Un gol contro la depressione

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zeman!
00mercoledì 16 aprile 2008 18:11
Un gol contro la depressione
di Alec Cordolcini wovenhand@libero.it

Guarda al futuro con lo sguardo rivolto al passato il calcio belga, alla disperata ricerca di un’identità e di una ricetta per sfuggire da quella crisi in cui la globalizzazione del calcio l’ha fatto sprofondare. La speranze sono poste nei talenti di domani, nella speranza che si rivelino un po’ meno effimeri rispetto a quelli dell’ultima generazione, nonostante di Campioni con la 'c' maiuscola è da un bel po’ di tempo che non se ne vedano all’orizzonte né nelle Fiandre né in Vallonia. Un passato da rimpiangere e un futuro da costruire, una storia ben sintetizzata da quella della famiglia Vandenbergh, ovvero quando il gol diventa un affare di famiglia. Papà Erwin è un mito del calcio belga, bimbo Kevin una promessa in cerca di conferme; il primo ha contribuito a scrivere la storia dei Diavoli Rossi, il secondo ne è stato finora una semplice appendice; Erwin ha vinto tanto, Kevin deve ancora cominciare a farlo. Il loro comun denominatore, oltre al DNA, è il gol. E’ stato uno dei big del calcio belga, Erwin Vandenbergh, nato a Ramsel, provincia di Anversa, il 26 gennaio 1959 e autentico re del gol in patria, con 256 segnature (primato tutt’ora imbattuto nella Eerste Klasse) spalmate lungo quattordici stagioni e sei titoli di capocannoniere vinti; i primi tre arrivarono con la maglia del Lierse (nel 1980 con 39 reti, e per lui ci fu, primo e unico giocatore belga nella storia, anche la Scarpa d’Oro, quindi nell’81 con 24 gol e nell’82 con 25), i successivi due con l’Anderlecht (nell’83 con 20 e nell’86 con 27), l’ultimo con il Gand (nel ’91 con 23) dopo essere rientrato della sua unica esperienza in un campionato estero, nella Ligue 1 francese con il Lille per quattro stagioni meno brillanti del previsto. Ma il mondo intero scoprì Vandenbergh nella partita di apertura del Mondiale spagnolo del 1982 (foto), che vedeva opposti i campioni del mondo in carica dell’Argentina e la loro nuova stella, Diego Armando Maradona, al piccolo Belgio; fu proprio un guizzo di Erwin, su assist compagno Franky Vercauteren, a decidere l’incontro. Una clamorosa sorpresa, nonostante solamente due anni prima i Diavoli Rossi fossero stati finalisti all’Europeo d’Italia. Era il Belgio di monsieur Guy Thys, di Jean-Marie Pfaff, di Jan Ceulemans, del già citato Vercauteren, di Eric Gerets, Franky Van der Elst e Renè Vandereycken, il Belgio che quattro anni dopo in Messico sarebbe arrivato sino alle semifinali, per poi concludere quarto. Anche in quell’occasione la prima rete nella kermesse per i belgi la siglò Vandenbergh (Belgio-Messico 1-2), salvo poi essere costretto a rientrare in patria anzitempo da un brutto infortunio. Quando “l’attaccante che segnava sempre e contro chiunque” decise, al termine della stagione 94-95 (spesa tra le fila del RWD Molenbeck), di appendere le scarpe al chiodo, la sua bacheca conteneva due campionati belgi, una Supercoppa del Belgio e una Coppa Uefa. Quest’ultimo trofeo, vinto come i precedenti con l’Anderlecht, fu incamerato al termine di una competizione che aveva visto Vandenbergh laurearsi capocannoniere con 7 reti (in coabitazione con Alain Giresse del Bordeaux) e i bianco-malva battere nella doppia finale lo Sporting Lisbona. L’incontro di ritorno si disputò il 18 maggio 1983 all’Estadio Da Luz di Lisbona; due giorni prima a Bonheiden nasceva Kevin Vandenbergh. Kevin (foto) è cresciuto sotto l’attenta guida di Erwin, diventato nel frattempo responsabile tecnico del settore giovanile del Westerlo, incarico che ricopre tutt’ora. All’età di otto anni il piccolo Vandenbergh jr. era già nelle giovanili dei Westel, a diciassette è arrivato l’esordio nel professionismo (26 agosto 2000, Westerlo-Lierse 1-0), la stagione seguente il suo primo campionato terminato in doppia cifra (11 gol). Poi giunge il momento di tagliare il cordone ombelicale ed ecco il trasferimento nell’ambizioso Genk fresco di conquista del secondo titolo nazionale della sua storia, ma in realtà il distacco dalla figura paterna non è poi così netto, né dal punto di vista sociale (dopo il divorzio dei genitori Kevin sceglie di vivere con la madre, ma sempre a Ramsel, a soli cinquecento metri di distanza dalla villa di Erwin) né soprattutto da quello professionale, dal momento che papà continua a gestire gli affari del figlio, contratti compresi. A Genk le cose sembrano mettersi bene, l’ambiente è tranquillo, i presupposti per sfondare definitivamente ci sono tutti e i gol arrivano in discreta quantità; 15 il primo anno, quindi 11, 17 e 12 nei seguenti. Eppure la carriera di Vandenbergh non decolla, manca sempre il punto esclamativo, la prestazione che sancisca ufficialmente la nascita di una nuova stella, e con l’arrivo di Hugo Broos sulla panchina del club fiammingo nell’estate del 2005 per Kevin arriva, complice il cambio di modulo che prevede una sola punta, l’esclusione dall’undici titolare. Genk diventa improvvisamente una trappola, Broos non nega le qualità del ragazzo (rapidità, mobilità, fiuto del gol) ma parla di limiti caratteriali: “è un giocatore che tende a sedersi sugli allori, deve maturare ancora molto”. Ma la replica del diretto interessato non si fa attendere: “Da cinque stagioni finisco regolarmente in doppia cifra, o gioco o me ne vado”. Ma il contratto con il Genk scade nel 2009 e le offerte (GBA, Spartak Mosca) arrivate finora a papà Erwin non sono state molto allettanti. Nel frattempo per Kevin è arrivato l’esordio nella nazionale maggiore (26 marzo 2005, Belgio-Bosnia 4-1), il primo gol (7 settembre 2005, Belgio-San Marino 8-0) e il paradosso di giocare titolare con il Belgio e fare panchina nel Genk. Ma il tecnico dei Diavoli Rossi Renè Vandereycken è un suo estimatore, e forse non a caso la miglior stagione di Vandenbergh sia finora concisa con quella dell’ex giocatore del Genoa sulla panchina del Genk, stagione 2004-2005. Kevin insomma rende al meglio quando percepisce la piena fiducia dell’ambiente che lo circonda, e questo è un limite che papà Erwin non aveva. La stagione in corso può però aiutarlo; il Genk, contro ogni previsione, sta comandando il campionato, Broos gli ha concesso più spazio e lui ha finora ripagato andando in rete con buona regolarità. Ma il campionato è ancora lungo e Kevin ha già dimostrato di essere in grado di accendersi e spegnersi alla medesima bruciante velocità. Il tempo della semina è però finito, e adesso è giunto il momento di iniziare a raccogliere. Gli esempi illustri non gli mancano.

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