Vecchie glorie

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Sound72
00mercoledì 7 luglio 2021 15:19
Jorginho ha giocato un anno nella Sambonifacese allenata da.. Claudio Valigi


Ovviamente Valigi ne ha sempre parlato benissimo, era pure un modo per essere ricordato lui [SM=g7557]
Sound72
00mercoledì 25 agosto 2021 13:45
Antonio Carlos Zago dopo l'esperienza con i Kashima Antlers in Giappone è finito ad allenà il Bolivar di La Paz
giove(R)
00mercoledì 1 settembre 2021 18:15
Re:
lucaDM82, 20/06/2021 22:27:

c'era anche un coro su del sol, mio zio lo cantava. rip




come faceva?
lucaDM82
00mercoledì 1 settembre 2021 19:24
Re: Re:
giove(R), 01/09/2021 18:15:




come faceva?

Cordova, Amarildo, Del Sol, ogni tiro è un gol
Giacomo(fu Giacomo)
00mercoledì 1 settembre 2021 20:09
credo CIC-CIO
CORDOVA
A-MARILDO
DEL SOL
ogni tiro un gol
(aggiunto Ciccio)
giove(R)
00giovedì 2 settembre 2021 11:54
su che note?
Giacomo(fu Giacomo)
00venerdì 3 settembre 2021 09:14
sulla stessa

tipo pa pa pa pa pa forza Roma alé con le trombette
giove(R)
00venerdì 3 settembre 2021 15:25
[SM=x2478842]
ShearerWHC
00venerdì 29 ottobre 2021 12:13
Tommasi candidato (forse meglio chiamarlo vittima sacrificale) del Csx alle comunali di Verona
Sound72
00domenica 28 novembre 2021 11:16
L’ex portiere della Roma Giuseppe Zinetti ha rilasciato una lunga intervista ai canali ufficiali del club giallorosso:

Che fa oggi?
“Sono fermo, faccio il nonno, il papà, il dog sitter. Tutto. Vivo a Bologna serenamente in famiglia. Un po’ mi manca il lavoro, dico la verità. Quando sei in mezzo ai giovani e ai ragazzi, ti diverti e ti appassioni a questo mestiere. Dopo un anno senza lavorare un pochino di nostalgia la sento. È normale”.

Il calcio lo segue?
“Sempre. La Roma quando posso, ma pure il campionato in generale. E la Nazionale”.

Lei è stato anche preparatore dei portieri azzurri nello staff di Ventura. C’è appena stato il sorteggio in vista del Mondiale.
“Non fortunatissimo, a dire il vero, con il possibile accoppiamento con il Portogallo. Ma possiamo superare il turno. Per giocare il Mondiale serve pure passare da test difficili. Peccato aver sciupato le due occasioni ghiotte con la Svizzera, con i rigori sbagliati. Ma guardiamo avanti”.

A proposito di rigori parati, un preparatore dei portieri quanto incide in questo senso?
“Oggi abbastanza, con tutti i mezzi informatici a disposizione per preparare al meglio il portiere su come gli avversari tirano e le varie caratteristiche dei giocatori. Quando giocavo, invece, era molto più difficile reperire informazioni. Avevamo dei filmati, ci segnavamo su carta e penna quante volte quel calciatore tirava da un lato piuttosto che da un altro e in base a quello, stilavamo una sorta di statistica fatta in casa”.

Tancredi raccontò di aver fatto proprio così prima della finale di Coppa Italia del 1980, in cui di rigori ne parò tre contribuendo alla vittoria finale.
“Era questo il modo. Un metodo che a volte funzionava, a volte meno. Citare Tancredi mi fa pensare alla Roma. A quel periodo lì. Per me fu bellissimo. Mi sono tolto grandissime soddisfazioni con quella maglia. Ho vinto una Coppa Italia nel 1991, esordito in Coppa UEFA, poi quella finale che avremmo tanto meritato di vincere”.

Non le è andata giù, pare di capire.
“No, assolutamente. Perdemmo a Milano con l’Inter 2-0, subendo un rigore diciamo discutibile, che oggi con il VAR non verrebbe mai assegnato. Al ritorno giocammo una partita meravigliosa, ma non bastò per ribaltare il risultato. Segnammo con Rizzitelli troppo tardi. Peccato. Ce la meritavamo dopo aver battuto squadre fortissime con Benfica, Anderlecht, Valencia, lo stesso Brondby. Per me sarebbe stata una soddisfazione enorme, a quell’età”.

Chi la portò nella Capitale?
“Il direttore sportivo di allora, Ciccio Mascetti, che si sentì con il mio procuratore, Dario Canovi. Cercavano un portiere di riserva e pensarono a me, che giocavo a Pescara. Ovviamente accettai subito e giocai anche di più di quello che mi potevo aspettare. Una trentina di partite”.

30 partite in Serie A, 44 contando anche le altre competizioni. Non poche.
“Vero. Ed è stato un autentico orgoglio aver vestito questa maglia. In un periodo così particolare, con la scomparsa del presidente Viola”.

Nell’archivio fotografico del Club è presente una foto in cui lei è tra Nela e Giannini, portando a spalla il feretro del presidente scomparso. Se lo ricorda quel giorno?
“Sì, ricordo tutto bene. La morte di Viola fu una pugnalata al cuore. Amava veramente la Roma. La sua Roma. Era il papà di tutti noi. La Roma era una sua figlia. Eravamo il resto dei fratelli che componevano questa famiglia. Perdevamo un grandissimo punto di riferimento”.

Con gli allenatori dell’epoca, Ottavio Bianchi e Vujadin Boskov, il rapporto com’era?
“Con Ottavio Bianchi ci incontriamo ancora oggi in alcune occasioni tra eventi o partite di golf. Abbiamo un buon rapporto, come ce l’avevo anche con Boskov. Due caratteri diversi, ebbero il merito di isolare la squadra da difficoltà extracampo. Anche Boskov ci portò a giocare una finale”.

Quella di Coppa Italia del 1993. Che lei e Cervone non poteste disputare per una contemporanea squalifica.
“Ancora oggi mi chiedo il motivo di quella squalifica. Non ho mancato mai di rispetto mai a nessuno in campo. Lo ha detto anche lo stesso Giovanni Cervone in un’intervista recente, di quanto fossi equilibrato e rispettoso durante le partite”.

Della Roma di oggi che opinione si è fatto?
“Quando lessi la notizia di Mourinho alla Roma rimasi impressionato dalla portata e dall’importanza della stessa. E la cosa mi ha sorpreso molto. Secondo me potrebbe essere l’inizio di una nuova era. Non si può volere tutto e subito. Per costruire una squadra forte, che possa vincere. Ci vuole pazienza. Bisogna aiutare i giocatori nella crescita, accompagnarli. Posso fare un esempio vissuto sulla mia pelle, anche se in proporzioni diverse”.

Prego.
“Al Torino, da preparatore dei portieri. Arrivammo con Ventura nel 2011 che la squadra era in Serie B. Vincemmo il campionato e da lì ponemmo le basi per il Torino in pianta stabile in Serie A. Con una partecipazione di livello anche in Europa League dove vincemmo partite prestigiose, andando abbastanza avanti nel percorso. Venne costruita una squadra con giovani di grandissimo valore, che poi con il tempo sono diventati calciatori affermati, come Belotti, Immobile, Darmian e Maksimovic”.

“Tempo”, una parola ripetuta a più riprese da Mourinho stesso in varie esternazioni pubbliche, a iniziare dalla conferenza stampa di presentazione.
“Ha ragione. E lui ha l’esperienza, il carisma, per portare la squadra a grandi livelli come già detto e vincere l’ennesima sfida della sua carriera. La Roma è stato un capitolo bellissimo della mia carriera. Ah, una cosa: portate i saluti a Bruno Conti da parte mia, dal grande Zino”.

(romanews.eu)


Gli volevo quasi apri' un topic a parte...Giuseppe Zinetti eeeh ooohh
Sound72
00lunedì 13 marzo 2023 12:05
De Sisti: "Vestire la maglia della Roma è stato un onore. Liedholm era unico, Di Bartolomei un grande uomo"
IL MESSAGGERO - Ottant'anni oggi per Picchio De Sisti, leggenda della Roma, che ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano capitolino, soffermandosi anche sulla sua esperienza in giallorosso, oltre che sulle figure di altre due icone romaniste come Nils Liedholm e Agostino Di Bartolomei. Queste le sue parole.

Auguri Picchio. Scusi, perché “Picchio”?

«Quando ero bambino andava di moda un giochino: una specie di cono di legno, avvolto da uno spago, che andava tirato per far girare il cono. Che poi saltellava a terra, come una trottola, un picchio. Io in campo ero un po' così».

Saltello dopo saltello, siamo arrivati oggi a ottant'anni. Come si vede nei prossimi ottanta?

«Io nella vita ho fatto tutto, ho ricevuto tanto. Non guardo troppo in avanti, vivo giorno dopo giorno. Felice di quello che ho fatto, della mia famiglia, dei miei nipoti, convivo con i miei problemi alla schiena. Spero solo di andare avanti stando bene, finché il Signore lo vorrà».

E' credente?

«Si, tanto. Prego, vado a messa. Era un'abitudine anche quando facevo il calciatore. Una volta tornando da una messa, mi dissero che c'era la possibilità di giocare al posto di Lojacono che stava male».

Come ha cominciato?

«In parrocchia, come tutti in quel periodo. Io abitavo al Quadraro. Una volta non c'erano le selezioni come oggi, si rispondeva agli annunci delle "leve". Arrivai alla Roma così: "Presentarsi nel luogo x all'ora x, già mangiati. Mio padre, Romolo, operaio della Stefer, amava il calcio ed era felice di vedermi giocare; mia madre, Maria, segretaria alla Centrale del latte, diceva che sudavo e mi sporcavo, era contraria, mi bucava continuamente il pallone.. In quell'epoca, l'Omi mi offriva 36 mila lire, ero combattuto, ci facevano comodo, ma non accettai».

Il richiamo della Roma...

«A casa mia erano un po' tutti romanisti, inevitabile. Per me è stato un onore vestire la maglia giallorossa e poi quella della Fiorentina. Non mi faccia scegliere, non sarei capace. Sono felice di essere nella Hall of fame delle due società. Significa che qualcosa ho lasciato».

Che giocatore era?

«Tatticamente - e sottolineo tatticamente - non avevo rivali. Ero sempre nel posto giusto, al momento giusto. Stoppavo i palloni e giocavo corto. Oggi si direbbe che vedevo le linee di passaggio. Ecco il lo facevo senza sapere che quaranta-cinquanta anni dopo le avremmo chiamate così».

Tecnicamente come era?

«Me la cavavo ma c'erano calciatori più bravi, penso a Mazzola, Rivera».


[...]

Un personaggio della sua vita: Liedholm.

«Il Barone era unico. Aveva questo aspetto dolce, ma poi sapeva essere tosto nello spogliatoio. Sono stato suo calciatore, gli ho fatto da assistente e anche da autista».

Addirittura?

«Sì e non mi vergogno di dirlo, anzi ne sono orgoglioso. Lo passavo a prendere tutti i giorni a casa, dai Castelli, dove abitavo io, al Teatro Marcello, dove stava lui: sono stati momenti di grande insegnamento, anche quelli, chiusi in macchina a chiacchierare, ad ascoltarlo durante le interminabili cene alla Taverna Flavia. La sua ironia, i suoi racconti, e poi vai a sapere se fossero tutti veri. Qualche c..ata l'avrà pure raccontata il Barone, ma faceva parte del personaggio. Ricordo quando mi disse che con un tiro colpì la traversa e la palla era talmente forte che nel rimbalzo tornò a centrocampo».

E in macchina di cosa altro parlavate?

«Di tutto. Una volta a uno stop, mi girai a destra e sinistra per vedere se passavano le macchine e lui mi disse: "Jancarlo, che fai: non devi muovere la testa, ma solo gli occhi. Un centrocampista deve avere percezione a centottanta gradi senza muovere la testa". "Mister, gli chiedo io, lei pure la muove così?". "No, mi rispose, io percezione a trecentosessanta gradi"».



[...]

Dal nemico agli amici: con chi ha legato nelle sue esperienze?

«Ce ne sono tanti, da Schiaffino a capitan Losi, da Bulgarelli a Pestrin, un altro con cui ho sempre avuto un grande feeling è Bruno Conti. C'è anche Mazzola naturalmente, anche se poi ci siamo un po' persi. Con alcuni di loro, Bulgarelli ad esempio, abbiamo anche fondato una specie di sindacato. Siamo stati i primi ad occuparci dei diritti dei calciatori più "deboli", quelli che non guadagnavano tanto e che faticavano più degli altri. Abbiamo inventato il sindacato, che oggi tutela tutti i calciatori».

Di Bartolomei è stato un po' il suo erede nella Roma?

«Agostino era un grande uomo. Serio, sempre concentrato, un capitano vero. Come giocatori eravamo diversi, io più mobile, lui più organizzatore di gioco; io avevo il passaggio corto, lui lungo e aveva la "botta". Diversi, insomma».

[...]
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Grande Picchio quando il figlio giocava nel Guidonia spesso si vedeva al campo a vedere le partite
lucaDM82
00lunedì 13 marzo 2023 12:23
Mi è sempre piaciuto, ricordo quando interveniva qualche volta da max leggeri.
Giacomo(fu Giacomo)
00lunedì 13 marzo 2023 12:42
a proposito appunto di centrocampisti forti della Roma, prima degli ultimi quarant'anni.
Parla il curriculum.
Sound72
00mercoledì 1 novembre 2023 23:20
Antonio Carlos Zago nuovo CT della Bolivia
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