VII° Rapporto sull’economia italiana - Analisi e Prospettive 2014-2018

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stelafe
00sabato 5 ottobre 2013 15:32
Mario Baldassarri presidente del Centro Studi Economia Reale
VII° Rapporto sull’economia italiana - Analisi e Prospettive 2014-2018 (Mario Baldassarri presidente del Centro Studi Economia Reale - 11 luglio 2013)

Link alternativo: VII° Rapporto sull’economia italiana - Analisi e Prospettive 2014-2018
Audio integrale: VII Rapporto sull'economia italiana. Workshop Analisi e prospettive 2014-2018 (Fonte: radioradicale.it)

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B - Le previsioni per l’economia italiana 2014-2018 ed oltre

I dati ufficiali che sono stati presi a riferimento di questo rapporto sono quelli del Documento di Economia e Finanza del 10 aprile di quest’anno predisposto dal governo Monti ed indicanti soltanto i valori tendenziali a legislazione vigente. Infatti le decisioni di politica economica spettano ora al governo Letta che ha l’impegno di presentare una Nota di Aggiornamento del DEF che dovrà includere le linee di politica economica ed i loro effetti sull’economia attraverso la modifica degli andamenti meramente “tendenziali”. Questo nostro Rapporto verrà pertanto integrato da ulteriori valutazioni, laddove tale Nota di Aggiornamento del DEF dovesse essere disponibile prima della sua presentazione.
Sulla base di questi “dati tendenziali” e proiettando le previsioni oltre il periodo considerato nel DEF di aprile, ipotizzando che il tasso di crescita dopo il 2017 continui ad attestarsi all’1,4% all’anno ed a parità di condizioni demografiche e di popolazione emerge quanto segue:

1.- Il Pil italiano tornerebbe al livello pre-crisi del 2007 nel 2020;
2.- Il Pil pro-capite tornerebbe al livello del 2007 nel 2022;
3.- Il tasso di disoccupazione del 2007 verrebbe raggiunto nel 2022;
4.- Il deficit pubblico non andrebbe mai a zero;
5.- il Debito pubblico tornerebbe attorno al 110% del Pil nel 2018.


Prendendo a riferimento i dati del DEF, abbiamo prodotto una previsione BASE-TENDENZIALE attraverso il modello econometrico della Oxford Economics.
Da queste nostre proiezioni tendenziali messe a confronto con i dati del DEF emerge invece un quadro di recupero dell’economia italiana ancor più lontano nel tempo. Infatti:

1.- Il Pil del 2007 verrebbe raggiunto soltanto nel 2022;
2.- il Pil pro-capite tornerebbe al livello del 2007 nel 2024/25;
3.- il tasso di disoccupazione del 2007 verrebbe raggiunto soltanto nel 2025;
4.- Il deficit pubblico non andrebbe mai a zero e sarebbe ben superiore a quantoin dicato nel DEF di aprile scorso;
5.- Il rapporto Debito/Pil sarebbe ancora superiore al 125% nel 2018.


Le previsioni econometriche, come ben noto, non servono semplicemente e semplicisticamente ad “indovinare” i numeri degli anni futuri. Questi esercizi infatti sono utili solo per avere dei quadri complessivi di coerenza e di sostenibilità delle previsioni stesse.
Ecco perché abbiamo fatto precedere le nostre valutazioni di previsione e proposta da queste indicazioni di lungo periodo.
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Emerge infatti una domanda che va al di là di qualunque numeretto e chiama alla risposta concreta la responsabilità della politica e della politica economica.
La domanda di fondo è:
- possono l’economia italiana e gli italiani (famiglie, imprese, giovani, donne, anziani) “aspettare” gli anni venti di questo secolo per tornare alle condizioni in cui erano nel 2007, avendo nel frattempo perso circa quindici anni di trend di crescita?
- possono l’economia italiana e gli italiani vedersi prospettare una specie di “gioco dell’oca” nel quale si torna alla casella di partenza (l’anno 2007) 15 anni dopo?

Chi aveva 25-35 anni nel 2007, ne avrà 40-50 nel 2022.
Chi aveva 35-45 anni nel 2007, ne avrà 50-60 nel 2022.

In questo caso significherebbe aver tolto ogni prospettiva positiva, dignitosa ed accettabile ad una intera generazione di italiani.
Al di là dei “numeretti” quindi, questa prospettiva appare socialmente, oltre che economicamente e finanziariamente, insostenibile.
Se guardiamo ad un orizzonte più breve dobbiamo considerare che dal 2007 ad oggi il Pil italiano si è ridotto dell’8% e la disoccupazione è raddoppiata dal milione e mezzo di disoccupati del 2007 agli oltre tre milioni di oggi. Da qui a fine anno è probabile che avremo 40/50.000 imprese in meno e circa 400.000 disoccupati in più.
Le proiezioni di lungo termine e le prospettive a breve debbono pertanto indurre tutti, e ciascuno nelle proprie responsabilità, alla necessità di interventi strutturali urgenti ed in parte “fuori tempo massimo” per disegnare almeno dei binari certi lungo i quali prospettare un percorso dell’economia italiana che possa credibilmente “accorciare” i tempi di quel recupero dei dati di reddito e di occupazione che, lasciati a meri andamenti tendenziali, si protrarrebbero verso gli avanzati anni venti di questo secolo.
Il fulcro della nostra proposta di politica economica sono i tagli mirati a specifiche voci di spesa corrente con l’introduzione di un metodo (ZBB-zero base budgeting), applicato da decenni in quasi tutte le economie avanzate dell’occidente. Si tratta cioè di assegnare a tutte le pubbliche amministrazioni un budget di spesa basato sui valori storici del 2012 e mantenere fisso questo budget nei prossimi anni. In questo senso, man mano che si rendono disponibili risorse derivanti da questi risparmi di spesa, si tratta di usarle per ridurre progressivamente la pressione fiscale sul lavoro, sulle famiglie e sulle imprese e per aumentare gli investimenti pubblici, materiali ed immateriali.
Come si vede, non esiste una bacchetta magica per “trovare” risorse in poche settimane o mesi. Esiste invece il “coraggio delle scelte” che inchiodino i binari di un “percorso virtuoso” che avvii concretamente crescita, occupazione e maggiore equità sociale, abbandonando finalmente quel “percorso vizioso” che di anno in anno durante gli ultimi
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venti anni ci ha condotto a strozzare l’economia reale, dentro l’imbuto della più grave e più lunga recessione che l’Italia abbia mai sperimentato dal dopoguerra ad oggi.
Ebbene, i risultati di questa manovra di politica economica possono essere così sintetizzati:

1.- Il Pil tornerebbe al livello del 2007 nel 2018;
2.- Il Pil pro-capite tornerebbe al 2007 nel 2020;
3.- Il tasso di disoccupazione tornerebbe al 2007 nel 2019;
4.- Il deficit pubblico non andrebbe a zero, ma sarebbe comunque sempre inferiore al 3% del Pil;
5.- Il rapporto Debito/Pil scenderebbe sotto il 120% già nel 2017.


Come si vede quindi, non si tratta di proporre soluzioni miracolistiche che in pochi mesi ci tirino fuori dal lungo tunnel della crisi. Si tratta invece di assumere decisioni che indichino un percorso sostenibile negli anni con obiettivi credibili e realizzabili anno dopo anno in un ragionevole ed accettabile arco di tempo.
L’alternativa “tendenziale” appare chiaramente insostenibile sotto tutti i punti di vista, sociale, economico, finanziario.
Alternative miracolistiche di tagli di spesa e tagli di tasse da realizzare in qualche mese appaiono impraticabili e pericolose sul fronte della credibilità interna ed internazionale.
Sta di fatto però che i tempi delle decisioni sono ormai strettissimi e senza una prospettiva credibile, entro il prossimo autunno, si rischia una dirompente crisi sociale ed economica che si assocerebbe ad una perdita di credibilità altrettanto dirompente sui mercati finanziari internazionali.
Nella Parte Terza relativa alle Previsioni per l’Economia Italiana 2014-2018 presentiamo i dati analitici delle simulazioni, sia in relazione ai dati DEF di aprile, sia alla previsione BASE -TENDENZIALE da noi prodotta attraverso il modello Oxford Economics, sia infine i risultati della proposta di manovra di politica economica del nostro Centro Studi Economia Reale.

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Le previsioni per l’economia italiana 2014-2018

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La proposta di Economia Reale: dal Mistero della Finanza Pubblica italiana all’applicazione dello ZBB sulla spesa corrente

Le previsioni econometriche, come ben noto, non servono semplicemente e semplicisticamente ad “indovinare” i numeri degli anni futuri. Questi esercizi infatti sono utili solo per avere dei quadri complessivi di coerenza e di sostenibilità delle previsioni stesse.
Ecco perché abbiamo fatto precedere le nostre valutazioni di previsione e proposta da queste indicazioni di lungo periodo.
Emerge infatti una domanda che va al di là di qualunque numeretto e chiama alla risposta concreta la responsabilità della politica e della politica economica.

La domanda di fondo è:

- possono l’economia italiana e gli italiani (famiglie, imprese, giovani, donne, anziani) “aspettare” gli anni venti di questo secolo per tornare alle condizioni in cui erano nel 2007, avendo nel frattempo perso circa quindici anni di trend di crescita?

- possono l’economia italiana e gli italiani vedersi prospettare una specie di “gioco dell’oca” nel quale si torna alla casella di partenza (l’anno 2007) 15 anni dopo?
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