Una nuova prospettiva per l'antimafia

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vox red
00lunedì 15 maggio 2006 17:28
zooropa1993.altervista.org/ il mio sito

"necessario intervenire sulle mille Scampia, sulle mille S. Cosmo, sulle migliaia di periferie del meridione, in cui a dare pane e lavoro è sempre stata la criminalità organizzata"


Palermo: l’Associazioni Industriali Siciliana organizza, insieme alla Direzione Italiana Antimafia, un’iniziativa sul racket e le sue conseguenze economiche. I commercianti e gli imprenditori di Palermo, che dovevano essere i diretti
interessati, disertano l’iniziativa, che si svolge in un teatro semivuoto.

Napoli: da parecchi mesi è in corso una sanguinosissima faida di camorra tra il clan dei Di Lauro e quello rivale degli scissionisti.

Siracusa: tre attentati incendiari negli ultimi 25 giorni, due contro le sedi della CGIL, uno contro le sedi di alcune emittenti locali.

Acireale: fatti inquietanti ancora poco chiari ( furti, minacce, aggressioni ) si susseguono da mesi, inquinando la vita politica
ed amministrativa della città.

Si tratta di quattro contesti su cui, nonostante le differenze, è necessario svolgere un’attenta riflessione per capire perché dopo anni di mobilitazione sul tema della lotta alla mafia, oggi la criminalità organizzata occupi ancora posizioni di forza nelle società meridionali. Per farlo, bisogna rivedere criticamente gli ultimi dieci anni della nostra storia partendo dal periodo immediatamente successivo all’uccisione di Falcone e Borsellino. Subito dopo le stragi di mafia ci fu in Sicilia e nel resto del meridione un moto di partecipazione collettiva, con cui larga parte del popolo meridionale chiedeva alle istituzioni e alla politica un segnale forte di cambiamento.

Il risultato di quelle richieste fu la massiccia ondata d’arresti che colpì i vertici della criminalità organizzata e il ricambio politico che investì molte delle amministrazioni locali del meridione, in cui la vecchia classe dirigente democristiana, in città importanti come Napoli, Palermo, Catania, Reggio Calabria, in governi regionali come Campania e Sicilia, venne sostituita da amministrazioni di centrosinistra ritenute maggiormente in grado di interpretare la voglia di cambiamento.

Oggi che quel ciclo elettorale favorevole al centrosinistra si è interrotto da almeno quattro anni, (con l’importante eccezione di Napoli e della Campania) ed il fenomeno mafioso è riemerso, è opportuno chiedersi: perché il centrosinistra, pur avendo a disposizione un decennio per governare, non è riuscito ad estirpare le radici profonde del fenomeno mafioso? Perché, spesso si ci è limitati a denunciare verbalmente la criminalità organizzata, e non si è agito sulle cause strutturali che l’alimentano? Per rispondere a queste domande, è necessario compiere una penetrante autocritica sull’operato delle amministrazioni di centrosinistra: ci si illuse che per sconfiggere la mafia bastassero solo amministratori locali meno collusi di quelli del passato e dunque in grado di vigilare meglio su possibili infiltrazioni. Si pensò che per risollevare l’immagine e l’economia della Sicilia fosse sufficiente restaurare i centri storici delle città e costruire villette e aiuole. Quello che non si capì è che, per debellare il fenomeno mafioso, era indispensabile pensare ad un modello di sviluppo che superasse il vecchio assistenzialismo e minimizzasse gli spazi di mediazione tra pubblico e privato, luogo di conquista di burocrazie corrotte.

Per fare questo, era ed è necessario costruire un percorso di sviluppo che si basi sul miglioramento della qualità della pubblica amministrazione, su investimenti massicci sulle dotazioni infrastrutturali, sull’accessibilità e la valorizzazione delle risorse naturali e culturali.

Una politica di sviluppo che punti ad una maggiore efficienza del sistema di formazione scolastica e professionale e che incentivi in maniera selettiva le imprese che investono in innovazione, sviluppo dell’apparato produttivo e internazionalizzazione. Non si capì che era necessario intervenire sulle mille Scampia, sulle mille S. Cosmo, sulle migliaia di periferie del meridione, in cui a dare pane e lavoro è sempre stata la criminalità organizzata.

Solo prosciugando le paludi in cui la criminalità organizzata penetra ancora con troppa facilità, solo dando agli abitanti delle periferie la possibilità avere una prospettiva di vita dignitosa, si potrà sconfiggere il fenomeno mafioso. Costruire un modello di sviluppo alternativo e risanare le periferie, questi sono i punti cardini di una politica antimafia che non si limiti alla semplice denuncia. Iniziamolo a fare anche ad Acireale.
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