Tv digitale alla resa dei conti

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MirkoB
00lunedì 10 dicembre 2007 13:04
La New television - dalla tv analogica al Digitale terrestre, Tv Mobile, Web tv, Business tv e Iptv - è stata al centro del seminario organizzato dalla rivista “Millecanali” a Milano lo scorso 27 novembre. Per anni si è parlato dello sviluppo della banda larga, un concetto comune per internet, telefonia mobile e tv. Più spazio per trasmettere dati in digitale compresa la tv, che così è più bella, pluralista, interattiva e on demand: si può guardare in casa anche sul computer e a spasso anche sul telefono cellulare. Le infrastrutture di rete per portare la banda larga nelle case sono state costruite in pochi anni a fronte di una grande spesa da parte degli operatori di telecomunicazioni, che al momento del lancio dei servizi tv hanno fatto flop. Perché? Sicuramente perché non hanno innovato l’offerta televisiva e hanno voluto ripiegare su qualcosa di sicuro (canali generalisti, film, calcio, ecc.) per rientrare senza affanni dai costi per costruire le reti.
Ci sono stati problemi nell’identificare lo spettatore della “nuova tv”. Lo si è voluto attivo e intraprendente, individualista nella scelta di cosa vedere e scettico perché già avvezzo alla “vecchia tv”. Queste definizioni contrastano però con l’offerta di New television, che è ancora rigida con palinsesti fissi, poco interattiva ed enfatica nel riproporre film, calcio e serial come qualsiasi tv. Insomma non si è intervenuti sul prodotto, ma solo sulla distribuzione (Iptv, Tv mobile, Digitale terrestre) costruendo un palinsesto e non creando nuovi contenuti. La nuova tv si vuole che sia metropolitana, giovane e colta, ma si riuscirà a imporla al pubblico solo “se si riconosce che la sfida è impegnativa e che si gioca sui contenuti e non sulle tecnologie”, come spiega il professor Giorgio Simonelli dell’Università Cattolica di Milano.
Anche il discorso sull’interattività della New television merita una riflessione, perché il canale di ritorno offerto dai nuovi decoder digitali non viene sfruttato da un pubblico geneticamente passivo. Le nuove piattaforme di tv digitale sono pur sempre una tv da vedere in casa e seduti in poltrona. Per questo motivo “ci sono sempre i canali della tv generalista su tutte le nuove piattaforme, come a giustificare che è la tv come tutti la conosciamo e come tutti la vediamo” continua David Bogi di Mediaset. Il problema - oltre allo spettatore che non ha contenuti nuovi se non a piccole dosi - è anche legato agli operatori delle telecomunicazioni che non riescono a costruire un business con rientri sicuri nel tempo e galleggiano in una lunga ed esasperata sperimentazione.
"La tecnologia ha fatto passi da gigante, ma è rimasta sola” dice Secondo Montrucchio di Philips che stigmatizza come il canale di ritorno della tv digitale – la sicura fonte di reddito per via dell’interazione del cliente che può acquistare eventi, oggetti o servizi – non viene utilizzato se non in misura marginale con i video on demand. Si preferisce andare sul sicuro con il canone, che permette alle telco e ai broadcaster ritorni sicuri in un momento dove anche la pubblicità stagna per via della forte concorrenza del web. In futuro le forme di profilazione del cliente sui consumi possono addirittura portare introiti pubblicitari mirati (spot di abbigliamento sportivo per chi acquista partite di calcio, per intenderci), ma siamo ancora alla preistoria e c’è molto da lavorare.

Quo M@dia: Marco Scurati
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