
CORSPORT (M. EVANGELISTI) - Facevo gli anni. Non dico quanti perché non interessa a nessuno e seppure interessasse sarebbe facile scoprirlo. Erano comunque abbastanza da costringermi a riflettere che un giorno così forse non lo avrei più vissuto. Ci pensavo io e a maggior ragione ci pensava mio padre. Così decidemmo di inventarci qualcosa di speciale. Forse di unico. Andare allo stadio insieme. Io compivo gli anni di sicuro, che la Roma compisse il terzo scudetto non era certo per niente. Non osavamo crederci.

Non credo di avere mai visto un’altra partita della Roma dal vivo insieme con mio padre. Né prima né dopo. (...)Ma quel giorno era tutto diverso. Io adulto da tempo, mia moglie al mare, mia madre tranquilla a casa. Io in ferie, mio padre in pensione. Eravamo liberi come girini e altrettanto eccitati. All’epoca recarsi a una partita era ancora una scelta istintiva, non l’odissea tra tessere fedeltà e moduli da riempire di oggi. Andiamo con il tuo scooter. Fu lui a proporlo. Non metteva la schiena su un ciclomotore da decenni e aveva terrore anche delle biciclette. Era presto, un mezzogiorno di tarda primavera. (...)

Arrivammo veloci, aspettammo l’inizio della partita tanto di quel tempo che la libertà divenne depressione. Non fatemi questo, immaginai di dire ai giocatori, a Totti e Batistuta, a Cafu e a Samuel, non toglietemi questo. Mio padre guardava fisso le pozzanghere di sole in campo. Davanti a noi la finestra di un palazzo lontano, abbastanza alta da mutare la luce del pomeriggio in un laser accecante. Da che ricordi, il fastidio di quel riflesso, il piacere della Roma vincente e la sofferenza delle sconfitte sono un’unica impressione.

Poi cominciò. Il Parma bianco e oro, noi oro e rossi e se non è oro pazienza, lo diventerà. (...) Sappiamo che in un modo o nell’altro vincerà. Finché Totti non aggancia la palla e la fa diventare ovale sbattendola oltre Buffon. L’urlo dello stadio è un muro solido. Io e mio padre ci abbracciamo, soli al mondo.

Non c’è altro al di là di quello che tutti sappiamo. (...) Riportai mio padre a casa sua, lungo strade invase di tifosi e di turisti che non capivano ma sorridevano ugualmente. Poi raggiunsi mia moglie al mare. Festeggiammo in un ristorante il mio compleanno e non solo. Mio padre se n’è andato due anni fa, soffocato da un cancro mentre guardava in Tv Napoli-Udinese. Di tutto ciò che mi ha lasciato due cose non voglio mai smarrire. Un distintivo d’oro della Roma e la sensazione di quell’abbraccio su una tribuna che tremava sotto il peso di troppa gioia. Forse è il momento in cui siamo stati più vicini a dirci davvero quanto ci volessimo bene.



Quando si scrive col cuore e per il piacere di scrivere è un'altra cosa..... [SM=x2478842]
lucaDM82
00venerdì 21 giugno 2013 12:46
forza-roma
Confermato dalla società, confermato a gran voce da Rudi Garcia (unica individualità sul quale si è soffermato in conferenza stampa, definendolo “giocatore dal grande talento”), il quale ha intenzione di fargli girare intorno tutto il centrocampo, confermato da una parte di tifosi che continua a schierarsi dalla sua parte, anche e soprattutto dopo i continui attacchi che certi giornalisti, e non solo, gli rivolgono quasi quotidianamente. Inutile dire che non sia vero o che sia “misterioso” l’oggetto di questo sfogo: fanno tutti finta di niente, ma è solo perché degli inguaribili buffoni. Chi parla male di De Rossi OGNI GIORNO lo sa. Accuse di ogni tipo, dalle voci che lo volevano aver allontanato Spalletti prima e Luis Enrique poi, fino al dente strappato dalla “mafia”, agli sfregi sul braccio coperto o sul volto, fino ai racconti su un De Rossi che andrebbe a bere ogni sera, fino all’etichetta di “Capitan Ceres“. Ovviamente aborro tutto questo. De Rossi fuori dal campo ha fatto qualcosa che non è piaciuto ad alcuni figuri, denunciando alcune “magagne”, seguito a ruota da Spalletti, Doni ed anche Artur, che lo ha detto dal Portogallo. Tutti matti? non facciamo i finti tonti, perché la verità è sotto gli occhi di tutti. De Rossi ama la Roma come nessun altro giocatore e questo è fuori di dubbio, anche se qualcuno ha provato anche a far passare l’idea contraria. Pensare che qualcuno pensi, SINCERAMENTE, che De Rossi s’impegni solo con la maglia dell’Italia mi fa piangere e ridere. De Rossi è quello delle dichiarazioni inventate (“la maglia dell’Italia è la mia seconda pelle”, mai detta) o delle dichiarazioni censurate: alla fine della stagione 2011/2012, De Rossi disse: “chi vuole far passare questa stagione come la peggiore di sempre, lo fa per un proprio tornaconto personale; io qui sono arrivato anche quintultimo” ed il giorno dopo nessun giornale riportò queste parole. Questa è cronaca, ma andiamo avanti, pensiamo al campo. L’anno prossimo, Capitan Futuro diverrà Capitan Presente: prossimo anno Francesco Totti inizierà la stagione da 37enne, mentre per De Rossi dovrà essere la stagione del riscatto, dopo aver giocato solo 1756 minuti (minutaggio da circa 20 partite, nda) nella passata stagione e per di più continuamente al centro del caos tattico legato a Zeman ed al suo impiego. Dovrebbe tornare al centro del campo, da mediano, come con Luis Enrique, una delle stagioni migliori di DDR. Nel calcio non si sa mai, ma ad oggi immaginiamo di vedere, il prossimo anno, più volte la fascia di capitano al braccio di De Rossi che non a quella di Francesco Totti. La stagione del salto, del cambio generazionale, del cambiamento, del trapasso, del cambio di testimone. Da oltre 10 anni De Rossi vive con il soprannome di “Capitan Futuro” e l’anno prossimo, Capitano, lo sarà davvero.

............
leggere con attenzione:può avere effetti collaterali.
giove(R)
00venerdì 21 giugno 2013 14:31
Re: forza-roma
lucaDM82, 21/06/2013 12:46:

Confermato dalla società, confermato a gran voce da Rudi Garcia (unica individualità sul quale si è soffermato in conferenza stampa, definendolo “giocatore dal grande talento”), il quale ha intenzione di fargli girare intorno tutto il centrocampo, confermato da una parte di tifosi che continua a schierarsi dalla sua parte, anche e soprattutto dopo i continui attacchi che certi giornalisti, e non solo, gli rivolgono quasi quotidianamente. Inutile dire che non sia vero o che sia “misterioso” l’oggetto di questo sfogo: fanno tutti finta di niente, ma è solo perché degli inguaribili buffoni. Chi parla male di De Rossi OGNI GIORNO lo sa. Accuse di ogni tipo, dalle voci che lo volevano aver allontanato Spalletti prima e Luis Enrique poi, fino al dente strappato dalla “mafia”, agli sfregi sul braccio coperto o sul volto, fino ai racconti su un De Rossi che andrebbe a bere ogni sera, fino all’etichetta di “Capitan Ceres“. Ovviamente aborro tutto questo. De Rossi fuori dal campo ha fatto qualcosa che non è piaciuto ad alcuni figuri, denunciando alcune “magagne”, seguito a ruota da Spalletti, Doni ed anche Artur, che lo ha detto dal Portogallo. Tutti matti? non facciamo i finti tonti, perché la verità è sotto gli occhi di tutti. De Rossi ama la Roma come nessun altro giocatore e questo è fuori di dubbio, anche se qualcuno ha provato anche a far passare l’idea contraria. Pensare che qualcuno pensi, SINCERAMENTE, che De Rossi s’impegni solo con la maglia dell’Italia mi fa piangere e ridere. De Rossi è quello delle dichiarazioni inventate (“la maglia dell’Italia è la mia seconda pelle”, mai detta) o delle dichiarazioni censurate: alla fine della stagione 2011/2012, De Rossi disse: “chi vuole far passare questa stagione come la peggiore di sempre, lo fa per un proprio tornaconto personale; io qui sono arrivato anche quintultimo” ed il giorno dopo nessun giornale riportò queste parole. Questa è cronaca, ma andiamo avanti, pensiamo al campo. L’anno prossimo, Capitan Futuro diverrà Capitan Presente: prossimo anno Francesco Totti inizierà la stagione da 37enne, mentre per De Rossi dovrà essere la stagione del riscatto, dopo aver giocato solo 1756 minuti (minutaggio da circa 20 partite, nda) nella passata stagione e per di più continuamente al centro del caos tattico legato a Zeman ed al suo impiego. Dovrebbe tornare al centro del campo, da mediano, come con Luis Enrique, una delle stagioni migliori di DDR. Nel calcio non si sa mai, ma ad oggi immaginiamo di vedere, il prossimo anno, più volte la fascia di capitano al braccio di De Rossi che non a quella di Francesco Totti. La stagione del salto, del cambio generazionale, del cambiamento, del trapasso, del cambio di testimone. Da oltre 10 anni De Rossi vive con il soprannome di “Capitan Futuro” e l’anno prossimo, Capitano, lo sarà davvero.

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leggere con attenzione:può avere effetti collaterali.




beh io direi che un "inguaribile buffone" è l'estensore (che amnco s'è firmato) di questa pecionata di articolo.

"il caos tattico" legato a Zeman... che ha semplicemente detto una verità: "de rossi non è un regista, i registi hanno altre caratteristiche".

"una delle migliori stagioni con LE"... dove fece "benINO" 3 mesi poi naufragò.

e poi la mejo de tutte: quando dice che dovrebbe tornare finalmente al centro il suo ruolo ottimale.
che poi, infatti, De Rossi stesso incensando Luis Enrique disse che con lui si trovava bene perchè gicoava come piaceva a lui, toccava tanti palloni, era sempre nel vivo...

apparentemente non fa una piega (che poi sappiamo tutti che De Rossi, quando ERA De ROssi, aveva la sua migliroe collocazione proprio al centro)... solo che I FATTI, dicono che non è questione di posizione, dato che De Rossi a parte Zeman, ha sempre giocato al centro in queste ultime Disastrose stagioni sue personali (oltre che di tutta la Roma).
e concetto, che inotlre stride, alla luce delle ultime esternazioni dello tesso De Rossi, bevute dalla stampa, secondo le quali "in nazionale mi impiegano al megliO".
e in nazionale, spesso, e sopratutto in questa confedration, NON gioca al centro, ma decentrato rispetto a Pirlo.

insomma... l'ennesimo articolo buffone, di un anonimo buffone, di una buffonata di sito.
giove(R)
00mercoledì 26 giugno 2013 11:59
cioè ma questi o sono idioti o ci prendono i soldi:

il titolo dell'articolo è ADDIRITTURA (!!!!!):

"BOSTON IL SEGNALE ATTESO: SPENDEREMO"

poi leggi e ....

CORSPORT (M. EVANGELISTI) - Ieri a Trigoria hanno passato una giornata intera a spulciare tra le scartoffie e ad aprire file pieni di incomprensibili numeri. Non incomprensibili per gli esperti di economia, si suppone. Prima i dirigenti incaricati hanno dovuto rispondere alle domande dei finanzieri mandati a indagare sugli allegri contratti che girano nel calcio, poi il consiglio di amministrazione si è riunito per quello che in teoria è un atto formale e in realtà un adempimento fondamentale.

Per comodità dei lettori, riportiamo il comunicato partorito a fine giornata: «Il Consiglio di Amministrazione dell’A.S. Roma S.p.A., riunitosi in data odierna, ha approvato i dati previsionali consolidati per l’esercizio 2013/2014, ai sensi delle disposizioni relative ai Criteri Economico-Finanziari di cui al Sistema delle Licenze Nazionali ed al Manuale della Licenza Uefa» . (...)

In verità, come tutti sanno, gli ultimi bilanci della società hanno chiuso in rosso profondo, rendendo necessaria una ricapitalizzazione - cioè il versamento di denaro fresco - per la quale comunque i fondi sono già stanziati. Il vero dubbio è: in queste condizioni, come sarà possibile per la Roma acquistare altri giocatori?

Sarà possibile perché ancora ieri i proprietari statunitensi, con l’appoggio di Unicredit, hanno promesso di sostenere le necessità di rafforzamento della squadra. Fino a 20 milioni, anche fino a 30 se proprio necessario, dovesse scapparci qualche offerta speciale e irrinunciabile. (...)


ah quindi è una notizia confortante che, dato e considerato che c'è da rifare per l'ennesima volta una squadra di giocatori falliti, che hanno fallito, hanno contribuito al fallimento...
la Roma "spende EVVAIIII!!!" e cosa spende?
(forse)20 milioni demmerda e udite udite si può arrivare persino, addirittura, nientepopodimenoche a 30, non dico TRANTAAAAA!!! ... ma solo se cedi...

e questi fanno il titolo, Roma ci sono i soldi.
roba che questa è una nuova proprietà, che se non li ha lei chissà chi cazzo ce li dovrebbe mettere i soldi, specie per il motivo che questa Roma è un'ammasso informe di pipponi perdenti.

ma che culo! 20 milioni ma pure 30 se cediamo...
e per il corriere dello sport questo è confortante.....
giove(R)
00martedì 6 agosto 2013 12:45
Oh Signore proteggi De Rossi e dagli anche oggi il suo pompino quotidiano. Oggi è il turno di Evangelisti sul Merdoniere dello Sport.
si è impegnato molto, tanto che alla fine non si trovava una bottiglia di succo d'ananas nei paraggi nemmeno a pagarla oro.

ma ditemi, scalda il cuore anche a voi "vederlo ridere"?
Uèèè qui stiamo parlando di uno che "era un po’ che non ci riusciva con tutta questa frequenza. Rideva a casa (...) non con la Roma".
Del resto come cazzo fai a ridere se guadagni 6 milioni l'anno per gicoare a pallone? spiegamelo! come cazzo fai a ridere?

CORSPORT (M. EVANGELISTI)

De Rossi ritorna al centro di tutto

- Scalda il cuore vederlo ridere. Era un po’ che non ci riusciva con tutta questa frequenza. Rideva a casa, non in giro per il mondo. Comunque non con la Roma [...]. Daniele De Rossi, il figlio prodigo [...]. Più degli allenatori, più di chi lo ha fischiato, è stato bizzarramente Jim Pallotta ad andare vicino alla probabile verità: in Nazionale divide le responsabilità con altri, ha concluso il presidente della società, qui con noi avverte la condanna del leader e si ritrova prigioniero della paura.

SENTIMENTI - Oggi come oggi la prospettiva di una cessione di De Rossi sembra scongiurata. Resta ad angosciare, come un monolite sulla linea dell’orizzonte, il contatto obbligato con il Chelsea di Mourinho, la squadra e l’allenatore che lo vorrebbero [...]. Diciamo quel che si vede: che De Rossi ha ripreso possesso della squadra e dei suoi sentimenti nei confronti di questa; che in allenamento il giocatore non smette mai di correre e che il suo modo di appoggiare e lanciare il pallone è tornato quello delle scorse stagioni, accompagnato da una disinvoltura di spostamento pressoché inedita [...]. Il suo calcio è ragionato, di istintivo ha soltanto il tocco e la furia. L’allenatore Garcia, che s’inquieta all’idea di perderlo per qualsiasi motivo, lo guarda giocare le partite da qualche gradino di tribuna di altezza, a fianco dell’assistente Bompard. Poi scende ad attraversare il campo, parla con la squadra, indica e dispone. Quando dal bordo del prato esprime giudizi li introduce sempre con una parola: Daniele. Daniele, così. Daniele, bravo. Daniele, perfetto.

GUFI - Sarà forse che De Rossi prima si sentiva solo e adesso ha superato indenne il mezzogiorno di fuoco. C’è qualcuno che lo aiuta. Pjanic molto ben sistemato a raccordare attacco e difesa, Strootman a rovesciare e indirizzare l’azione, al limite Bradley che è sempre nel punto in cui il manuale del mediano lo conduce. Ora De Rossi ha il tempo di scegliere e lo spazio per far passare il pallone dove ritiene opportuno. Niente più gufi sulle spalle. Corre più degli altri, ha idee più degli altri, si spalanca in scivolata più degli altri [...].

E’ quello che parla con i nuovi arrivati e urla loro suggerimenti, senza assumere l’aria del saputo. Benatia e Jedvaj lo hanno pubblicamente ringraziato per questo. E’ quello che accompagna nei negozi i colleghi del centrocampo come se dovesse mantenere stretti gli spazi del reparto dovunque si cammini. E’ quello che la squadra non vorrebbe perdere. Neppure Garcia. Che infatti lo sta gestendo con calma, come un mecenate gestisce un fragile artista o un artista amareggiato.
Sound72
00martedì 6 agosto 2013 15:00
Re:
giove(R), 06/08/2013 12:45:

Oh Signore proteggi De Rossi e dagli anche oggi il suo pompino quotidiano. Oggi è il turno di Evangelisti sul Merdoniere dello Sport.
si è impegnato molto, tanto che alla fine non si trovava una bottiglia di succo d'ananas nei paraggi nemmeno a pagarla oro.

ma ditemi, scalda il cuore anche a voi "vederlo ridere"?
Uèèè qui stiamo parlando di uno che "era un po’ che non ci riusciva con tutta questa frequenza. Rideva a casa (...) non con la Roma".
Del resto come cazzo fai a ridere se guadagni 6 milioni l'anno per gicoare a pallone? spiegamelo! come cazzo fai a ridere?

CORSPORT (M. EVANGELISTI)

De Rossi ritorna al centro di tutto

- Scalda il cuore vederlo ridere. Era un po’ che non ci riusciva con tutta questa frequenza. Rideva a casa, non in giro per il mondo. Comunque non con la Roma [...]. Daniele De Rossi, il figlio prodigo [...]. Più degli allenatori, più di chi lo ha fischiato, è stato bizzarramente Jim Pallotta ad andare vicino alla probabile verità: in Nazionale divide le responsabilità con altri, ha concluso il presidente della società, qui con noi avverte la condanna del leader e si ritrova prigioniero della paura.

SENTIMENTI - Oggi come oggi la prospettiva di una cessione di De Rossi sembra scongiurata. Resta ad angosciare, come un monolite sulla linea dell’orizzonte, il contatto obbligato con il Chelsea di Mourinho, la squadra e l’allenatore che lo vorrebbero [...]. Diciamo quel che si vede: che De Rossi ha ripreso possesso della squadra e dei suoi sentimenti nei confronti di questa; che in allenamento il giocatore non smette mai di correre e che il suo modo di appoggiare e lanciare il pallone è tornato quello delle scorse stagioni, accompagnato da una disinvoltura di spostamento pressoché inedita [...]. Il suo calcio è ragionato, di istintivo ha soltanto il tocco e la furia. L’allenatore Garcia, che s’inquieta all’idea di perderlo per qualsiasi motivo, lo guarda giocare le partite da qualche gradino di tribuna di altezza, a fianco dell’assistente Bompard. Poi scende ad attraversare il campo, parla con la squadra, indica e dispone. Quando dal bordo del prato esprime giudizi li introduce sempre con una parola: Daniele. Daniele, così. Daniele, bravo. Daniele, perfetto.

GUFI - Sarà forse che De Rossi prima si sentiva solo e adesso ha superato indenne il mezzogiorno di fuoco. C’è qualcuno che lo aiuta. Pjanic molto ben sistemato a raccordare attacco e difesa, Strootman a rovesciare e indirizzare l’azione, al limite Bradley che è sempre nel punto in cui il manuale del mediano lo conduce. Ora De Rossi ha il tempo di scegliere e lo spazio per far passare il pallone dove ritiene opportuno. Niente più gufi sulle spalle. Corre più degli altri, ha idee più degli altri, si spalanca in scivolata più degli altri [...].

E’ quello che parla con i nuovi arrivati e urla loro suggerimenti, senza assumere l’aria del saputo. Benatia e Jedvaj lo hanno pubblicamente ringraziato per questo. E’ quello che accompagna nei negozi i colleghi del centrocampo come se dovesse mantenere stretti gli spazi del reparto dovunque si cammini. E’ quello che la squadra non vorrebbe perdere. Neppure Garcia. Che infatti lo sta gestendo con calma, come un mecenate gestisce un fragile artista o un artista amareggiato.




te l'ho detto che sto rivalutando Tonino [SM=x2478856]
giove(R)
00martedì 6 agosto 2013 15:36
eheheheh, ma te ne voglio postare un altro. stavolta è il turno del Maestro Giubilo.
Il Cultore della Grandeur all'amatriciana, quella Indimostrata (in due parole: nun c'ho in mano un cazzo ma me sento Rocchefelle), che esiste solo nella supponenza, dei romani più tipicamente coatti e che si riassume nel Famoso e Imperituro Aforisma: "la Coppa Uefa no, è faticosa".

La tournée Usa conferma la crisi del calcio italiano

IL TEMPO (G. GIUBILO) - Potrebbe diventare il best seller dell'editoria autunnale, un titolo scontato ma sempre affascinante, «le ultime parole famose». Andremo a rileggerle con un pizzico di cattiveria, specialmente da parte di chi non era stato in grado, per livello di censo tecnico ed economico, di lanciare proclami ambiziosi. Come una parola d'ordine, quei fieri propositi che ogni nuovo arrivato nel calcio italiano di élite non esitava a sbandierare, evidentemente c'era qualche difetto a quell'apparato frenante che dovrebbe consigliare un minimo di cautela, per evitare figure da peracottari. Salti di qualità annunciati, per ora rinviati, e questo nella migliore delle ipotesi. Vincere tutto, era la promessa di Tevez e Llorente, approdati in bianconero con la garanzia di una valanga di gol da segnare: finora tutti in bianco, di nero è rimasto soltanto l'umore di Conte, forse sta rimpiangendo Vucinic che mandava a rete tutti i compagni e che ora è a rischio di taglio.

Con l'orgoglio che è stata sempre la sua prerogativa, Walter Mazzarri aveva giurato su un pronto ritorno dell'Inter alle sue storiche tradizioni, per ora rispettati soltanto i deprimenti livelli del finale di stagione. Dunque, i disastri juventini a partire dal trofeo Tim, consegnato al Sassuolo, e non è che al Milan fosse andata molto meglio. Per i nerazzurri, il tuffo nell'ambito internazionale è stato a dir poco traumatico, prima la ridotta competitività contro il Chelsea del suo Mourinho, che ha dato la sensazione di non infierire, poi la catastrofe di fronte al Valencia, che non pretende di inserirsi tra le potenze mondiali. Morale della favola, la passerella statunitense potrà proporre una sfida classica, quella tra Juve e Inter, obiettivo comune quello di schivare l'ultimo posto in questa umiliante Champions Cup.

Modesti risultati anche per il Milan, che per altro si era presentato senza esaltazioni, il Napoli re del mercato, in uscita e in entrata, non ha regalato un grande proscenio al nuovo idolo Higuain. Figuraccia contro il Porto, neanche la consolazione di una trattativa per Jackson Martinez. Per il momento salve, tra le più ambiziose, la Fiorentina che ha condotto una straordinaria campagna estiva, e la stessa Roma votata alla ricostruzione, però finora il livello dei rispettivi impegni non è stato proibitivo.

Qualche stento anche per la Lazio, presto per i segnali di allarme. Tra la parole da rileggere, quelle di Abete e di Beretta sulla ritrovata nobiltà dell'Italia calcistica. Amen.


hai capito quante certezze per tre amichevoli con un campionato che inizia fra quasi un mese?
io questo articolo l'avrei pure intitolato:"La tournée Usa conferma che se fosse per i Giubilo, Vucinic potrebbe continuà a grattasse i cojoni per tre mesi e poi farti la doppietta e dovremmo pure sta contenti".
giove(R)
00mercoledì 7 agosto 2013 12:53
ultima parte dell'articolo odierno di Valdiserri che ormai da un anno e mezzo ha la fissa del "eeeeeh però il progetto è finito"

"(...)C’è lavoro per il d.s. Sabatini, che non ha certo paura di vendere e comprare: in due anni la Roma ha fatto 121 operazioni tra entrate, uscite e prestiti. Le ultime, utili ma poco trasparenti, sono la cessione di Konaté al Lleida (terza serie spagnola) per liberare il posto da extracomunitario a Maicon e l’acquisto di Babù dalla Paganese per fare lo stesso con Gervinho. Così fan tutti, si dice. Ma non erano le parole della prima Roma made in Usa. Tanto tempo fa."

vi chiedo se ricordo male io, o queta cosa la "Roma made in USA" non l'ha mai detta?
io ho sentito punteremo sui giovani, il progetto, il calcio arrognate, non protestiamo, ci facciamo sentire per vie soft, ecc ho sentito una marea di stronzate e meno stronzate dette dai nostri dirigenti e proprietari.
ma sa cosa "la Roma non adotta questi sotterfugi" non la ricordo.

fermate Valdiserri, ditegli che un'idea al limite può anche essere giusta, ma se prendi spunto da ogni mezza cazzatga fai la fine o dell'imbecille o del frustrato o della checca smadrappacojoni.
jandileida23
00mercoledì 7 agosto 2013 13:09
Re:
giove(R), 06/08/2013 15:36:

eheheheh, ma te ne voglio postare un altro. stavolta è il turno del Maestro Giubilo.
Il Cultore della Grandeur all'amatriciana, quella Indimostrata (in due parole: nun c'ho in mano un cazzo ma me sento Rocchefelle), che esiste solo nella supponenza, dei romani più tipicamente coatti e che si riassume nel Famoso e Imperituro Aforisma: "la Coppa Uefa no, è faticosa".



Che poi il bello è che ne parla come se lui fosse tifoso del Manchester United che male che va un anno vince la FA Cup: no noi dall'alto della nostra Coppa delle Fiere ci possiamo pure permettere di fare gli schizzinosi.

Altra frase standard è "quello che ha vinto la coppa Uefa non se lo ricorda nessuno, manco l'anno dopo", altra enorme cazzata visto che l'appeal internazionale te lo crei anche attraverso la Coppa Uefa. E magari lui non se le ricorda ma non è che tutto il mondo se ferma al circolino de canasta e burraco sotto casa sua.
lucaDM82
00mercoledì 7 agosto 2013 13:28
Giubilo rimane uno dei peggiori personaggi del carrozzone,radical chic di questa minchia. Fra i vecchi ho sempre preferito stinchelli,lui si' fuori dal coro e con una capoccia che giubilo non ha.giusto nella cricca di trs ben inserito nel sistema poteva stare giubilo...
giove(R)
00martedì 3 settembre 2013 15:12


IN PADANIA C'E' SOLO LA LAZIO!!!
lucaDM82
00martedì 3 settembre 2013 20:16
buona lettura,il pezzo su zeman è troppo forte
Il campione espiatorio

IL FOGLIO.IT (B. DI CORRADO) - Danielino. Urla, corre, salta, esulta, urla, urla, urla. Danielino, grida Carlo Zampa dalla radio e grida dentro di sé De Rossi. Un anno e tre mesi chiusi in un tiro da 24 metri e settanta centimetri. La palla non gira neanche, va dritta in porta: ci mette due secondi giusti e si porta appresso gli insulti, le cattiverie, le dicerie, le vigliaccate, i cattivi pensieri. De Rossi è un monumento sfregiato troppe volte. Danielino. Un altro campione espiatorio costretto a portare un peso enorme: suo, dei compagni, della città, degli intoccabili. Perché c’è chi può essere insultato e chi no. A lui Roma ha dato questa croce da portarsi a spasso. Guarda quella storia di Capitan Futuro: a trent’anni non è più un soprannome, è una condanna. E’ come dire ogni volta: vedi caro, questa città, questa squadra, questa gloria, questo stadio, questo amore, ecco tutto questo un giorno non sarà tuo. Nell’ultimo anno hanno aggiunto il carico: non solo non sarà tuo, ma perderai anche la gloria, lo stadio, l’amore. Ne hanno dette tante, senza vergognarsi. Daniele ha incassato, ha metabolizzato, ha inghiottito. Ha pensato di andarsene, è rimasto. Parlerò tra un po’, ha detto. Prima delle parole è arrivato quel tiro da 24 metri e settanta centimetri, quei due secondi tra il suo piede e la rete della porta avversaria. Il primo gol della stagione della Roma suo, di Danielino. Con le urla, l’esultanza, la corsa, le urla, le urla, le urla.

A Livorno, alla prima di campionato, è ricominciata una storia. Casualmente o no è successo lì, una città alla quale De Rossi ha sempre detto di essere legato. Una città che gli ha dato né la vita, né l’accento, né il modo d’essere, ma che è fondamentale: “Il mio primo ricordo non è un campo di calcio. E’ quello di una casa di Livorno dove papà giocava. Ricordo i giochini che facevo. Mia madre dice che è impossibile, che ero troppo piccolo, che avrò visto delle foto. Invece io ho ricordi nitidi: anche il primo stadio di cui ho memoria è quello di Livorno, per me era come il Maracana. I primi ricordi ce li ho legati a quella città, dove papà ha vissuto momenti felici”.
Ecco, e ora? Ha segnato un anno e tre mesi dopo. Ma c’è ancora l’Olimpico. C’è casa vera. Daniele è tornato domenica dove è un principe e dove qualcuno ha deciso di prenderlo come bersaglio. Che volevano quegli ingrati? Sono saliti sulla statua e hanno provato a fargli uno sfregio più grande. Vediamo adesso. Prima partita in casa dopo quel gol che ha chiuso una stagione difficile, sbagliata, inversa, dove qualcuno ha provato a togliergli le certezze: forse speravano che se ne andasse. Come ha fatto Roma a dare così tanto retta a Zeman? E’ stato quello l’inizio delle cattiverie su Daniele, quando non è entrato in sintonia con l’allenatore, un allenatore che considerava tutti uguali tranne uno, che non faceva differenze tra campioni e ragazzi, che pensava di gestire fenomeni come se fossero neofiti. Totti è Totti, non si discute. Ma De Rossi è De Rossi: è uno che ha cominciato nei pulcini, poi è passato agli esordienti, ai giovanissimi, agli allievi, alla primavera, è arrivato in prima squadra, ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa italiana, è campione del mondo del 2006, è vicecampione europeo, campione europeo under 21 e medaglia di bronzo all’Olimpiade di Atene 2004. E’ il romanista con più presenze in nazionale e più gol segnati. De Rossi non è uno qualsiasi. Lo sa ogni allenatore che sia un allenatore. Faceva fatica ad adattarsi alla mentalità di Zeman. Perché troppi, direi quasi tutti, hanno pensato che fosse solo colpa sua?

La verità s’è capita dopo: Zeman ha sbagliato con lui, non ha compreso il talento di Osvaldo, ha cercato di distruggere quello di Pjanic. Allora sicuri che fosse colpa di De Rossi? Eppure questo è accaduto. Daniele è sempre stato in discussione, non ha mai avuto il privilegio dell’intoccabile a prescindere: sempre tenuto come ipotetica merce di scambio o di guadagno in caso di necessità del club. E’ rimasto, per volontà sua e di allenatori che ne riconoscevano il valore. Luis Enrique, trattato molto peggio di quanto meritasse (l’esatto opposto di quanto è accaduto con Zeman) arrivò e disse: questa squadra esiste se c’è De Rossi. Stop. Lo adorava Capello, lo amava Spalletti così come Ranieri. Fuori da Roma, praticamente ogni grande club d’Europa ha cercato di prenderselo: il Milan di Ancelotti, il Chelsea di Mourinho, il Real Madrid (sempre di Mourinho), il Paris Saint-Germain (sempre di Ancelotti). Lui è rimasto: Roma per sé, per la sua storia, per la sua ambizione. Voleva vincere con la sua squadra. E’ l’unico esempio di bandiera volutamente bandiera che invece d’essere amato alla follia è amato a certe condizioni. Cioè che sia sempre al cento per cento.

Quello che è accaduto lo scorso anno grida vendetta. Daniele s’è sentito dire cattiverie immeritate, calunnie scandalose: guadagna troppo e non rende in campo, in nazionale si impegna di più, una volta era Capitan Futuro ma adesso beve ed è capitan Ceres, è un mangia-allenatori e l’ultima sua vittima è stata Zdenek Zeman, si allena quando vuole, più che a giocare pensa a frequentare i suoi amici attori. Qualche settimana fa, Luca Valdiserri, sul Corriere ha ragionato sullo strano atteggiamento che ha un pezzo di Roma e un pezzo dei tifosi della Roma con De Rossi: “Secondo una fetta di tifosi giallorossi, che da piccola si è fatta via via più grande, dovrebbe andarsene, liberare la Roma dal suo impegnativo contratto (10 milioni lordi a stagione, più incentivi, fino al 30 giugno 2017) e fare spazio a Radja Nainggolan, che sarà sicuramente un grande giocatore ma nella Nazionale del Belgio (non stiamo parlando di Spagna o Brasile) ha giocato quattro partite, tutte amichevoli. Ogni opinione è lecita e non c’è dubbio che l’ultima stagione di De Rossi, come quella di molti altri romanisti, sia stata al di sotto della sufficienza. Resta però da capire perché quello che dovrebbe essere un simbolo, adesso, è considerato un peso. Dalla nazionale, impegnata nella Confederations Cup, De Rossi ha parlato chiaro: “In azzurro non dico di essere considerato una stella, ma un giocatore molto importante. A Roma devi stare attento a come ti muovi o a quello che dici perché ti vengono attaccate addosso delle etichette vergognose. Chi calunnia è peggio di chi fa la spia. E a Roma si vive anche di certe calunnie”. Risulta comunque difficile capire come si possa essere arrivati a questo punto con un giocatore che non ha vestito altra maglia che quella giallorossa. La critica non è più tecnica, è diventata personale. Difficile dire se De Rossi resterà o no alla Roma. Ma, in fondo, non è nemmeno questa la considerazione più importante. Esisterà una Roma con o senza di lui. Ma, quando si parlerà di calcio senza più bandiere, bisognerà avere anche l’onestà intellettuale di dire che è il calcio che non le vuole più. A meno che non vincano. O non siano sempre i migliori in campo.

Daniele è rimasto. Ed è la Roma che ci ha guadagnato. Daniele ha segnato, ha esultato, ha urlato, ha corso. Con lui, dietro di lui tutta la squadra. Perché finché ci sarà Totti non sarà mai il numero uno ma resta un grandissimo per i compagni. Ora che farà la gente? Che succede se De Rossi sbaglia una partita? Il monumento non si può sfregiare in eterno. E’ già successo troppe volte. Perché è il contrario delle famiglie: qui il secondo non ha la strada spianata, no. E’ l’opposto. Altrove Daniele sarebbe stato un numero uno. A Roma, alla Roma, deve accontentarsi di essere il due. Totti non molla, Totti non mollerà: i sette anni di differenza tra Francesco e Daniele non sono un margine sufficiente a regalargli la successione. Lo sarebbero stati se Totti fosse durato meno, se avesse già smesso. La sua eternità ha fagocitato De Rossi. Capitano di un futuro che avrebbe dovuto già essere presente da tempo. Il bello è che Daniele non ne ha mai fatto un problema. Sono gli altri a sfruttare questa storia per prendersela con lui: non potendotela prendere col re, attacchi il principe. E’ la codardia dell’animo umano, oltre alla consapevolezza che esiste un codice di comportamento che esenta Totti dalle critiche a prescindere. Allora tocca a Daniele. Lui le prende, però non chiedetegli di essere contento. Non chiedetegli neanche di capire. Lui dà e riceve in cambio molto meno. E’ un tipo che sa soffrire, gliel’ha insegnato il calcio e la vita. Fortunato, ma meno fortunato di altri come lui. Mai fatto pesare a qualcuno? Parla poco e parla bene. Forse paga anche questo. Non dice cose banali, non scivola nel luogo comune, non solletica gli istinti. Lui semmai è cattivo in campo: la gomitata, il fallo, la reazione. E’ pallone vivaddio. Si prendono e si danno, anche con la scorrettezza che se beccata vale il rosso. Ne ha fatte molte, figlie quasi tutte dell’impeto e della voglia di vincere, dell’attaccamento estremo a una maglia che a volte non meriterebbe neanche tutta questa grinta. Fuori no, però. Fuori non c’è scorrettezza, non c’è neanche quel gioco furbo che fanno molti giocatori in Italia e all’estero: dico ciò che i tifosi vogliano che dica e così mi conquisto l’infinito. No, lui, non ce la fa a dire che Capello è un traditore solo perché questo è quello che gira a Roma nel popolo romanista: “Se fossi stato soltanto un tifoso sarei caduto in questo sentimento e non nego che da tifoso prima di iniziare a giocare a pallone, odiavo personaggi che poi sono diventati importantissimi nella mia vita: ero anti Juve o anti Lippi, quando poi Lippi è diventato per me quasi un padre. E lo stesso è accaduto con Capello. Se fossi arrabbiato perché lui è andato alla Juventus sarei vergognoso, perché mi dimenticherei che quando è venuto lui nella Roma io stavo negli Allievi, mentre quando è andato via stavo in Nazionale A. Vuol dire che qualcosa di buono, almeno per me, l’ha fatto”.

Parla così, Danielino. E non è un caso che la migliore intervista degli ultimi anni l’abbia fatta con Chiara Gamberale nell’autunno del 2011. In radio, in un programma che non c’entrava con lo sport, ma con la vita e con l’inconscio. Fu una confessione serena di un uomo buono, sincero, onesto. Chiara gli chiese delle cifre folli che girano attorno al calcio: “Credo che ci sia un mercato che fa i prezzi come quando fai la spesa. Il calcio muove cifre stratosferiche, i calciatori sono i primi attori, è cosi il calcio da sempre. Non è bellissimo dirlo, ma non provo sensi di colpa, mi sento un miracolato: oltre a fare un lavoro bellissimo, lo faccio a livelli altissimi e con guadagni alti. Sono fortunato, ma non mi vergogno di quanto guadagno”. De Rossi è il contrario di quanto molti abbiano voluto fare credere. Paga il prezzo di dire che oltre al calcio esiste altro. Paga l’onestà intellettuale di dire che a Roma “siamo dieci anni indietro rispetto al resto del mondo” in riferimento alla cultura sportiva e calcistica. Paga quel distacco che per la vulgata non è ammissibile se hai un ruolo pubblico come il suo. Lasciatelo in pace, una volta. Lasciatelo essere diverso dagli altri. Lasciate che lo sguardo triste che l’accompagna si trasformi in campo, che s’illumini per un gol, per un salvataggio per un assist. Vuole giocare. Vuole stare al centro: con Luis Enrique c’era quella scenetta di inizio partita con i giocatori disposti in cerchio e lui al centro a guidare il rito. Daniele è un principe senza regno, ma riconosciuto dalla corte come leader. E’ la forza del suo essere nato e cresciuto a Roma, dell’essere centrocampista, dell’essere mediano, dell’essere al centro del centro del centro del gioco. Occhio quando carica il tiro: è un compasso, una molla, una stecca. Ora valla a prendere sta palla. La ragnatela del sette è appena volata: quella è la “casetta”, dove il pallone prende alloggio e sembra che si fermi. Sta lì, che è la tua stanza. Quante volte l’ha presa. Daniele si diverte a entrare e uscire: non cerca la finezza del tiro a giro, il suo è teso e preciso. Gli altri si tengano il Pallone d’Oro. Poi però contano anche gli altri, quelli giù, sotto, defilati: quelli alla Gerrard, o alla De Rossi. Centrocampisti che segnano come attaccanti, che tengono una squadra insieme come leader, che attaccano, difendono, costruiscono, distruggono. Modesti, però tosti. Timidi, però decisi. Steven tira su la fascia da capitano, alza il calzettone, infila la maglia nei pantaloncini. Daniele strappa una manica lunga facendola diventare corta, con quell’asimmetria del look che è tutta sua e della sua scaramanzia. Poi comincia a correre. Dodici anni così, dall’esordio del 2001 a oggi. Uno che come prima apparizione della carriera subentra in una partita di Champions League non è uno normale. E’ uno che dirà qualcosa al pallone. Daniele l’ha detto. Daniele lo dice. Perché ci sono calciatori che fanno parte del presente e non ti chiedi mai quand’è che abbiano cominciato. De Rossi ha 30 anni ed è un giovane vecchio: ha compiuto dieci anni da titolare. Era il 10 maggio 2003. Esordio e gol, contro il Torino. Dieci anni di un eroe. L’enfasi stride con la sua faccia, con la sua espressione da normale, quasi banale, da ragazzo qualunque con un dono unico. La barba gli ha dato maturità d’aspetto, perché quella da calciatore non gli serviva. Forse non la vuole, neanche. De Rossi ha sbagliato tante volte e sbaglierà, sempre per lo stesso motivo: troppa voglia di vincere con la Roma.

Perché è quello: un piccolo tifoso, poi piccolo calciatore nei pulcini, negli esordienti, nei giovanissimi, negli allievi, in primavera. Poi in prima squadra. Poi come leader della squadra. Non se n’è andato per non darla vinta ai vigliacchi. Non se ne va perché pensa ancora di poter vincere con quella maglia che troppi hanno cercato di strappargli via: “Nasco tifoso della Roma. Da bambino sognavo lo scudetto. Ci stavo dentro a quel sogno, era a mia misura, mi sembrava possibile. Poi è finita che ho vinto il Mondiale e che lo scudetto sto ancora ad aspettarlo”. E’ questo il centrocampo di De Rossi, questo il tiro da 24 metri e settanta centimetri. E’ un traguardo, difficile, impossibile, talmente impossibile che smette di essere un obiettivo e ti libera dai pesi. Gli altri? Che si fottano. Capitano o no, chissenefrega. A trent’anni si fanno i conti solo con un pezzetto di futuro. Nel pallone può essere il migliore
giove(R)
00mercoledì 4 settembre 2013 11:02
mamma mia ... ho smesso dopo due capoversi di leggere questo crogiuolo melassato di infedele ricostruzione infarcita di epicismi fuori luogo.

ecco un altro esempio di ciò che dicevo a proposito del mix di disonestà, incompetenza, falsità, disamore e disonore per la realtà dei fatti, questo concentrato di virtù negative che tanto sembra caratterizzare la stragrande maggior parte dei giornalisti.

De Rossi ha fatto 4 anni da schifo. li ha buttati. e ciò è stato visibile ed evidente come il Gabibbo su una lastra di ghiaccio, sin dai primi match del suo calo. che ripeto, chi ha visto e sa vedre il calcio, risalgono a ben 4 anni fa.
c'è chi tentò di mascherare e insabbiare l'evidenza, chissà poi perchè, perchè forse non si può parlare con schiettezza e onesta asciuttezza di pallone...
chi si aggrappò agli "8 gol segnati" (o quanti erano) in una stagione dove a parte i gol (per di più almeno la metà inutili) trascinò la propria ombra per il campo.
chi si appellò al Romanismo, come se questo bastasse a renderti un Campione e allora tra amici e parenti di Campioni ne avrei da presentare ai talent scout...
chi pompò come non si pompano nemmeno le mucche da allevamento industriale, come non si anabolizzò nemmeno Armstrong, "la grande annata con Luis Enrique"... un'ananta, che poi sono 2 mesi, massimo tre, giocati sul 6 meno, per poi tornare al 4,5 - 5 fisso degli ultimi QUATTRO ANNI.

chi è stato onesto, nel bene e nel male, ha scritto QUATTRO ANNI FA che De Rossi era diventato l'ombra si se stesso.
e chi è onwesto, nel bene e nel male, ci mette meno di 90 minuti con il Verona, per notare, così come QUATTRO ANNI FA lo fece in negativo, che De Rossi aveva fatto una partita (che da sola ne vale 8 presunti partitoni giocati con Luis Enrique) che ricordava un ragazzo biondo e straordinario PERSOSI QUATTRO ANNI FA e di cui non si avevano più tracce.

giornalisti come questo scarzacani disonesto mistificatore, oltre il calcio infangano anche l'onestà.
jandileida23
00mercoledì 4 settembre 2013 11:21
Ma 'sto tizio non avrà mai visto una partita della Roma, penso. è il solito articolo scritto per sentito dire in stile Brera de quattro soldi. Ma poi mò il Foglio c'ha pure le pagine sportive? Meglio si può incartare più pesce così
lucaDM82
00mercoledì 4 settembre 2013 12:52
troppo forte quando dice:"zeman non ha compreso il talento di osvaldo" [SM=x2478856]
lucolas999
00sabato 14 settembre 2013 10:44
Questi sono gli articoli che piacciono, quelli che rimangono dentro.
La mattina dopo di solito poi li espelli dopo il caffè.....

IL MESSAGGERO (M. POLISANO) - A Casalpalocco, il quartiere verde disteso tra Roma e il mare, c’è un nuovo inquilino vip: l’allenatore della Roma, Rudi Garcia. Il mister giallorosso ha preso casa davanti al cosiddetto Centro commerciale vecchio, proprio all’ingresso del quartiere dalla via Cristoforo Colombo. Ed è l’ultimo arrivato in una zona che oltre al verde della fitta e ben curata vegetazione si caratterizza da sempre con i colori giallo e rosso. Sono quasi una decina, infatti, i calciatori che vivono nel comprensorio tra Palocco, l’Axa e l’Infernetto: Michael Sheehan Bradley, Leandro Castan, Benatia, Burdisso, Pjanic, Gervinho e Perrotta. Al suo seguito il trainer francese, ha portato il vice Frederic Bompard, che è anche vicino di casa.


LE ABITUDINI
Garcia è diventato subito una star tra i residenti di un quartiere che si è sempre distinto per il riserbo. L’allenatore conduce una vita discreta, senza esibizionismi o partecipazioni a feste ed eventi mondani. Alcuni vicini lo hanno notato salire e scendere da un'Audi scura e i suoi spostamenti sono quasi sempre in funzione dell’attività professionale. Spesso va a trovare il suo vice che abita a pochi metri di distanza, la mattina all’uscita di casa in direzione di Trigoria si ferma all’edicola di via di Casalpalocco ma è raro che scambi battute, benché il mister parli correttamente anche l’italiano oltre allo spagnolo e al francese. La sera spesso va a mangiare al ristorante "La Locanda" al centro commerciale ”Le Terrazze".
Difficile vederlo al bar: non è amante del caffè, tanto che lo ha vietato anche ai suoi giocatori soprattutto in ritiro. L’edicolante, rigorosamente romanista, è inevitabilmente orgoglioso di avere tra i suoi clienti l’allenatore della sua squadra del cuore. E gli è successo anche di aver espresso personalmente a Garcia questa sua passione. «Pochi giorni fa - racconta divertito il giornalaio - avevo esposto dei palloni da piscina giallo-rossi e Garcia ne ha comprato uno per la figlia. A quel punto m’è scappato un ”Bravo, mister, così ci capiamo” e lui mi ha risposto con un sorriso».


LA DONNA MISTERIOSA
Nel clima di generale discrezione, è ancor più proibitivo carpire particolari della vita personale del trainer della Roma. Com’è noto Garcia è separato dalla moglie e il gossip vuole che a giugno, prima dell’arrivo sulla panchina giallorossa, abbia interrotto la relazione anche con la sua fidanzata, la bella Maud Schatteman, ventiquattro anni, originaria di Lille, una soubrette televisiva in Francia. Da quando è a Casalpalocco raramente il mister si fa vedere in giro con donne ma pare che ci sia una frequentazione piuttosto assidua con una signora bionda, la stessa che nel giorno dell’esplosione della tubazione di gas, è rimasta imprigionata sulla sua auto nelle chiusure al traffico disposte per sicurezza nel quartiere. Le tre figlie, Carla, Clara e Lena, non hanno seguito il padre a Roma e sono rimaste con la madre in Francia.


L’ACCOGLIENZA
«Salutiamo con grande soddisfazione l’arrivo del mister - commenta Antonio Ronco, presidenti dei commercianti di Casal Palocco - La sua presenza è la riconferma che questa è un’oasi di pace e di riservatezza. E speriamo che il clima sereno del quartiere lo ispiri per tante importanti vittorie in giallorosso». E detto da uno juventino doc, è davvero un augurio che vale doppio.


PS Giove non lo andare a molestare [SM=x2478856]
ShearerWHC
00lunedì 21 ottobre 2013 23:49
Credo sia anche inutile commentare Padovan, giusto?
lucaDM82
00martedì 22 ottobre 2013 13:52
La cosa fika e' che viene pagato per intervenire a retesport.a questo punto spendessero i soldi per mettere su una trasmissione sulla lazio.
giove(R)
00martedì 22 ottobre 2013 14:23
veniva. fino alla scorsa stagione.
lucolas999
00martedì 22 ottobre 2013 18:19
È un poveraccio caduto in disgrazia che cerca di farsi notare
lucaDM82
00martedì 22 ottobre 2013 19:49
Re:
giove(R), 22/10/2013 14:23:

veniva. fino alla scorsa stagione.


ah,pure vigliacco allora.
cmq si',un po' antiromanista un po' vuole farsi notare.
Ricordo che in passato è sempre stato cosi' odioso,poi si era dato una calmata,alla fine è uscito di nuovo fuori quello che è realmente.



Sound72
00martedì 22 ottobre 2013 20:49
lo sto sentendo ora a sportitalia..."il tottismo è una malattia incurabile"..

mammamia
lucaDM82
00martedì 22 ottobre 2013 22:35
Chissà se lo considera almeno un buon giocatore o comunque degno di giocare in serie A.
Sound72
00venerdì 25 ottobre 2013 00:22
Francesco Repice su Totti: “Giancarlo Padovan, ecco perchè è un campione”

“Qualche piccolo rilievo alle parole del mio collega Giancarlo Padovan per il quale Francesco Totti non sarebbe nè un campione nè un fuoriclasse. Il pulpito mi sembra di indubbia autorevolezza, per questo motivo merita una risposta. Francesco Totti non solo è un campione, non solo è un fuoriclasse, ma è anche il più forte giocatore italiano di tutti i tempi. Se non bastassero i numeri a certificarlo, basterebbe analizzare quanto e come le sue prestazioni siano state decisive per le sole due squadre in cui ha militato: Roma e Nazionale. Nella prima ha alzato di un buon 50 per cento il tasso tecnico rappresentando il picco di un complesso in qualche stagione eccelso, in molte altre sicuramente non in grado di competere ai massimi livelli. Grazie a Francesco Totti quelle stagioni sono state comunque degne di essere ricordate, con riferimento particolare ai campionati delle due fallite rimonte all’Inter dei record.
Nella Roma in cui ha esordito, la Roma di Carlo Mazzone, è riuscito, a poco più di 17 anni, ad esaltare le doti di giocatori di indubbio valore come Balbo e Fonseca, ma anche quelle di giocatori che non passeranno alla storia di questo sport; nella Roma di Zeman è stato capace di inventarsi ala sinistra pura interpretando il ruolo in modo sublime; nella Roma di Capello è stato l’unico a non ruotare nel settore offensivo che pure annoverava campioni del calibro di Batistuta, Montella e Delvecchio; nella Roma di Spalletti e Ranieri, come ricordato, ha scandito i tempi di due rimonte incredibili; in quella di Luis Enrique, dopo un goffo tentativo di emarginazione ispirato da chissà quali segrete stanze, è tornato immediatamente protagonista a furor asturiano; nell’ultima Roma zemaniana è stato tra i pochi a salvarsi dal disastro palesando una condizione atletica di gran lunga superiore a giocatori con 20 anni di meno; in quella attuale guidata da Rudi Garcia sta letteralmente strabiliando, tanto da richiamare su di sè l’ovvia attenzione di Cesare Prandelli.
Nazionale: senza contare le prodezze nell’Under 21, Francesco Totti ha fatto parte di una squadra, quella del 2000, in cui sfiorò, da protagonista assoluto il titolo europeo ed in cui passò alla storia per un beffardo “cucchiaio” nella semifinale di Amsterdam contro l’Olanda. Nell’atto conclusivo e sfortunato di quella competizione, risultò, come in tutte le partite precedenti, il migliore in campo. Dopo aver letteralmente guidato la Nazionale di Trapattoni nelle qualificazioni al mondiale nippo-coreano, Francesco Totti riuscì, nonostante la sciagurata esperienza con il signor Moreno, ad incantare sfornando assist a ripetizione per i suoi compagni di squadra nelle partite contro Ecuador, Messico, Croazia (due pali con una sola punizione) e Corea del Sud.
Per verifica ci sono gli archivi. Dopo aver letteralmente portato gli azzurri all’europeo portoghese, cadde nel tranello tesogli premeditatamente grazie ad un cameraman compiacente ed alla volgari provocazioni di tale Polvsen. Vale la pena ricordare come la Nazionale di Lippi conquistò la qualificazione ai mondiali di Germania? Per chi dovesse rispondere si, ricordiamo che in tutte quelle partite Francesco Totti non scese mai sotto il 7 nei voti di tutti gli inviati al seguito degli azzurri. La storia di quel mondiale fu segnata dal tremendo infortunio del febbraio 2006.
Ciononostante, Francesco Totti risulta, per le statistiche Fifa, il secondo miglior assist man del torneo dietro all’argentino Saviola, considerando che la seleccion segnò 7 reti alla Serbia- Montenegro. Tutto questo ovviamente rigore anti-Australia a parte. Io spero che Francesco Totti possa tornare a vestirsi d’azzurro in Brasile. E ti assicuro Giancarlo che non sono il solo a pensarla così e credo, a buona ragione. che in molti nello spogliatoio dell’Italia la vedano come il sottoscritto. Per molte ragioni.
Detto questo: quattro ruoli ricoperti ed interpretati al massimo livello nazionale ed internazionale: trequartista, seconda punta, prima punta e centrocampista puro.
Tecnica individuale, destro, sinistro, colpo di testa, forza fisica; calci piazzati. Non esiste un fondamentale in cui Francesco Totti non rasenti ed in qualche caso superi l’eccellenza. Con il trascurabile particolare di 280 gol a corredo del tutto…..
Comportamento: anche qui bisognerà sfatare qualche malizioso luogo comune. Dello sputo a tale Polvsen abbiamo detto, del calcione a Balotelli (che credimi Giancarlo è ancora molto lontano dall’essere forte come Totti) pochi hanno ricordato il modo (comunque sbagliato) in cui si perpetrò il misfatto; Balotelli insulta, Totti lo insegue e lo scalcia senza sotterfugi mostrando platealmente le sue intenzioni. Ripeto, grave errore, ma evidente, palese, alla luce del sole, come solare è il carattere del numero 10 della Roma, mai incline agli “zeroazero” e alle leccate nei confronti di giornalisti-allenatori-potenti. Altrettanti sputi (Van Basten) o passeggiate sul corpo degli avversari con annesse testate (Zidane) non hanno impedito l’assegnazione di sacrosanti Palloni d’Oro.
Il cittadino Francesco Totti per giunta ha avuto slanci concreti per la sua città e le persone bisognose della sua città che in pochi conoscono per sua stessa richiesta
Ma queste, Giancarlo, sono cose che poco attengono al gioco del pallone. Un gioco che in Italia non ha mai avuto un protagonista come Francesco Totti, criticato persino in virtù della sua voglia di rimanere sempre con una maglia indosso. Bandiera, oltre tutto. Come se questo fosse un limite e non un merito.
Con immutata stima FRANCESCO REPICE”.

[SM=g10633]
giove(R)
00lunedì 28 ottobre 2013 11:14
eh ma repice è romanista.

io di Padovano non ho letto nulla. di solito qualcosa di chi non la pensa come me, o fa parte di schieramenti o scuole o idee diverse, non solo me lo leggo, ma me lo vado anche a cercare. così per capire, conoscere "il tuo nemico"...
ma in questo caso non si tratta di gente stimabile, ma di ...Padovan...
Padovan è un isterico palesemente in equilibrio precario con la sua anima border.
l'ho sentito e letto più volte trasformarsi, travestirsi, dare di matto, partire per filippiche spropositate.. so benissimo com'è fatto.
lo conosco dai tempi di radio radio e contemporanee farse al Processo (quello dei tempi d'oro, quello telecomandato da Moggi), l'ho "apprezzato" da direttore di Tuttosport vomitare sulla Roma e poi, trasportato su retesport, addolcirsi e "prestarsi" alla sponda imbonitrice.

ne conosco per filo e per segno ogni piega della sua doppiezza e falsità. non solo del suo bipolarismo.

un altro emblema che non merita risposte e dettagli, perchè e percome?
"Totti non è un Fuoriclasse" potrei pure arrivare a concepirlo che nella testa di un ipercritico incallito, purista, altolocato calcisticamente il titolo di "Fuoriclasse" vnega centellinato a tal punto...
finire però a "Totti non è nemmeno un Campione" .... credo che sia più eloquente di mille parole.
Sound72
00venerdì 1 novembre 2013 13:22
www.gazzetta.it/Calcio/Squadre/Roma/31-10-2013/roma-primato-serie-unica-ma-lazio-arrivo-14-2014819210...

che pena la Gazzetta...

il record del torneo Acli hanno tirato fuori..manca solo il Dopolavoro Cotral in quel girone..

ma poi record di vittorie ...superando due volte la Roma nel 1913/14??
ma quale Roma se è stata fondata nel 1927?

ma un pò di vergogna prima de scrive ste stronzate non la provano?
jandileida23
00venerdì 1 novembre 2013 15:15
SI dice pure che nel 1487 la squadra de Lorenzo il Magnifico, il Sei Palle Audax, non perse manco una partita nel campionato regionale di calcio fiorentino contro il Pisa, il Pontremoli, il San Gimignano e il Figline Valdarno...mortacci loro, non sanno proprio più a che attaccasse. Io gli consiglierei di provare con un bel cazzo, che garantisce sempre un certo grip.
lucaDM82
00venerdì 1 novembre 2013 17:54
nemmeno guido de angelis arriverebbe a tanto.
giove(R)
00martedì 21 gennaio 2014 17:02
tra Ferretti e Torri non si sa chi è più medioman.
è un testa a testa ogni volta che si parla di riferimenti ...artistici, citazioni ...dotte.
vanno a parare puntualmente nel più trito, ritrito e inflazionato.

ultimo esempio, l'articolo di oggi di Mimmetto ha come titolo: "la grande bellezza"...

e in coppia Grande Pochezza.
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