VIDEO MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI AL RITIRO SACERDOTALE INTERNAZIONALE (ARS, 27 SETTEMBRE - 3 OTTOBRE 2009), 29.09.2009

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Cattolico_Romano
00martedì 29 settembre 2009 18:04
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Il Papa: "Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza"

VIDEO MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI AL RITIRO SACERDOTALE INTERNAZIONALE (ARS, 27 SETTEMBRE - 3 OTTOBRE 2009), 29.09.2009

Pubblichiamo di seguito il testo del Video Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha registrato nei giorni scorsi e che è stato trasmesso ieri nel corso del Ritiro Sacerdotale Internazionale che si tiene questa settimana ad Ars sul tema "La gioia di essere sacerdote: consacrato per la salvezza del mondo":


TESTO DEL VIDEO MESSAGGIO

Cari fratelli nel sacerdozio,

Come potete facilmente immaginare, sarei stato estremamente felice di potere essere con voi in questo ritiro sacerdotale internazionale sul tema: "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo".
Vi state partecipando in gran numero e state beneficiando degli insegnamenti del cardinale Christoph Schönborn. Saluto cordialmente anche gli altri predicatori e il vescovo di Belley-Ars, monsignor Guy-Marie Bagnard. Devo accontentarmi di rivolgervi questo video messaggio, ma credetemi, attraverso queste poche parole è a ognuno di voi che parlo nel modo più personale possibile, poiché, come dice san Paolo: "Vi porto nel cuore... voi con me siete tutti partecipi della grazia" (Fil 1, 7).
San Giovanni Maria Vianney sottolineava il ruolo indispensabile del sacerdote quando diceva: "Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è questo il tesoro più grande che il buon Dio può concedere a una parrocchia, e uno dei doni più preziosi della misericordia divina" (Il curato d'Ars, Pensieri, presentato dall'abate Bernard Nodet, Desclée de Brouwer, Foi Vivante, 2000, p. 101).
In questo
Anno sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti "consacrati nella verità" (Gv 17, 19).
Scelto fra gli uomini, il sacerdote resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio. È lui che "continua l'opera di redenzione sulla terra" (Nodet, p. 98).
La nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta (cfr 2 Cor 4, 7).
San Paolo ha espresso felicemente l'infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio. Vi è, da questo punto di vista, un legame segreto che unisce
l'Anno paolino e l'Anno sacerdotale.
Noi udiamo ancora e conserviamo nell'intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell'Apostolo che dice: "Quando sono debole, è allora che sono forte" (2 Cor 12, 10).
La consapevolezza di questa debolezza apre all'intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell'amicizia di Dio, più continuerà l'opera del Redentore sulla terra (cfr Nodet, p. 98). Il sacerdote non è per se stesso, ma per tutti (cfr Nodet, p. 100).

È questa una delle sfide più grandi del nostro tempo.
Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza. Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini.

La religione del Curato d'Ars è una religione della felicità, non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si è creduto: "La nostra felicità è troppo grande; no, no, non lo capiremo mai" (Nodet, p. 110), diceva. O ancora: "Quando siamo in cammino e vediamo un campanile, questa visione deva far battere il nostro cuore come quella della casa dove dimora il suo amato fa battere il cuore della sposa" (Ibidem).

Desidero qui salutare con un affetto particolare quelli fra voi che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità. La riconoscenza della Chiesa verso tutti voi è immensa! Non perdetevi d'animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi.

Cari sacerdoti, pensate anche alla grande diversità dei ministeri che esercitate al servizio della Chiesa. Pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull'altare.

Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere. Percepite allora la fecondità infinita del sacramento dell'Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità. Come diceva il santo Curato: "Se si avesse la fede, si vedrebbe Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro un vetro, come un vino mescolato all'acqua" (Nodet, p 97).
Questa considerazione deve portare ad armonizzare le relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunità sacerdotale alla quale invitava san Pietro (cfr 1 Pt 2, 9) per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore (cfr Ef 4, 11-16).
Il sacerdote è l'uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: "Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù" (Col 3, 1).
Ciò che fa sulla terra fa parte dei mezzi ordinati al Fine ultimo. La messa è quel punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l'eternità. Le frasi semplici e intense del santo Curato sull'Eucaristia ci aiutano a percepire meglio la ricchezza di questo momento unico della giornata in cui viviamo un faccia a faccia vivificante per noi stessi e per ognuno dei fedeli. "La felicità che vi è nel dire la messa si comprenderà solo in cielo" scriveva (Nodet. p. 104). Vi incoraggio quindi a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia. Il santo d'Ars scriveva: "Il sacerdote deve provare la stessa gioia (degli apostoli) nel vedere Nostro Signore che tiene fra le mani" (Ibidem).
Rendendo grazie per ciò che siete e ciò che fate, vi ripeto: "Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa!" (
Omelia durante la messa del 13 settembre 2008 all'Esplanade des Invalides, Parigi).
Testimoni viventi della potenza di Dio all'opera nella debolezza degli uomini, consacrati per la salvezza del mondo, siete, miei cari fratelli, stati scelti da Cristo stesso al fine di essere, grazie a Lui, sale della terra e luce del mondo. Che possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l'Intimo Indicibile (Sant'Agostino, Confessioni, iii, 6, 11, va 13, p. 383) per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio! Affidandovi alla Vergine Maria, Madre di Cristo e dei sacerdoti, imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 30 settembre 2009)
Cattolico_Romano
00martedì 29 settembre 2009 18:05
"Nulla sostituirà mai nella Chiesa il ministero dei sacerdoti". Così il Papa nel messaggio indirizzato al clero riunito ad Ars

“Il sacerdote è l’uomo del futuro”. Così il Papa nel messaggio videoregistrato indirizzato agli oltre mille partecipanti al ritiro sacerdotale internazionale che è in corso ad Ars, in Francia. Il seminario si svolge attorno al tema “La gioia del sacerdote consacrato alla salvezza del mondo” e si concluderà il prossimo tre ottobre. L’iniziativa nasce in occasione dell’Anno sacerdotale indetto a giugno da Benedetto XVI. Il servizio di Benedetta Capelli:


Una riflessione sul ruolo del sacerdote a partire da San Paolo fino al Curato d’Ars. E’ il contenuto del messaggio del Papa ai religiosi riuniti in Francia. “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio - ha detto il Santo Padre facendo sue le parole di San Giovanni Maria Vianney - è il più gran tesoro che Dio può concedere ad una parrocchia ed è uno dei più preziosi doni della misericordia divina”. Il sacerdote è chiamato a servire, dando la sua vita a Dio, a continuare l’opera di redenzione sulla terra “ma - ricorda Benedetto XVI - la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che portiamo in vasi d’argilla”. In questo senso, proprio San Paolo ha espresso l’infinita distanza che esiste tra la vocazione sacerdotale e la povertà delle risposte che possiamo donare a Dio. “Quando sono debole - diceva l’Apostolo delle genti e ricorda il Papa - è allora che io sono forte”. La coscienza di questa fragilità apre all’intimità di Dio e dona forza e gioia. “Il sacerdote non è dunque per se stesso ma per tutti” e questa è una delle maggiori sfide del nostro tempo.

Proprio il sacerdote, “uomo della Parola divina”, oggi deve essere più che mai un “uomo della gioia e della speranza”. “Davanti a coloro che non possono più concepire che Dio sia puro amore - prosegue Benedetto XVI - egli affermerà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo ne dà tutto il senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini''. Esprimendo la propria vicinanza a quanti compiono il loro magistero in difficoltà, il Papa ha poi ricordato che il sacerdote è l’uomo del futuro, colui che tiene sempre presenti le parole di San Paolo: “Siate risorti in Cristo”. “Vi invito - aggiunge - a fortificare la vostra fede e quella dei fedeli nell’Eucaristia che celebrate, fonte della vera gioia”. “Nulla sostituirà mai nella Chiesa - prosegue il Papa - il ministero dei sacerdoti”. Testimoni viventi della potenza di Dio che opera nella debolezza degli uomini, religiosi che sono consacrati alla salvezza del mondo e scelti da Cristo affinché siano sale della terra e luce del mondo stesso.

Il sacerdozio “è il mezzo con cui Cristo costruisce la Chiesa - ha detto l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn - è instrumentum animatorum che compie il sacrificio Eucaristico in virtù della sacra potestà ricevuta”. “Lo scopo del sacerdozio - ha aggiunto il porporato - è condurre gli uomini alle felicità della vita beata". Un’esortazione ai sacerdoti affinché non si scoraggino di fronte ad una cultura post-moderna, secolarizzata e relativista, né a deprimersi di fronte al calo delle vocazioni è venuta dal cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, che ha invitato i sacerdoti a “ripartire da Cristo” come ha più volte sottolineato Benedetto XVI.

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Cattolico_Romano
00mercoledì 30 settembre 2009 06:41
PAPA: CRISTIANESIMO RELIGIONE DI FELICITA' NON DI MORTIFICAZIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 29 set.

Quella cristiana ''e' una religione della felicita', non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si e' creduto''. Lo afferma Papa Ratzinger in un
videomessaggio a un incontro internazionale di sacerdoti in corso a Ars, la cittadina di San Giovanni Maria Vianney, il parroco alla cui spiritualita' e' ispirato l'Anno Sacerdotale.
''Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinita', come diceva il santo Curato'', chiede il Papa che invita a un rinnovamento delle ''relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunita' sacerdotale alla quale invitava san Pietro per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore'' e testimoniare che ''il sacerdote e' l'uomo del futuro''.
Nel videomessaggio, Benedetto XVI ricorda il santo curato d'Ars come esempio di sacerdote impegnato e sereno in particolare ai parroci ''che hanno cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunita'''. ''La riconoscenza della Chiesa verso tutti voi - assicura il Pontefice - e' immensa.
Non perdetevi d'animo - li esorta - ma continuate a pregare e a far pregare affinche' molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi''.
''Cari sacerdoti - continua il Papa teologo - pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull'altare. Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere: percepirete cosi' la fecondita' infinita del sacramento dell'Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute - conclude - per un istante, le mani e le labbra di Dio''.

© Copyright (AGI)
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00mercoledì 30 settembre 2009 08:53
Benedetto XVI: il sacerdote sia l'"uomo della gioia e della speranza"

Videomessaggio al ritiro internazionale di sacerdoti ad Ars


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 29 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Una delle sfide più grandi del nostro tempo per il sacerdote è essere "non per se stesso, ma per tutti", ha affermato Benedetto XVI in un videomessaggio diffuso questo lunedì in occasione del ritiro internazionale di sacerdoti in svolgimento ad Ars (Francia) fino al 3 ottobre sul tema "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo".

Il Pontefice si è rivolto ai partecipanti all'incontro sottolineato che il presbitero, "uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza".

"Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini", ha spiegato. "In questo Anno Sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti consacrati nella verità".

Anno Paolino e Anno Sacerdotale

Nel suo discorso, il Papa ha spiegato che il sacerdote, "scelto fra gli uomini", "resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio". In questo contesto, ha citato San Paolo (2 Cor 4,7) ricordando che "la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta".L'Apostolo delle Genti, ha sottolineato, "ha espresso felicemente l'infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio". Per questo, si può dire che esista "un legame segreto che unisce l'Anno Paolino e l'Anno Sacerdotale".

"Noi udiamo ancora e conserviamo nell'intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell'Apostolo che dice: 'Quando sono debole, è allora che sono forte' (2 Cor 12, 10). La consapevolezza di questa debolezza apre all'intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell'amicizia di Dio, più continuerà l'opera del Redentore sulla terra".

Preghiera per le vocazioni

Il Pontefice ha quindi salutato "con un affetto particolare" i sacerdoti "che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità", sottolineando che la riconoscenza della Chiesa nei loro confronti è "immensa"."Non perdetevi d'animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi", ha esortato. Allo stesso modo, li ha invitati a pensare alla grande diversità dei ministeri che esercitano al servizio della Chiesa, per percepire "la fecondità infinita del sacramento dell'Ordine".

"Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità". Questa considerazione, ha constatato, "deve portare ad armonizzare le relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunità sacerdotale alla quale invitava San Pietro (cfr 1 Pt 2, 9) per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore (cfr Ef 4, 11-16)".

Il sacerdote, uomo del futuro

"Il sacerdote è l'uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: 'Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù'", ha proseguito Benedetto XVI, ricordando che ciò che il presbitero fa sulla terra "fa parte dei mezzi ordinati al Fine ultimo". La Santa Messa è il "punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l'eternità". Per questa ragione, il Papa ha incoraggiato i sacerdoti "a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia".

"Possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l'Intimo Indicibile per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio!", ha concluso.

S_Daniele
00lunedì 5 ottobre 2009 09:25
L'incontro di mille presbiteri ad Ars

Schönborn: «Siamo testimoni di misericordia»

«Siate testimoni di miseri­cordia. Gli uomini di tut­to il mondo implorano la misericordia di Dio». Con i mille sacerdoti venuti ad Ars da tutti i Pae­si in occasione del ritiro dell’anno sacerdotale, il cardinale Christoph Schönborn sceglie le parole di Gio­vanni Paolo II, pronunciate in Po­lonia nel 2002. Parole forti, quasi, dice Schönborn, «un testamento» lasciato ai sacerdoti. Parole che scuotono nella basilica di Ars que­sta schiera di preti – bianchi, neri, vietnamiti, indiani, o venuti fin qui da lontane isole del Pacifico – che nel piccolo Paese francese medita­no su «La gioia di essere preti».

Un titolo controcorrente, nello scenario di crisi delle vocazioni e secolariz­zazione che il sacerdozio affronta almeno in Europa. Scenario che l’ar­civescovo di Vienna non nasconde: «Ci sono diocesi in questa Francia – dice – in cui il sacerdote più giova­ne è il vescovo». Eppure. Eppure ad Ars, nella me­moria del santo curato che dell’an­no sacerdotale è il centro, sono ben visibili un fermento e una vitalità che meravigliano l’osservatore. So­no i sei preti cinesi, giovanissimi, che ti dicono delle speranze per la loro Chiesa; sono i monaci ragazzi che la mattina presto camminano per le strade col breviario aperto in mano. Schönborn parla come a dei fratel­li. Concede anche ricordi persona­li, quasi delle confessioni.

Come quando, per dire della essenzialità della preghiera, ricorda i suoi anni di giovane domenicano: «La crisi post conciliare fu per noi giovani preti, negli anni ’60, come un’onda di tsunami. Ci convincemmo che solo l’azione contava, per rinnova­re la Chiesa. Io presi troppo alla let­tera questa idea, e smisi di pregare. All’inizio mi parve un sollievo: l’Uf­ficio, prima del Concilio, era così lungo. Ma a poco a poco la vita reli­giosa mi parve perdere di senso, le cose spirituali impallidire. Dopo un anno, la mia vocazione vacillava. È stata, la crisi della preghiera, il dram­ma della mia generazione di preti. Quegli anni ora sono passati. Ma il sacerdote non deve mai perdere l’a­bitudine del pregare». «Lo so – con­tinua Schönborn – dobbiamo tutti lottare col tempo, il tempo che man­ca, e che occorre trovare nella gior­nata. Ma pensate a quanto tempo ci tolgono la tv, e Internet; e quanto vuoto interiore alla fine ci lasciano. Guardate: piuttosto che stare ore da soli su
un computer, facciamo una partita a carte con gli amici. Fa mol­to bene, è un bel modo di stare in­sieme », sorride il cardinale. Stare insieme, non essere soli.

È un argomento su cui Schönborn torna. Esorta i sacerdoti ad avere degli a­mici con cui condividere le fatiche. « Una sfida del sacerdozio nel XXI secolo – dice – sarà, credo, ritrovare delle forme di vita in comune, o co­munque di prossimità». Ma la solitudine non mina solo i pre­ti. A Vienna «più della metà delle persone vive sola » . E ben sembra conoscere, l’arcivescovo, la grande solitudine della sua città: piena di vecchi e con così pochi bambini. Eppure. Eppure gli uomini hanno ancora bisogno dei preti. «Non cer­cano in noi dei manager, né dei grandi predicatori. Semplicemente, cercano degli uomini di Dio. Il cu­rato d’Ars era un uomo semplice. Ma i suoi parrocchiani dicevano: ba­stava stargli accanto, per sentirsi uo­mini migliori». Già, il curato d’Ars, povero prete in un villaggio di 230 anime dopo la tempesta della Rivoluzione, All’al­ba in confessionale, per tutto il gior­no tra la gente con la sua tonaca li­sa. Testimone di misericordia. Schönborn ai mille, che ascoltano silenziosi: «Solo alla luce della mi­sericordia di Dio possiamo guarda­re in faccia la nostra miseria. Se non c’è una percezione della misericor­dia di Dio, gli uomini non soppor­tano la verità. In un mondo senza misericordia tutti tendono ad auto­giustificarsi, e ad accusare gli altri. E quando ci si accorge della nostra miseria, siamo tentati dello scorag­giamento e della disperazione». Al sacramento della misericordia, la confessione, il cardinale dedica un ampio insegnamento (ne scriviamo a parte, ndr ).
Ma ai sacerdoti ricor­da ancora il cuore del loro stesso mi­nistero. «Senza l’Eucarestia, la no­stra vita di sacerdoti mancherebbe del suo centro», dice. Quel sacrifi­cio, esorta, da celebrare nel silenzio interiore. « Io stesso, lo confesso, spesso arrivo in sacrestia in ritardo, preso dai pensieri. Soffermiamoci a pregare almeno mentre vestiamo i paramenti. Come disse Gogol, «in quel momento il sacerdote indossa delle vesti, per distinguersi da se stesso». Per mostrare dunque d’es­sere, ora, « in persona Christi ». E, vi chiedo, lasciamo qualche istante di silenzio dopo la Comunione, nella Messa. Abbiamo cacciato il silenzio dalla liturgia. Quanto ne abbiamo in­vece bisogno». E Schönborn estrae un’altra immagine dai ricordi. «1961, avevo 16 anni. Andai con la parroc­chia in pellegrinaggio a san Giovan­ni Rotondo. Mi sentivo estraneo a tanta pietà popolare, mi turbava la folla che alle quattro del mattino già gridava chiamando quel frate. Poi, lo vidi celebrare la Messa. Mai vista, prima e dopo di allora, una Messa così. Ho avuto l’impressione di ve­dere la realtà del sacrificio di Cristo; come se il velo del Sacramento fos­se caduto. Poi, in sacrestia, a quel fra­te ho avuto il privilegio di baciare la mano». I mille ascoltano intensamente. Co­me un esercito rinnovato nella me­moria della sua origine, e di ciò a cui è chiamato.

I giornalisti in confe­renza stampa insistono: e la crisi del­le vocazioni? E le ragioni del celiba­to? A loro Schönborn risponde: «Io credo che le vocazioni in realtà ci sia­no, e molte. Spesso non maturano a causa di un clima di indecisione che la società contagia ai giovani. Come per il matrimonio. Incontro uomini di 40 anni che entrano in seminario. Già a 20 anni lo avevano desiderato, ma nessuno li aveva aiutati a capire. Dio, credo, chiama sempre. Il pro­blema è saperlo ascoltare. Guardate poi in molti Movimenti e giovani co­munità cristiane, quante sono le vo­cazioni. Chiediamoci perché, lì, ci sono. Non facciamo come certi miei confratelli che anni fa si lamentava­no della mancanza di coraggio dei giovani, e non si rendevano conto che proprio il loro stile di vita seco­larizzato, la loro 'teologia orizzon­tale' non potevano che allontanar­li».

E il celibato, Eminenza – incalza un giornalista – le ragioni del celibato? Schönborn: «Il sacerdote fa questa scelta volontariamente, in una pro­spettiva di disponibilità per Dio e per l’uomo. Sull’esempio di Cristo. Che ha scelto quella strada, donandosi interamente a Dio e alla sua missio­ne. Che questa scelta sia pos­sibile, lo vediamo nella vi­ta di molti preti». Ma, ed è ancora una con­fessione di Schönborn qui ad Ars, per i suoi preti l’ar­civescovo di Vienna pre­ga. «Ogni sera la mia ulti­ma preghiera è per loro. Poi, come naturalmente la preghiera si allarga a tutti quelli che sono in tribolazione. Penso ai carce­rati, alle donne maltrattate, ai bambini picchia­ti. Ai drogati, alle prostitute, ai di­sperati che non hanno più vo­glia di vivere. La preghiera si fa allora condivi­sione della sof­ferenza di Cristo al Getsemani. E solo immergendo il dolore degli uo­mini nell’abisso dell’amore di Cri­sto, la mia pre­ghiera della sera si fa finalmente preghiera di fidu­cia».


Dal nostro inviato ad Ars-sur-Formans (Francia) Marina Corradi

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