Un piattume totale.
Le attrici, per fortuna salvano quello che sarebbe stato
il flop dei flop di un artista, che, piaccia o meno,
ha da dire la sua e con i suoi modi.
Non ho trovato passione, nè coinvolgimento emotivo.
Troppi eventi senza profondità che non danno identità al film
(è un noir? un film di sentimenti? cosa vuol essere o non vuole
essere?).
Donne, donne, cumuli di donne, tra le quali spicca senza ombra
di dubbio una rediviva Sofia Loren spagnola
(che trovo più appropriata di Anna Magnani come avvicinamento).
Per l'amor del cielo, ben vengano le donne, anzi! Bellissime
figure.
Solo che qui è tutto un rimpianto di ciò che non è stato. Gli argomenti
son spiattellati così frettolosamente e troppo concentrati
in poco tempo.
Ma non mi venite a dire che questi son film da far premiare
a Cannes. Ok per le attrici, ma nel complesso due o tre belle
inquadrature non fanno un bel film.
Almodovar non è tra i miei preferiti ma ho sempre visto
volentieri i suoi film da quelli con toni più sparati a
quelli più tenui. "
I fantasmi non piangono" segna come battuta l'epilogo del film.
Ma cosa vuol dire? Cosa mi hai voluto dire? Boh...
E vi riporto anche due righe di una mia amica che scrive
per la redazione spettacolo di
www.complicazionecosesemplici.com/
Le prefiche di Pedro
Come in un dipinto di Gustav Klimt, tutte le tre età della donna- e forse qualcuna in più- trovano voce in questa storia d’ambientazione madrilena piena di colori, borse tarocche firmate Louis Vuitton in vera finta pelle, gambaletti antisesso e profumo invadente di ammoniaca di tinta per i capelli. Su tutte le donne del film campeggia magnetica Raimunda, interpretata da una irreprensibile Penelope Crus, cui il piccolo ritocco al setto nasale ha donato un’ aria meno arcigna ed una sensualità di mamma mediterranea che mai le si era vista così ben pennellata in volto. E’ un film corale, di donne che sanno di cactus e cedro, sempre indaffarate e con le mani sporche di farina, che hanno imparato a difendersi dagli uomini e col tempo sono riuscite a farne a meno. Senza rancore. Porgendosi vicendevolmente aiuto. Perdonandosi e scambiandosi colpe e favori. Senza zapateriana retorica moderna. Non è un film sul femminismo, ma un film sulla femmina. Entrata con molto scetticismo in sala, ne sono dovuta uscire un po’ sconfitta nei miei pregiudizi sull’autore. Finalmente un film di Almodovar sincero,senza toni grotteschi e sorpassati da film che tenta per l’ennesima volta di scimmiottare “Il vizietto”, senza piume di struzzo e gay uterini, ma una storia mediterranea e possibile seppure con qualche episodio un po’ esagerato di cruda realtà. Fra le scene migliori, quella in cui Soledad, sorella presumibilmente minore di Raimunda/Penelope, fa il suo ingresso timoroso nella sala della grande casa della neo defunta zia Paula e vi trova, vetuste e lamentose, le donne del paese: prefiche all’azione. Una scena di qualche secondo in cui, con inquadratura dall’alto, come un’onda frettolosa e strattonante, il gruppo delle anziane signore vestite a lutto,a turno si avventa con grazia tipica di vedova del sud sulla giovane ragazza prendendola per le spalle per donarle il bacio delle più sentite condoglianze. Alcune di loro non sa neppure chi stia baciando. Ma l’importante è rispettare l’antico rituale. In quel momento, unico rumore di scena che sovrasta uno strisciante incomprensibile chiacchiericcio,è lo sfregarsi di rosari di legno, ventagli e ciabatte, tutto rigorosamente di funereo colore nero. Un film che può commuovere, ma questa volta senza forzature a calcare la mano sopra quel tipico senso del dramma che solo il popolo spagnolo ha in sé, che non può essere paragonato a quello italiano, più concreto e pragmatico, né a quello francese, più esistenziale e composto. Il sentire tragico spagnolo è latente, invadente, onnicomprensivo. E’ totalizzante ed ingoia persino i momenti di svago e quelli di serenità. Persino la siesta, il sesso, la musica leggera ne sono impregnati. Ma questa volta Almodovar ha saputo tenersi lontano dagli eccessi e, pur parlando di morte, incesto, difficoltà economiche e malattia, questo sentire spagnolo del dramma ce lo ha risparmiato e non posso che rendergliene atto e grazie.
Sabina Incardona