Un libro di Waldermar Turek sulla spiritualità sacerdotale

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S_Daniele
00venerdì 12 febbraio 2010 18:14
Un libro di Waldermar Turek sulla spiritualità sacerdotale

Forti nella fede sull'esempio dei Padri della Chiesa



Sit orator antequam dictor - "Sia prima uomo di preghiera che predicatore". A sant'Agostino, nel De doctrina Christiana, sono sufficienti poche parole per sintetizzare i tratti del sacerdote ideale. Non un uomo insuperbito dalla conoscenza della dottrina o dalla raffinatezza della propria arte oratoria, ma - sostiene - una persona scrupolosa, certamente ben preparata e che, tuttavia, "avvicinandosi l'ora di parlare" e ancora "prima di muovere la lingua" solleva innanzitutto a Dio la propria "anima assetata", in modo che "proferisca quel che ha bevuto e versi ciò che lo riempie". Poiché, nel campo della fede e della carità - osserva il santo vescovo d'Ippona - "molte sono le cose da dire e molti i modi in cui le può dire" e nessuno conosce "rettamente cosa noi dobbiamo dire volta per volta o cosa si aspettano gli uditori di ascoltare da noi, all'infuori di colui che penetra i cuori di tutti".
Pillole di saggezza e di realismo cristiano valide anche per l'oggi, nell'attualità dell'Anno sacerdotale. Briciole di verità accortamente lasciate cadere dalla mensa riccamente imbandita nei primi secoli cristiani dagli antichi maestri di spiritualità. Non solo Agostino, dunque, ma anche altri grandi Padri della Chiesa, da Clemente a Origene, da Ambrogio a Ilario, a Giovanni Crisostomo per citarne solo alcuni.
A raccogliere un po' di queste "briciole" in un'invitante sequenza d'agile lettura è Waldemar Turek, studioso di patristica, sacerdote polacco in servizio presso la Segreteria di Stato, nel volume "Forti nella fede". Riflessioni patristiche sulla spiritualità sacerdotale (Roma, Libreria Editrice Rogate, 2009, pagine 134, euro 11). Rifuggendo dalla tentazione d'inseguire la strada dei toni accademici, Turek sceglie con questo libro piuttosto la via del suggerimento, dell'accenno sottovoce, delle "briciole" appunto, quasi a voler stimolare l'appetito di un ulteriore approfondimento. Al lettore non viene dunque riservata una trattazione esauriente della spiritualità sacerdotale, ma più semplicemente una specie di vademecum patristico a uso dei presbiteri, ma anche di quei laici desiderosi di un maggior impegno personale e impazienti d'accostarsi agli insegnamenti dei grandi maestri della fede.
Il libro, inserito nella collana di spiritualità "Carità pastorale" che si richiama all'esortazione apostolica Pastores dabo vobis di Giovanni Paolo ii, sofferma l'attenzione su undici autori del periodo patristico. E, principalmente, li distingue attraverso un loro detto che esemplarmente ne sintetizza personalità e santità. Così, se Policarpo di Smirne esorta a essere "forti nella fede" e Clemente Alessandrino ricorda l'importanza dell'incarico di "aiutare il prossimo", Gregorio di Nissa invita a "contemplare il cielo e le bellezze superiori". Seguono per ciascuno degli autori schematiche notazioni biografiche, l'invito alla lettura di alcune pagine e una riflessione spirituale conclusiva che concorre a formare, come in un mosaico ben congeniato, l'immagine del sacerdote e della sua vocazione, quale uomo amato e segnato particolarmente dall'azione gratuita di Dio.
Un uomo chiamato a vincere, con la grazia di Dio, ogni umana resistenza quando questa si adagia entro gli accomodanti orizzonti terreni. Origene, per esempio, con insistenza indica l'impegno missionario del presbitero e avverte che il suo compito principale è quello d'avvicinare i peccatori. Basilio di Cesarea esorta i sacerdoti alla liberazione dalle cattive abitudini e alla preghiera per ricevere l'assistenza divina necessaria per sopportare il peso delle promesse solennemente proclamate. Cipriano di Cartagine esorta i pastori ad avere particolare cura nel guidare il proprio gregge in modo da non perdere nessuna anima e ad avere misericordia verso quanti sono "caduti" (lapsi), specie se questi danno segno di pentimento. Ambrogio, a sua volta, esalta il valore dell'amicizia perché quando questa è sincera aiuta a vincere la superbia e l'ansia delle ricchezze terrene. Suggerimenti e briciole antiche che in maniera sorprendente parlano ancora a sacerdoti e fedeli del nostro tempo che hanno l'avventura di vivere la fede in un contesto per certi versi certamente non meno facile rispetto a quello dei primi secoli cristiani. (fabrizio contessa)


(©L'Osservatore Romano - 13 febbraio 2010)
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