Venezuela, Maduro eletto presidente col 50,66%.

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cubaa360gradi
00lunedì 15 aprile 2013 10:24
Capriles non ammette sconfitta: "Riconteggio"

Vittoria risicata del delfino di Chavez sul candidato dell'opposizione che non riconosce i risultati ufficiali. Il Consiglio nazionale elettorale fa appello ai cittadini affinché rispettino il responso delle urne. Tensione altissima a Caracas e accuse reciproche di irregolarità

Vittoria di un soffio quella di Nicolás Maduro, l'ex autista di autobus ed ex ministro degli esteri, che Chavez indicò come suo successore prima di morire lo scorso 5 marzo. Maduro ha ottenuto il 50,66% dei voti (7.505.000) nelle presidenziali di ieri mentre il candidato dell'opposizione, Henrique Capriles, si è fermato al 49,07% (7.270.000). E' un risultato che apre una stagione di grande incertezza e instabilità in Venezuela e che non è stato riconosciuto dal leader dell'opposizione che ha già chiesto il riconteggio dei voti ed ha annuciato di essere in possesso di risultati diversi da quelli annunciati dal Consiglio nazionale elettorale.

Nel giro di appena sei mesi dal 7 ottobre dell'anno scorso quando Chavez, già segretamente molto malato, venne riconfermato alla presidenza, il suo successore ha perso 700mila voti, più o meno tutti quelli guadagnati dal candidato dell'opposizione.

In un altro paese una vittoria così stretta non sarebbe un problema, ma in Venezuela da anni si affrontano apertamente due sistemi molto diversi di società. La "rivoluzione bolivariana" di Chavez, che puntava alla costruzione di un nuovo socialismo, e la democrazia liberale che i suoi oppositori volevano restaurare. Negli anni, Chavez e il suo movimento, hanno occupato tutto quel che c'era da occupare: i mass media, la holding del petrolio, il consiglio nazionale elettorale, la Corte suprema. Ora,

con 235mila voti di vantaggio, non sarà facile sostenere la legittimità di una trasformazione sociale così profonda. "E' lei lo sconfitto", ha detto Capriles a Maduro, insistendo sulla necessità del riconteggio dei voti, urna per urna.

Lo scenario che esce dal voto, qualunque sia il risultato finale, è quello di un paese spaccato perfettamente in due fronti che non hanno alcuna intenzione di fare compromessi. Ma mentre l'opposizione, con Capriles, continua ad avanzare, il movimento chavista si disfa. Già Chavez, sei mesi fa, aveva ottenuto il peggior risultato in 14 anni di potere. Maduro ha fatto peggio ed ora, anche all'interno del suo partito, il Psuv (partito socialista unito del Venezuela), rischia di perdere autorità nonostante sia stato scelto dal caudillo che non c'è più. Diosdado Cabello, il potente presidente del Parlamento che prima della morte di Chavez contendeva a Maduro la leadership bolivariana, ha chiesto "un'autocritica" di sovietica memoria.

Dal 1998 Chavez perse in Venezuela una sola volta, in occasione del referendum costituzionale del 2007. Ma quella volta la sconfitta fu figlia dell'astensione. Oggi il panorama è diverso. Settecentomila voti sono emigrati da un fronte all'altro. Avvisaglie di un malessere e di una società che sopporta sempre meno la retorica di regime, l'occupazione dello Stato e la gestione senza trasparenza alcuna dei fondi pubblici.

"La mia vittoria dimostra che Chavez vive e continua a vincere le sue battaglie", ha detto Maduro parlando dal palazzo presidenziale di Miraflores, a Caracas. Ma sullo sfondo le scelte che dovrà affrontare saranno decisive. L'eredità economica della gestione di Chavez è pesante. La sua battaglia contro l'iniziativa privata ha trasformato il Venezuela in un paese che produce sempre meno e importa sempre di più. Gli economisti lo chiamano "il male olandese", quello che colpisce i paesi beneficiati dal possesso di grandi risorse energetiche. Per riprendersi il Venezuela dovrebbe cambiare strada utilizzando i fondi del petrolio per ricostruire il suo tessuto industriale investendo nelle infrastrutture. Tutto il contrario di quello che vuole fare Maduro nel nome di Chavez, il "comandante invincibile" che gli ha lasciato in eredità un rompicapo.
(15 aprile 2013)
umbertoumbriano
00mercoledì 17 aprile 2013 08:29
E inizia la mattanza...per adesso ne sono morti 7, se verrà permesso il corteo di Capriles che chiede il conteggio "voto per voto", visto che l'elettronica in tal senso è fallace ed addirittura dichiarata illegale in Germania, l'autista d'autobus avrà l'occasione per farne fuori un po' di più.
cubaa360gradi
00venerdì 19 aprile 2013 07:39
Venezuela, “evitato il golpe”. Destra tenta ribaltone dopo debole vittoria Maduro

Dopo 14 anni di sconfitte in 18 elezioni l'opposizione cerca di sfruttare i deboli risultati elettorali dell'erede di Chavez apre dighe politiche di ogni genere a destra. Ovvio che qualsiasi piano, anche quello estremo di usare i militari, si sia accelerato in queste ore. Non sarà facile per l’opposizione fare breccia tra i militari, ma pare che ci stiano provando in molti


Si sta avvitando in una pericola spirale la crisi politica venezuelana. Nella notte tra lunedì e martedì è stato evitato per un soffio un golpe in partenza da Maracaibo, regione petrolifera. La notizia, non confermata ufficialmente, viene da due fonti di segno politico opposto. Si moltiplicano in queste ore le chiamate alla lealtà e al rispetto dei doveri dell’esercito. I timori di un golpe, sempre nell’aria ma scongiurato dal governo attraverso un drastico repulisti compiuto da Hugo Chavez nelle file militari dopo il colpo di stato subito l’11 aprile del 2002, si sono riaffacciati da domenica scorsa. Non è solo propaganda chavista, non si tratta solo di semplice tattica per mantenere mobilitati gli attivisti. La vittoria di Nicolas Maduro, designato dall’ex presidente Chavez per la successione, è stata più debole del previsto. La destra venezuelana sta tentando di rialzare la testa dopo 14 anni di sconfitte in 18 elezioni (ha incassato solo un buon risultato in 18 sfide elettorali, quando nel dicembre 2006 fu bocciata da referendum popolare una nuova Costituzione che modificava in senso socialista l’impalcatura isituzionale). Dopo tante batoste la vittoria stretta di Maduro apre dighe politiche di ogni genere a destra. Ovvio che qualsiasi piano, anche quello estremo di usare i militari, si sia accelerato in queste ore. Non sarà facile per l’opposizione fare breccia tra i militari, ma pare che ci stiano provando in molti.

Da ieri sono pronti due ordini d’arresto per Henrique Capriles e Leopoldo Lopez. Capriles è il capo dell’opposizione, sconfitto da Nocolas Maduro per 262.473 voti. Entrambi di estrema destra, entrambi legati al falangismo armato. Capriles, che si è rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro e gli chiede il riconteggio dei voti cartacei, è indicato dal governo insieme a Lopez, referente politico dei paramilitari, come il responsabile degli scontri degli ultimi due giorni in cui, secondo i dati ufficiali, sono morte sette persone.

I consiglieri più accorti del presidente stanno spingendo perché l’ordine non venga emesso. “Non creiamo degli eroi, a cosa ci serve?” si raccomandano visibilmente esausti. In Venezuela il sistema di voto elettronico prevede l’emissione di una scheda, una sorta di scontrino cartaceo, a voto avvenuto. L’elettore vota prima elettronicamente, poi prende lo scontrino di carta e lo deposita in un’urna. Tutti gli osservatori internazionali (di tre organizzazioni diverse: quella latinoamericana di Unasur, quella nordamericana del centro Carter e quella internazionale del Consiglio nazionale elettorale) hanno publicamente riconosciuto la correttezza delle operazioni di voto. Capriles ha comunque chiesto il riconteggio, Maduro gliel’ha negato e da lì sono partiti gli scontri. Non si è trattato di battaglie aperte tra i bracci armati dei due schieramenti, bensì di un’ondata di aggressioni a sedi del partito di governo, a singole persone che stavano festeggiando la vittoria, di assedi a case private. La casa della presidente del Consiglio nazionale elettorale, considerata dall’opposizione di parte, è stata tenuta sotto assedio per ore.

Martedì Maduro ha inasprito i toni, provocando a sua volta l’avversario e citando Cuba, la bestia nera dei peggiori incubi dell’opposizione, almeno un paio di volte in ogni discorso pubblico. La rapida precipitazione verso il confronto armato sembra però rallentarsi. Un balsamo sono state le dichiarazioni favorevoli al governo arrivate dall’estero. Non solo la reiterazione dell’appoggio totale del Brasile, una manna dal cielo per il governo venezuelano, ma il riconoscimento, da parte della Spagna, di Maduro come presidente legittimo. Molto allarme aveva creato il disappunto mostrato dal ministro degli esteri di Madrid subito dopo l’elezione. La Spagna – seguita a ruota dal portavoce del Fondo monetario, poi da quello del dipartimento di stato statunitense e infine da quello del governo colombiano – fu il primo Paese nell’aprile del 2002 a riconoscere come legittimo il governo golpista che aveva fatto sequestrare Hugo Chavez e a mandare auguri di buon lavoro a Pedro Carmona, capo dell’allora confindustria venezuelana autoproclamatosi presidente un attimo prima di sciogliere il parlamento. I buoni segnali in arrivo da fuori confine, cominciando dal rinsavimento di Madrid, sembrano aver rasserenato gli animi negli uffici presidenziali. Ciò nonostante Diosdado Cabello, presidente del parlamento e influente leader chavista molto ascoltato da un consistente gruppo di alti ufficiali, ha destituito tutti i presidenti di commissione dell’opposizione. Nella danza delle parti, dall’una e dall’altra parte degli schieramenti politici venezuelani, c’è chi spinge per il gioco duro.

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