Un messaggio dal passato

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BrightBlade
00giovedì 24 giugno 2004 20:48
BrightBlade si svegliò di soprassalto, ansimando. Con sollievo, trovò che era ancora nella sua stanza, alla Gilda dei Paladini.
Non era la prima volta che gli succedeva: ultimamente, era stato assalito da sogni terribili, in cui il Paladino si ritrovava senza sapere perché, e senza poter opporre alcuna resistenza, a compiere le gesta più efferate.
Era come se qualcosa, e l'atlantideo credeva di sapere cosa, lo spingesse a compiere atti malvagi.
Alzandosi, BrightBlade raggiunse la cassettiera di quercia e fece scivolare in avanti il primo cassetto, perfettamente oliato.
Sì, il Diadema era al suo posto, racchiuso nel fazzoletto azzurro di Cyber Dark. Per la prima volta, il cavaliere notò delle lievi bruciature sulla stoffa, là dove il Diadema toccava il tessuto....
BrightBlade
00giovedì 24 giugno 2004 21:24
BrightBlade riavvolse il Diadema nel fazzoletto, indossò l'armatura e infilò l'oggetto magico in una delle borse che portava appese alla cintura. Gettandosi il pesante mantello da viaggio sulle spalle, uscì dalla stanza, chiudendo silenziosamente la porta di legno alle sue spalle.
La Gilda era deserta: tutti i Paladini erano a dormire. Persino lungo le strade del Regno non c'era un rumore, se non il sussurrare del vento e il cigolio di qualche insegna arrugginita. Percorrendo a cavallo la strada che conduceva al Castello, il Paladino gettò uno sguardo a nord, verso il Gran Massiccio. L'enorme catena montuosa si stagliava sul cielo nero trapuntato di stelle, ritagliandone un'area ancora più scura.
L'aria pungente per il freddo solleticava il volto del Paladino, mentre questi si avvicinava, lentamente, al cancello.
Giunto nei pressi della saracinesca, fu fermato da uno dei Guardman che, sbadigliando, sollevò la lanterna, riconobbe il giovane Gran Maestro e fece cenno al suo compagno di attivare il meccanismo. Sferragliando sonoramente, la grata di ferro si sollevò.
BrightBlade percorse al trotto i metri che ancora lo separavano dall'ingresso al Castello, poi balzò di cavallo e legò il suo bianco destriero a un gancio al muro, quindi entrò nel Castello.
Qualche minuto dopo, si trovava di fronte alle stanze del Sommo.
Dalla porta filtrava una debole luce, segno che Ostri e Palank erano svegli.
Il Paladino bussò, ed entrò.
"Salve Bright. Che ci fai sveglio a quest'ora della notte?" domandò Ostri, senza alzare lo sguardo da una pergamena che stava vergando.
"Ho avuto ancora quei sogni..."
Ostri depose la penna e si alzò in piedi, stiracchiandosi.
"Eppure non capisco. - proseguì BrightBlade - Cyber mi aveva detto che il Diadema poteva avere questi effetti, ma non mi aveva parlato di incubi nel sonno".
"No, infatti, il Diadema normalmente non ha quegli effetti" rispose il Sommo,"Ma d'altronde - disse - nessuno di noi può definirsi "normale", e tu meno di tutti".
BrightBlade lo guardò sorpreso, ma il Sommo sembrò non accorgersi della sua espressione.
"Vedi Bright, apparentemente tu sei tale e quale a tutti noi. Respiri come noi, ti muovi come noi e via dicendo.
Ma tu sei un atlantide, l'ultimo atlantide credo. Cyber ti ha descritto gli effetti che il Diadema ha su un umano. Ma tu non sei umano. La magia scorre nelle tue vene. Ricordo che, la prima volta che tu giungesti al Regno, percepii la tua aura e mi dissi "Ecco un Aspirante che sarà un valente mago". Quando poi ti vidi, vestito di una corazza e armato di spada e scudo, rimasi di stucco. Non capivo come non ti fossi accorto del tuo potenziale, e perché nei tuoi viaggi non avessi mai incontrato qualcuno che avesse notato la cosa".
"Beh - soggiunse il Paladino - come sapete i Paladini di Atlantide non disdegnano l'uso della magia arcana, se essa è ispirata dagli dei".
"Lo so, Bright. Ebbene, credo che il Diadema senta questa magia. Cyber Dark ti ha mai parlato delle origini del Diadema?"
"A dire il vero, no..." rispose BrightBlade.
Mariuccia5
00venerdì 25 giugno 2004 10:30
Davvero bella storia, avete intenzione di continuarla da solo o inserirete altri Vassalli?[SM=x92710]
Gianlu79
00venerdì 25 giugno 2004 12:12
Davvero bella storia, comunque cara Mariuccia, anche se Bright volesse inserire qualcun altro, voi non potreste prendervi parte, non dimenticate che attualmente vi trovate svenuta in una foresta pericolosa per colpa di alcuni draghi neri [SM=x92710] [SM=x92710] !
Anche nel mondo della fantasia ci vuole un pò di coerenza [SM=x92702]
Mariuccia5
00venerdì 25 giugno 2004 13:16
Gia, avete ragione Gianlu, anche se volessi non potrei, prima dobbiamo riusire ad uscire dal bosco![SM=x92701]
BrightBlade
00venerdì 25 giugno 2004 13:29
Mah...
Ancora non ho deciso, in ogni caso come ha detto Gianlu, ci vuole coerenza!
Comunque, credo che Cyber e ThunderBlade stiano progettando una capatina da un certo vampiro (leggere "Aria di Cambiamenti" per capire), quindi credo proprio che, a meno che qualcuno di voi non voglia unirsi, andrò solo con un mio vecchio amico...
[SM=x92702]

*****


Il Sommo raggiunse lo scaffale che ricopriva l'intera parete ovest della stanza, salì su una scala e, dopo aver cercato per qualche secondo, estrasse dalla libreria un volume rilegato in cuoio nero.
Sulla copertina, caratteri rossi dicevano: "Manuale degli Artefatti del Potere".
Ostri lanciò il libro a Bright, che lo prese al volo, e lo aprì. Incredibilmente, il libro conteneva solo cinque pagine: il Paladino lo chiuse, e constatò che, visto da fuori sembrava essere un libro da almeno un migliaio di pagine!
Riaperto il libro, sfogliò le prime pagine.
Sulla seconda trovò scritto:

Indice:
- Il Diadema
- Il Cristallo Nero
- La Verga del Potere

"Vai avanti", disse il Sommo. BrightBlade voltò pagina. Gli si parò davanti un foglio di pergamena sbruciacchiato, su cui erano graffiate alcune rune incomprensibili. Con qualcosa che assomigliava molto a sangue, qualcuno aveva scritto la traduzione: "Sulla Corona del Thay, ovvero sul Diadema del Controllo Mentale".
Il cavaliere voltò la pergamena, e improvvisamente si accorse che al di sotto di essa erano comparse (o forse erano sempre state lì?) moltissime pagine.
"Che cos'è?" chiese il Paladino.
"E' la storia del Diadema. Palank trovò questo libro in una catacomba, qualche anno fa, durante uno dei suoi viaggi. E' riportata tutta la storia di quei tre oggetti. Tuttavia, come io e Palank abbiamo scoperto, solo il possessore di un oggetto può leggerne la relativa storia.
Quindi, tu puoi leggere solo la storia del Diadema, dalla sua creazione al momento in cui hai varcato con esso quella porta" e il Sommo indicò la porta della stanza. BrightBlade non si considerava un esperto di manufatti antichi, ma ogni particella del suo essere gli gridava che quel libro era stato scritto da un'entità così malvagia da fargli venire la pelle d'oca.
Come se avesse intuito i suoi pensieri, il Sommo aggiunse.
"Crediamo che il libro sia stato creato da colui che ha forgiato i tre oggetti. In ogni caso, leggendo lo scoprirai. Spero che ti sia di aiuto, più di quanto lo sia stato per me".
BrightBlade ringraziò, ed uscì dalla stanza, raggiungendo a grandi passi la biblioteca del Regno. Accese un candelabro, lo appoggiò su uno dei banconi e aprì il libro.
Di nuovo, raggiunse la pergamena vergata col sangue. Gli parve di udire, lontanissimo, un urlo straziante.
Scacciando quel pensiero, cominciò a leggere.

"O tu, Possessore del Diadema,
ascolta di come esso fu creato, e del male che portò nel mondo...
"

[Modificato da BrightBlade 25/06/2004 13.30]

BrightBlade
00venerdì 25 giugno 2004 20:07
Le origini del Diadema
Nel fuoco sono stato forgiato
del più profondo monte fiammeggiante
nell'isola che il mare ha cancellato
che prende il nome dal divo Atlante

Nell'acqua sono stato temprato
nel mezzo della tempesta distruttrice
il fulmine celeste mi ha plasmato
del Signore della Razza Creatrice

Nella tenebra il sigillo Egli ha posto
del potere che corrotto mi alimenta
il cuore del potere nascosto
che notte e giorno l'animo tormenta

Alla luce, beffardo, risplendo
attraggo il tuo sguardo ammirato
e presto il sortilegio compiendo
la tua anima avrò catturato

Il Diadema io sono, Portatore,
possessore di un incanto proibito
e ben presto il mio potere infinito
farà me Padrone e te mio servitore!


BrightBlade, rabbrividendo, voltò pagina. Quella seguente era dominata da un'illustrazione, se così si poteva definire.
Un uomo, ammantato di nero, stringeva un maglio con la destra. Sembrava trovarsi all'interno del cratere di un vulcano, tutto attorno a lui fiumi di roccia fusa ribollivano, illuminando l'antro. Con la mano sinistra, l'uomo impugnava una tenaglia con la quale teneva fermo, sopra ad una roccia nera, un cerchio infuocato. "Il Diadema", pensò BrightBlade. Improvvisamente, la figura si mosse. Lo sconosciuto calò il maglio con violenza sul metallo arroventato. Quando l'attrezzo urtò il manufatto, ci fu un esplosione di suoni ad altissimo volume. Il Paladino barcollò all'indietro, stringendo il libro con entrambe le mani. Dalla figura cominciò a levarsi del fumo, e le pagine divennero roventi. L'uomo continuò a colpire il Diadema, forgiandolo. Ad ogni colpo, urla spaventevoli straziavano la mente del cavaliere, che non riusciva a staccare gli occhi dall'immagine.
Infine, l'uomo levò in alto il maglio, che si stagliò sulla bocca del vulcano, e lo calò sul maglio. Ci fu un'esplosione di grida terrificante, come se un'intera città fosse stata passata a fil di spada da qualcuno nello stesso momento. Con un grido di dolore, BrightBlade fu scagliato indietro da una forza sconosciuta, andando ad urtare contro la biblioteca alle sue spalle e perdendo i sensi. Il libro si chiuse, e cadde ai suoi piedi con un tonfo sordo.
BrightBlade
00domenica 27 giugno 2004 22:34
BrightBlade riprese lentamente coscienza. Era sovrastato da una massa scura, che non riusciva a distinguere.
Lentamente, mise a fuoco l'uomo che lo sovrastava, notando con stupore che indossava un pesante cappuccio. Il suo volto era completamente in ombra, e il Vassallo poteva intravvedere a mala pena il profilo di un naso aquilino.
"Ti sei ripreso finalmente, Paladino".
La voce non era provenuta dall'interno del cappuccio, ma da un punto dietro di lui, dove Bright credeva esserci la libreria del Sommo.
L'uomo ammantato afferrò il paladino sotto le ascelle, tirandolo in piedi e facendolo ruotare, senza troppa gentilezza, verso la direzione da cui era provenuta la voce.
BrightBlade notò di non trovarsi più nella stanza del Sommo. Il luogo dove si trovava era una stanza circolare, le cui pareti erano interamente ricoperte da una biblioteca di legno nero, carbonizzato. Al centro della stanza, troneggiava una grande scrivania, anche essa nera, rivolta verso una bifora. In quel momento il sole era proprio allineato alla finestra, e rendeva difficoltoso per il paladino il guardare in quella direzione. In ogni caso, c'era un grande scranno di fronte alla scrivania. Se ne poteva apprezzare il profilo irregolare, che ritagliava nella luce solare una macchia nera.
"Allora, Paladino, come te la sei passata in tutti questi anni?" disse la voce. BrightBlade capì che, dall'altro lato dello schienale, era celato l'uomo che gli stava parlando con quella voce profonda. La domanda era stata posta stancamente, come se fosse inutile... evidentemente il suo interlocutore conosceva già la risposta.
"Dove mi trovo?" chiese l'atlantideo.
"Beh, da quel che mi risulta, sei steso per terra nello studio di Ostri. Ma, come ho imparato a mie spese in questi anni, nulla è ciò che sembra". Bright avvertì una traccia di ironia nella voce.
"Allora, vecchio mio, la tua fortuna ha continuato ad assistirti?" proseguì, sempre ironicamente, lo sconosciuto.
"Che genere di fortuna?" ribatté il paladino.
"Che razza di domanda... la fortuna, se così si può chiamare, che ti ha consentito di essere qui a parlare con me".
BrightBlade rimase in silenzio.
"Ah, dannazione, voi atlantidi siete sempre stati altamente stupidi. Persino il Gran Veggente, a suo modo, era un perfetto idiota. Ma nella sua idiozia, è stato, diciamo, fortunato. Senza di lui, non saresti vivo, ricordi?".
Oh, se lo ricordava. Il Gran Veggente di Atlantide, un giorno, gli aveva ordinato inspiegabilmente di partire per il Viaggio di Preparazione. BrightBlade sapeva bene che, in teoria, ciò sarebbe dovuto avvenire molto più tardi, persino dopo anni, ma aveva ubbidito. Da quel che ne sapeva, era l'unico che si era salvato dalla distruzione di Atlantide, avvenuta due giorni dopo la sua partenza.
"Cosa c'entri tu in tutto questo? Come conosci il Gran Veggente?" chiese BrightBlade.
"Mah, sai, alcuni dicono che le persone che si conoscono meglio siano quelle che si uccidono... In ogni caso, è stato il mio maestro per molti anni".
Questa notizia colpì BrightBlade come un pugno allo stomaco. Allora non era lui l'unico sopravvissuto! Ricordava bene il giovane allievo del Gran Veggente. I suoi capelli biondi, portati raccolti in lunghe trecce che gli scendevano morbide lungo la schiena.
Ricordava la sua stretta ferrea, quando gli aveva dato la mano, augurandogli buona fortuna, il giorno in cui partì per il Viaggio. Come era possibile che si fosse salvato? Perché lo incontrava solo ora? E cosa c'entrava lui con il Diadema e con quel libro maledetto?
BrightBlade
00martedì 29 giugno 2004 23:02
"Sai, Paladino, mi sto ancora chiedendo perché il Gran Veggente abbia scelto proprio te".
"In che senso?" chiese il Vassallo.
"Come saprai, pochi giorni dopo la tua partenza Atlantide è stata distrutta. Beh, perché tra tutti quanti, me compreso, egli ha deciso che proprio tu dovevi salvarti...".
C'era qualcosa di aspro nella voce, un che di metallico che fece rabbrividire il cavaliere.
"Avrà avuto le sue ragioni..." sussurrò di rimando.
"RAGIONI? QUALI RAGIONI? Chissà, magari è stato un caso... quel vecchio pazzo ormai aveva perso il senno del tutto! Ma no, doveva salvare BrightBlade, il moccioso venuto dalla campagna!!! Non il Re, non il suo allievo, il suo UNICO allievo! - gridò l'altro, balzando in piedi - No, il sogno gli aveva detto di salvare TE!!!".
La prima cosa che colpì BrightBlade fu che la testa del suo interlocutore, invece che coperta da una folta chioma di capelli biondi come il grano, era completamente calva. Una cicatrice la attraversava, obliquamente, terminando sotto l'attaccatua dell'orecchio.
L'uomo, da quel che si poteva vedere oltre lo scranno su cui era stato seduto fino ad un momento prima, indossava una grande armatura logora. Un tempo, doveva essere stata d'argento, ma il metallo si era opacizzato e imbrunito per qualche inspiegabile ragione...
Mariuccia5
00venerdì 2 luglio 2004 16:26
Ma è finita???
[SM=x92711] [SM=x92711] [SM=x92711]
BrightBlade
00venerdì 2 luglio 2004 17:32
No, non è finita!
(E' appena cominciata)
Diciamo che mi sono preso una pausa per raccogliere le idee sul proseguimento del racconto!
E diciamo anche che siccome domani ho un esame di piano, non posso purtroppo impiegare troppo tempo qui nel forum...
Mariuccia5
00venerdì 2 luglio 2004 21:05
Non vedo ,l' ora che continuate![SM=x92710] Ma suonate il piano??
Purtroppo non posso aiutarvi nell' impresa, vado in vacanza e... sono stata rapita da un' orda di non-morti (vedi La reliquia di Heirean)[SM=x92713] [SM=x92713] Posso copiarmi la vostra storia in word sul mio cmpu?
BrightBlade
00sabato 3 luglio 2004 09:26
Ma certo che potete, anzi mi fate un favore (non lo devo fare io).
Per quanto riguarda il pianoforte... sì, lo studio...
[SM=x92713]

BrightBlade
00sabato 3 luglio 2004 09:38
L'uomo si alzò, e con la mano fece un gesto, come se avesse voluto cancellare qualcosa da una lavagna.
"Comunque sia - disse, recuperando il controllo di sé - tu hai qualcosa di mio, e me lo devi restituire".
"Che cosa potrei avere di tuo?" chiese il Vassallo, sorpreso da quell'affermazione.
"Andiamo Paladino, non fare l'idiota. Quell'oggetto non fa per te. Sei troppo stupido per poterlo controllare. Dammelo" rispose secco l'altro.
Improvvisamente BrightBlade percepì un leggero peso alla testa, e con un misto di meraviglia e orrore si rese conto di stare indossando il Diadema.
Portò di scatto le mani alla testa, e lo tastò, per essere certo della cosa. Eppure, ricordava perfettamente di averlo riposto in una sacca, avvolto nel suo fazzoletto blu...
"Avanti, consegnami il Diadema". Di nuovo qualcosa di metallico, di freddo, nella voce di quell'uomo. Il Paladino non si fidava di lui. Aveva avuto, dal momento in cui l'altro aveva rivelato la sua identità di allievo del Gran Veggente, la certezza assoluta che loro due fossero della stessa razza. Ma quanto allo spirito... non proveniva alcuna aura benefica da quell'uomo. Anzi, non proveniva alcuna aura del tutto. Era come se quell'essere non esistesse, o fosse paragonabile al trono su cui era seduto fino a poco prima.
"Perché dovrei darti il Diadema?" chiese BrightBlade. Qualcosa nel suo cervello gli stava gridando di non cedergli l'artefatto, e il Paladino voleva capire perché.
"Perché??? Andiamo, dammelo!" risposte l'uomo, spazientito.
Si voltò, mostrando per la prima volta il suo volto.
Era completamente sfigurato da un reticolo di cicatrici, più o meno vistose. Ma quel che colpì di più BrightBlade fu una cicatrice in particolare: Gli percorreva la fronte come un cerchio, come una corona che fosse stata posata sul suo capo, o come...
"Dammi il Diadema BrightBlade, o verrò a prenderlo!" disse l'uomo.
Il Vassallo fece qualche passo indietro. Scorgeva chiaramente negli occhi del suo interlocutore la bramosia e, forse, la luce della follia.
"Perché?" domandò ancora.
L'uomo strinse i pugni.
"PERCHE' E' MIO!!!" gridò.
Si raccolse su se stesso, e balzò verso il Paladino come un giaguaro.
In quel momento BrightBlade percepì qualcosa di estremamente freddo inondargli il viso.
Barcollò, cadde a terra e perse i sensi...
BrightBlade
00sabato 3 luglio 2004 22:25
"Tutto bene?"
Quella voce aveva un che di familiare... sì, doveva averla sentita spesso...
"Nonno?"
"Povero Bright, te la sei vista veramente brutta!".
Si udì una risata, da qualche parte.
Il paladino si sentiva come immerso nell'acqua. Non vedeva altro che una luce bianca soffusa, sulla quale, lentamente, si stava ridisegnando il mondo.
"Si può sapere che caspita hai visto in quel libro?"
La voce era diversa dall'altra, ma anche questa gli suonava familiare...
Ecco, ora cominciava a distinguere alcune forme... un volto barbuto proteso su di lui...
BrightBlade scrollò la testa, e guardò meglio.
Il volto che lo stava fissando suggeriva buonumore. Aveva una folta barba marrone, ben curata, ed una bandana copriva i capelli.
"Ci sono! Ostri!" gridò il Vassallo, come se avesse fatto la scoperta del secolo.
"Bentornato a terra Bright. Ci eravamo preoccupati!".
Solo in quel momento il paladino notò che anche Palank era nella stanza. Reggeva una bacinella, ancora per metà piena d'acqua.
In effetti, il Paladino si accorse di avere i capelli zuppi.
Il libro del Diadema giaceva ai suoi piedi.
"Che cosa hai visto nel libro?" domandò il Sommo Ostri.
"Qualcosa del mio passato... un uomo che diceva di essere l'allievo del Gran Veggente, e pretendeva che gli ridessi il Diadema. Diceva che fosse suo".
"E dopo aver letto tutto questo sei svenuto? chiese esterefatto Palank.
"Ma no! Devo aver visto queste cose mentre ero svenuto. Cosa sia successo prima... non so, ricordo delle grida terribili, e colpi di martello... e fuoco".
"Mah... non so che dirti Bright, comunque il libro è a tua disposizione, noi siamo qua in giro, passeremo ogni tanto a controllare che tu non abbia abbattuto qualche altro scaffale della biblioteca!"
"Grazie infinite, Sommo".
"Di niente Bright. Piuttosto, qualcosa da bere?". Il Sommo stappò con noncuranza una bottiglia di Nastro Blue Dragon, della sua riserva personale.
"No grazie. Per stasera solo acqua di fonte!".
Il Sommo proruppe in una sonora risata, dopodiché salutò il Paladino ed uscì.
BrightBlade riaprì il libro.
Di nuovo, quella tremenda illustrazione.
Gli sembrava ancora di udire quei rintocchi di martello... o forse li udiva davvero? In effetti, l'immagine sembrava muoversi...
Senza esitare un secondo, BrightBlade voltò pagina e continuò a leggere...
BrightBlade
00lunedì 5 luglio 2004 21:13
La pagina seguente era completamente bianca, salvo una scritta al centro del foglio, che diceva:

"Della mia storia, mio possessore,
nulla ti interessa conoscere o sapere
se non di come giunsi al traditore
che le rocce di Atlantide fece cadere…"


La pagina si voltò da sola. Oltre a questa si trovava un foglio bianco, su cui una calligrafia raffinata ed elegante aveva tracciato un lungo racconto. Il Paladino notò con stupore che il brano era scritto nella lingua di Atlantide.

Quel maledetto vecchio! Ha pagato il suo errore con la vita, ma che cos’è questo in confronto alla salvezza di Atlantide? Quell’idiota del re non vuole darmi ascolto! “Il Gran Veggente ha detto che non possiamo opporci alla distruzione di Atlantide!”. Se invece di starsene a pregare i suoi Dei, raccogliesse l’esercito, spazzeremmo via quei dannati uomini-tritone in un lampo!
Devo fargli cambiare idea, a qualunque costo!

L’ho trovato! Potrò convincere il re e salvare Atlantide!


A questo punto seguivano alcune righe incomprensibili. Scorrendole, nella mente del Paladino passò come un flash l’immagine di un uomo che gridava, stringendosi la testa, attorniata da un cerchio di fuoco. Gli parve quasi di udire le urla di dolore dello sventurato… scacciando quel pensiero dalla mente, il Vassallo continuò a leggere.
Notò subito che la calligrafia era tornata ad essere quella “graffiata” delle prime pagine, e la lingua non era più quella della sua isola natale.

E così, mi impossessai della debole mente di Keeran Lathern, allievo del Gran Maestro. Sei sorpreso, possessore? Eppure nessuno può vincere la Mia volontà. Persino tu, tra poche ore o giorni, diverrai mio schiavo per sempre.
Ed ora ascolta della rovina che ho causato, e conosci il mio potere!


Sotto all’ultimo paragrafo comparve un titolo in rosso:

Della caduta di Atlantide
BrightBlade
00sabato 10 luglio 2004 21:19
La Caduta di Atlantide
Keeran Lathern si avviò verso il Palazzo dei Paladini. Nei suoi occhi non brillava più la luce di un tempo. Una nuova scintilla la aveva sostituita, più cupa, più minacciosa.
Le due guardie all’ingresso tuttavia non se ne accorsero, e lo fecero entrare, salutandolo come sempre.
Il Paladino proseguì lungo i corridoi, imboccando quello che conduceva alla Sala del Trono.
Passando, contemplò le grandi statue di marmo bianco che adornavano le pareti. Gli occhi dei cento eroi di Atlantide lo fissavano. Keeran ebbe l’impressione di scorgere disapprovazione in quegli occhi di pietra, ma scacciò l’idea con forza.
Finalmente, giunse di fronte ai due portoni d’oro che sigillavano la Sala.
Le quattro Guardie del Trono gli si fecero incontro. Indossavano armature dorate di incredibile bellezza. Dai loro elmi sporgevano paia di ali piumate, e lunghe chiome di crine di cavallo bianchissime. I loro pettorali erano finemente cesellati, così come il grande scudo tondo che portavano con il braccio sinistro. Anche gli schinieri erano alati, così come i guanti dorati che ricoprivano le loro mani, polsi e avambracci fino al gomito.
“Salve Lord Keeran, Paladino della Cerchia Interna” dissero ad una sola voce i quattro soldati.
“Salve Guardie del Trono. Devo vedere il Re. E’ una questione di massima importanza” rispose il Paladino.
“Purtroppo non è possibile” rispose una delle guardie. Keeran rimase interdetto.
“Che significa questo? Vi ho detto che è una cosa della massima importanza!” ribatté.
“Spiacente, ma dopo la morte del Gran Veggente il Re ha ordinato di non essere disturbato”. Il Gran Veggente era morto? Quando? Chi era il colpevole?
Poi, di colpo, Keeran seppe. Era lui il colpevole. Lui lo aveva trucidato, pugnalandolo più e più volte. Ma era stato davvero lui? Era come se qualcuno si fosse impossessato del suo corpo… ma che importava ormai? Chi era quel vecchio di fronte alla salvezza di Atlantide?
“Fatemi passare”. Era la sua voce a parlare? Keeran non capiva. Si accorse di aver estratto la spada.
“Lord Keeran, che state facendo?” domandò una delle quattro Guardie, allarmata.
“Ubbiditemi, o la pagherete cara”. Il Paladino non aveva forse neppure pensato di pronunciare quelle parole.
La Guardia venne avanti. “Mio signore, vi ho detto che… AAAH!!!!”.
Con un movimento repentino, Keeran Lathern piantò la sua affilatissima Lama dritta nel petto della Guardia del Trono. Il sangue riempì la bocca dell’atlantideo, cadendo a fiotti sulla placca dell’armatura dorata.
Con uno strattone, Keeran liberò l’arma.
“Ed ora, se non vi dispiace, devo passare” disse, con una voce che non era più la sua.
“Lord Keeran, deponete la vostra spada e arrendetevi. Non avete possibilità” dissero le Guardie.
Già, era vero: non aveva speranze. Quei tre erano tra i più forti guerrieri di Atlantide. Come poteva lui, un Allievo, batterli?.
La risposta giunse nella sua mente inaspettata, sotto forma di una voce sibilante: “Ti aiuterò io”...
BrightBlade
00domenica 11 luglio 2004 19:03
Keeran spostò la spada davanti a sé, in posizione difensiva, ed avanzò di alcuni passi verso le tre guardie rimanenti.
Quest’ultime avevano sguainato le loro Lame e gettato a terra i foderi dorati.
“Per l’ultima volta, Keeran, rinuncia a questa follia!” disse una di loro. Lathern la ignorò. Balzò invece avanti, cogliendo la Guardia del Trono che gli stava di fronte di sorpresa, cercando di trafiggerla con un unico affondo. Il guerriero tuttavia intuì la mossa, e pose lo scudo davanti a sé, deviando il colpo verso l’alto. I suoi due compagni si spostarono ai fianchi, menando due fendenti diretti al petto del giovane Paladino. Questi evitò il doppio attacco abbassandosi repentinamente, e mentre le spade delle due Guardie cozzavano l’una contro l’altra colpì il combattente alla sua destra ad una gamba.
Il grido di dolore dell’uomo e lo zampillo di sangue che scaturì dallo schiniero infranto gli comunicarono che aveva avuto successo. Mentre l’uomo cadeva in ginocchio, Keeran menò un fendente verso l’alto, mirando alla testa del ferito. Il suo compagno però lo protesse bloccando il colpo con la sua spada, mentre l’altra Guardia roteava la sua arma a pochi millimetri dalla testa del paladino, che aveva fatto appena in tempo a schivare l’attacco.
Con una capriola, Keeran ritornò in posizione di difesa, accucciandosi sulle ginocchia. Le due Guardie del Trono avanzarono verso di lui, lo scudo proteso in avanti. Quando furono a pochi metri dalla sua posizione, il paladino decise di agire. Con un balzo improvviso, piombò sulla guardia a sinistra e roteando la spada la fece penetrare in profondità attraverso il pettorale dell’avversario, segandogli di netto la clavicola. L’impeto del balzo scagliò la Guardia a terra, mentre Keeran atterrava elegantemente a pochi passi di distanza.
In pochi attimi aveva messo fuori combattimento ben due delle tre letali Guardie, un’impresa che il giovane non avrebbe mai pensato essere alla sua portata.
Hai visto Keeran? Con il mio aiuto, nulla ti è impossibile” sussurrò la sinistra voce nella sua mente.
L’ultima Guardia sembrava indecisa se ripiegare e chiamare aiuto od affrontare il nemico, ma alla fine il suo orgoglio lo spinse ad optare per la seconda chance.
Lasciando cadere lo scudo, il cavaliere in armatura dorata impugnò la Lama con entrambe le mani, quindi si scagliò contro il Paladino, utilizzando una raffica di colpi per fiaccarne le difese.
Keeran fu sorpreso dalla forza e dalla velocità dell’attacco, schivò o parò i primi quattro fendenti ma nel farlo fu costretto a sbilanciarsi. Era proprio ciò che la Guardia voleva: con un fendente rapidissimo, la Lama del guerriero attraversò da destra a sinistra il petto indifeso del paladino, che barcollò all’indietro mentre con la mano sinistra si premeva là dove era stato ferito.
La Guardia pulì la sua Lama sul mantello, e avanzò minacciosa.
Keeran sentiva la fine avvicinarsi, quando ancora la voce venne in suo soccorso:
Usa la tua rabbia, Keeran! Scatenala come una tempesta verso il tuo nemico!”.
Keeran sentì un’ira irresistibile invadergli l’animo, e con un urlo inferocito si lanciò contro la Guardia. I suoi attacchi erano dettati dalla semplice foga, e basati soprattutto sulla pura forza fisica, per cui il combattente in armatura dorata li evitò con facilità. Con una gomitata, colpì il suo aggressore al petto, là dove lo aveva ferito. A Keeran mancò il fiato, ma riuscì lo stesso ad evitare il fendente che lo avrebbe decapitato.
Barcollando, il giovane paladino retrocesse, guadagnando preziosi attimi di riposo.
Ma all’improvviso, Keeran si sentì avvolgere da una strana energia, che guariva le sue ferite.
La Guardia del Trono percepì un’aura malvagia crescere a dismisura, davanti a sé. Non riusciva a capire da dove provenisse, certo era che la fonte non era il giovane Lathern.
Il guerriero vide il suo avversario sollevare la spada, e di colpo il corridoio, il Palazzo e le statue scomparirono alla sua vista. Si ritrovava ora in uno spazio illimitato ed indefinito. Un’atmosfera plumbea attraversata da fulmini di energia rossa, che si concentravano sulla Lama del paladino.
Keeran percepì tutta la potenza che il Diadema gli dava, e ne rimase inebriato.
Puntando la sua spada contro la Guardia rimanente, sussurrò parole che neppure lui comprendeva, e infine gridò: “TUONO INFERNALE!!!”.
Un fascio di pura energia negativa proruppe dalla Lama, investendo in pieno la Guardia del Tempio. L’uomo lanciò un atroce grido di dolore, mentre la sua armatura veniva disintegrata dall’energia malefica, e le sue carni dilaniate.
Dopo attimi lunghissimi, il corpo senza vita della Guardia si schiantò nel pavimento di fronte al grande portone della Sala del Trono, in una pozza di sangue.
Keeran aveva il fiato grosso. Non sapeva da dove fosse provenuto quel potere sconfinato, ma sapeva che finché quell’energia lo avesse assistito, nulla avrebbe potuto fermarlo.
Avrebbe salvato Atlantide.
Di nuovo, la voce eruppe nella sua mente.
Forza Keeran, andiamo a parlare al Re...”.

[Modificato da BrightBlade 11/07/2004 19.04]

BrightBlade
00lunedì 12 luglio 2004 22:04
L’ex allievo del Gran Veggente spinse le due grandi ante della Sala del Trono.
La sala era lunga circa un centinaio di metri, ed alta almeno il doppio. Non vi erano colonne a sorreggere la volta, che poggiava interamente sulle pareti perimetrali. Un prodigio di architettura che molti nobili di Atlantide si erano sforzati – invano – di imitare.
La superficie della stanza era occupata prevalentemente da file di scranni di pietra, tranne un corridoio al centro della stanza, che procedeva fino alla piattaforma rialzata del trono.
Quest’ultimo era forse uno degli oggetti più splendidi dell’intera isola.
Era stato forgiato completamente in oro, e raffigurava un aquila nell’atto di spiccare in volo. Tra le zampe dell’animale vi era lo scranno del Re, plasmato in modo da fondersi con l’aquila in un continuo armonioso. Se non fosse stata d’oro, e alta quasi quattro metri, la bestia sarebbe apparsa viva. Molti si chiedevano infatti, ammirati, perché l’animale non spiccasse il volo, portando con sé in cielo il trono.
Nella parete di fondo, qualche metro al di sopra della testa dell’aquila dorata, vi era un grande rosone, nelle cui vetrate erano rappresentate con incredibile perizia le gesta degli antichi eroi di Atlantide. I raggi del sole, in quel momento, illuminavano la porta di accesso alla sala, e quando Keeran ne spalancò i battenti i raggi del sole si persero nella lunghezza del corridoio che conduceva alla stanza.
Il giovane ci mise qualche secondo ad abituarsi a quella luce di fronte agli occhi, ma infine riuscì a scorgere il Re. Era seduto sul Trono, la testa reclinata su una spalla. Si copriva gli occhi con una mano, e i suoi sussulti fecero intendere a Lathern che stava piangendo amaramente. Come al solito, indossava la sua armatura cerimoniale anche in quel frangente: al Re di Atlantide non era concesso di toglierla mai, neppure di notte.
Keeran Lathern avanzò lungo il corridoio centrale della stanza, gli occhi fissi sul Sovrano di Atlantide, che sembrava non essersi accorto neppure della sua presenza. Giunto ai piedi della piattaforma rialzata, si inginocchiò.
“Mio Signore…” sussurrò. I singhiozzi del Re riecheggiavano nella cavernosa sala, completamente sgombra. “Mio Signore…” ripeté Keeran, più forte. Il Re alzò lo sguardo.
Il giovane paladino si perse, per un attimo, nei due abissi di dolore che erano gli occhi del sovrano.
“Keeran… è morto…” disse Re Jaleth Kahn, quasi per convincere se stesso più che rivolgendosi al paladino. “Lo so, mio Signore, ma ormai è successo. Ora dobbiamo pensare alla difesa di Atlantide!” rispose Keeran.
“Difesa?” disse il Re. “Non è possibile alcuna difesa. Atlantide è finita”, concluse stancamente.
“Non è vero, mio Sire!”. Il paladino aveva parlato con foga, e si accorse di aver alzato la voce un po’ troppo. Ormai è fatta, pensò, e proseguì: “Convocate i Paladini! Il nostro esercito è forte, respingerà quei tritoni negli abissi da dove sono venuti senza sforzo!”.
“Ma non capisci Keeran? La fine è vicina, vicinissima! Tra qualche ora, forze minuto, Atlantide finirà. Quei tritoni non arriveranno mai ad Atlantis: la rovina è già qui!” gridò il Re, balzando in piedi.
Ancora una volta, Lathern rimase sorpreso dall’aspetto fisico del Re. Pur nel dolore, era imponente. Appariva come uno degli eroi di Atlantide, rivestito nella sua lucente armatura. Istintivamente, il giovane chinò il capo di fronte al suo signore.
Come può cadere un simile Re?, si chiese il paladino.
“Come è possibile?” chiese, dando seguito ai suoi pensieri. Il Re abbassò lo sguardo su di lui. “Il Gran Veggente lo ha previsto. Tra poco giungerà il Portatore di Tenebra! Il Distruttore, il Messia dell’Apocalisse! Cosa possiamo noi, miseri mortali, di fronte al suo potere?” chiese il sovrano, con voce roca, sopraffatto dal dolore.
“Voi dovete affrontarlo! Siete invincibile, mio Re, lo sapete benissimo! Nulla può infrangere la vostra armatura!” gridò Keeran, balzando in piedi.
“Voi dovete combattere! Non potete aspettare la fine qui, seduto su quel trono, piangendo come una donna!”, continuò.
Re Jaleth Kahn fu colto dall’ira.
CHE NE SAI TU, KEERAN, DEL DISTRUTTORE?” gridò. La sua voce tornò indietro parecchie volte, rimbalzando da un lato all’altro della stanza. Al giovane Lathern era parso più un tuono che la voce del suo Re.
“Con un sol gesto della mano può distruggere questo intero palazzo, se vuole!” proseguì il sovrano.
“Che cosa posso io contro di lui?” concluse, lasciandosi cadere sul trono, coprendosi il volto con le mani e ricominciando a singhiozzare.
“Usate questo, mio Signore!” gridò Keeran. Portò le mani alla testa, e si sfilò il Diadema, porgendolo al Re.
Jaleth Kahn fissò l’artefatto all’inizio con sguardo vuoto, privo di interesse. Poi, i suoi occhi si sgranarono dallo stupore!
“Keeran! Che cos’è quell’oggetto? Dove lo hai trovato?” chiese allarmato.
“Non importa, Sire. Usatelo, e nessuno potrà mai sconfiggervi!” rispose il paladino.
Ma Re Jaleth Kahn aveva già percepito l’enorme aura malvagia emanata dal Diadema, ed era balzato in piedi.
“Allontana da me quel tramite di perdizione, Keeran Lathern! Come osi portare un simile artefatto al cospetto del Re?” gridò.
Keeran non capiva. Cosa c’era che non andava in quel diadema?
“Ma… mio Signore, quest’oggetto vi darà il POTERE! Indossandolo, nulla potrà sconfiggervi! Neppure il Distruttore! Sarete invincibile!” rispose il paladino, accorato.
Jaleth afferrò il Diadema dalle mani del ragazzo, lo scaraventò a terra ed estrasse la sua Lama. Prima che Lathern potesse fare qualcosa, colpì il Diadema con tutte le sue forze.
Keeran avvertì un dolore lancinante alla testa, come se fosse stato colpito lui stesso.
NO, MIO SIGNORE! NON FATELO!” gridò, in preda al dolore.
Ma Re Jaleth era sordo ad ogni parola. Calò nuovamente, con ancora più forza, la spada sull’artefatto.
Questa volta il dolore esplose nella testa del giovane, quasi fino a farla scoppiare.
Keeran si gettò sull’artefatto, proteggendolo con il suo corpo.
“Togliti Keeran, per il tuo bene! Dovrò uccidere anche te!” gridò Re Jaleth.
Ma il giovane Lathern non si mosse. Anzi, udì nella sua mente una voce, vagamente familiare, che sussurrava: “Aiutami!”. Senza esitare un istante, indossò il Diadema.
E così fece la sua apparizione.

[Modificato da BrightBlade 12/07/2004 22.15]

BrightBlade
00mercoledì 14 luglio 2004 17:27
Keeran Lathern fu sollevato dal terreno, mentre una nube di crepitante energia nera lo avvolgeva.
Lentamente, pezzo dopo pezzo, la sua armatura fu consumata dall’energia negativa. Re Jaleth Kahn osservò immobile, senza scomporsi, l’avvento del suo carnefice.
Un’esplosione di tenebra lo scagliò a terra, mentre tutte le finestre della sala esplodevano, ed il grande rosone andava in mille pezzi.
Ora una nuova armatura rivestiva Keeran. Era completamente nera, lucidissima. Dietro le sue spalle, due paia di ali metalliche si spiegarono.
L’armatura era costellata di gemme color porpora, e non lasciava scoperto neppure un centimetro quadrato del corpo di Keeran, ad eccezione del volto che era ancora visibile, incorniciato da una sorta di elmo sulla cui sommità spiccava il Diadema. Quest’ultimo riluceva sinistramente, proiettando una fredda luce sul volto stravolto del giovane. Gli occhi del ragazzo brillavano di luce rossastra, la pupilla si era evidentemente fusa nel rosso fuoco che riempiva la fessura un tempo occupata dagli occhi. Sembrava che fossero stati sostituiti da due globi di roccia fusa.
Le mani guantate di acciaio di Keeran afferrarono la spada, anch’essa divenuta nera. La lama dell’arma era stata deformata, e non aveva più la curvatura caratteristica delle Lame di Atlantide. Era ora perfettamente diritta, ed il filo era interrotto da una seghettatura che le conferiva un aspetto particolarmente sinistro. Sembrava non chiedere altro che le carni di un nemico da straziare.
Keeran era divenuto il Portatore di Tenebra, l’Araldo Nero.
Egli si volse verso il Re. “E’ giunta la tua fine”. Jaleth Kahn sentì provenire la voce da ogni angolo della stanza. In effetti, probabilmente il Distruttore aveva parlato direttamente nella sua mente.
Il sovrano di Atlantide abbassò lo sguardo. Ai suoi piedi, vide un frammento del rosone che aveva sovrastato, fino a pochi minuti prima, il suo trono. Vi era raffigurato uno degli eroi, mentre affrontava una bestia immonda, forse un drago degli abissi. La vista di quel frammento diede fiducia al Re, che sguainò la sua sacra Lama.
“Se dunque è giunta la fine di Atlantide, che Atlantide cada combattendo” sussurrò, e si lanciò alla carica.
Se ci fossero stati spettatori in quella sala, avrebbero detto che quello era uno dei duelli più titanici che si fossero mai visti. Ma non c’erano spettatori, nella Sala del Trono.
Soltanto Re Jaleth Kahn e il Distruttore, colui che un tempo fu Keeran Lathern, allievo del Gran Veggente.
Il Sovrano e il Portatore di Tenebra si scambiavano spesso i ruoli di attaccante e difensore. Combattevano con una rapidità eccezionale, eppure fino a quel momento nessuno dei due aveva subito un colpo. Raffiche di fendenti si susseguivano come onde del mare, e allo stesso modo si infrangevano nelle difese dell’altro.
Tuttavia, il duello non poteva essere infinito. Re Jaleth avvertiva già i primi segni della stanchezza. Invocando il favore degli dei, scagliò un globo di energia luminosa verso l’Araldo Nero, facendolo esplodere a pochi passi dall’avversario. Il colpo scagliò il Distruttore all’indietro di una ventina di metri, senza tuttavia provocargli alcun danno, per lo meno in apparenza.
Approfittando di quell’attimo di pausa, il Re deterse con il dorso della mano guantata il sudore che scendeva copioso sulla sua fronte.
In quel momento, il suo avversario si stava rialzando in piedi, scrollandosi di dosso le macerie che lo avevano sommerso. Jaleth Kahn si preparò a difendersi dall’attacco. Invece che raffiche di fendenti, questa volta giunse un urlo stridulo. Il cuore del Re, saldo fino a quel momento, fu invaso dal terrore più profondo. Era un terrore arcano, irrazionale, come la paura dei bambini per il buio. Un terrore che Re Jaleth non poteva combattere. Il Terrore Nero.
Il sovrano di Atlantide si volse, e cominciò a correre. Dietro di lui, il Portatore di Tenebra lo inseguì, come un ghepardo che bracca la sua preda.
Il fuggitivo oltrepassò il trono dorato, scostò un arazzo millenario e si lanciò attraverso il tunnel retrostante. Alle sue spalle, l’arazzo fu fatto a pezzi, mentre il Distruttore proseguiva il suo inseguimento nell’angusto corridoio.
Jaleth continuò a correre, senza neppure rendersi conto di dove stava andando. Oltrepassò alcune biforcazioni, imboccando ora la via a destra, ora quella a sinistra. L’unica cosa certa era che stava scendendo sempre di più nelle profondità della terra. Non osava neppure voltarsi indietro, percepiva la presenza del suo inseguitore dal tuonare dei suoi passi, amplificato dall’eco. Per un attimo, il Re ebbe come l’impressione di essere inseguito da un esercito di nemici.
Proprio in quel momento, tuttavia, intravide una luce in fondo alla galleria.
Una luce? Come è possibile?, si chiese il sovrano. Era ormai un’ora, forse un giorno – Jaleth aveva completamente perso la cognizione del tempo – che scendeva ininterrottamente: come potevano i raggi del sole giungere così in profondità?
Infine, giunse al termine della galleria. Con profondo stupore, il Re notò di essere sbucato non in una pianura, ma in una gigantesca caverna.
“Il Cuore di Atlantide…” mormorò incredulo.
Di fronte a lui, sospeso a parecchi metri del terreno, un gigantesco globo luminoso irradiava di luce bianchissima tutto l’antro. Sembrava palpitare di energia, ed in effetti scariche elettriche scoccavano dal globo per colpire le pareti circostanti e nutrire la terra dell’isola.
Jaleth Kahn aveva sempre saputo dell’esistenza del Cuore – ogni atlantide lo percepiva – ma non credeva esistesse una via per raggiungerlo.
Lentamente, anche il Portatore di Tenebra entrò nella caverna. Il Re ora non aveva più paura.
Voltandosi, fronteggiò il nemico.
Questi cominciò a ruggire. Dapprima piano, poi sempre più forte, come l’eco di un tuono scoppiato a molti chilometri di distanza. Lentamente, nella caverna si fece più buio, quasi come se l’energia negativa dell’Araldo oscurasse quella del globo luminoso.
Il Distruttore levò la spada verso l’alto, quindi la fece roteare e, afferrandola con entrambe le mani, la piantò a terra, accompagnando il gesto con un ruggito titanico.
Immediatamente, l’intera grotta cominciò a tremare e giganteschi pezzi di roccia si staccarono dalla volta, piombando ovunque. Un crepitante campo di energia malefica avvolgeva ora l’Araldo Nero, che teneva ancora saldamente la spada conficcata nel terreno.
Re Jaleth avvertì un movimento alle sue spalle e si voltò: il Cuore di Atlantide stava cadendo!
Senza perdere un momento, il sovrano si portò sotto il globo luminoso, quindi alzò le braccia, i palmi delle mani rivolti verso la sfera, e raccolse il suo Spirito. Fu avvolto immediatamente da un’aura luminosa, e ogni traccia di stanchezza scomparve dal suo volto.
La sfera cadde sulle sue mani. Il Re subì il colpo, poggiando un ginocchio a terra. Lo sforzo che stava compiendo era titanico, ma Jaleth Kahn aveva fiducia nei suoi dei.
Gridando la sua sfida alle tenebre, si risollevò in piedi, ergendosi in tutta la sua statura. Alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi sull’Araldo Nero. Il Distruttore estrasse da terra la spada, e Re Jaleth capì cosa voleva fare il mostro, così come comprese di non poter far nulla per impedirglielo, impegnato com’era nel sostenere il Cuore di Atlantide.
Con un ruggito furibondo, il Portatore di Tenebra scagliò la sua arma. La Lama volò infallibile, colpendo il Re in pieno petto e penetrando nelle sue carni con facilità. Jaleth Kahn barcollò, infine cadde in ginocchio. Ogni suo sforzo era proteso a sorreggere la sfera luminosa che lo sovrastava. Il Distruttore si avvicinò, mentre un’altra spada si materializzava tra le sue mani. Giunse di fronte al Re inginocchiato, sovrastandolo con la sua mole mastodontica. Sollevò la spada sopra la testa e la conficcò nel petto del sovrano poco più in alto della prima spada.
Jaleth sentì il suo stesso sangue invadergli la bocca, capì di essere spacciato. L’Araldo Nero si preparava a sferrare ormai il colpo di grazia.
Per un attimo il Re ebbe paura della morte. Fu tentato dal lasciar perdere il globo luminoso che sorreggeva, fuggire lontano, salvarsi la vita. Gli sarebbe bastato un gesto per aprire un portale e fuggirne attraverso, salvandosi dalla distruzione dell’isola. Aveva subito terribili ferite, è vero, ma i suoi poteri erano abbastanza grandi da permettergli di sopravvivere… perché non farlo?
Il Re si accorse di star tremando, mentre il mostro sopra di lui sollevava la sua arma.
Di colpo, ricordò le parole del suo antico maestro.
“Coraggioso non è chi non ha paura, ma chi teme e combatte ugualmente”.
Re Jaleth non aprì mai il portale che lo avrebbe condotto alla salvezza. Non utilizzò mai i suoi poteri per sanare le ferite che aveva subito.
Ruggendo come un leone, balzò in piedi. Per un attimo, il suo grido di sfida oltrepassò il rombo del terremoto, il crepitare dell’energia della sfera, rimbalzando da lato a lato.
Il Distruttore indietreggiò, terrorizzato, lui che non aveva mai conosciuto la paura. Lasciò andare la spada, e si voltò per fuggire.
Jaleth Kahn raccolse le sue ultime forze, e scagliò il Cuore di Atlantide contro il mostro.
Il globo di energia crepitante parve espandersi ed occupare l’intera caverna.
Il Portatore di Tenebra ruggì la sua impotenza, mentre la sfera volava verso di lui, impossibile da evitare o da respingere.
Il Cuore di Atlantide entrò in contatto con l’Araldo Nero, lo avvolse nella sua energia.
Infine, esplose.

Jaleth Kahn non vide la fine di Atlantide. Subito dopo aver scagliato la sfera di energia, cadde a terra, morendo prima ancora di toccare il suolo.
L’esplosione che scaturì dal Cuore di Atlantide disintegrò il Distruttore, cancellando per sempre la sua presenza. Il solido strato di roccia granitica su cui poggiava l’isola di Atlantide fu spazzato via dall’energia scaturita, e l’isola sprofondò in pochi minuti, pezzo dopo pezzo. Nulla si salvò, tutto fu sbriciolato dai terremoti o dalla furia del mare che si riversò ad occupare quel pezzo di terra che si era sottratto, migliaia di anni prima, al suo manto e che ora, finalmente, ritornava sotto le onde.

Cullato dalle onde, mi poggiai sul fondo dell’oceano, in attesa che tornasse il mio tempo.
Mariuccia5
00sabato 17 luglio 2004 14:20
Posso interrompervi...
per dire BELLISSIMA! La sto copiando pezzo per pezzo in word. Quando ho finito ve la faccio avere?[SM=x92709] [SM=x92702]
BrightBlade
00martedì 20 luglio 2004 12:27
BrightBlade interruppe la lettura. Lentamente, estrasse il fagotto blu che conteneva il Diadema, svoltolò il fazzoletto e fissò per lunghi attimi l'oggetto magico che aveva causato la rovina del suo popolo.
Per quale scherzo del destino il Diadema era giunto fino a lui, unico sopravvissuto della stirpe di Atlantide?
Il paladino ebbe la tentazione di sguainare la spada e sfracellare il Diadema, ridurlo in pezzettini finissimi e infine sbriciolare anche quelli. L'atlantideo comprese che non era possibile. Quell'artefatto era legato così profondamente al mondo della magia, al male stesso, che forse neppure il potere del Sommo sarebbe stato capace di distruggere...
BrightBlade
00mercoledì 21 luglio 2004 15:25
Il Paladino sapeva bene che nessun artefatto è indistruttibile. Forse doveva gettarlo nel vulcano che aveva visto nel libro, là dove era stato forgiato? No, non sarebbe stato possibile. Quel vulcano era esistito chissà dove migliaia di anni prima, le probabilità che esistesse ancora erano bassissime…
In più, qualcosa nell’animo del Vassallo lo spingeva a credere che quell’oggetto maledetto avesse ancora un ruolo da giocare…
Senza indugiare oltre, proseguì con la lettura del libro: era curioso di conoscere come il Diadema fosse riemerso dalle acque e giunto in mano al lich che lui e Cyber Dark avevano, con non pochi problemi, sconfitto.
Le ore passarono veloci, ormai le prime luci dell’alba facevano la loro timida comparsa attraverso i vetri colorati della biblioteca. BrightBlade era sempre lì, chino sul manoscritto, intento a leggere.
Come aveva sospettato, i tritoni di Kesler, antichi nemici della gente di Atlantide, erano stati ben presto attirati dal potere emanato dal manufatto. Kesler, il loro capo, aveva ordinato ai suoi tirapiedi di recuperare il Diadema, quest’ultimo aveva immediatamente avuto il sopravvento su quella mente sciocca e aveva condotto il re dei tritoni sempre più verso est, in cerca di un nuovo padrone, fino a quando Kesler non era stato catturato – ed ucciso – da alcuni soldati del Katai, che avevano portato l’oggetto maledetto al loro signore. L’anziano e malato Shogun del Katai tuttavia comprese la natura malvagia del manufatto, e ordinò di rinchiuderlo nel sepolcro assieme al suo corpo, sentendo vicina la morte.
“Era dunque la tomba dello Shogun che abbiamo esplorato con Cyber e ThunderBlade!” esclamò il Paladino di Atlantide. Chissà se il Diadema aveva previsto tutto quanto! Il Vassallo aveva avuto poco tempo per esaminare l’artefatto, ma cominciava a pensare che fosse dotato di un’intelligenza smisurata, votata al male puro.
Eppure, l’atlantideo continuava a non capire. Perché Cyber Dark aveva voluto ad ogni costo il Diadema? Perché lo aveva passato a lui, convinto che avrebbe servito il bene? Come poteva quell’oggetto così malvagio rinnegare se stesso, portando luce nel mondo?
“Mah, direi che si è fatto tardi. Andrò a dormire per qualche ora, e poi proseguirò con questo libraccio” disse a se stesso BrightBlade.
Chiuse il libro magico e se lo mise sottobraccio, riavvolse il Diadema e lo ripose nella sacca che portava attaccata alla cintura, infine spense ciò che rimaneva della candela che gli aveva consentito di leggere per tutta la notte ed uscì dalla Biblioteca del Regno, avviandosi a grandi passi verso la Gilda dei Paladini, perso nei suoi pensieri.
*****

Grazie per la vostra "raccolta", Lady Mariuccia! [SM=x92709]

[Modificato da BrightBlade 21/07/2004 15.27]

BrightBlade
00domenica 25 luglio 2004 14:31
BrightBlade giunse alle porte della Gilda mentre il sole faceva capolino oltre i bastioni del Regno. Lentamente, le vie presero vita. Le finestre si spalancarono, e dopo poco i bambini uscirono a giocare lungo la strada, accompagnati dalle raccomandazioni delle madri.
Le botteghe aprirono i battenti, e nel giro di un’ora la città prese vita. Così, quando il Paladino di Atlantide si risvegliò dopo il riposo che si era concesso, trovò il Regno in piena attività.
Prima di alzarsi, il Vassallo aveva ponderato i pro e i contro di un’idea che gli era saltata in mente ripensando al suo colloquio con l’uomo – presumibilmente Keeran – che era entrato nella sua mente attraverso il libro, e aveva deciso di mettere in pratica la cosa.
Facendosi largo tra la folla che popolava la piccola piazza antistante la Gilda dei Paladini, si diresse verso la taverna del Regno e, dopo aver consumato una rapida colazione, acquistò provviste per un lungo viaggio, che ripose in alcune borse che si era portato.
Tornato alla Gilda, raggiunse la stalla dove il suo destriero bianco, Tame, lo attendeva fiducioso.
“Salve Bright”. La voce era provenuta dalle sue spalle.
Il Paladino si voltò, e si trovò a faccia a faccia con Cyber Dark.
“Ehi Cyber! Anche tu qua nelle stalle?” lo salutò l’atlantideo, mentre travasava le provviste dalle borse alle sacche assicurate alla sella di Tame con resistenti cinghie di cuoio.
“Già… come mai tutto quel cibo? Stai partendo per un pic-nic con la tua fidanzata segreta?” scherzò Cyber.
“Eh, magari! No, sto partendo per il nord”. Finì di stipare le provviste. “Mi accompagni su in camera? Ho dimenticato il mantello da viaggio…” domandò l’uno.
“Ma certo!” rispose l’altro, ed insieme si diressero verso gli alloggiamenti dei Paladini.
“Hai avuto notizie di Gianlu? – chiese Bright – E’ partito ormai da parecchi giorni assieme a Ikarus, Lady Mariuccia e gli altri, ma non ho saputo più nulla…”.
“Bah, ovunque sia, se la caverà benissimo. Tu piuttosto, dove vai di preciso?” rispose Cyber Dark.
“Non lo so neppure io. Ho scoperto che il Diadema è legato al mio passato, ma molte cose non mi sono chiare. Il Sommo mi ha mostrato un libro strano, riporta tutta la storia del Diadema da quando fu creato…”. Cyber sembrava interessato: “Posso vederlo?” chiese.
“Ah, se vuoi te lo do volentieri, ma ti avviso che solo chi possiede il Diadema può leggerlo. Per te sarebbe un semplice libro completamente bianco”. I due paladini raggiunsero la stanza del Gran Maestro. Bright spinse la porta (che era sempre aperta, come del resto tutte le altre), si gettò il mantello da viaggio sulle spalle, allacciandolo agli spallacci dell’armatura con due fibbie argentate, assicurò il fodero della sua inseparabile spada alla cintura e richiuse l’uscio.
“Il punto è che quell’artefatto ha avuto parte con la distruzione della mia isola – proseguì l’atlantideo – e, soprattutto, pare che abbia ancora un ruolo da protagonista nell’immediato futuro”.
“Come lo sai?” domandò Cyber Dark. “Mah, è solo una mia idea. Vedi, mentre leggevo il libro sono arrivato ad una pagina che conteneva un disegno magico. C’era un uomo che forgiava un oggetto, credo fosse proprio il Diadema, assieme ad una strana poesia. Il fatto è che l’immagine si muoveva, e non appena l’uomo ha colpito l’incudine con il suo maglio sono svenuto…” spiegò BrightBlade.
“Sei sicuro di non aver sbattuto la testa da qualche parte?” scherzò l’amico.
“Con la testa che mi ritrovo, mi preoccuperei più per il luogo dove ho sbattuto… scherzi a parte, mentre ero svenuto un uomo si è introdotto nella mia mente. Credo fosse Keeran Lathern, l’allievo del Gran Veggente che ha previsto la fine della mia isola. Prima che partissi da Atlantide, eravamo amici, ma lui era molto diverso”. “In che senso?” chiese Cyber.
“Prima di tutto, come aspetto. Prima era un bel ragazzo, biondo, un fisico da atleta. Ora è calvo, e ha parecchie cicatrici. Una, in particolare, sembrerebbe una specie di corona attorno al capo, come se avesse indossato un cerchio arroventato…” spiegò BrightBlade.
“O come se si fosse messo il Diadema e quest’ultimo lo avesse attaccato, giusto?” suggerì l’amico.
Bright rimase a bocca aperta. Inavvertitamente, portò una mano alla sacca dove aveva riposto l’artefatto…
BrightBlade
00martedì 27 luglio 2004 21:35
“E’ quello il prezzo da pagare se si cerca di opporre resistenza al potere del Diadema. Ogni uomo può resistere al suo potere per un lasso di tempo variabile, potrebbe trattarsi di mesi o anni come di minuti. Ma quando quel giorno viene, resistere al Diadema è impossibile. E’ per questo che ti ho sconsigliato di metterlo. Neppure un Paladino come te o come me può resistere per sempre al suo potere. Comunque sia, ora devo andare. Un amico mi attende in taverna” disse Cyber Dark.
“Allora a presto, amico mio” rispose BrightBlade. “A presto”, contraccambiò l’amico, “e ricorda: usalo il meno possibile”, aggiunse. L’atlantideo annuì con la testa, e accompagnò con lo sguardo il suo maestro mentre abbandonava la stanza.
Infine, sistemò le ultime cose, tornò in stalla e balzò in sella al suo cavallo. Tirando le redini, ordinò a Tame di galoppare a spron battuto.
Il cavallo si lanciò in corsa, felice che il padrone lo lasciasse a briglie sciolte. La gente lungo le strade si fece da parte, agli avvertimenti gridati da BrightBlade, guardando con ammirazione la possente figura del Vassallo, in sella al suo bianco destriero, mentre sfrecciava ad una velocità incredibile attraverso le vie lastricate.
Giunto ai cancelli, trovò le porte del Regno già spalancate per lui – i Guardmen lo avevano visto arrivare da lontano – e mentre con un cenno del capo salutava il capo delle guardie attraversò la grande arcata del cancello, che non era mai stata varcata in senso opposto da alcun nemico.
“A nord, amico mio, portami a nord” sussurrò il Paladino al suo destriero, che ubbidì immediatamente. Aggirando le mura del Regno lungo tutto il loro perimetro, Tame proseguì sulla strada a nord, che conduceva fino al tunnel che permetteva di attraversare il Gran Massiccio senza dover far ricorso ad uno dei pericolosissimi sentieri che salivano per migliaia di metri lungo creste rocciose prima di perdersi nelle bufere di neve.
Cyber Dark e il Sommo Ostri osservarono dall’alto del Maschio del castello la sagoma del Paladino di Atlantide perdersi all’orizzonte.
“E così, il tuo piano è riuscito, Cyber” sussurrò il Sommo. Cyber annuì, mentre il vento gli scompigliava i capelli.
“Ho addestrato BrightBlade per tre lunghi anni, era giunto infine il momento che seguisse la sua strada” aggiunse.
“E il Diadema?” domandò il Re.
“Soltanto uno strumento. In realtà, l’unica cosa che mi interessava di quell’oggetto era il legame con il passato di Bright. Servirà per completare il suo addestramento” spiegò l’ex Gran Maestro dei Paladini.
“Sempre che sopravviva… – soggiunse Ostri – Questa potrebbe essere una sfida al di sopra delle sue possibilità. Chiunque stia cercando il Diadema è un avversario temibile”.
“Ne sono consapevole. Ha ereditato da quell’oggetto il dono di controllare la mente altrui, come Bright ha avuto modo di scoprire a sue spese. Ma sono convinto che il ragazzo ce la farà, nonostante il calibro del nemico. Non è più il giovane audace ed inesperto che era un tempo. Credo di avergli insegnato la pazienza e l’astuzia: è tempo che guadagni da solo ciò che io non posso insegnargli, l’esperienza”.
Il Sommo Ostri annuì gravemente, lanciando un unico sguardo all’ormai piccolissima sagoma del Paladino di Atlantide, proprio mentre quest’ultima veniva inghiottita dall’orizzonte, sullo sfondo del Gran Massiccio.
Mariuccia5
00martedì 3 agosto 2004 20:51
Bellissima!
non dovete ringraziarmi, anzi: sapete, io faccio collezionedi storie fantasy[SM=x92713] [SM=x92713] lo so, è una strana abitudine, ma sono una scrittrice, così mi piace prendere esempio[SM=x92713] [SM=x92710]
BrightBlade
00martedì 31 agosto 2004 14:42
-=INFORMAZIONI=-
Durante le vacanze ho scritto parecchie cose per questo racconto, ma ora le dovrò ricopiare tutte quante sul computer, in ogni caso a breve potrete seguire il continuo della storia!
[SM=x92702]
Cyber Dark
00mercoledì 1 settembre 2004 04:14
Re: Bellissima!

Scritto da: Mariuccia5 03/08/2004 20.51
non dovete ringraziarmi, anzi: sapete, io faccio collezionedi storie fantasy[SM=x92713] [SM=x92713] lo so, è una strana abitudine, ma sono una scrittrice, così mi piace prendere esempio[SM=x92713] [SM=x92710]


Ma non è una cosa poi così strana, mia lady! C'era chi aveva uno Zibaldone, e chi come voi un documento word[SM=x92710]
BrightBlade
00venerdì 3 settembre 2004 12:15
Riprendo il racconto da dove l'ho lasciato...
Veloce come il vento, Tame condusse il suo padrone attraverso il Gran Massiccio e oltre le grandi pianure che si estendono tra quell’imponente catena montuosa e il mare in pochi giorni. Dopo aver cavalcato sempre a nord, il Paladino di Atlantide costeggiò il mare del nord verso est per tre giornate.
Verso sera, BrightBlade raggiunse la Baia della Luna. Era una piccola insenatura nella costa, di forma semicircolare. In quel punto, il mare aveva la stessa profondità che a largo, come si poteva evincere dal colore blu scurissimo delle acque. A terra, la baia era circondata da una grande foresta di abeti, punteggiata da radure naturali. Una di queste, la più grande, era a forma di mezzaluna, e dava il nome alla località.
Il prato della radura era costellato di curiosi fiori gialli, che non crescevano in nessun altro luogo. Fu tra questi fiori rarissimi che il Vassallo decise di attendere il crepuscolo. Dopo aver congedato il suo fido destriero, che scomparve tra gli alberi, Bright si sedette a terra e consumò un pasto frugale a base di gallette, quindi si coricò per qualche ora al fine di recuperare la fatica del viaggio.
Quando si risvegliò, il sole era già tramontato, anche se il chiarore del tramonto illuminava ancora le cime degli abeti. Senza perder tempo, BrightBlade si incamminò verso il mare e raggiunse uno spuntone di roccia a picco sulle scurissime acque della baia.
L’atlantideo protese le braccia verso l’oceano, pronunciando alcune parole nella sua lingua natia.
L’acqua ebbe prima un lieve sussulto, quindi cominciò a spumeggiare e ribollire. Dalle onde emersero la testa e il collo di un mostro che molti ritenevano ormai estinto e che ormai viveva solo nelle leggende dei marinai sopravvissuti a qualche catastrofico naufragio: un drago marino.
Domare quella creatura era stata la prova che aveva dovuto affrontare l’atlantideo per guadagnare il titolo di Paladino di Atlantide, quando era partito dalla mitica isola poco prima della sua rovina.
Il drago marino chinò la testa in segno di rispetto, quindi la sua voce profonda riecheggiò nella Baia della Luna: “Dove desideri andare, Figlio del Mare?”. L’appellativo era caratteristico di tutti gli atlantidei. “Conducimi alla casa delle sirene. Devo consultare la sacerdotessa Syrienne” rispose BrightBlade.
Ogni volta che non sapeva cosa fare, il Paladino di Atlantide si recava in visita al Tempio delle Sirene e consultava la sacerdotessa.
Il drago annuì, quindi poggiò la testa sullo sperone roccioso dove si trovava il Paladino, lasciando che questi si issasse sul suo lungo collo. Quindi, la bestia marina si voltò e si inabissò con il suo cavaliere. Ben presto, l’unica traccia della comparsa del drago fu l’insolito sciabordio delle onde, di solito assenti in quel luogo, contro le pareti rocciose della Baia della Luna.
BrightBlade
00venerdì 3 settembre 2004 12:46
Ogni volta che viaggiava con il drago marino, a BrightBlade sembrava di stare in un altro mondo. A mano a mano che il drago scendeva, il paesaggio si faceva sempre più “alieno”: le barriere coralline e i pesci reperibili anche nelle reti dei pescatori lasciavano il posto a creature stranissime, dotate di svariate paia di pinne e di appendici fluorescenti per attirare le prede. Molte delle creature erano addirittura sprovviste di occhi, praticamente inutili nell’oscurità di quegli abissi. Dal canto suo, il Paladino poteva vedere – e respirare – grazie allo stesso incantesimo che aveva utilizzato per richiamare a sé il drago. Lui e la cavalcatura mostruosa scivolavano silenziosi nei flutti, evitati da tutte le creature che si trovavano ad incrociare il proprio cammino con quello del drago, compreso un enorme leviatano che si allontanò serpeggiando fino al suo antro, nonostante fosse tre o quattro volte più grande della cavalcatura dell’atlantideo: sebbene i draghi marini non siano tra le creature più grandi degli abissi e raramente attacchino gli altri abitanti dei mari (si nutrono infatti principalmente di plancton), la loro conoscenza della magia unita alla spaventosa forza fisica li rendono i più pericolosi mostri che abitino le profondità del mare.
Trascorsa qualche ora, il drago marino raggiunse la fenditura che conduceva al Tempio delle Sirene. Un animale delle sue dimensioni non poteva addentrarsi in quella spaccatura del fondale marino, quindi BrightBlade ordinò al drago di attenderlo là e cominciò a calarsi lungo le ripide pareti del crepaccio. Tentare di raggiungere il Tempio nuotando sarebbe equivalso a un suicidio: il Paladino sarebbe infatti stato trascinato dalla fortissima corrente che scorreva attraverso la fenditura fino a sfracellarsi contro qualche roccia. L’armatura di BrightBlade, per fortuna, non ostacolava la difficile discesa: forgiata ad Atlantide, era così leggera che in acqua non se ne avvertiva neppure la presenza.
Il Paladino trovò un appoggio per i piedi e cominciò a scendere, cercando di mantenere il corpo aderente alla parete rocciosa, per non essere trasportato via dalla corrente. Dopo essere sceso di una trentina di metri, trovò una sorta di terrazzo nella roccia e si fermò per riposare un istante. Davanti a lui, il flusso d’acqua ruggiva, trasportando via ogni sorta di detrito. Dopo qualche minuto di riposo, BrightBlade riprese a scendere lentamente. Ma appena fatto qualche metro, avvertì un’esplosione alla sua destra, in direzione del Tempio. Si voltò, e fece appena in tempo ad abbassare la testa, evitando una roccia divelta dalla forza della corrente. Il masso schizzò via a pochi centimetri dai suoi capelli e si perse nelle tenebre. Sospirando, il Paladino proseguì la discesa, che si concluse senza ulteriori incidenti mezz’ora dopo, quando l’atlantideo raggiunse il fondale con un piccolo balzo, al sicuro dalla corrente del Tempio che scorreva sopra la sua testa.
Sul fondo del crepaccio, largo circa cinque metri, si snodava una strada lastricata che conduceva alla casa delle sirene, sulla destra, o all’antica scalinata, ormai crollata, sulla sinistra, la quale, come Bright aveva avuto modo di scoprire in uno dei suoi precedenti viaggi, era abitata da ogni genere di mostro.
BrightBlade imboccò la via verso destra, e, dopo aver camminato per una decina di minuti, intravide il frontone dorato e le colonne del Tempio delle Sirene. La costruzione si ergeva in fondo al crepaccio, che si allargava in uno spazio circolare dal diametro di un centinaio di metri. Allo sbocco del canale nel cratere circolare, era stata eretta una specie di accesso, formato da due colonne sovrastate da un piccolo frontone raffigurante una battaglia tra tritoni e mostri marini. Il portale era sorvegliato appunto da due tritoni, armati dei classici tridenti corallini, mentre una sirena dai capelli argentei era addormentata adagiata sulla sommità del frontone, con un braccio abbandonato a pendere verso il basso.
Il Paladino di Atlantide si avvicinò al portale, ma immediatamente i due tritoni lo scorsero e puntarono le loro armi verso di lui. “Che cosa cerchi, atlantideo?” chiese uno dei due, pronunciando con particolare disprezzo l’ultima parola. Atlantidei e tritoni, infatti, si erano combattuti per secoli e secoli, senza sapere neppure la ragione che li spingeva a farlo.
“Vengo in pace, guardiani del Tempio – rispose diplomaticamente il Paladino – Sono venuto a consultare la Sacerdotessa Syrienne”. Evidentemente, i due tritoni cercavano lo scontro, poiché risposero: “Le sacerdotesse hanno smesso di incontrarsi con gli esseri inferiori come te”. BrightBlade, invece di arrabbiarsi, rise sommessamente. Un’argentea risata si unì alla sua, facendo sobbalzare le due guardie. Con un guizzo, la sirena, svegliatasi, raggiunse i due tritoni. “Sei il benvenuto al Tempio delle Sirene, BrightBlade di Atlantide. Ricordiamo ancora i tuoi servigi” disse la sirena. Il Vassallo aveva visitato molte volte quel luogo, ma ogni volta lo splendore della voce cristallina delle sirene lo estasiava. “Ti ringrazio, Perla del Mare. Concedimi di offrirti questo piccolo dono” rispose, porgendo alla creatura marina una splendida conchiglia multicolore che aveva raccolto durante il viaggio. La sirena accettò ridendo il dono rituale e, preso per mano il paladino, lo condusse verso il Tempio, sotto lo sguardo invidioso dei due tritoni.
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