Voglio Denunciare un Genocidio

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vanni-merlin
00lunedì 6 novembre 2006 19:11
Fonte: The Independent [ news.independent.co.uk/world/fisk/article1870851.ece ] Data: 14 Ottobre2006 Autore: Robert Fisk *

Voglio Denunciare un Genocidio


All’improvviso davanti a me si sono aperte quelle fosse comuni armene.


Questa è stata una brutta settimana per quelli che negano l’Olocausto. Sto parlando di quelli che ostinatamente mentono sul genocidio di 1,5 milioni di cristiani armeni da parte dei turchi ottomani nel 1915. Giovedì scorso la Camera francese ha approvato un disegno di legge che dichiarava reato negare che gli armeni abbiano subito un genocidio. E, nel giro di un’ora, il più celebre scrittore turco, Orthan Pamuk (solo di recente assolto da un tribunale turco dall’accusa di aver insultato la “ turchità” (sic) dichiarando ad un giornale svizzero che in Turchia nessuno osava fare cenno ai massacri degli armeni), riceveva il premio Nobel per la letteratura. Nelle fosse comuni sotto i deserti siriani e nel sottosuolo del sud della Turchia, forse qualche anima si è sentita confortata.



Mentre la Turchia continua a blaterare della propria innocenza (l’uccisione sistematica di centinaia di migliaia di armeni maschi e delle loro donne stuprate in gruppo viene spacciata per il triste effetto di una guerra civile), degli storici armeni come Vahakn Dadrian continuano, con una dedizione da archeologi, a scoprire prove di questo premeditato Olocausto - sì, merita la maiuscola, essendo il diretto precursore dell’Olocausto degli ebrei, i cui ideatori nazisti erano in Turchia nel 1915.



Le vittime armene furono uccise con pugnali, spade, martelli e scuri per risparmiare le munizioni. Annegamenti di massa furono effettuati nel mar Nero e nell’Eufrate, principalmente di donne e bambini, talmente tanti che l’Eufrate si intasò di cadaveri e deviò il suo corso di forse mezzo miglio. Ma Dadrian, che parla e legge correntemente il turco, ora ha scoperto anche che decine di migliaia di armeni furono bruciati vivi nei fienili.



Ha scoperto una dichiarazione giurata, presentata alla corte marziale turca che alla fine della prima guerra mondiale indagò per breve tempo sulle uccisioni di massa, un documento scritto dal generale Mehmet Vehip Pasha, comandante della Terza Armata turca. Egli testimonia che quando visitò il villaggio di Chouring (in armeno “piccola acqua”), trovò le case piene di scheletri umani bruciati, stipati così strettamente che stavano in piedi. “In tutta la storia dell’Islam”, scrisse il generale Vehio, “non si può trovare un esempio di uguale ferocia.”



L’Olocausto armeno, ora così “impronunciabile” in Turchia,non era un segreto per la popolazione delle campagne nel 1918. Milioni di turchi musulmani hanno portato testimonianza delle deportazioni di massa di tre anni prima – alcuni, con enorme coraggio, protessero i vicini e gli amici armeni, a rischio della vita delle loro stesse famiglie musulmane – e il 19 ottobre 1918, Ahmed Riza, eletto presidente del senato turco, e in precedenza sostenitore dei leader dei Giovani Turchi che avevano commesso il genocidio, osservò nel suo discorso inaugurale: “Ammettiamolo, noi turchi abbiamo sterminato gli armeni ferocemente (‘vahshiane’, in turco)”.



Dadrian ha spiegato nel dettaglio come dal ministro degli interni turco Talat Pasha venissero emessi, nello stile nazista, due gruppi di ordini. Uno ordinava con sollecitudine la fornitura di pane, olive e protezione per i profughi armeni, ma un gruppo parallelo dava istruzioni ai funzionari su come “procedere nella missione”, appena i convogli di profughi fossero abbastanza lontani dai centri abitati da avere pochi testimoni degli assassini. Come fu testimoniato il 19 novembre 1918 dal senatore Reshid Akif Pasha: “La ‘missione’ nella circolare era: attaccare i convogli e massacrare la popolazione… mi vergogno come musulmano, mi vergogno come statista ottomano. Che macchia sulla reputazione dell’Impero Ottomano, questi criminali…”.



Che cosa straordinaria che dei dignitari turchi potessero dire queste verità nel 1918, potessero ammettere pienamente nel loro stesso parlamento il genocidio degli armeni, e potessero leggere sui giornali turchi degli editoriali sul grande crimine commesso contro i cristiani. Però quanto più straordinario che i loro successori oggi insistano che tutto questo è una leggenda, che chiunque dica nella Istanbul di oggi quello che gli uomini del 1918 ammettevano, si vedano minacciati di incriminazione sulla base della famigerata legge 301 sulla “diffamazione della Turchia”.



Non so se i negatori dell’Olocausto, nella versione anti-armena o anti-semita, dovrebbero essere messi sotto processo per le loro chiacchiere, David Irving è un “martire” della libertà di parola particolarmente sgradevole, e non sono affatto sicuro che la multa di un franco a Bernard Lewis in una corte francese, per aver negato il genocidio armeno in un articolo su Le Monde nel 1993 sia servito a molto di più che a fare un po’ di pubblicità ad uno anziano storico il cui lavoro va diventando sempre più scadente con gli anni.



Ma è gratificante sentire che il presidente francese Jacques Chirac e il suo ministro degli interni Nicolas Sarkozy , hanno entrambi dichiarato che la Turchia dovrà riconoscere la morte degli armeni come un genocidio prima di poter entrare nell’Unione Europea. E’ vero, la Francia ha una potente comunità di mezzo milione di armeni.

Ma, significativamente, questo coraggio non l’hanno avuto né Lord Blair di Kut al-Amara né l’Unione Europea nel suo insieme, che, in modo vile e infantile ha argomentato che il nuovo disegno di legge francese, se passerà al senato, “comprometterà il dialogo” necessario tra la Turchia e l’attuale Armenia.

Mi chiedo quale sia il significato recondito di questa affermazione. Niente più discorsi sull’Olocausto degli ebrei per non intralciare la “riconciliazione” tra la Germania e gli ebrei europei?

Ma all’improvviso, la scorsa settimana le fosse comuni armene si sono aperte davanti ai miei occhi. Il mese prossimo i miei editori turchi stamperanno il mio libro The Great War for Civilisation in lingua turca, completo del lungo capitolo sul genocidio degli armeni intitolato “Il Primo Olocausto”. Giovedì ho ricevuto un fax dall’Agora Books di Istanbul. Diceva che secondo i loro avvocati è “molto probabile che saranno incriminati ai sensi della legge 301”(che proibisce la diffamazione della Turchia e che gli avvocati della destra tentarono di usare contro Pamuk), ma che, in quanto straniero, io ero “fuori portata”.



Personalmente dubito che i negatori dell’Olocausto della Turchia oseranno toccarci: ma, se ci proveranno, sarà un onore stare sul banco degli imputati coi miei editori turchi, per denunciare un genocidio che fu condannato perfino da Mustafa Kamel Ataturk, il fondatore del moderno stato turco.




* Robert Fisk è il corrispondente dal Medio Oriente del quotidiano The Independent.

Vive da oltre 25 anni a Beirut. Il New York Times lo ha definito “probabilmente il più famoso corrispondente estero della Gran Bretagna”.

Collabora regolarmente anche col sito ZNet e con The Nation.

E’ autore di The Great War for Civilisation - The Conquest of the Middle East( Londra, Fourth Estate, 2005).
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