Traslocando la biblioteca...

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cane...sciolto
00venerdì 16 giugno 2006 13:43
Dove lavoro, stiamo spostando la biblioteca, quindi tirando giù tutti i libri dagli scaffali per trasferirli in un'altra stanza, in uno scaffale in alto-alto, mi è caduto l'occhio su questo libricino 10 X 20 pag. 83 £ 70) impolverato, dalle pagine ingiallite...
Collana di "Studi storici per la costituente", promossa dal Ministero della Costituente

di, Ruggero Minerbi

La costituente Russa (18 gennaio 1918)

G. C. Sansoni - Editore Firenze -settembre 1946-

Mi prendo l'insana malatia di copiarlo tutto, con calma senza fretta.
Questo è la seconda di copertina:

L'assemblea Costituente russa visse meno di un giorno.
Questo libro fa la storia delle molte cause che portarono a questo fallimento e condussero per altre vie la Russia a nuove mete, a forme statali che si staccano dalle forme politiche dell'Occidente e nulla hanno in comune con esse.

Pertinax
00venerdì 16 giugno 2006 13:49
aspetto fremente, gli articoli pero li trovi senza doverli scrivere [SM=x751526]
Breznev
00venerdì 16 giugno 2006 19:05
Grande cane! [SM=x751532]


cane...sciolto
00venerdì 16 giugno 2006 23:24
Re:

Scritto da: Pertinax 16/06/2006 13.49
aspetto fremente, gli articoli pero li trovi senza doverli scrivere [SM=x751526]

Grazie, io non ci penso mai, ma ti dirò... non mi pesa trascrivere il tutto, è anche un modo per leggere con calma riflettere!! [SM=x751574]
cane...sciolto
00venerdì 16 giugno 2006 23:37
Allora, cominciamo il "pistolotto", unica raccomandazionen non inserite commenti o altro, cosi non si perde il filo di tutto, non si va fuori "sentiero". Se volete, aprite un topic parallelo, si può discuterne li.

La Costituente russa (18 gennaio 1918)

I

Introduzione.

L' assemblea costituente russa, "il sogno di parecchie generazioni di campioni della libertà" -come fu definita dal socialrivoluzionario Visniak che ne fu il segretario generale- ebbe poche ore di vita assai misera. La storia della Russia moderna rese possibile che questo avvenisse ed è necessario scorrere i tratti più caratteristici per valutare quanto accadde fra gli ultimi giorni dell' anno 1917 e i primi dell' anno 1918. L' età moderna della storia russa ha inizio con le riforme imposte da Pietro il Grande: la "finestra aperta sull' Europa" concluse con un atto di violenza un naturale ma lento processo di europeizzazione.
L' intervento chirurgico del sovrano spostò su di un piano di artificiosità tale processo e innestando bruscamente prodotti di civiltà diverse sul tronco della semiasiatica vita della Moscovia dette origine a quel dualismo caratteristico degli ultimi due secoli di vita russa. Le tecniche che si introducevano, la occidentalizzazione forzata dei modi di vita, in un paese attardato nel suo sviluppo economico e politico produssero il rafforzamento dell' autocrazia ed un peggioramento delle condizioni della massa.
Quel viaggiatore tedesco medioevale che si era chiesto se fosse la rozzezza del popolo a richiedere un capo-tiranno o se l' avere una tirannia dispotica come tipo di stato avesse prodotto nei sudditi tali effetti di rozzezza, avrebbe potuto porsi la questione anche due o tre secoli dopo. Sotto il regno dello Zar innovatore si tenne l' ultima seduta dello Zemskij Sobor, assemblea nazionale con funzioni consultive, e dovevano passare più di duecento anni prima che un' altra assemblea nazionale, la Duma dell' Impero, iniziasse i suoi lavori. Proprio i sovrani più evoluti ed "europeizzati" che la Russia abbia avuto, Pietro e Caterina II, contribuirono ad appesantire le catene che avvincevano la massa dei contadini russi.
Alla fine del XVIII secolo si contavano in Russia circa 20 milioni di servi della gleba, di proprietà dello stato o di privati.
Negli anni di Caterina la più grande rivolta agraria che la Russia abbia conosciuto portò le masse a violenze inaudite e venne repressa militarmente. Ma tale moto non ebbe alcuna conseguenza immediata: non aveva contenuto politico; a 15 anni dopo la rivoluzione francese, in Russia potevano divampare rivolte come quella di Pugaciov senza destare alcuna eco politica.
La Russia era un paese senza terzo stato e nel corso della sua storia mancavano le tappe delle civiltà cittadine, del Rinascimento, della Riforma: il suo sviluppo era stato diverso dagli sviluppi di tutte le civiltà occidentali. Quando qualcuno si levava in Russia a denunciare le condizioni del paese e particolarmente dei contadini, senza consapevolezza di incoerenza poteva essere la stessa amica di Voltaire e di Diderot a spedirlo in Siberia. Le guerre napoleoniche portarono più volte gli eserciti russi in Europa e la vittoria sulle armate imperiali contribuì a far sorgere nel paese un sentimento nazionale.
Ma, sfumata l' euforia, le condizioni della vita del paese cominciarono a risultare tanto più evidenti quanto grande era stato il numero di giovani ufficiali che potevano confrontare la situazione della Russia con quella dei paesi d' occidente. Si andò così diffondendo quell' insoddisfazione che tormentò gli spiriti più elevati nel corso del secolo XIX. Seppure non chiaramente si avvertivano l' incompletezza e le falle nella struttura dello stato autocratico. Quella che potremmo considerare la prima manifestazione di questa insoddisfazione, la congiura dei decabristi (1825), può segnare la data d' inizio del movimento di liberazione. I due progetti di costituzione del Pestel e del Muraviov, sebbene ancora embrionali e utopistici, sono tuttavia indicativi di un desiderio di rinnovamento radicale. Tanto Pestel e la sua costituzione di uno stato repubblicano giacobino accentrato, che Muraviov e il suo progetto di uno stato federale monarchico, investivano decisamente tutta la struttura dello stato autocratico. La congiura senza seguito fu facilmente soffocata, ma l' eco delle condanne a morte e alla deportazione fu duratura e, dopo Puskin, loro contemporaneo, il sacrificio dei decabristi ispirò poeti e scrittori assai posteriori, da Nekrasov a Tolstoj. La prima fase del movimento di liberazione fu definita sarcasticamente dalla generazione degli anni 60', la fase dell' idealismo, volendo indicare con questo termine quanto vi era di vago, di sentimentale nelle aspirazioni non realizzate dagli intellettuali ribelli e dei nobili liberaleggianti di questo tempo. La repressione spietata di ogni aspirazione alla libertà, in qualsiasi campo ed in qualsiasi forma si manifestasse, regnando Nicola I, lo zar che voleva cancellata dalla terminologia ufficiale la parola progresso, rendeva inpossibile svolgere un azione politica concreta; senza libertà di stampa, senza convalidare alla luce del sole quanto meditavano in piccoli cenacoli, i progressisti finirono per scivolare nell' astratto, per allontanarsi dalla realtà e perdere di vista, di conseguenza, le possibilità di conquista di obiettivi vicini.
Nel campo della cultura in cui le influenze politiche e sociali saranno sempre vivissime, due correnti furono caratteristiche in quegli anni: l' occidentalismo, che in certo modo voleva procedere al completamento dell' opera, nella stessa direzione, se non con gli stessi mezzi di Pietro, e lo slavofilismo, che ripudiava l' opera di europeizzazione, rivendicando l' oroginalità della civiltà russa e volgendosi a forme originali di vita politica e sociale. In esso era inoltre presente una certa intonazione messianica che sarà uno dei motivi del bolscevismo. Dopo la guerra di Crimea, l' ascesa al trono di Alessandro II accese molte speranze. Il 19 febbraio 1861 la liberazione dei contadini dette momenti di sincera gioia subito accompagnata dalla sensazione che, per ottenere risultati effettivi, lo zar "liberatore" avrebbe dovuto procedere oltre, sulla via appena iniziata.
I tre manifesti del "Giovane Russo", a pochi mesi dalla liberazione dei servi della gleba, proclamavano la necessità di una migliore distribuzione delle terre e chiedevano la convocazione di un' assemblea costituente: era minacciato il ricorso alla violenza se le concessioni non fossero state accordate. Senza giungere a tali estremi molti voti di nobili richiesero la riunione di assemblee nazionali. La nobiltà di Tver dichiarava nel 1862 che la convocazione di delegati di tutta la Russia era il solo mezzo per arrivare ad una soluzione dei problemi che "il regolamento del 19 febbraio aveva posto ma non risolto".
Un analogo vuoto della nobiltà di Pietroburgo aggiungeva che in mancanza di un naturale campo di azione politica "lo Stato stesso rischiava di perire in un prossimo futuro". La istituzione di assemblee locali (lo zemstvo e la duma di municipio) rafforzò l' illusione che ci si avviasse alla concessione di una costituzione e di una rappresentanza nazionale.
Intanto una nuova generazione prendeva il posto degli "idealisti": la generazione degli anni 60', la generazione che fu detta "nichilista". La quasi totalità della gioventù fu nichilista; in seno al nichilismo si incontrarono per la prima volta l' aristocrazia e gli uomini nuovi, i figli dei medici di campagna, dei maestri, dei piccoli proprietari, dei popi, dando origine alla classe rivoluzionaria per definizione: l' intellighenzia.

Continua...
cane...sciolto
00sabato 17 giugno 2006 22:01


... Il nichilista era uno strano composto di materialismo, di aspirazioni alla democrazia, di amore della verità e di pessimismoromantico, c'era in lui una voluttà di ribellione disperata ed una volontà di sacrificio quasi sadica.
L' azione di questo movimento di natura eclettica fu particolarmente efficace sul costume: proclamando l' indipendenza della donna, corrodendo la struttura della famiglia patriarcale, dichiarando guerra alle superstizioni e alle tradizioni, portando in ogni campo uno spirito critico anche eccessivo, si conduceva la lotta contro l' autocrazia su un piano di maggiore concretezza.
Facendo leva sulla gioventù nuova che aveva ormai scelto la via della cospirazione, profittando di un certo rilassamento dei freni polizieschi il movimento progressista fece in quegli anni rapidi progressi. La crociata "verso il popolo" portò molti giovani a lasciare la vita agiata per andare fra i contadini dei villaggi sperduti a compiere opera un pò di apostolato sociale e un pò di agitazione politica. Se la rozzezza della massa non fu scalfita dall' opera di quei pionieri, se i contadini spesso diffidarono dei "falsi poveri", il diretto contatto con la realtà e la necessità di risolvere problemi pratici ed organizzativi contribuì a togliere indeterminatezza all' attività rivoluzionaria. Il nichilismo fu il terreno psicologico in cui si sviluppò la pratica del terrorismo, caratteristica della lotta verso la fine degli anni 70'. I rivoluzionari, staccatesi da quegli idealisti utopici degli anni 40' dai quali pure discendevano, avevano raggiunto estrmi opposti ed erano giunti all' illusione di poter smantellare l' edificio dell' autocrazia eliminando ad uno ad uno i suoi campioni. I risultati politici non furono brillanti; la reazione poliziesca divenne più feroce che mai.La formula del governo di Alessandro III fu quella di Nicola I "ortodossia, autocrazia, nazionalismo": il chiarore dei primi anni di regno di Alessandro II non aveva annunciato l' alba di un regime liberale. L' estremismo delle due parti contribuiva a creare un' atmosfera tesa di lotta senza quartiere e di intransigenza, a precludere ogni possibilità di mediazione fra zarismo e nazione.Gli anni successivi all' ottavo decennio vedono una diminuzione dell' attività terroristica: le idee tolstoniane della non resistenza al male, la stanchezza e la riconosciuta vanità del terrorismo ne sono le prime cause. Ad essa si aggiungerà la diffusione sempre crescente del marxismo con la nascita delle prime organizzazioni socialiste marxiste.
I marxisti posarono l' accento sulla propaganda fra le masse operaie e sul lavoro di organizzazione, ripudiando i metodi terroristici. Le forze del socialismo marxista confluirono nel partito socialista democratico che tenne il suo primo congresso (clandestino) nel 1898. Negli anni dal 1895 al 1900 i socialisti democratici organizzarono 220 scioperi operai; pubblicarono 30 numeri di un organo clandestino largamente diffuso; videro arrestare 5942 dei loro compagni.
La maggiore delle forze socialiste non marxiste che si organizzò attorno al 1900 in partito, il cosiddetto socialismo rivoluzionario, caratterizzato da un anticapitalismo piuttosto antiquato nelle sue formulazioni teneva in conto l' elemento individualistico e volontaristico e di conseguenza, manteneva viva la pratica del terrorismo individuale. Le sue speranze, prima, e le sue forze, poi, furono i contadini.
I marxisti accusarono sempre di indeterminatezza i social-rivoluzionari e i loro sogni ibridi di un socialismo alla maniera occidentale combinato con le tradizionali istituzioni della comunità agraria russa.
La forza dell' esempio della organizzazione dei partiti popolari contribuì a che le forze liberali non conservatrici si riunissero in un partito politico. Contrariamente a quanto era avvenuto in occidente, in Russia il partito liberale nacque da i partiti socialisti (1905). La Russia senza borghesia, dove le posizioni politiche si erano irrigidite in una lotta di decenni, aveva stentato a radunare le sue forze moderatamente progressive sotto una bandiera di partito.
Il partito costituzionale democratico (cadetto) che le riunì, nacque dai migliori di quei mezzi liberali che popolavano le assemblee provinciali (zemstva), quei "cari, simpatici, colti liberali buoni a niente" (come causticamente li definì Plechanov) non amanti dell' autocrazia ma nemici dei programmi rivoluzionari.
Dal partito socialdemocratico per scissione sorsero i due gruppi menscevico e bolscivico.
I menscevichi erano favorevoli alla collaborazione con la borghesia, auspicanti una rivoluzione borghese quale prima tappa necessaria verso la rivoluzione socialista; i bolscevichi, più realistici, puntavano sull' alleanza delle forze proletarie e contadine per instaurare la "dittatura democratica del proletariato e dei contadini".
Al sorgere del secolo nuovo le forze erano schierate per i due urti del 1905 e del 1917.
Gli ottanta anni sucessivi alla congiura decabrista erano stati caratterizzati da un movimento di idee essenzialmente dapprima radicale e poi socialista; la guerra che lo zarismo portava ad ogni idea di progresso aveva favorito la nascita all' estremismo e poi ne aveva irrobustito le basi così da trasformare il primo ingenuo utopismo in una precisa volontà rivoluzionaria. Nel corso di quegli anni era avvenuta la nascita di una classe di ribelli, l' intellighenzia, di una classe operaia e di una grossa borghesia capitalista, entrambe scarse di numero, ma questa non proporzionata a quella per l' intervento di capitali e dirigenti stranieri; si era infine prodotto l'inaridimento dell' autocrazia incapace di rinnovarsi.
Gli anni del secolo XIX che avevano segnato l' inizio dell' attività di assemblee legislative elette in molti paesi d' Europa, erano trascorsi senza che il popolo russo fosse concessa una costituzione.
Il grido della truppa in quella lontana giornata del dicembre del 1825 era rimasto senza risposta da parte degli zar.
Se la mancanza di una vita politica alla luce del sole fu svantaggiosa per entrambi i contendenti, all' autocrazia fu fatale.

Fine introduzione.
cane...sciolto
00domenica 18 giugno 2006 21:50
L'anno 1905


Il partito costituzionale democratico "cadetto", che tentò di portare nella vita politica russa i metodi e gli obiettivi del liberalismo costituzionale d'occidente, era venuto maturando lentamente alla limitata esperienza di autogoverno locale che una parte della nobiltà e della borghesia più elevata aveva potuto compiere nel corso degli ultimi decenni del secolo XIX. le radici di questo movimento sono molto meno profonde di quelle della corrente radicale-socialista, scarsi furono gli sviluppi, e nella sua formazione, sono evidenti tutte le sue debolezze organiche. In vista, prima, e in conseguenza, poi, della emancipazione dei servi della gleba, si rese necessario nel corso degli anni 60' studiare i dettagli di una riforma delle amministrazioni locali. Alcuni dei progetti presentati dalla commissione incaricata erano assai avanzati sulla via di un effettivo autogoverno, ma, con la sostituzione del presidente effettuata d'imperio, la commissione fu addomesticata al punto che lo stato delle assemblee provinciali e regionali, gli zemstva, approvato nel del 1864 risultò ben diverso da quello che si era sperato. A queste assemblee non venne concessa alcuna autonomia e addiruttura non fu riconosciuta la loro qualità di organi di diritto pubblico. Le tre categorie che furono ammesse ad eleggere i loro rappresentanti in seno agli zemstva risultarono così proporzionate: dei 13024 delegati di 33 province, 6204 furono proprietari fondiari, 5117 contadini e solo 1649 commercianti o industriali di città. Le limitazioni di autorità, costrinsero gli zemstva entro il campo dell'assistenza sociale nella dimenticata campagna russa. Inizialmente essi costituirono anche il manifesto focolaio del movimento tendente ad ottenere una rappresentanza nazionale, che insisté con appelli e ricorsi allo Zar , finché, per lo scioglimento dello zemstvo di Pietroburgo nel 1866, molti entusiasmi si raffreddarono. Non tutti coloro che chiedevano allora una assemblea nazionale avrebbero voluti essere definiti liberali; molti erano i nobili preoccupati soltanto della difesa dei loro interessi, ma i sinceri liberali non mancarono. L'altro esempio di limitato autogoverno fu la Duma di municipio istituita nel 1870. In ogni città tale assemblea fu eletta da tre collegi: il primo, meno numeroso, comprendeva l'alta borghesia; il secondo i medi proprietari; il terzo, e più numeroso, tutti gli altri contribuenti. Ciascun collegio inviava un numero pari di rappresentanti; il numero totale oscillava a seconda dell'importanza della città. Anche le Dume, come gli zemstva, ebbero vita dura e politicamente inproduttiva. Dume e zemstva costituivano il solo terreno dal quale avrebbe potuto cavare i succhi per il suo sviluppo, la debole pianta del liberalismo russo. L'intervento opprimente del governo, la libertà d'azione ad esse negata aveva tolto ogni valore concreto a tali assemblee, trasformandole da possibili palestre di una più evoluta vita politica in circoli di beneficinza. L'anno 1905 e il seguente videro presentarsi le ultime possibilità dell'istituzione di un regime liberale in russia. Il malcontento e l'insodisfazione manifestatesi dapprima nei tentativi da parte della nobiltà di emanciparsi dal prepotere del governo imperiale e di assumere nei suoi confronti funzioni di equilibrio, raggiunti gli elementi culturalmente più avanzati nel corso della seconda metà del secolo decimonono si espressero nella richiesta da questi ripetutamente formulata di una assemblea costituente che rinnovasse le basi della vita russa, giunsero finalmente a scuotere le masse popolari strette nella morsa dei problemi economici. Nelle campagne il malcontento era assai vivo; la quantità di terra a disposizione di una singola famiglia contadini non era sufficiente, per la primitività delle tecnica e degli strumenti, a soddisfare le esigenze minime. L'ignoranza dei contadini non consentiva loro alcun miglioramento in intensità e radicava in loro la convinzione che solo una maggiore estensione di culture li avrebbe soddisfatti. Nelle città, dove lo sviluppo recente delle industrie aveva rapidamente accresciuto il loro numero, gli operai non vivevano meglio dei contadini; mal pagati e mal protetti fornivano truppa ai rivoluzionari. Una nuova generazione era in tanto subentrata ai radicali, ai "realisti" degli anni 60': una generazione positiva, innamorata della scienza, la cui cultura era marxista. Col procedere degli anni sorgeranno correnti di critica al marxismo e il fallimento stesso della rivoluzione del 1905 contribuirà a scoraggiare: gli anni dal 1906 al 1917 saranno anni di suicidi e di letteratura semi-pornografica. I primi anni del secolo sono caratterizzati invece dalla viva attesa di un rinnovamento profondo della vita nazionale; il motto ricorrente è "non ci occorrono delle riforme, ma la riforma". L'attività terroristica è nuovamente assai forte: il mal governo dell'ultrareazionario Pleve spinge alla rivoluzione anche gli elementi moderati degli zemstva e le forze periferiche delle minoranze nazionali.

Continua...
cane...sciolto
00lunedì 19 giugno 2006 22:03
... E' il Pleve che incita lo Zar alla guerra contro "quelle scimmie" (i giapponesi) perchè per "finire la rivoluzione" era necessaria "una piccola guerra vittoriosa". Man mano che la guerra diventava più rovinosa, l'organizzazione dei gruppi d'avanguardia faceva rapidi progressi. Il fatto nuovo di quei mesi è da considerare la manifestazione degli operai di Pietrogrado, guidati ed organizzati dall'equivoca figura del Pope Gapon. Si verificò allora per la prima volta nella storia della Russia l'ingresso delle masse nell'arena politica. L'azione del Pope Gapon uscì -forse per levitazione spontanea- dai limiti, che le funzioni, a lui attribuite dal governo, di valvola di sicurezza in seno al movimento operaio, fanno supporre esistessero. Certamente la dimostrazione pacifica che fu repressa nel sangue la domenica del 22 gennaio 1905 ebbe per conseguenze la fine di ogni prestigio dello Zar fra le masse; la galvanizzazione delle opposizione; il difondersi perfino negli ambienti conservatori, nell'esigenza di un assemblea nazionale che tutta via per essi non è l'assemblea legislativa dei liberaleggianti e tanto meno l'assemblea costituente dei radicali ma un'assemblea consultiva, arieggiante l'antico Zemskij Sobor. Da ogni parte si fa pressione sullo Zar e questa pressione diede i suoi primi frutti nel rescritto imperiale del 18 febbraio 1905 ricco di promesse vaghe e caratteristico della mentalità di Nicola II. Intorno a ogni minima concessione venivano poste tali e tante riserve mentali da render possibile ad ogni momento una ritirata. Non avendo tanta forza da opporsi egli ricorreva a dilazioni e a trucchi che rasentavano la truffa. Le istruzioni del rescritto dopo rinvii e tergiversazioni innumerevoli produssero il progetto dell'8 giugno di un'assemblea consultiva eletta a voto indiretto. Questo era insufficiente anche per i più moderati; il congresso degli zemstva del maggio aveva visto l'ala sinistra (i futuri cadetti) proporre senza successo una mozione richiedente un'assemblea con prerogative di una costituente; ma il successivo congresso, tenutosi dopo Tsushima, approvò un indirizzo al sovrano col quale si chiedeva una rappresentanza nazionale eletta da tutti i cittadini che d'accordo con lo Zar determinasse l'organizzazione "dello Stato rinnovato". Intanto in altri ambienti e con altro metodo si manifestava la stessa esigenza di rinnovamento integrale. In tutto il paese si succedeva una serie di scioperi, il cui motivo ricorrente era la richiesta di un'assemblea costituente. Nelle campagne, dove i contadini inurbati espulsi come indesiderabili dopo la manifestazione operaia della domenica di sangue avevano portato l'eco di quegli avvenimenti violenti, molti agrari erano stati repressi senza pietà. Se l'esercito non era stato ancora toccato dalla rivoluzione, la marina era scossa da un profondo malcontento che si manifestò più volte in gravi ammutinamenti e uccisioni di ufficiali. Il 19 agosto un manifesto imperiale concretava il progetto di un'assemblea consultiva a suffragio indiretto ma contemporaneamente venivano emanati divieti severissimi di discussione di questioni politiche. Per opera dei bolscevichi si ebbero in quei giorni vari tentativi di coordinare in uno sciopero generale gli scioperi parziali che si accendevano qua e là. Dopo lo sciopero dei tipografi che lasciò Pietroburgo senza giornali per due settimane, il più importante sciopero dei ferrovieri paralizzò l'intera vita della nazione. Caratteristico è il fatto che lo sciopero succedeva ad un congresso sollecitato dal governo, che, contrariamente alle aspettative di questo, aveva approvato una mozione richiedente un'assemblea costituente, riconoscimento dei diritti delle minoranze, diritto di sciopero, abolizione dello stato d'assedio e della pena di morte e così via. Gli elementi liberali delle unioni professionali e degli zemstva riconobbero tutti i motivi dello sciopero, ma nei confronti del ricorso alla rivolta armata assunsero una posizione nettamente negativa. Il 30 ottobre, in seguito alle pressioni del Conte Witte, lo Zar decise di far pubblicare quel "manifesto" che avrebbe dovuto stabilire le nuove basi della monarchia russa. In esso si proclamava la concessione al popolo di una solida libertà civica fondata sull'effettiva libertà individuale, la libertà di coscienza, di parola, di riunione, di associazione; si sanciva che nessuna legge potesse entrare in vigore senza l'approvazione della assemblea nazionale, e la Duma dell' Impero, e si prometteva il diritto di voto alle classi che ne erano prive, dichiarando come meta il suffragio universale diretto. Il rapporto Witte che accompagnava il manifesto elencava una serie di condizioni necessarie perchè la riforma non fosse vana; fra l'altro era richiesto che l'applicazione dei principii del manifesto avvenisse con "sincerità e lealtà" e che il governo non ostacolasse i lavori della Duma. Inutile aggiungere che nessuna di queste due condizioni si verificò.

Continua...
cane...sciolto
00mercoledì 21 giugno 2006 20:11
... Il 30 ottobre segnò sotto molti riguardi il punto più avanzato raggiunto dalle forze progressive nel corso della rivoluzione del 1905. I due ultimi mesi videro ancora agitazioni violente -forse le più violente- ma anche le prime reazioni del governo imperiale che si ritrovava alleati alla scissione di quello che era stato un fronte unico delle opposizioni. Infatti dinanzi alla Duma come risultò dal manifesto del 30 ottobre, gli elementi moderati si dichiararono soddisfatti; i liberali, esigendo un regime costituzionale autentico e senza sottintesi, continieranno la lotta nelle forme a loro consuete; i socialisti insoddisfatti boicotteranno le elezioni per la Duma avendo per meta l'assemblea costituente e la repubblica democratica; i contadini, in mancanza di una soluzione della "loro" questione, la bruciante questione della terra, se ne infischiarono dell'assemblea legislativa e continueranno a impadronirsi delle terre dei nobili. I conservatori, al contrario, si uniscono organizzando gruppi monarchico-nazionalisti, provocatori di ferocissimi progrom contro ebrei, intellettuali e operai. Le elezioni per la prima Duma tenutesi a votazione indiretta, sulla base della legge elettorale degli zemstva appena ritoccata dettero i seguenti risultati: 100 deputati non iscritti ad alcun partito; 178 cadetti; 94 laburisti (trudoviki); 32 polacchi; 26 moderati; 17 socialdemocratici (per lo più del Caucaso); 12 autonomisti; 18 appartenenti a piccoli gruppi progressisti. In essa i veri sostenitori del regime costituzionale, coloro che pur non soddisfatti di quanto era stato ottenuto tendevano a sfruttare al massimo quanto poteva dare la Duma per raggiungere maggiori conquiste, i cadetti non avevano che il 37,4% dei seggi. Troppo poco e subito se ne videro gli effetti: i trudoviki e i conservatori allo scopo comune di sabotare l'assembla si schierarono spesso dalla stessa parte contro gli elementi di centro. Anche lo Zar si avvide della debolezza dell'Assemblea; colta la palla al balzo disperse la prima Duma con atto sfacciatamente illegale indicendo tuttavia le elezioni per una nuova Duma. In questa seconda Duma fecero la loro comparsa estrema destra ed estrema sinistra e questo non contribuì ad allungarne la vita. I cadetti vi ottennero 123 seggi; gli "ottobristi" (liberali soddisfatti della costituzione d'ottobre) 34 seggi; la destra 63; i polacchi 39; i trudoviki 97; i partiti socialisti 83; i senza partito 22. Malgrado l'ingresso di gruppi a lui favorevoli il governo si trovò contro una maggioranza di opposizione (anche se non sempre unita) del 68%. Così il 16 giugno 1907 una legge elettorale rigidamente reazionaria venne imposta in periodo di vacanza parlamentare, dopo lo scioglimento della seconda Duma. In base a questa legge si ebbe per le elezioni alla terza Duma la designazione di 1 elettore ogni 230 proprietari terrieri; 1000 borghesi ricchi; 15.000 borghesi medi; 60.000 contadini; 125.000 operai. Naturalmente dei 442 deputati, 300 risultarono appartenenti al blocco governativo; 23 furono progressisti; 8 musulmani; 54 cadetti; 13 trudoviski; 20 socialdemocratici e 18 polacchi-lituani. L'opposizione cadetta e i socialisti si trovarono nuovamente riuniti in una lotta disperata contro il prepotere intollerante dei conservatori; ma si erano riuniti troppo tardi, intorno a quella che era ormai la Duma dei Signori; un cadavere, una parodia di istituzione liberale. Gli stessi "ottobristi" che fiancheggiarono il governo della seconda Duma e durante le prime sessioni della della terza, finirono col riaccostarsi ai cadetti. Dinanzi alla nuova violenza reazionaria le opposizioni ritrovarono per l'azione comune qualche punto d'incontro. La rivoluzione popolare fallì nel 1905 per l'assenza di uno stretto coordinamento fra città e campagna, di scopi di lotta comuni agli scioperanti cittadini e ai contadini in rivolta, per una ancora non chiara valutazione delle forze sulle quali i rivoluzionari potevano contare. Comunque, per la rivoluzione le giornate del 1905 furono da segnare all'attivo: il popolo russo si era riscosso dal suo torpore. Ma le giornate del 1905 videro lo svolgimento di un grande dramma fra la incomprensione di molti e l'indifferenza dei più: videro svanire ogni speranza di una evoluzione liberal-costituzionale. E' chiaro oggi che se pure lo Zar Nicola non avesse considerato impegno d'onore, da mantenere anche con la frode, conservare la polverosa e tarlata costruzione dello stato tradizionale, se anche si fosse arditamente inoltrato sulla via di una onestà ,monarchica costituzionale, se anche i partiti socialisti avessero collaborato alla costruzione di un regime liberale, il ritardo con cui si era giunti alla vita parlamentare, l'assenza di un gruppo consistente sinceramente interessato e fiducioso nella lotta politica come si manifesta nei parlamenti, con tutte le inevitabili lentezze, avrebbero ugualmente resa assai precaria la vita della prima assemblea legislativa russa. Pochissimi erano allora in grado di sfoggiare una tale paziente saggezza, né i contadini, né gli operai, per ragioni economiche; né l'intellighenzia stessa che tradizione ed educazione avevano portato all'estremismo. Morta allo stato embrionale la Russia liberale, si presentavano due possibilità: a destra, il prevalere di un conservatorismo che a sua difesa provvedesse alla creazione di uno stato basato sulla proprietà agricola, un argine di medi possidenti posto a salvaguardia delle istituzioni esistenti; a sinistra, lo scatenarsi di una rivoluzione contadina e proletaria e l'istaurazione di un governo del popolo per il popolo. Dall'alto o dal basso il precario stato di cose che si era venuto creando doveva essere modificato. La sclerotica struttura dello stato autocratico e lo scoppio della guerra mondiale non concessero alla riforma agraria Stolypin, che appunto tendeva alla costituzione di un ceto di contadini soddisfatti, di dimostrare la sua efficacia.
Restava l'altra possibilità.

Continua...
cane...sciolto
00giovedì 22 giugno 2006 21:29
La guerra.


Allo scoppio della guerra mondiale niente poteva far prevedere i futuri sviluppi della crisi sociale e politica. Una atmosfera di unione sacra e un'ondata di sentimentalismo patriottico avevano sommerso ogni altra reazione; poche le voci immediatamente e chiaramente discordi, fra le quali quali quella di Lenin, Trotski e del socialista rivoluzionario di sinistra Martov. Lenin scriveva nel 1915: "quali che siano le circostanze la sconfitta della Russia è in ogni caso sempre il male minore" e successivamente: "La vita ci conduce attraverso la sconfitta russa verso la rivoluzione Russa, e, attraverso di questa e con essa, verso la guerra civile per il socialismo in Europa". Se si confrontano tali parole con quelle di Kèrensskij che esortava operai e contadini a difendere la propria patria e farla libera, si ha una precisa indicazione sulle due figure che meglio di ogni altra caratterizzano gli anni della rivoluzione, o più esattamente delle rivoluzioni, in Russia. Il Lenin c'è, come sempre una chiara volontà di azione e dinanzi a lui è già tracciata una precisa linea di condotta; egli vede la possibilità che la storia offre, anche gli sviluppi più lontani dalla realizzazione; certamente, come fu Kèrensskij, non è cieco dinanzi alla realtà. Lo svolgersi degli avvenimenti doveva ben presto dar ragione a Lenin. Il paese e l'esercito erano impreparati alla guerra; la guerra non era giustificata agli occhi del popolo e fu una triste e facile esperienza per i soldati constatare quale impreparazione e quale caotica situazione fossero quelle dell'esercito russo. Le fabbriche d'armi russe producevano una minima parte del fabbisogno immediato di fucili e i rifornimenti che gli alleati inviavano, sbarcando in porti inevitabilmente lontano dai fronti, vagavano giorni e giorni sulla inadeguata rete ferroviaria. Un rapporto della Duma allo Zar (1915) è un tragico documento della leggerezza con la quale si era gettato il paese nella guerra. Il rapporto dice fra l'altro "Siamo ancora venuti a sapere che il nemico è largamente provvisto di fucili e che ognuno dei suoi soldati ne possiede uno, mentre centinaia di migliaia dei nostri si trovano senza armi, attendendo l'istante in cui potranno prendere dei fucili sfuggiti di mano ai loro *camerati uccisi..." e continua denunciando la scarsezza di armi automatiche, di artiglierie ecc. sempre contrapponendovi la potenza militare e organizzativa del nemico tedesco. L'opinione pubblica già alla fine del 1916 era fortemente allarmata e presagiva imminente il precipitare degli eventi. Le persone più vicine alla Zar erano agitate e indecise: alcuni si soffermarono più di una volta sulla possibilità di porre fine alla guerra con una pace separata. Gli ambienti liberali e moderati avvertivano l'avvicinarsi dell'uragano senza compromettersi in qualche tentativo di scongiurare gli effetti. Si temeva diminuendo il prestigio e il potere dello Zar e del vecchio stato, di dare via libera a forze che avrebbero finito col prevalere ed essere inarrestabili, "all'atroce insensata spietata sommossa russa" che intravedeva Miljukov. In realtà tali previsioni si avverarono perchè le forze popolari spezzati i vincoli non poterono più essere frenate; ma al tempo stesso ci s'ingannava perchè la marea di malcontento e di esasperazione salita minacciosamente era già allora infrenabile e in particolare il vecchio stato non era un ostacolo tale da non poter essere travolto. La Duma che era stata eletta nel 1912 era composta in modo assai simile alla precedente; si era avuto solo un aumento dei deputati delle due ali; i sei rappresentanti degli operai erano tutti appartenenti al partito bolscevico. In seno all'assemblea fino al 1915 erano sorte correnti che chiedevano un ministero in cui il paese ponesse la sua fiducia. Ben presto queste correnti si ragrupparono nel cosidetto blocco progressista che venne a riunire così il centro dell'assemblea formato da ottobristi e moderati di destra. Ma l'azione parlamentare non ottenne successo e il paese andò staccandosi sempre di più dal governo dello Zar e assumendo una posizione di indifferenza dinanzi alle sorti della guerra, purchè questa finisse.

*) Non mi sono sbagliato io a trascrivere, prima che mi sputate addosso... [SM=x751526] il libro riporta proprio "camerati", qui è inteso nel senso di camerata, colui con cui si condivide la camerata dove si dorme, lo sò che lo sapete era per chiarire. [SM=x751551]

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00giovedì 29 giugno 2006 19:02
Marzo 1917


*La rivoluzione del marzo 1917 ebbe un carattere di spontaneità e di inevitabilità come pochi altri moti,*
Testimonianze concordi affermano che nessuno dei partiti rivoluzionari era preparato o pensava all'imminenza di una rivoluzione.
La guerra e gli anni di sopita attività e di accentuata reazione reazione poliziesca che l'avevano preceduta avevano disperso i quadri e intiepidito i contatti fra i dirigenti e le masse. Così la rivoluzione potè sopraggiungere come "una grande e lieta sorpresa". Si era anche detto che la rivoluzione era nata nelle lunghe code per il pane e gli altri viveri; certamente l'ondata di malcontento crebbe con le accresciute difficoltà alimentari e queste furono un'arma formidabile nelle mani degli agitatori. Inaspettata dai rivoluzionari che per anni avevano sacrificato vite a provocarla, la rivoluzione non colse di sorpresa le autorità governative e militari che avevano predisposto un massiccio schieramento di polizia truppa e cosacchi. Ma era avvenuto l'inprevedibile: come congegni di un meccanismo che cessino improvvisamente di compiere la loro funzione per la quale sono stati ideati e disposti. La truppa all'ordine di sparare sui dimostranti rispose: "Non spareremo più"; i cosacchi furono fin dall'inizio passivi allineandosi ben presto a fianco degli altri reggimenti ammutinatesi; la polizia restò fedele ma fu sopraffatta e presto nei quartieri operai si iniziò una vera caccia al poliziotto che finiva invariabilmente con la cattura e l'uccisione. La zarina alla lettura del rapporto che riguardava l'inatteso comportamento dei cosacchi aveva eslamato: "Non ci crederò mai! I cosacchi non andranno mai contro di noi!". E qualche giorno prima all'annuncio della prima manifestazione, quella dell' 8 marzo, aveva commentato: "Se facesse un pò più freddo, probabilmente sarebbero rimastitutti a casa". Appunto questo insieme di credulità e disprezzo è caratteristico dell'atteggiamento dei responsabili in quei giorni. ed è questo atteggiamento che spiega come dinanzi allo svolgersi rapido degli avvenimenti gli uomini del vecchio stato cedessero in un primo momento con tanta facilità.
Le 90.000 persone della mifestazione dell' 8 marzo erano più che raddoppiate il giorno sucessivo: ma il mattino del 12 erano già una forza indiscutibile perchè avevano con sè l'esercito e avevano così vinto la battaglia decisiva. Il comportamento della Duma fu assai caratteristico: pressata fra la necessità di assumere un atteggiamento che le consentisse di sopravvivere e la paura dell'ondata irrefrenanbile che saliva dal basso tentennò a lungo e arrivò sempre in ritardo sull'iniziativa popolare. Così il popolo si volse immediatamente ad un'altra forza che in seguito sempre più si troverà in contrasto con gli organi tradizionali e finirà col prevalere: il soviet. Lo svolgersi degli avvenimenti con l'abdicazione dello Zar e la rinuncia del Granduca Michele costrinsero la Duma all'azione: fu creato il Comitato provvisorio che il 16 marzo, alla costituzione del primo governo provvisorio presieduto dal principe Lvov, rivolgendo alla nazione un proclama vantava di aver ottenuto "grazie al concorso e alla simpatia delle truppe e della popolazione della capitale" "un tale successo sulle forze oscure dell'antico regime" che gli era permesso di passare "a una organizzazione più solida del potere esecutivo..." Era adornarsi delle penne del pavone; ma il proclama continuava annunciando: una larga amnistia per i reati politici, libertà di parola, di stampa e di associazione, l'estensione delle libertà politiche agli uomini sotto le armi, la sostituzione della polizia con una milizia popolare, l'elezione di organi di autogoverno locale. Al punto 4 esso comunicava che avrebbero avutoluogo "preparativi immediati in vista della convocazione in base al suffragio universale diretto segreto ed eguale per tutti di una Assemblea Costituente alla quale spetterà di stabilire la forma di governo e la costituzione del paese". Potrebbe farsi iniziare con questo proclama la lunga serie delle vane promesse, delle buone intenzioni che hanno lastricato la non facile via dei governi provvisori dal marzo al novembre. L'impotenza fu la caratteristica di tutti questi governi e si manifestò in risoluzioni prese con grande serietà e solennità, destinate a rimanere lettere morta. La legge elettorale in vigore era quella che aveva regolato le elezioni alle Dume conservatrici e doveva essere sostituita da una legge nuova; poi c'era la guerra, e milioni di uomini interessati direttamente alla soluzione di alcuni problemi, erano lontani, staccati da qualche anno dalle loro case, non potevano avere idee molto chiare sugli ultimi avvenimenti; in conseguenza dalla guerra le comunicazioni fra le parti del vasto impero erano già cattive, erano peggiorate rapidamente, e avevano raggiunto un livello di inefficienza assai alto; e infine, non ultimo fattore che avrebbe sicuramente rallentato la convocazione dell' Assemblea era l'interesse assai limitato che alcuni ceti e i partiti che li rappresentavano avevano in una sua immediata convocazione.

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00venerdì 30 giugno 2006 20:50
... Ma il governo che ne prometteva l'immediata convocazione era proprio un governo di quei partiti, un governo borghese, che avrebbe dovuto astenersi dalla demagogia e invece promettendo una politca audace senza avere la possibilità di condurla apriva la strada ai suoi avversari e ne facilitava i compiti. Il parlare a lungo e a vuoto di Assemblea Costituente fece sì che le speranze che la nazione vi andava riponendo svanissero col procedere del tempo e che si creasse intorna ad essa un atmosfera di anticipata e ingiustificata sfiducia. Alla convocazione dell' Assemblea Costituente era intimamente connessa la soluzione del problema della terra, il problema caratteristico di tutto il movimento rivoluzionario russo. La situazione del paese era tale che l'enorme massa dei contadini poteva essere facile preda di una propaganda rivoluzionaria che sfruttasse la loro fame di terre. Aver puntato sui contadini valse al partito socialrivoluzionario il primato fra i partiti socialisti. Ma questa fame di terre era stata per troppo tempo repressa e la rivoluzione di marzo dette il segnale di via libera ad una serie di saccheggi, di incendi di proprietà, di invasioni di terreni che i governi non furono mai in grado di far cessare. Ai contadini sembrava logico che la caduta del vecchio regimesegnasse l'inizio immediato di una vita nuova e di nuove regole di vita. Il governo provvisorio non poteva tuttavia tollerare che l'iniziativa partisse in modo così disordinato e tumultuoso dal popolo e dette disposizioni assai severe perchè la questione della terra non fosse risolta con la violenza ma si attendessero le decisioni che avrebbe preso l' Assemblea Costituente. Il ministro dell' Agricoltura il cadetto Singariov definì questa marea di disordini agrari "un grava disastro" e prospettò la rovina cui si sarebbe andati incontro perchè i campi sarebbero rimasti abbandonati e le messi distrutte. Ma queste erano ragioni comprensibili solo a chi non avesse agito sotto l'impulso di antiche passioni, come agitavano le masse contadine. C'era scarsezza di mano d'opera perchè la grande maggioranza degli uomini era nell'esercito, e con i rudimentali strumenti in uso non era possibile supplire a tale deficienza con l'aumento d'estensione delle culture. L'ammasso del grano decretato nei primi giorni di aprile rafforzò la volontà del contadino che chiedeva subito terra e uomini, la terra dei nobili e dei borghesi e il ritorno dei suoi uomini lontani. Al problema agrario si allacciava così la questione della guerra la cui soluzione dinanzi all'incalzare degli eserciti degli imperi centrali era divenuta urgente. I leaders della Duma e degli Zemstva non avevano esitato a dare il loro appoggio alla rivoluzione perchè pur non avendone facilitato l'avvento, avevano giudicato che potesse essere utile allo scopo immediato che si prefiggevano: condurre la Russia alla vittoria al fianco delle potenze occidentali. Le cause di un così vivo interesse alla guerra da parte di uomini che non avevano caratteristiche e punti di vista imperialistici devono forse essere ricercate indietro nel tempo, nel sentimentale aspirare all'occidente che caratterizzò la cultura più liberale dell' Ottocento russo, in una mancanza di fiducia nelle forze nazionali e nella loro originalità. Gli uomini dei partiti rivoluzionari, con le sole eccezioni dei bolscevichi, dell'ala sinistra dei socialisti rivoluzionari e degli internazionalisti, non tennero un contegno diverso. Erano anch'essi legati intimamente alla cultura e alle tradizioni politiche occidentali, per non essere anche troppo sensibili ai richiami sentimentali di un'alleanza con le democrazie europee e in particolare con la Francia. I responsabili furono quindi per la continuazione della guerra. Per gli uni e per gli altri la guerra era un diversivo non inutile e un freno agli eccessi a cui il popolo avrebbe potuto essere trascinato. Ma il popolo aveva visto nella rivoluzione di marzo, nella successiva abdicazione dello Zar, negli ammutinamenti i segni anticipatori della fine del conflitto. Il popolo voleva la pace e al più presto. Gli uomini al governo si troveranno dal marzo in poi davanti al problema di far combattere un esercito di milioni di soldati stanchi, che rivolgeranno sempre più esclusivamente la loro attenzione all'interno, anche quelli fra loro che non diserteranno, anche quelli che non faranno della politica, perchè avranno intuito che la guerra della Russia è ormai -seppure non lo era anche prima della rivoluzione di marzo- un problema unicamente di politica interna. La diversità dei punti di vista sulla guerra tuttavia non fu avvertita immediatamente come così grave e gravida di conseguenze. I primi giorni dopo le giornate di marzo videro una atmosfera esaltata di giubilio; in realtà i motivi di tale esultanza erano diversi per ciascun gruppo: i giorni successivi si incaricarono di chiarire quali diverse speranze la rivoluzione avesse acceso nelle classi e nei partiti. Ma si avvertì subito che la stanchezza disperata dell'esercito, quale traspariva chiaramente dalla "Dichiarazione dei diritti dei soldati" del 22 marzo che seguiva il famoso "Ordine n.1" emanato nelle prime ore della rivoluzione. I soldati non volevano essere mandati a combattere e i contadini che erano nell'esercito volevano correre al paese e impadronirsi delle terre dei latifondisti; gli ufficiali erano, nella migliore delle ipotesi, tolleranti, ma la posizione loro, particolarmente di quelli che erano in servizio permanente, risultò gravemente compromessa. Le diserzioni aumentarono gradatamente e la propaganda estremista trovò materiale facilmente infiammabile soprattutto nella truppa di riserva che stava nelle caserme senz'armi, male equipaggiata e mal nutrita e non ne vedeva un perchè. Davanti a questi problemi quale fu l'atteggiamento dei singoli partiti?

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00domenica 2 luglio 2006 19:56
... Gli uomini che composero il primo governo provvisorio, con la sola eccezione del trasformista Kèrenskij, appartenevano al gruppo degli ottobristi o al partito cadetto. Ottobristi e cadetti sostennero punti di vista sempre più moderati fino ad assumere un carattere decisamente conservatore. I cadetti che erano prima della rivoluzione di marzo un partito di centro con tendenze progressiste, in seguito assunsero una fisionomia più precisa di partito di destra con tendenze conservatrici, e, in qualche gruppo almeno, controrivoluzionarie. Dietro di essi con l'evolversi della situazione si schierarono gli elementi più decisamente controrivoluzionari e monarchici, destinati a formare negli anni successivi il nerbo delle truppe bianche. Di fronte al problema della terra, ottobristi e cadetti furono per una soluzione da raggiungere attraverso una riforma generale che avrebbe approvato la Costituente, mentre di fronte alla guerra furono per la continuazione al fianco degli alleati e non ritennero che nei confronti dei suoi impegni internazionali la posizione della Russia dovesse considerarsi minimamente mutata col mutare del regime intero. Ottobristi e cadetti erano i partiti degli industriali, dei proprietari e degli intellettuali non radicali; rappresentavano soprattutto un gruppo non del tutto trascurabile di elettori sui quali era possibile contare sempre come su una base sicura. Il partito socialrivoluzionario si era trovato subito dopo le giornate di marzo ad essere il più popolare dei partiti socialisti. Le masse contadine che nell'esercito si erano trovate frammiste e inquadrate da elementi della piccola borghesia intellettuale erano state attratte dai sentimentalismi e dai discorsi facili quanto imprecisi che costituivano il loro messaggio politico, e si erano familiarizzate con le facili formule del populismo. I marxisti avevano trascurato le masse agricole e queste erano naturalmente portate a gravitare intorno agli uomini che più si interessavano ai loro problemi. Sarebbe stato naturale che il partito socialrivoluzionario avesse tenuto un atteggiamento molto più fermo e intransigente nei confronti del problema agrario, ma, assumendo responsabilità di governo, il partito si trovò stretto fra la neccessità di governare e, di conseguenza, porre un freno alle illegalità e alla iniziativa popolare, e la necessità altrettanto forte di non perdere popolarità fra i contadini. Si giungerà così agli assurdi di membri di comitati agrari locali arrestati e fatti processare da compagni per aver tentato di tradurre in azione lo spirito rivoluzionario del partito; si giungerà alla facile conquista da parte dei bolscevichi del programma agrario socialrivoluzionario, rimasto lettera morta o addirittura ignorato da quegli stessi che avevano la responsabilità della sua compilazione. Così dinnanzi alla questione agraria il partito socialrivoluzionario non si staccò dalla pratica politica della borghesia. Dinnanzi al problema della guerra il suo comportamento fu meno deciso. L' ala sinistra si ispirò a criteri rivoluzionari e assai simili ai criteri bolscevichi. Il resto del partito non poteva sottoscrivere la pura e semplice continuazione della guerra; cercò sempre di ottenere garanzie sugli scopi non imperialistici del conflitto e sperò attraverso i partiti socialisti dell' Occidente di giungere ad una chiarificazione in questo senso da parte di tutti gli alleati o addirittura di affrettare una pace generale. Ma in conclusione il partito sostenne la necessità di continuare la guerra di difesa. L' atteggiamento menscevico fu parallelo all' atteggiamento socialrivoluzionario. Anche qui dal partito si staccarono gruppi dissenzienti sul problema sul problema della guerra, ma la teoria difesista fu la linea ufficiale del partito. Il problema agrario non aveva per i menscevichi l' importanza che aveva per i socialrivoluzionari; un' equivalente importanza fu da loro attribuita al problema dei rapporti fra governo e soviet. L' atteggiamento menscevico nei confronti dell' organo che godeva i favori delle masse fu sempre assai cauto. Quando il motto "tutto il potere ai sovieti" divenne l' insegna di giornate insurrezionali, come nel luglio, gli uomini che erano al governo come rappresentanti dei partiti allora padroni dei sovieti non seppero e non vollero trarre profitto dalla situazione e lasciarono cadere l' offerta, creando il distacco delle masse dai loro partiti e permettendo ai bolscevichi una rapida conquista dei soviet.

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00lunedì 3 luglio 2006 21:06
Aprile 1917.


La politica bolscevica non si distaccò troppo dalla linea menscevica fino all'arrivo di Lenin. Trotskij parlando della politica bolscevica dei primi giorni dopo la rivoluzione di marzo disse dei compagni che avevano la responsabilità (Kamenev, Stalin): "Agivano non tanto come i rappresentanti di un partito proletario che si preparava ad aprire di sua iniziativa la lotta per il potere, ma come l'ala sinistra della democrazia che proclamando i suoi principi si dispone per un terzo indeterminato a giuocare il ruolo di una opposizione reale". Il socialista rivoluzionario Gavronskij confermò da un altro punto di vista scrivendo: "Nelle prime settimane della rivoluzione i bolscevichi collaborarono solidali con gli altri partiti socialisti: soltanto con l'arrivo di Lenin in Russia nell'aprile 1917 essi fecero una rapida giravolta". Ma già le prime istruzioni che Lenin aveva fatto pervenire ai compagni di partito con un telegramma via Stoccolma, il 19 marzo erano nella loro telegrafica secchezza estremamente precise. "Nostra tattica: completa sfiducia, nessun appoggio al nuovo governo (la direzione Kamenev- Stalin, prospettava le possibilità di un appoggio condizionato); diffidiamo particolarmente di Kérenskij; armamento del proletariato sola garanzia; elezioni immediate alla Duma di Pietrogrado; nessun avvicinamento agli altri partiti" E da aggiungere che Lenin non fu preso troppo sul serio; era lontano e non aveva un idea precisa, non poteva avere una idea precisa della situazione. Quando Lenin arrivò, il 17 aprile, e fu accolto con onori eccezionali e questi onori rispose con parole incendiare, i ministri del governo provvisorio e gli altri uomini politici lo giudicano in diversi modi niente affatto lusinghieri; il solo Kérenskij affettava una comprensiva condiscendenza e dichiarava che appena avesse raggiunto un momento di tempo sarebbe andato a trovare Lenin per illuminarlo della situazione del paese perchè -era evidente- aveva bisogno di essere informato meglio. Kèremskij non trovò mai il tempo necessario.
Il telegramma di istruzioni, i discorsi pronunciati alla stazione, davanti ad un auditorium comprendente socialisti di tutti i partiti hanno la loro base comune nelle famose "Tesi d' aprile". In esse veniva premesso che la particolarità del momento politico consisteva nel passaggio dalla prima tappa della rivoluzione, che aveva dovuto dare il potere alla borghesia, alla sua seconda tappa che aveva dovuto dare il potere al proletariato e ai contadini poveri. Nessun appoggio al governo borghese, quindi nessun compromesso parlamentare che avrebbe costituito un passo indietro: occoreva invece avere come meta una repubblica dei sovieti dei deputati degli operai, dei contadini poveri dei braccianti. "Finchè saremo in minoranza, faremo un lavoro di critica e di elucidazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai sovieti dei deputati operai..." Questo era il programma.
Le idee di Lenin vinsero l'opposizione in seno al suo partito ma non senza lotta e misero a rumore il campo degli avversari.
Furono definite un delirio e il decano dei marxisti, Plechanov, scrisse che Lenin sarebbe rimasto solo al di fuori della rivoluzione, mentre gli altri, i menscevichi, avrebbero proseguito la loro strada. Una precisa indicazione della chiarezza delle idee in Lenin è una fra le più evidenti contraddizioni del momento politico: le "Tesi d'aprile" erano considerate dai menscevichi e socialrivoluzionari un delirio sovvertitore; eppure erano i menscevichi e i socialrivoluzionari che in quei momenti avevano nelle mani i sovieti; Lenin aveva già intuito l'insofferenza delle masse per una politica cauta, una politica borghese, e come inevitabilmente, matematicamente, chi avesse puntato su questa insofferenza delle masse si sarebbe guadagnato ben presto la loro completa fiducia e avrebbe conquistato i sovieti e governo.

Che cosa era il soviet?
La parola, che ha assunto poi i più minacciosi significati della paura, è l'assai mite equivalente di "consiglio" il primo soviet fece la sua comparsa durante la rivoluzione del 1905 ed era un organo di rappresentanza di tutte le professioni. Nel 1917 si costituì rapidamente nei primi giorni della rivoluzione con le stesse caratteristiche affidandosi agli agitatori e agli uomini politici menscevichi o socialrivoluzionari. Il soviet dei deputati operai raccolse ben presto anche i deputati soldati mentre i deputati contadini rimasero ancora separati. Non passò molto tempo e la massa esercitò la sua pressione sui sovieti staccandosi dalla linea politica dei partiti che componevano il comitato esecutivo centrale (Vtsik). Si cominciò ad agire con autonomia e a considerare i sovieti come le basi del nuovo stato. La forza dei soviet è nell'iniziativa popolare; esso è l'amministrazione del popolo che trova i suoi organi esecutivi nel popolo stesso. Il soviet non vuole agire nel seno dello Stato ma al disopra dello Stato; in esso ci sono potenti, vitali germi libertari, capaci di dare origine ad una nuova forma di vita associata. E' il soviet ha una giustificazione storica del suo sorgere proprio in Russia; esso è la reazione inevitabile al regime burocratico in vigore nella vecchia Russia, è la negazione di ogni barriera fra amministrazione e amministrati e trova precedenti nelle grandi rivolte contadine, sconvolgenti, distruttrici, pazzamente feroci ma con una parvenza di ligalità (i falsi Zar o i falsi ordini dello Zar) a prova dell'aspirazione del popolo ad una sintesi di ordine e giustizia, aspirazione che trova la sua concreta forma nuova nei sovieti. Quando i marxisti ortodossi disputano se la Russia è matura per il socialismo -la Russia che non ha ancora avuto un regime borghese- Lenin avendo dinanzi agli occhi la meravigliosa improvvisazione popolare dei sovieti può rispondere che il programma immediato non è l'avvento del socialismo ma la creazione di una nuova forma di governo, una nuova forma di stato democratico, nel quale l'esercito, la burocrazia e la polizia sono costituiti dal popolo armato. La realtà dello stato bolscevico sarà assai lontana dal nuovo stato sovietico che Lenin vagheggiava e questo sarà in gran parte dovuto alle necessità della lotta cui i bolscevichi saranno costretti; lotta contro gli altri partiti socialisti, contro gli avversari di destra, contro il nemico tedesco, e contro le potenze occidentali e le loro ingerenze nelle cose interne della Russia.

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cane...sciolto
00mercoledì 5 luglio 2006 21:34
Il bolscevismo incosciente.


La prima crisi del governo provvisorio avvenne nei primi giorni del maggio e fu originata dall'affiorare delle divergenze in materia di politica estera, che esistevano fra popolo e governo e fra soviet e governo. Divenne chiaro in quei giorni che il popolo vuole farla finita con la guerra e non riconosce valido nessun impedimento, derivante da impegni assunti dai governi dello Zar. Le dimissioni di Guckov e di Miljukov provocano la crisi; nel corso delle dimostrazioni di operai e di soldati si levarono grida di "viva Lenin" accompagnate da grida si "abbasso Milljukov". Lenin era già considerato un portavoce delle idee del popolo e Miljukov -l'esponente dei cadetti- incarnava interessi al popolo estranei e incomprensibili. Dopo qualche giorno di trattative fra governo e soviet fu raggiunto un accordo e alcuni degli uomini del soviet entrarono a far parte del governo di coalizione fra borghesi e socialisti. Il soviet aveva resistito per qualche tempo alle richieste di andare a rafforzare la compagine ministeriale, ma alla fine, dopo una votazione sfavorevole del 12 maggio (23 no contro 22 si) una sucessiva votazione del 14 portava ad accettare la proposta di collaborazione con 44 si e 19 no. Le condizioni poste dagli uomini del soviet furono in parte accettate, in parte modificate e in parte respinte. Ne risultò un programma contraddittorio che ammetteva la democratizzazione dell'esercito e al tempo stesso insisteva per un rafforzamento della sua efficienza in vista di una offensiva, che veniva lasciata intravedere come possibile mentre si assicurava sarebbero stati intrapresi passi preparatori per intendersi con gli alleati per la pace "senza annessioni né indennità". Ancora una volta si prometteva esplicitamente una rapida convocazione dell' Assemblea Costituente dalla quale sarebbe stato instaurato un autogoverno democratico. Sul problema agrario ci si limitava a vaghi accenni ed a incitare i contadini ad una maggiore produzione, mentre si confermava il proposito di lasciare alla Assemblea Costituente il compito di decidere in merito al trasferimento delle terre. Preciso obiettivo dei cadetti era l'offensiva e per ottenere questa avevano sorvolato su molte questioni cedendo ai punti di vista dei socialisti. E questi quali vantaggi si ripromettevano dall'abbandono dell'opposizione attiva che praticavano nei sovieti? Senza dubbio la posizione dei bolscevichi era più comprensibile e più coerente: essi continuarono a non voler collaborare con la borghesia e a non cedere di un punto nelle loro richieste di pace immediata. Resistendo alle tentazioni del compromesso e alla paura delle conseguenze di un disastro militare, rifiutatrono il loro appoggio a imprese destinate al fallimento e tenendosi in disparte chiamarono a sé le masse che si distaccavano deluse dai partiti che tradivano la loro aspettativa. Ben presto alcune divergenze fra i borghesi e i socialisti del gabinetto divennero acute: era di nuovo il problema della guerra che separava i due gruppi ed era la questione operaia che veniva aggravandosi per le difficoltà di pagare salari vitali e condurre le industrie in un paese tanto provato dalla guerra e dai sommovimenti interni. Gli operai accusavano i dirigenti di sabotaggio e questi minacciavano la chiusura di imprese che, secondo le loro dichiarazioni, erano paurosamente passive. Di contro ad una dimunizione della produttività stava la necessità di far fronte alle richieste di manufatti provienienti dalla campagna che era necessario accontentare per ottenere i rifornimenti per la popolazione urbana e l'esercito. Il governo avrebbe dovuto intervenire con i provvedimenti tipici in tempo di guerra, ma il governo era pressochè impotente e le agitazioni operaie assunsero un ritmo sempre crescente. Fra gli operai erano ormai popolari tutte le parole d'ordine dei bolscevichi; naturalmente popolari, perchè il popolo come Lenin aveva scritto nel maggio era "mille volte più a sinistra dei Cernov e degli Tseretelli (erano gli esponenti socialrivoluzionario e menscevico dei sovieti) e cento volte più a sinistra di noi stessi". E il Milljukov confermò: "il ministero si lasciava semplicemente andare sul filo della corrente e la corrente portava nel corso del bolscevimo". Le masse erano impazienti perchè non comprendevano il perchè dei disagi e delle privazioni che venivano loro imposte; il nuovo regime pareva loro il camuffamento del vecchio stato di cose ed esse reagivano scioperando. Solo i più evoluti fra i lavoratori erano in grado di comprendere che lo sciopero era un'arma di lotta e non un rimedio alla situazione assai grave. Si fecero strada ideee di gestione operaia delle industrie che non trovarono una accoglienza incoraggiante fra i socialisti al governo. E così che i comitati di fabbrica vengono a poco a poco conquistati dai bolscevichi. Le grandiose officine Putilov già feudo dei socialrivoluzionari dopo due mesi di propaganda si volgono al bolscevismo e nei primi giorni di giugno al congresso dei comitati di fabbrica 335 voti su 421 sono per i bolscevichi.
Guai ad arrestarsi tuttavia, e considerare definite situazioni di tale fluidità; le masse continuavano la loro corsa impaziente e già accoglievano con successo propagandisti anarchici che tendevano a presentare anche i bolscevichi come dei "conciliatori" e dei tiepidi....

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cane...sciolto
00giovedì 6 luglio 2006 21:20
... Fra i soldati le idee bolscheviche si fanno luce con minore rapidità e soprattutto in modo meno evidente, ma si ha nel esercito il caratteristico fenomeno di un bolscevismo "incosciente".
Era, questo, del resto, l'atteggiamento che si ritrovava un pò dappertutto fra la masse contadine. Se ne ebbe una chiara prova in occasione delle dimostrazioni del luglio.
Il 16 giugno si era innaugurato a Pietrogrado il primo congresso panrusso dei sovieti: Vi partecipano 1090 delegati dei sovieti locali regionali e provinciali, delle organizzazioni militari del fronte e dell'interno e di alcune organizzazioni contadine.
Il congresso rappresentava circa 20.000.000 di voti. 777 delegati dichiararono la loro appartenenza ai partiti:
285 si dissero socialrivoluzionari,
248 menscevichi...e solo 105 bolscevichi.
Il problema della guerra con le sue ripercussioni dominava ogni altra questione.
Un dibattito sulla imminente offensifa proposto dai balscevichi fu respinto a maggioranza schiacciante e fu invece approvata la coalizione con la borghesia con 543 voti contro 126 e 52 astenuti, giustificandola con le necessità della guerra. I lavori furono contraddistinti da un susseguirsi di discorsi magniloquenti e inconcludenti e da un'estrema parsimonia di chiarezza decisiva nei confronti dei problemi pratici. Moltissimi deputati si erano iscritti nel febbraio a partiti socialisti, ma nel giugno erano già stanchi di rivoluzione e di ordine rivoluzionario; in tutti regnava una inespressa paura dei bolscevichi che dimostravano tanta più decisione e tanti meno pregiudizi ed erano assai più forti nel paese che non fossero nel congresso. I bolscevichi avevano organizzato per il 23 giugno una grande manifestazione popolare che avrebbe innalzato parole d'ordine contro i ministri borghesi, contro la guerra e per il potere ai sovieti. Il comitato esecutivo e il congresso si adoperarono perchè la dimostrazione fosse rinviata e disposero che per tre giorni ogni manifestazione fosse sospesa. I bolscevichi non ritennero di andare oltre a all'ultimo momento acconsentirono a sospendere la dimostrazione. Non fu facile ottenere dalle masse la rinuncia: gli uomini del partito bolscevico che si sparsero per le fabbriche e le caserme ottennero a stento di essere ascoltati, mentre gli oratori dei partiti dominanti al congresso e nei sovieti furono accolti ostilmente. Il congresso ritenne di indire a sua volta una manifestazione per il 1° luglio e questa fu un'occasione ancora più bella offerta ai bolscevichi per dar prova della loro forza. Sotto gli occhi dei delegati socialrivoluzionari e bolscevichi,sfilarono per ore dalle trecento alle quattrocentomila persone che in grandissima maggioranza inalzavano le parole d'ordine bolsceviche. Il Suchanov che era un avversario dei bolscevichi, ha lasciato scritto: "Qua e là la serie delle bandiere e delle colonne bolsceviche era interrotta da parole d'ordine specificatamente socialrivoluzionarie e da quelle del sovietismo ufficiale. Ma esse erano sommerse dalla massa". Le masse volevano veramente quanto chiedevano a gran voce e fu grave torto dei partiti che proclamavano di rappresentare la maggioranza di non raccogliere il suggerimento e rinnovare la propria politica finchè era tempo. L'esasperazione popolare montò rapidamente in quei giorni che vedevano l'insuccesso rovinoso dell'offensiva Kérenskij e le masse della capitale non poterono essere più frenate. Fu quello il momento più difficile per i bolscrvichi che si trovarono pressati dalle richieste popolari e dalla necessità di non compromettere la loro posizione con azioni premature. I giorni 16 e 17 luglio segnarono il culmine della crisi e insieme l'inizio di una paurosa parabola discendente della popolarità del partito bolscevico. In quei giorni a Pietrogrado si successero scontri sanguinosi e disordini e parve per un momento, che governo e sovieti fossero alla mercé della folla. Responsabilità bolscevica? Fino ad un un certo punto: responsabilità nell'avere eccitato gli animi della massa (ma non senza motivi reali); si; responsabilità specifica nei disordini e precisa volontà di provocarli e di dare inizio ad una lotta aperta, assai dubbia. Il Suchanov commentò: "Indipendentemente dai risultati politici, non si può considerare che con ammirazione questo stupefacente movimento di masse popolari. Non si può, pur giudicandolo nefasto, non entusiasmarsi davanti alla sua ampiezza gigantesca d'elementi scatenati". L'unico risultato politico apprezzabile fu il rapido mutare dell'umore del popolo. I partiti socialisti conciliatori e difensisti approfittarono della situazione che si era creata per gettare fango sugli uomini dal bolscevismo e accusare Lenin e Trotskij di essere al soldo della Germania e responsabili del fallimento dell'offensiva: calunnie, inesattezze e falsi giornalistici di bassa lega caratterizzarono i documenti prodotti dal ministro della giustizia. Tuttavia ce ne fu a sufficienza perchè si creasse una forte corrente di risentimento popolare contro i bolscevichi, e questi fossero costretti per circa due mesi, ad una politica estremamente cauta. Ancora una volta a trarre i bolscevichi da una situazione critica furono i loro avversari.

Continua... resistete, siamo a metà!! [SM=x751532] [SM=x751611] [SM=x751544]
cane...sciolto
00domenica 9 luglio 2006 14:19
Primi tentativi controrivoluzionari.


Dopo la crisi di governo apertasi con le dimissioni dei ministri cadetti il Kérenskij divenne il primo ministro e formò un gabinetto con uomini dei partiti socialisti rivoluzionario e menscevico delle tendenze più moderate. La formazione del gabinetto richiedette un tempo non indifferente e solo dopo varie alternative il 4 agosto il ministero potè essere varato. Il Kérenskij era allora all'apogeo della sua potenza: per conservare il suo potere egli avrebbe dovuto svolgere una politica socialista ma non rivoluzionaria, aperta alle richieste del popolo ma anche attenta agli interessi internazionali del paese e ai suoi impegni con gli alleati. Avrebbe dovuto agire con un pugno di ferro contro i nemici della rivoluzione di destra e di sinistra e capeggiare un governo e finalmente attivo ed efficiente. Era difficile. In effetti il governo fu incerto e oscuro nei suoi propositi; anch'esso, come i precedenti fu un governo di risoluzioni e non di soluzioni. La Conferenza di Stato a Mosca alla fine di agosto doveva essere nelle sue intenzioni un'imponente parata delle forze vive della nazione, delle forze di centro destinate a sostenere la politica del nuovo governo e dare a questa una base; in realtà essa dimostrò, con la maggiore chiarezza desiderabile, che dietro Kérenskij e la sua politica c'era il vuoto e peggio che il vuoto. Il dissidio fra borghesi e socialisti si dimostrò incolmabile; la destra ormai chiaramente controrivoluzionaria, non si fece scrupolo di ricattare il governo perchè questi cedesse il potere. La destra accarezzava l'idea di un governo militare, una dittatura per il tempo di guerra; questa dittatura fu posta come prezzo per la salvezza di Pietrogrado. Questa fu la sostanza del descorso di Kornilov, il generale accortamente manovrato da politicanti, che era divenuto l'idolo e la speranza degli ambienti reazionari. Il ritornello della destra è la necessità di un governo forte, un governo che salvi il paese dalla minaccia dell'esercito e dagli agenti tedeschi. Il governo dei socialisti è attaccato da ogni lato e a stento sembra poter salvarsi dietro lo scudo dell'unità nazionale che esso inalberava a giustificazione della sua esistenza. Il programma di Ckheidze, che indispettì le masse per la sua moderazione,sollevò l'indignazione della destra borghese, che lo giudicò estremista. Il tentativo di colmare l'abisso era fallito. Così la difesa dei sovieti e dei comitati tentata da Tseretelli in in nome dei molti servigi resi alla borghesia da questi organi moderatori dell'estremismo popolare, naufragò fra grida ostili. Si levarono voci come quella di Rodzianko a rivalutare l'ultima Duma come sola rappresentanza legale del paese e a rimpiangere che i governi provvisori non l'avessero tenuta in maggior conto, o poterono mostrarsi al pubblico e parlare vecchi provocatori di progrom come Puriskevic o fanatici della repressione e della dittatura militare come Kaledin. Solo la sentimentale oratoria di Kérenskij e le risorse della sua istrioneria riuscirono a portare in salvo la barca del governo dalle tempeste della Conferenza. Ma questo primo tentativo governativo di stabilire contatti con l'opinione pubblica aveva messo in luce due cose: il distacco sempre crescente fra politica che i ceti possidenti e i socialisti conciliatori da essi trascinati praticavano o suggerivano e le aspirazioni popolari che non erano mutate neppure in questo periodo di deflusso della popolarità bolscevica; una forza più grande nei gruppi controrivoluzionari (la cui popolarità era in ascesa) che nel governo e nei partiti che di esso erano la base. Le speranze controrivoluzionarie s'incarnavano particolarmente nel generale Kornilov già rigido comandante della guarnigione di Pietrogrado ed allora comandante di uno dei più grandi gruppi d'armate, e sarà appunto nel nome del generale Kornilov che la controrivoluzione tenterà una prima volta la sua sorte. Va riconosciuto il merito che Kérenskij ebbe nel costingere Kornilov a mosse premature e precipitate, rendendo nullo ogni immediato pericolo da parte dei conservatori. Kérenskij manovrò con l'astuzia ma l'avversario dovette avere la chiara percezione che le forze popolari, nell'esercito e fuori, non avrebbero dato il loro appoggio a nessuna avventura controrivoluzionaria. C'era un evidente errore di interpretazione: il malcontento contro il governo poteva essere sfruttato dai bolscevichi perchè, vicini al popolo, essi potevano farsene interpreti e guide, ma non poteva alimentare alcuna impresa contro la rivoluzione e le sue conquiste perchè il malcontento popolare era prodotto dalle insufficienze più che dagli eccessi di sviluppo della rivoluzione. L'affare Kornilov fu l'errore dell'avversario imbaldanzito dai successi del luglio che riportò in primissimo piano i bolscevichi. Il governo sospese la repressione poliziesca contro di loro, gli arrestati furono rilasciati e coloro che, come Lenin, vivevano in clandestinità poterono riaffacciarsi alla luce. Il pericolo era a destra e a destra poteva, comunque, trovarsi il bersaglio verso cui indirizzare il malumore popolare, il capro espiatorio cui addossare tutte le colpe, la giustificazione dell'impotenza governativa in sostituzione del pericolo bolscevico.

Continua...
cane...sciolto
00venerdì 14 luglio 2006 21:38
La vigilia della rivoluzione di novembre.


Alla vigila del complotto di Kornilov si era svolto a Pietrogrado, nella clandestinità, il congresso del partito bolscevico. Durante i suoi lavori era stata approvata una risoluzione, presentata da Stalin in assenza di Lenin, che richiedeva un accantonamento della parola d'ordine "Tutto il potere ai sovieti" perchè nelle giornate di luglio questi non si erano schierati col popolo e avevano seguito le sorti del governo e dei partiti che lo componevano. Si era creata una profonda lacerazione fra i due partiti socialisti conciliatori e le masse e di questo doveva tenersi conto. Il partito doveva prepararsi alla lotta che ormai appariva inevitabile per la conquista del potere e l'instaurazione di una dittatura del proletariato e dei contadini poveri. In quelli stessi giorni Lenin scriveva "Lo Stato e la Rivoluzione" ed enunciava: "Non è nell'interesse della libertà che il proletariato ha bisogno dello Stato, ma nell'interesse della soppressione dei suoi avversari" (in cui il termine opressione significa eliminazione come forza politica così come il proletariato era stato fino allora eliminato come forza politica dalle classi dominanti). E ancora: "La democrazia ha una importanza enorme nella lotta della classe operaia contro i capitalisti per la sua liberazione. Ma la democrazia non è un limite insorpassabile, non è che una delle tappe sulla via dal feudalesimo al capitalismo e dal capitalismo al comunismo". Era chiaro che ormai il partito di Lenin riteneva che la lotta fosse giunta ad un punto cruciale e non vi fosse più alcuna possibilità di compromesso. I problemi della pace e della terra erano quotidiana preocuppazione di chi legava alla loro soluzione le sorti della propria vita. I soldati lamentavano le vane promesse del governo e lentamente scivolavano dalla parte di coloro che il governo aveva sempre avversato. Ci s'avvide ben presto che i contadini prendendo l'iniziativa prima dell' Assemblea Costituente, occupando terre e tagliando boschi contro le istruzioni dei compagni socialrivoluzionari al governo, erano passati innavertitamente a mettere in atto un programma bolscevico. Il ritmo della rivolta agraria era cresciuto rapidamente; contro i 34 circondari in cui si erano avuti disordini nel marzo stavano i 325 del luglio: le masse erano sempre meno pazienti. La intransigente e intelligente presa di posizione di Lenin aveva dato i suoi frutti: nell'aprile il partito bolscevico contava 80.000 iscritti, il congresso dell'agosto ne denunciava 200.000 di cui nella sola Pietrogrado più di 40.000. Ma la vera forza disciplinata e cosciente era fornita dagli operai che erano confluiti gradatamente nel partito o ne fiancheggiavano l'azione, come al tempo del complotto Kornilov quando essi uniformarono la loro condotta alla forma di Lenin "Noi combatteremo Kornilov, ma non sosterremo Kèrenskij". Quale diretta conseguenza di questo atteggiamento delle masse il 19 settembre i bolscevichi conquistavano la maggioranza nel soviet di Mosca e il 6 ottobre la presidenza del soviet di Pietrogrado (Trotskij). Fra questi due avvenimenti paralleli è inquadrata la convocazione della Conferenza Democratica. Se si confronta questo nuovo tentativo kerenskiano di trovare una base al Governo provvisorio col precedente tentativo della Conferenza di Stato c'è anzi tutto da osservare che la stessa scelta della sede che nell'agosto era caduta su Mosca, a torto o a ragione considerata più conservatrice di Pietrogrado, era indicativa dello scarto a sinistra che il complotto Kornilov aveva provocato. Passando alla composizione dell'assemblea notiamo che la conferenza di stato riuniva 2414 delegati il cui gruppo più forte era dato dai deputati delle quattro Dume, che nella quasi totalità non erano certamente dei rivoluzionari; c'erano poi i rappresentanti delle cooperative, dei sindacati operai, delle associazioni industriali, commerciali e bancarie, dei municipi, dell'esercito, della marina e dei sovieti. La Conferenza di Pietrogrado riuniva circa 1200 delegati i cui gruppi più forti erano quelli dei soviet degli operai e dei soldati e di quello dei contadini, seguivano i rappresentanti delle amministrazioni locali (municipio e provincia), dei sindacati, dei comitati agricoli, dei commissari dell'esercito, delle nazionalità ecc... L'ala destra dell'assemblea era data da alcuni rappresentanti delle cooperative: non c'erano rappresentanti dei ceti possidenti mentre, fra i rappresentanti dei sovieti, dei sindacati e delle forze armate, erano entrati nell'assemblea molti bolscevichi. Problema centrale della Conferenza era l'organizzazione del potere . Era necessità inderogabile formare un governo tale che fosse garantito da sorprese di estremisti di destra o di sinistra: un governo che fosse in grado di risolvere i problemi più urgenti e riacquistare la fiducia delle masse. Le masse popolari russe non conoscevano democrazia e l'esperienza fattane nei primi mesi della rivoluzione di marzo non era tale da creare in esse una coscienza democratica: neppure la Conferenza di Pietrogrado dette i risultati sperati perchè ben pochi furono consapevoli di quella che essa avrebbe dovuto rappresentare per riuscire nel suo intento principale. Ancora una volta si dovette rilevare che l'assenza di una classe preparata alla lotta politica e al governo privava la repubblica democratica della colonna vertebrale e la spingeva inesorabilmente all'uso di rigide palcature esterne, fossero rappresentate queste da una dittatura militare o dalla dittatura proletaria. Dopo otto giorni di dibattiti si giunse alla votazione di un ordine del giorno. Si trattava di decidere se un nuovo governo avesse dovuto accogliere anche rappresentanti della borghesia o no. I bolscevichi ottennero che la votazione avvrenisse per singolo rappresentante anzichè per gruppo. La mozione ottenne 766 voti favorevoli contro 688 contrari e 38 astensioni. Mentre i deputati dei sovieti operai votarono una maggioranza assai forte contro la coalizione, i deputati contadini votarono in favore di essa con 102 sì, 70 no 12 astensioni. Le cooperative furono nettamente a favore, mentre le organizzazioni militari e gli organi di amministrazione locale approvarono la coalizione con live maggioranza. Ma due emendamenti approvati in seguito esludevano prima i cadetti compromessi nel colpo di stato di Kornilov, con 798 voti a favore, 139 contrari e 196 astensionisti, e, sucessivamente tutto il partito cadetto con 599 voti a favore, 493 contrari e 72 astensioni.
La deliberata coalizione era così silurata prima di essere varata. La Conferenza aveva dimostrato di essere incapace di assumere le responsabilità che derivano dalla formazione di un govereno di coalizione o dal rifiutare l'ingresso al governo ai ceti possidenti. Non c'erauna maggioranza su cui fondare un governo. Per dare una conclusione ai lavori della Conferenza si decise di delegare un'organo più ristretto che avrebbe dovuto funzionare da assemblea consuntiva fino alla convocazione della Costituente e agevolare i compiti del nuovo governo formato da Kèrenskij in cui erano entrati due suoi amici personali quali rappresentanti dei cadetti. Il Consiglio della Repubblica -come tale assemblea consultiva fu chiamata- fu composto dai deputati rappresentanti i gruppi e le organizzazioni e non i partiti così che era avvenuto per la Conferenza di Mosca e quella di Pietrogrado. I rappresentanti bolscevichi abbandonaro l'aula fino alla prima seduta e la loro stampa ignorò i lavori dell'assemblea e la guerra giudicandoli passatempi di una borghesia imperialista. Contemporeaneamente ottenevano una piena sconfessione del governo da parte dei soviet di Pietrogrado e per per bocca di Trostkij proclamavano di non aver nulla in comune con esso contrapponendosi alla parole d'ordine "Il potere ai sovieti" "La terra al popolo" "Pace immediata" e inneggiando alla Assemblea Costituente.

Continua...

[Modificato da cane...sciolto 14/07/2006 21.40]

cane...sciolto
00sabato 15 luglio 2006 22:51
...Due cose sono da osservare in tale atteggiamento bolscevico: il ritorno al vecchio programma di un governo di sovieti e l'apparente incoerenza del loro attaccamento all' Assemblea Costituente che avrebbero sciolto di lì a poche settimane. Il motto "tutto il potere ai sovieti" che era stato accantonato in agosto poteva essere nuovamente adottato in ottobre perchè la situazione era assai mutata: i sovieti delle città maggiori non erano più nelle mani dei partiti conciliatori ma erano passati ai bolscevichi ed era da ritenere che, come era avvenuto in altre occasioni, la periferia avrebbe, sia pure con ritardo, seguito le due capitali. I bolscevichi avevano quindi modificato il loro atteggiamento nei confronti dei sovieti in conseguenza della mutata situazione in seno ad essi. Una indiretta confessione di tale mutamento si leggeva sulle "Izvestia", organo dell'esecutivo centrale ancora in mano ai menscevichi e ai socialrivoluzionari, nel tentativo di svalutare i sovieti a pochi giorni dalla rivoluzione d'ottobre. Era scritto fra l'altro: "I sovieti sono lungi dal raggruppare tutta la democrazia. Non vi partecipa la numerosa classe degli intellettuali né vi partecipano gli operai: gli uni perché retrogadi, gli altri perché si sono dati alle loro organizzazioni di categoria...". E dichiarando la propria preferenza per le assemblee locali l'articolista concludeva con un verdetto di assoluta incapacità per i sovieti di assumersi il compito gravoso di fare da base al nuovo regime. Ma perché mai i bolscevichi inneggiavano alla Costituente che qualche tempo dopo sarebbe stata considerata la roccaforte dei loro avversari? Il Kèrenskij scrisse: "Al tempo del Governo Provvisorio i bolscevichi passavano per partigiani fanatici della democrazia. E' a piena voce che reclamavano la convocazione appena possibile dell' Assemblea Costituente. Una delle accuse lanciate ogni giorno da Lenin e dai suoi aiutanti di campo in faccia al Governo Provvisorio non era proprio che noi avevamo tentato di ritardare indebitamente la convocazione della Costituente?" Può dare una ragione di questo atteggiamento quanto scrisse Trotskij in proposito. A sua opinione se l' Assemblea Costituente fosse stata convocata nel secondo o nel terzo mese della Rivoluzione di marzo i partiti allora dominanti nei sovieti si sarebbero compromessi (loro e l'assemblea) non solo agli occhi degli elementi più avanzati ma anche dinanzi alle masse più arretrate. Avrebbero avuto luogo nuove elezioni che avrebbero dato la vittoria al partito più vicino al popolo e alle istituzioni popolari. Era quindi un tentativo di compromettere gli avversari che induceva i bolscevichi a richiedere la convocazione dell' Assemblea durante i mesi del Governo Provvisorio, e nell'ottobre le loro richieste aumentarono di intensità perché essi erano convinti che non si sarebbe giunti alla Costituente attraverso il Consiglio della Repubblica e che la Costituente non avrebbe potuto essere che in conseguenza di un governo dei sovieti. La Costituente non era per i bolscevichi che un'altra delle tante armi da usare contro gli avversari così come il problema della pace o quello della terra: un'altra delle vane promesse del Governo Provvisorio da ritorcere contro chi l'aveva incautamente fatta. Era un argomento polemico, niente di più inpegnativo; non era il feticcio che di essa avevano fatto i partiti socialisti conciliatori. Intensificando la loro campagna per la Costituente essi erano come sempre profondamente sensibili agli orientamenti delle masse; giudicando che la Costituente era in ritardo non sbagliavano. In quei giorni, il 13 ottobre, un articolo delle "Izvestia", organo dei sovieti, proclamava che la Costituente doveva essere convocata in tempo per risparmiare gli orrori della guerra civile, ma che essa non era una garanzia assoluta. Dopo la rivoluzione le masse disorientate dai dolori della guerra, dalla fame e dal freddo si erano gettate affannosamente alla ricerca di una via di uscita; avevano goduto il loro favore prima i socialrivoluzionari, poi i bolscevichi: nel futuro chi avrebbe potuto essere il loro alfiere? Una prova di questa stanchezza delle masse si ebbe in occasione delle elezioni alla Duma provinciale di Mosca. I bolscevichi ebbero un netto successo ma le astensioni raggiunsero una proporzione straordinariamente elevata tanto da far chiedere agli avversari chi fosse stato il reale vincitore. L'assenteismo politico che aveva costituito la solida base dello zarismo per tanti anni e che era stato vinto solo col sacrificio di tante vite e con una lotta dura ad armi ineguali, riaffiorando per la stanchezza e sfiducia nei metodi democratici avrebbe potuto offrire una solida base a qualsiasi avventura. Il giornale di Gorki (Novaja Zizn) scriveva che una parte della popolazione aveva completamente perduto la fede nella politica ed era pronta a seguire chiunque desse pace e pane. La percentuale dei votanti alle elezioni amministrative del 27 agosto era stata secondo alcune fonti del solo 42,1%.
Ma quali ceti si staccavano dalla vita politica? Se si confrontano i dati delle elezioni locali le variazioni che si notano a distanza di pochi mesi riguardano solo i partiti socialisti. I voti bolscevichi sono aumentati in misura assai forte mentre in misura molto più forte sono diminuiti i voti menscevichi e socialrivoluzionari. Una parte, quindi, degli elettori di questi due partiti ha abbandonato il campo mentre un'altra parte ha trasferito la sua preferenza ai bolscevichi. I voti cadetti sono rimasti pressoché invariati. Ad abbandonare la lotta politica erano dunque i ceti più interessati allo stabilimento di una democrazia, i ceti destinati ad essere la base del nuovo regime democratico, aperti al progresso, restii alle avventure. Durante i lavori del Consiglio della Repubblica si successero uno dopo l'altro oratori che lanciavano gridi di allarme circa la situazione interna e la situazione militare, ma niente più riusciva a scuotere l'apatia del pubblico. I problemi fondamentali della pace e della terra paralizzavano la nuova assemblea come il governo e rendevano inefficiente la maggioranza socialista (336 contro 161 possidenti, anche a non voler considerare i 60 bolscevichi che avevano abbandonato i lavori) divisa particolarmente sul problema della pace. L' assemblea che avrebbe dovuto costituire il ponte verso la Costituente era una fedele immagine del caos e dell'impotenza che dominavano nel paese e nel governo. Intanto i bolscevichi preparavano la conquista del potere e non ne facevano mistero. Qualche giorno prima la rivoluzione d'ottobre era pubblicato lo scritto di Lenin "I bolscevichi potranno conservare il potere?" in risposta a dubbi avanzati da più parti e fra gli altri dal giornale di Gorki. La teoria di Lenin e il suo atteggiamento nei confronti dello stato, delle vecchie forme democratiche e degli stessi modi di vita ne risulta chiara. Il proletariato non era isolato come alcuni ritenevano; esso poteva contare sulle due forze delle nazionalità e dei contadini. Al di fuori del proletariato e dei suoi alleati non esistevano altre forze vive della democrazia. Il proletariato non avrebbe saputo utilizzare il meccanismo dello stato borghese? Certamente, no. Esso non rispondeva alla sua mentalità, ma avrebbe frantumato il vecchio ordine e lo avrebbe sostituito con un meccanismo nuovo: la rete dei sovieti. Rivolgendosi ai socialisti non bolscevichi egli aggiungeva: "Nessuno ha mai negato, eccettuati gli utopisti, che si potesse vincere senza incontrare resistenza, senza applicare la dittatura del proletariato, senza stringere il vecchio mondo con una mano di ferro. Voi rifiutate ostinatamente di comprendere che questa mano di ferro costruisce nel medesimo tempo che distrugge".

Continua...
cane...sciolto
00domenica 16 luglio 2006 21:31
La rivoluzione bolscevica.


L' attesa del colpo di mano bolscevico era ormai evidente a tutti. Il 6 novembre Kèrenskij chiese al Consiglio della Repubblica con un forte discorso che fosse concesso al governo di usare ogni rigore contro chi stava tentando di mutare la situazione con la violenza. L' ordine del giorno presentato alla votazione e approvato con 123 voti contro 102 e 26 astensioni rifiutava al Governo il diritto alla repressione e invitava a raggiungere un accordo al più presto per una soluzione immediata dei problemi della pace e della terra. Questo suonò aperta sfiducia al Governo e in Kèrenskij suo maggiore esponente, e capitolazioni dinanzi ai bolscevichi. Il giorno dopo 7 novembre la macchina del colpo di stato era in movimento. Affidata alla genialità di alcuni capi e all' improvvisazione popolare, alimentata dalla generale sfiducia negli avversari bolscevichi e dai desideri di pace e di pane, la sollevazione superò ben presto gli ostacoli delle sue prime ore e portò alle leve di comando i suoi uomini. Sulla facilità con cui il bolscevismo potè impadronirsi del potere non c'è che da citare Miljukov: "Di loro iniziativa i soldati hanno cessato la guerra, così come i contadini si sono impadroniti delle terre e gli operai delle officine. Lenin non ha avuto che da sancire il fatto compiuto per assicurarsi le simpatie dei soldati, dei contadini e degli operai". Per assicurarsi, cioè, il paese, perché a sostegno dei suoi avversari non erano forze tali da mettere in dubbio che per pochi momenti il successo bolscevico". E anche in quei momenti di dubbio furono le scarse forze della borghesia a resistere e a creare lo scompiglio nell' organizzazione dello stato con lo sciopero degli impiegati o con le temibili armi della resistenza passiva, del sabotaggio nelle amministrazioni. Oppure furono le forze naturali: la vastità del paese, la diversità delle regioni, le difficoltà di comunicazione. Salendo al potere i bolscevichi non avevano un programma preciso: i loro primi atti di governo sono aperta dimostrazione del desiderio di soddisfare le richieste più urgenti e più imperiose dalla massa. Prime fra esse, naturalmente, le richieste di pace e di terra. Al Congresso dei sovieti riunitosi il 7 novembre, Lenin lesse il "Proclama ai popoli e ai governi di tutti i paesi belligeranti" in cui il Governo Operaio e Contadino si faceva promotore di una pace generale senza annessioni né indennità da concludersi subito e, in attesa di eventuali discussioni di controproposte, suggeriva la proclamazione immediata di un armistizio generale. La mossa era forse sufficiente per dare la sensazione al paese che i bolscevichi volevano la pace, ma non ebbe alcuno sviluppo diplomatico. Non era allora intenzione del Governo accettare una pace che fosse una minaccia per la rivoluzione e questo Lenin lo lasciò chiaramente intendere dichiarando: "Vi sono delle condizioni per le quali combatteremo fino alla fine; ve ne sono altre per le quali forse stimeremo inutile continuare la guerra... Noi vogliamo prima di tutto finirla con la guerra...". Ma dinanzi all' impossibilità di condurre la lotta la questione dovette essere presto ripresa in esame per una soluzione rapida qualsiasi. Poco dopo fu la volta del decreto sulla terra. Esso sanciva l' abolizione della proprietà privata della terra, senza indennizzo, e fondava l' applicazione delle riforme agrarie sulle "Istruzioni per i contadini" diramate dai socialrivoluzionari del Soviet dei deputati contadini. Le grandi proprietà agrarie erano immediatamente messe a disposizione dei Comitati Agrari in attesa che la Costituente definisse i particolari del trasferimento ai contadini. Il provvedimento provocò lo sbandamento dei socialrivoluzionari, la cui ala destra si era già schierata contro i bolscevichi abbandonando il congresso mantre l' ala sinistra era sempre maggiormente attratta nell' orbita bolscevica. Il decreto era infatti schiettamente socialrivoluzionario e sentirlo proporre dai bolscevichi come fosse divenuto cosa loro lasciò molti assai perplessi. Ma il Congresso lo approvò all' unanimità. Nei giorni che seguirono altri decreti furono dedicati ai problemi operai e a quelli delle nazionalità. Per quanto riguardava le gestioni operaie non fu che sancito uno stato di fatto mentre alle nazionalità fu riconosciuta la sovranità e il diritto a disporre liberamente di sé fino alla separazione totale e alla costituzione in Stato indipendente. I bolscevichi non avevano al loro fianco che i socialrivoluzionari di sinistra e gli internazionalisti mentre socialrivoluzionari di destra, menscevichi e cadetti avevano fatto corpo intorno alla Duma di Pietrogrado costituendo un Comitato di Salute pubblica che si gettò in lotta aperta contro il nuovo governo. Da un' altra parte e cercando di usare l' esercito per un azione più decisa Kèrenskij aveva portato la lotta sul piano della guerra civile ma senza ottenere che un risultato meschino e una riprova della maggiore forza dei bolscevichi. Destinato ad altra scelta era il tentativo che stava compiendo Kaledin di organizzare una Vandea cosacca in alcune regioni meridionali del paese. Gli avversari politici dei bolscevichi raccolti intorno al Comitato di Salute pubblica puntarono sulle imminenti elezioni e sull' Assemblea Costituente, elezioni e assemblea che avrebbero permesso una lotta aperta e democratica fra i due gruppi. Nei primi giorni dopo la rivoluzione d' ottobre il consiglio dei commissari del popolo dichiarando di aver frustrato il sabotaggio del governo provvisorio pubblicava un manifesto-ordinanza per indire le elezioni alla data fissata del precedente governo. Ma in seguito alla contrapposizione dell' Assemblea Costituente al soviet, così infelicemente escogitata dagli elementi facenti capo al Comitato, l' atteggiamento bolscevico mutò e poco prima che si iniziassero le operazioni elettorali Volodarskij dichiarava al Comitato Esecutivo Centrale: "Il popolo non è tocco dal cretinismo parlamentare. La Costituente dovrà marciare al passo con i sovieti".
Fare dell' Assemblea Costituente una bandiera antibolscevica fu mettere in pregiudizio le sorti irreparabilmente.

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cane...sciolto
00martedì 18 luglio 2006 21:15
L' Assemblea Costituente.


Il colpo di stato bolscevico era sopraggiunto a pochi giorni dalla data fissata per le elezioni dell' Assemblea Costituente e a poco più di un mese dall' 11 dicembre, data fissata dal govereno Kèrenskij per la convocazione dell' Assemblea eletta. Dopo qualche giorno dal colpo di stato appena le acque si posarono nuovamente e le posizioni si fecero chiare, la situazione nelle sue linee generali era la seguente. Ad un estremo, cadetti e gruppi borghesi controrivoluzionari avversavano naturalmente i bolscevichi: in vista delle elezioni essi avrebbero potuto contare su di un numero di voti facilmente prevedibile che avrebbe dato loro qualche decina di seggi e non più. All' altro estremo erano i bolscevichi giunti al potere sulla cresta della nuova ondata rivoluzionaria, trascinati dalla corrente popolare, forti del consenso che le masse avrebbero dato al loro programma politico che era il programma dettato dalle masse stesse: pace immediata; la terra ai contadini; le fabbriche agli operai; il diritto per le minoranze nazionali di disporre della propria sorte. I bolscevichi potevano fallire solo se avessero deluso le masse impazienti e per non fallire era più necessario far presto che far bene. Di conseguenza non esitarono a lasciare libero corso alle elezioni pur sapendo che l' ondata della loro popolarità aveva allora il suo vertice nelle città capitali mentre la periferia non aveva ancora identificato nei bolscevichi gli interpreti della politica popolare. Il programma agrario che i bolscevichi avevano strappato ai socialrivoluzionari, paralizzati dalle necessità di governo, e che era stato da loro imposto alla votazione del secondo congresso dei Soviet, per i contadini era ancora un programma socialrivoluzionario e votando per ottenere la riforma agraria desiderata essi votavano per quel partito che a loro l' aveva presentata per primo. Erano gli inevitabili inconvenienti derivanti dalle comunicazioni assai lente e dall' ignoranza diffusa nelle masse. Ugualmente l' esercito che era ancora in parte nell' orbita degli altri due partiti socialisti pur essendo nella quasi totalità per la pace immediata. I bolscevichi quindi non avrebbero avuto la maggioranza all' Assemblea Costituente né, così come era avvenuto alla Conferenza Democratica o al primo congresso dei Sovieti, un numero di seggi effettivamente indicativo della loro forza. Questo non sarebbe stato decisivo per le sorti dell' Assemblea quanto fu invece un' altra circostanza. I due partiti socialisti conciliatori, i menscevichi e i socialrivoluzionari, che avevano, particolarmente il secondo, goduto di favori plebiscitari nei primi mesi della rivoluzione si erano lentamente staccati dalle masse per aver rifiutato di riconoscere i desideri e le necessità popolari quali erano indicati nelle formule adottate circa la guerra, il problema agrario, le gestioni operaie. Avere rinviato la discussione dei problemi più urgenti non aveva facilitato la soluzione ma pittosto ne aveva reso più aspri gli aspetti. Ormai a otto o nove mesi dalla rivoluzione di marzo, dopo le precise indicazioni fornite dai moti popolari del maggio e del luglio, non era più possibile nascondere il capo nella sabbia per ignorare le necessità impellenti. Dopo che i bolscevichi avevano dato una soluzione al problema della terra e a quello delle gestioni operaie a nessuno sarebbe stato più possibile tornare in dietro. L' intransigenza dell' ala destra socialrivoluzionaria e dei menscevichi lasciava invece comprendere come si fosse decisi a portare la lotta fino in fondo e a non riconoscere neppure quanto avrebbe potuto e dovuto essere riconosciuto. La sorte dell' Assemblea fu decisa da questa intransigenza, da questa incapacità a piegarsi alla nuova situazione politica, ad un estremo tentativo di salvare lo spirito della democrazia e trasferirlo nelle nuove forme. Questa intransigenza praticata da gruppi la cui apparente forza era basata sull' equivoco e la cui politica era stata disapprovata e aveva già dato prova della sua inconsistenza fu, per i bolscevichi, un ostacolo molesto e al tempo stesso troppo facile da scavalcare. Le elezioni si tennero col sistema proporzionale D' Hondt nella grande maggioranza delle circoscrizioni nei giorni 25 novembre, 2 e 9 dicembre e non furono ostacolate dai bolscevichi né i risultati furono minimamente alterati. Non vi sono precisi dati ufficiali sulla ripartizione dei voti ma i dati raccolti dai socialrivoluzionario Svjatitskij riferentisi a 54 collegi su 79 e quelli riportati dal Miljukov possono essere tenuti per buoni. Secondo tali dati i socialrivoluzionari avrebbero ottenuto 20.900.000 voti; i bolscevichi dai 9 milioni ai 9 milioni mezzo; i cadetti 1.865.639; i gruppi consevatori 2.750.000; i menscevichi e gli altri gruppi socialdemocratici moderati 1.700.000 . I monarchici avrebbero ottenuto 300.000 voti. Ai bolscevichi andò così il 25% dei voti; ai socialisti moderati di ogni sfumatura il 62%; ai liberali e ai conservatori il 13%. I voti socialrivoluzionari provenivano naturalmente dai contadini e dai soldati di origine contadina; i voti bolscevichi provenivano dai soldati dei fronti Nord e Ovest, dalla flotta del Baltico e dalle città di Pietrogrado e Mosca. Per esprimersi con le parole di Lenin i bolscevichi avevano "una schiacciante preponderanza di forze al momento decisivo nei punti decisivi". Nelle città i cadetti ottennero un numero di voti superiore ai socialisti moderati; a Pietrogrado e Mosca si ebbero infatti 837.000 voti ai bolscevichi contro 515.400 ai cadetti, 218.000 ai socialrivoluzionari e 195.000 ai gruppi rimanenti. Ai bolscevichi toccarono 175 seggi; ai socialrivoluzionari 417; 34 ai socialisti moderati di varie tendenze e 64 ai gruppi borghesi. I 417 seggi toccati alla lista socialrivoluzionaria compilata alcuni mesi prima la crisi d' ottobre erano divisi fra socialrivoluzionari di destra e di sinistra, ma ormai questi due gruppi avevano ben poco in comune. L' ala sinistra era infatti entrata a far parte del governo bolscevico dopo che il congresso dei contadini svoltosi alla fine di novembre aveva mandato al Comitato Esecutivo Centrale dei Sovieti 108 rappresentanti che così entrarono per la prima volta in quest' organo, al fianco dei rappresentanti operai e soldati. L' ala sinistra aveva coraggiosamente seguito i bolscevichi nella loro marcia ed era assai lontana dalle posizioni della destra. Ma i contadini che votavano per le riforme agrarie non intendevano certamente dare il loro voto a quella lista che si apriva col nome di Kèrenskij; i voti che i socialrivoluzionari avevano ottenuto e che davano loro la maggioranza schiacciante avrebbero dovuto essere dati a due liste differenti, l' una della sinistra socialrivoluzionaria che avrebbe che avrebbe avuto quasi la totalità dei suffragi se avesse fatto conoscere alle masse che rappresentava i fautori della riforma immediata, l' altra dell' ala destra che avrebbe raccolto suffragi in numero assai ridotto appena fosse stato chiaro che la sua lista era la lista dei responsabili degli arresti dei comitati agrari, del protarsi della guerra impopolare, dei fautori della offensiva fallita. Il giorno 11 dicembre, giorno fissato dal governo Kèrenskij per la riunione dell' Assemblea, questa non avrebbe potuto riunirsi in alcun modo. Si volle, tuttavia, tenere in quel giorno una riunione di protesta da parte di una quarantina di deputati contro gli arresti che i bolscevichi avevano compiuto fra i rappresentanti del popolo. La dimostrazione che accompagnò i deputati alla sede della Costituente, al Palazzo di Tauride, vide raccolti circa diecimila simpatizzanti per i gruppi socialisti moderati, oppositori dei bolscevichi e difensori dell' assemblea e dei suoi diritti...

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00venerdì 21 luglio 2006 19:41
...Il Governo rafforzò la guardia al Palazzo di Tauride e prese alcuni provvedimenti di importanza maggiore. Arrestò i cadetti Singariov e Kokoskin; proclamò il partito cadetto, partito dei nemici del popolo, sopresse i suoi giornali e dichiarò passibili di processo i suoi capi. La rivoluzione entrava in una fase nuova. Ogni forma democratica poteva essere ripudiata; la reazione alla lotta sotteranea, continuava, accanita che le frazioni avversarie muovevano al bolscevismo aveva passato i limiti; si era giunti a eliminare due delle conquiste della rivoluzione di marzo: la libertà di associazione e la libertà di stampa. Stando alle memorie del tempo l'avvertimento non passò inavvertito ma destò un'inquietudine assai viva come neppure altri gravi avvenimenti contemporanei avevano provocato. Anche la commissione paritetica che aveva preparato e sorvegliato le elezioni fu sciolta e sostituita da un commissario bolscevico, l' Uritskij. In quei giorni e immediatamente prima si era iniziata una violenta campagna di stampa contro la Costituente. Si scrisse che l'assemblea era contaminata da borghesi e da pseudo socialisti. Un articolo dal titolo "Idolo nuovo" apparso su "Izvestia" del giorno 8 dicembre definì con molta chiarezza la posizione dei bolscevichi di fronte all' Assemblea. "I nemici del potere dei sovieti s'accingono a sferrare una battagli campale sul terreno della rivendicazione di tutto il potere alla Assemblea Costituente. Di quest'ultima essi hanno fatto un idolo davanti al quale si prosternano fino a battere la fronte senza accorgersi (o accorgendosi molto bene) che essi servono così non gli interessi della democrazia ma le aspirazioni più care alla borghesia. La venerazione delle istituzioni rappresentative non ha mai fatto parte della professione di fede della democrazia rivoluzionaria... La democrazia non ha mai provato sentimenti di pietà verso le assemblee costituenti; al contrario fra l'una e le altre vi è stata d'ordinario la lotta più violenta". "Di conseguenza la parola d'ordine "Tutto il potere all' Assemblea Costituente" può avere dal punto di vista di un democratico rivoluzionario un senso progressivo se la maggiotranza è acquisita ai rappresentanti della classe più avanzata, e un senso più reazionario se questa assemblea agisce contro la classe avanzata..." "Contro la parola d'ordine "Tutto il potere all' Assemblea Costiturnte" divenuta attualmente arma di lotta contro la rivoluzione popolare, noi ne leviamo un'altra "Tutto il potere alla democrazia rivoluzionaria organizzata nei sovieti dei deputati operai soldati e contadini! Tutto il potere alla Russia del lavoro!". Sull' Assemblea Costituente e l'importanza che essa rivestiva per i bolscevichi espresse la sua opinione Lenin nella "Pravda" del 26 dicembre: "la repubblica dei sovieti è una forma più alta di democrazia che non la solita repubblica borghese sulla base di un ' Assemblea Costituente". Questa era la vecchia tesi dell'originalità dei sovieti; più oltre egli scriveva: "la sola via per una soluzione non violenta della crisi sorta dallo squilibrio fra i risultati delle elezioni alla Assemblea Costituente e gli interessi reali delle classi lavoratrici sfruttate... è che l' Assemblea riconosca senza riserve il regime sovietico, la rivoluzione sovietica e la sua politica riguardo alla pace, alla terra e al controllo operaio e si schieri definitivamente dalla parte di coloro che combattono la controrivoluzione dei cadetti e dei Kaledin". Così infatti fu posto il dilemma all' Assemblea il giorno della seduta inaugurale: approvare la politica bolscevica o sciogliersi. Quale altra politica si sarebbe potuta svolgere se non quella medesima che il Consiglio della Repubblica aveva indicato approvando la mozione di Martov alla vigilia del colpo di stato bolscevico: "un decreto immediato che passasse le terre all'amministrazione dei comitati agrari e un decisivo spostamento in politica estera, nel senso di proporre agli Alleati che si dichiarassero le condizioni di pace e s'iniziassero subito le trattative"?
Il decreto sulla terra e il proclama ai popoli erano stati i primissimi atti del governo bolscevico; a questi dovevano aggiungersi le soluzioni date al problema operaio e al problema delle nazionalità, e la nazionalizzazione delle banche: non era possibile svolgere altra politica; al più si poteva non svolgerne affatto una, come avevano fatto i Governi Provvisori da Lvov a Kèrenskij.
Il 13 gennaio il Governo diramava un comunicato annunciando la convocazione dell' Assemblea per il 18 gennaio anche se il numero legale non fosse stato raggiunto. Dovevano infatti essere presenti almeno 400 deputati, cifra che il 18 gennaio fu raggiunta. Il giorno 11 gennaio il "Daily Telegraph" aveva scritto che le speranze riposte nell' Assemblea Costituente non rimaneva più traccia in Russia. Nessuno s'interessava più alle sorti dell' Assemblea e il distacco fra Costituente e paese era più accentuato dal fatto che l'assemblea era composta in gran parte di dottrinari privi di qualsiasi esperienza dei bisogni e delle tendenze dei distretti da loro rappresentati. Era una tesi assai vicina a quella di Lenin. Poco prima del mezzogiorno del giorno 18 il gruppo dei socialrivoluzionari che faceva capo a Cernov tentava, parlamentando con la guardia, di entrare nel Palazzo di Tauride. Un primo cordone di guardie è superato pacificamente ma un secondo oppone resistenza e pare che debba sorgere un incidente. I deputati vengono calmati e tutti attendono che siano date disposizioni per l'apertura delle sale.
Finalòmente alle 16 la seduta si apre. Fra i bolscevichi è Lenin mentre Trotskij è Brest Litowski per le trattative di pace. Il contegno di Lenin è assai indicativo: a dar prova del suo disprezzo egli non occupa il posto che gli spetterebbe, ma sdraiato in un corridoio fra i banchi ora scoppiava a ridere, ora fingeva di dormire. Qualche giorno dopo dirà che in quell'assemblea s'era sentito "come fra cadaveri, o mummie"...

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00sabato 22 luglio 2006 20:18
...Da parte di Cernov viene proposto come presidente il decano dell'assemblea il sociaslista rivoluzionario di destra Svetsov: i bolscevichi ne bocciano la candidatura con urla e fischi. Il bolscevico Sverdlov prende d'assalto la tribuna e legge la "Dichiarazione dei diritti del lavoratore" che raccoglieva in un unico testo i decreti fondamentali già emanati dal governo bolscevico. Il primo articolo proclamava la Russia una repubblica dei sovieti dei deputati operai soldati e contadini. Tutto il potere passava nelle mani dei sovieti. Nell'articolo secondo la Repubblica Sovieta Russa era costituita sotto la forma d'una federazione di repubbliche sovietiche nazionali, sulla base di una libera unione di libere nazioni. La seconda parte era dedicata alla politica interna: la proprietà privata di terre era abbolita e tutti i fondi agrari dichiarati proprietà del popolo; le leggi sul controllo operaio e sulla nazionalizzazione delle banche erano approvate; era introdotto il lavoro obbligatorio per tutti al fine di far sparire le classi parassitarie della società e far cessare l'anarchia economica; al fine di eliminare ogni possibilità di una riconquista del potere da parte delle classi borghesi erano decretati la costituzione di un'armata rossa socialista d'operai e contadini e il disarmo delle classi possidenti. La terza parte era invece dedicata alla politica estera e alla guerra. La Costituente approvava la politica del Governo sovietico che aveva infranto i trattati segreti, organizzato la fraternizzazione fra contadini e gli operai delle parti in conflitto e aspirava ad una pace democratica fra i popoli, da ottenersi ad ogni costo. Seguivano l'approvazione della totale indipendenza filandese e il ritiro delle truppe dal territorio persiano, la proclamazione della libertà per l' Armenia di decidere della propria sorte. Questa parte era chiusa dal proposito solennemente formulato di marciare fino alla completa vittoria dell'insurrezione operaia internazionale contro il giogo del capitale. La quarta ed ultima parte riguardava i rapporti fra Costituente e Governo sovietico. Essa consisteva di una dichiarazione che essendo stata l' Assemblea eletta sulla base di liste composte anteriormente alla rivoluzione d'ottobre, essa non considerava neppure in linea di principio di avere il diritto d'opporsi al potere sovietico. Sostenendo tale potere e i decreti del Consiglio dei Commissari del Popolo l' Assemblea avrebbe riconosciuto che il suo corpo si era venuto riducendo all'elaborazione delle norme generali della riorganizzazione socialista della società. La "Dichiarazione" avrebbe dovuto essere approvata immediatamente e costituire la base dei lavori dell' Assemblea. Dopo la lettura di questo documento fu proceduto alla elezione del presidente: il candidato bolscevico era la socialista rivoluzionaria di sinistra Spiridonova che ottenne 153 voti contro i 244 ottenuti da Cernov. Cernov stesso tenne un lungo discorso d'opposizione che verteva principalmente sul problema della guerra e su quello agrario. Spstanzialmente non si distaccava dal punto di vista bolscevico in merito a queste stesse questioni. A proposito dell'atteggiamento di fronte alla guerra egli dichiarava che la rivoluzione era nata con un programma di pace di cui non si sarebbe spogliata e suggeriva l'ennesimo tentativo di convocazione di un congresso socialista internazionale. A lui replicò Bucharin accusandolo di astrattezza. Più importante e concreto fu il discorso di Tseretelli. Seppe indicare concrete manchevolezze nella costruzione del nuovo ordine economico e particolarmente appuntò le sue critiche sulla gestione operaia delle fabbriche che aveva dato frutti assai magri nel campo della produzione. Ma avendo l' Assemblea approvato con 273 voti contro 104 la proposta di rinviare la discussione della "Dichiarazione" letta da Sverdlov, i deputati bolscevichi e socialrivoluzionari di sinistra lasciarono l'aula cantando l' Internazionale. In un tumulto un deputato, certo Feofilatiev, si scagliava con la rivoltella spianata su Tseretelli, ma fortunatamente veniva disarmato. Usciti i bolscevichi e i loro alleati la riunione continuò in perfetta calma. Furono letti e messi ai voti tre provvedimenti legislativi: una legge agraria che seguiva le linee dalla analoga legge sovietica; l'approvazione delle trattative d'armistizio accompagnata dalla speranza di poter allargare tali trattative fino al raggiungimento di una pace democratica generale; la proclamazione della Repubblica democratica federale russa. Mentre il Cernov leggeva il testo della legge agraria il comandante il numeroso e rumoroso presidio che gremiva le tribune destinate al pubblico, il marinaio Zelezniak, gli si avvicinava e lo avvertiva che "la guardia era stanca". Il Cernov accelerò i tempi e chiuse la seduta rinviandola al pomeriggio del 19. Erano le prime ore dell'alba: i deputati sfollarono rapidamente. Quando avrebbero dovuto riprendersi il palazzo di Tauride era sbarrato da un fitto cordone di soldati: il Comitato Esecutivo Centrale aveva decretato lo scioglimento dell' Assemblea definendola "un paravento degli sforzi che la controrivoluzione borghese faceva per soppiantare il potere dei sovieti". L' Assemblea Costituente aveva vissuto poco più di dodici ore. Il socialista francese Sadoul rilevava la sua fine ingloriosa. Non un bel gesto, non una parola elevata. Nessuna audacia; il vuoto, la morte, il nulla. Ma non poteva tacere i dubbi che gli si erano affacciati: il regime sovietico presupponeva una educazione politica e sociale sviluppata presso operai e contadini. In mancanza di questa, la nuova forma dello stato rischiava di determinare anche più facilmente della vecchia, più facilmente del regime parlamentare, o l'anarchia o la tirannia di un pugno d'uomini. Un altro socialista francese, il Kritchewsky, corrispondente dalla Russia de "L' Humanité", scriveva che la Costituente era stata tolta di mezzo come una trascurabile formalità e quasto era avvenuto perchè essa era ormai l'organo di una rivoluzione superata dalla nuova ondata. Questi erano i termini del dramma: mentre tutte le forze socialiste avrebbero dovuto collaborare all'audace tentativo d'instaurazione di nuove forme di stato, lasciando con coraggio le vecchie forme che apparissero inadeguate alla situazione del paese, la lotta che era stata scatenata contro i bolscevichi sostenitori delle nuove forme aveva prodotto un irrigidimento delle posizioni che fu il primo di una serie di avvenimenti fatali per le sorti della democrazia russa. Da una parte era il vuoto, dall'altra era la meravigliosa improvvisazione popolare dei soviet e una massa d'uomini decisi a mantenere e consolidare le conquiste della loro rivoluzione: questi uomini avrebbero dovuto essere affiancati nel loro coraggioso tentativo e guidati lungo i primi difficili passi della nuova democrazia. Così non fu. Il 22 gennaio Lenin pronunciava davanti al Comitato Esecutivo Centrale un importante discorso a commento del provvedimento preso a carico dell' Assemblea Costituente. In esso egli ribadiva i concetti già espressi circa la originalità e la forza democratica dei soviet.
Il conflitto fra le nuove forze e coloro che tentavano la difesa delle tradizionali forme borghesi era stato inevitabile. L'incendio della rivoluzione non era dovuto a un dittatore o ad un partito ma alle sofferenze terribili e all'ingnoranza della Russia; a cause di tutti i generi originate dalla guerra che aveva posto al popolo l'alternativa senza scampo: o un atto ardito, disperato, temerario o la rovina, la morte, la fame. Si era passati dalla difesa della Costituente al suo scioglimento perchè in confronto allo zarismo o alla repubblica di Kèrenskij la Costituente era un passo avanti, ma in confronto ai sovieti essa sarebbe stata un passo indietro perchè i sovieti erano divenuti già più importanti di tutti i parlamenti del mondo. La parola d'ordine "tutto il potere alla Costituente" era un compromesso con la borghesia. I Sovieti ponevano gl' interessi delle masse lavoratrici ben più in alto di qualsiasi furbo compromesso rivestito di nuove forme. E chiudeva: "Finchè esiste Kaledin, finchè le parole "tutto il potere alla Costituente" nascondono lo slogan "abbasso il potere dei Sovieti" noi non possiamo evitare la guerra civile, perchè per niente al mondo noi cederemo il potere dei Sovieti". Il Trotzkij spiegando le ragioni che avevano reso necessario lo scioglimento dell' Assemblea scrisse che all' Assemblea Costituente la maggioranza apparteneva ai socialrivoluzionari di destra. Secondo le buone regole parlamentari il Governo avrebbe dovuto essere nelle mani dei socialrivoluzionari di destra. Ma tale partito che già aveva goduto una popolarità indiscussa nel periodo precedente la rivoluzione di novembre, e che, presentatesi le occasioni di assumere il potere, le aveva lasciate cadere perdendo così ogni credito nella masse, non poteva nel gennaio 1918 essere la base di uno stabile Governo. Guardia rossa e operai gli erano ostili; l'esercito era per i bolscevichi; i contadini erano per i socialrivoluzionari di sinistra e per i bolscevichi; i marinai erano per i bolscevichi. A chi si sarebbe appoggiato un governo basato sulla maggioranza dell' Assemblea Costituente? Lo scioglimento dell' Assemblea reso necessario per evitare che essa ripetesse le Conferenze di Mosca e Pietrogrado e il loro inutile accademismo ebbe -secondo Trotskij- una ripercussione sfavorevole in tutta Europa anche fra i dirigenti dei partiti socialisti, ma -egli conclude- "tale scioglimento fu la sola soluzione possibile, la soluzione chirurgica, il solo mezzo di uscire da una situazione contradditoria che non era stata creata da noi ma da tutta la serie degli avvenimenti anteriori". Tutta la serie degli avvenimenti anteriori: i secoli della storia russa e i giorni accesi dell'anno 1917 possono dire perchè la democrazia parlamentare in Russia abbia avuto un giorno di vita, perchè l'ondata bruta delle masse abbia travolto la costruzione che l'accademismo dei socialisti occidentalisti aveva vagheggiato, perchè abbia sostituito istituzioni proprie, d'origine spontaneamente popolare alle tradizionali forme della democrazia d'occidente. Il Cernov scrisse giustamente: "il bolscevismo russo è un fenomeno unicamente russo che non può esser paragonato ad alcun altro genere, che non può essere compreso né apprezzato che nel quadro della Russia. E' un fenomeno da osservare come ogni fenomeno sociali, senza partito preso".

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00domenica 23 luglio 2006 16:24
* Nota al capitolo "L' Assemblea Costituente"


Il mutare dell'atteggiamento bolscevico nei confronti dell' Assemblea Costituente è effetto del delinearsi del conflitto fra forme tradizionali e forme nuove, fra assemblea e sovieti, fra la prudenza dei "difensivisti" e "conciliatori" e l'audacia della minoranza rivoluzionaria bolscevica. Finchè sovieti e Costituente parvero conciliabili, i bolscevichi furono per la Costituente in quanto erano per i sovieti: quando la Costituente fu in opposizione ai sovieti i bolscevichi non esitarono ad avversarla e sopraffarla. Nella rivoluzione votata dal Comitato Centrale del partito bolscevico il 17 maggio 1917 si scriveva: "I propagandisti e gli oratori del partito debbono smentire la infame calunnia, diffusa dai gionali dei capitalisti e dai loro accoliti che ci accusano di voler suscitare la guerra civile. Questa è una menzogna infame perchè fino a quando i capitalisti e i loro governi non osano ricorrere alla violenza contro le masse, fino a quando i soldati e gli operai esprimono liberamente la loro volontà, eleggono e discutono liberamente tutte le autorità, sarebbe ingenuo, insensato e folle pensare alla guerra civile, in un momento simile; bisogna sottomettersi alla volontà della maggioranza del popolo, ma la minoranza scontenta può criticare liberamente tale volontà". L' impossibilità a risolvere i problemi essenziali dimostrata ripetutamente dai governi provvisori di Lvov e di Kèrenskij spinse le masse all'impazienza e avanti alle masse i bolscevichi cui era offerta la grande occasione. Nel suo opuscolo "Possono i bolscevichi conservare il potere?" Lenin scriveva nell'ottobre: "Dopo la rivoluzione del 1905 la Russia che contava 150 milioni di abitanti fu governata da 130.000 proprietari fondiari con uso di violenze infinite; chi dunque potrebbe affermare adesso che la Russia non possa essere governata da 240.000 bolscevichi nell'interesse dei poveri contro i ricchi?". Stava per iniziare la lotta contro i partiti governativi, rivoluzionari o conservatori che si dicessero, che con una politica timida e impotente avevano portato la Rivoluzione a serii rischi. Nel lasciare il Preparlamento Lreone Trotzkij dichiarava: "Le classi borghesi che dirigono la politica del Governo provvisorio si sono proposto lo scopo di barare al gioco per non convocare la Costituente. A tale fine tendono attualmente tutti gli sforzi degli elementi possidenti e tutta la loro politica interna ed estera vi è subbordinata". E il Rabocij Put del 13 ottobre 1917 sciriveva: "La Costituente non potrà essere convocata se non contro la volontà del governo di coalizione attuale che fa e farà di tutto per cambiare le carte in tavola". All'indomani della rivoluzione bolscevica la Pravda lanciava il seguente appello: "Compagni! Con lo spargimento del vostro sangue vi siete assicurati -entro un preciso termine di tempo- la convocazione all' Assemblea Costituente Panrussa, la sola che possa disporre della sorte del paese". Ma pochi giorni dopo, il 18 novembre la stessa Pravda scriveva: "La speranza che l' Assemblea Costituente possa risolvere miracolosamente tutte le maledette questioni che sorgono dinanzi al paese, non è altro che volgare cretinismo parlamentare; noi invece vi vediamo un pericolo politico. Come unica garanzia della possibile convocazione dell' Assemblea Costituente vale la vittoria ottenuta durante la rivoluzione d'ottobre dal proletariato e dalla guarnigione di Pietrogrado. Cosa non meno importate è che questa vittoria garantisca anche la soluzione dei problemi politici e sociali nel senso indicato dalla guerra e dalla rivoluzione. Il mantenimento o l'abbandono dell' Assemblea Costituente è intimamente legato al mantenimento o alla caduta del potere sovietico". Si era venuto producendo, tra l'altro, uno strano fenomeno: il contrasto sovieti-Costituente aveva fatto dimenticare che i sovieti avevano già dato soluzioni ai problemi che interessavano le masse, soluzioni che non potevano essere negate o rifiutate, né serviva negare i problemi, la cui mancata soluzione da parte dei gruppi politici che allora si opponevano ai sovieti e ai bolscevichi aveva costituito la base del successo di questi ultimi. In data 1° dicembre la Pravda scriveva: "Se le vie dei sovieti e della Costituente si separeranno, se si paleserà una divergenza fra le loro vedute, si porrà necessariamente la questione: chi dei due esprime più esattamente la volontà delle masse popolari? Crediamo che grazie alla loro organizzazione particolarmente i sovieti esprimano più esattamente, più giustamente. più chiaramente la volontà degli operai, dei soldati, dei contadini... Questa è la ragione per cui i sovieti dovranno proporre alla Costituente di adottare come costituzione definitiva della Repubblica russa il sistema dei sovieti, la costituzione della Repubblica dei sovieti dei deputati operai, soldati e dei contadini, per sostituirla a quel sistema politico su cui è basata la convocazione della Costituente". Il conflitto che si era venuto delineandosi fra i partiti socialisti sostenitori della Costituente e i bolscevichi aveva portato questi ultimi contro la Costituente e contro i "conciliatori" ma non si può negare che i bolscevichi tentassero ripetutamente di avere intorno a sè almeno alcuni dei menscevichi e dei socialrivoluzionari nel desiderio di consolidare la loro posizione e di convalidarla agli occhi del paese. Falliti tali tentativi, rifiutatasi la Costituente di collaborare (in sottordine) col potere sovietico, si giunse allo scioglimento, il decreto di scioglimento diceva fra l'altro: "Le classi lavoratrici hanno potuto fare l'esperienza che il vecchio parlamentarismo borghese ormai non serve più; che esso è incompatibile col problema della realizzazione del socialismo; che non le istituzioni nazionali ma solo quelle di classe (come ad esempio i sovieti) possono spezzare la resistenza delle classi possidenti e gettare le basi della società socialista".

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00domenica 23 luglio 2006 22:31
Appendice


Questo scritto di Massimo Gorki apparve in "Novaja Zizn" pochi giorni dopo la rivoluzione di febbraio. In essi sono profeticamente denunciati i pericoli che minavano l'esistenza della giovane democrazia: l'indifferenza verso la vita politica, l'ineducazione profonda delle masse, la triste eredità di bestiale egoismo lasciata da lunghi anni di autocrazia. Significatamente sono gli appelli alla borghesia e alla democrazia rivoluzionaria a non voler scavare fra loro l'abisso che avrebbe travolto il fragile edificio della nuova repubblica. Provondamente sentita l'illuministica esigenza di una vasta opera educativa fra il popolo russo per renderlo sensibile agli appelli della ragione più che ai richiami del ventre.

Lettera al lettore


Il popolo russo si è fidanzato con la libertà: osiamo credere che da questa unione nasceranno per il nostro paese, materialmente e moralmente decaduto, nuovi uomini forti. Dichiariamoci partecipi della grande fiducia che nell'uomo russo le forze della sua ragione e della sua volontàrisplenderanno presto di viva luce, quelle forze cioè che furono soffocate e spente sotto il secolare giogo del regime poliziesco che pesava sulla nostra vita. Pure non dobbiamo dimenticare che noi tutti siamo uomini di ieri e che la grande causa della nascita del nostro paese è affidata alle mani di gente cresciuta fra le più tristi impressioni del passato, in uno spirito di reciproca diffidenza di mancanza di rispetto per il prossimo e di cattivo egoismo. Fummo educati nei limiti del "sottosuolo". -E non v'erano mezzi, né argomenti abbastanza efficaci per ridestare in noi un sentimento di responsabilità personale per la disgrazia del paese ed il suo malvagio sistema di vita: fummo impestati dal veleno di cadavere del monarchismo defunto.- -C'è ancora molta sporcizia, ruggine e veleno di ogni sorta fra di noi. Bisognerà presto sgomberare tutto ciò, poichè il vecchio ordine delle cose è materialmente distrutto, ma moralmente vive in noi e a noi d'intorno. L'idra con le sue innumerevoli teste, dell'ignoranza, della barbarie, della stupidaggine, dell'insipienza e della volgarità, non è ancora strozzata, è solamente scacciata e si tiene nascosta ma non ha ancora perduto la facoltà di ingoiare esseri viventi. Non bisogna dimenticare che noi viviamo nella jungla di una massa composta di molti milioni di uomini, ignoranti di politica e non ancora evoluti dal punto di vista sociale. Gente che non sa quello che vuole, sia in politica che nella vita sociale è pericolosa. La massa degli abitanti non si metterà tanto presto in cammino per difendere, cosciente della sua posizione, i suoi interessi di classe: non si organizzerà, non sarà tanto presto idonea ad una lotta sociale che sia creatrice e miri dritta allo scopo. E più a lungo resta lontano da un'organizzazione, più facilmente sarà pronta ora come allora, a nutrire del suo succo torbido e insano quei mostri del passato che furono procreati dalla dominazione poliziesca ed ai quali il borghese si è lentamente assuefatto- -Noi siamo pronti ed obbligati ad edificare la nuova vita su quella base che da tempo agognamo. Abbiamo compreso con il nostro intelletto i principi della riedificazione, in teoria essi ci sono familiari ma il nostro istinto gli ignora e sarà difficilissimo farli entrare nella pratica della vita, nella secolare tradizione russa. Che ciò sia tanto difficile è certo colpa nostra, perchè noi siamo- lo ripeto -un popolo senza educazione sociale; da questo punto di vista la nostra borghesia, che arriva ora al potere, è altrettanto incolta. Bisogna considerare che la borghesia riceve nelle sue mani non uno stato, ma le rovine di uno stato, e si assume tali rovine in condizioni estremamente più difficili che nel 1905-1906.
Comprenderà essa che il suo lavoro potrà fruttare solo a condizione di una solida unione con la democrazia e che in qualunque altra combinazione le mancherebbe una solida base per il rafforzamento della posizione che ha strappato al vecchio regime? Per natura di cose la borghesia deve tenersi un pò a destra, ma in ciò non deve andare troppo oltre per non ripetere gli insani errori del 1906. -D'altra parte la democrazia rivoluzionaria deve riconoscere nello stato il suo massimo dovere e ben comprenderlo: la necessità di prendere parte attiva nell'organizzazione delle forze economiche del paese, allo sviluppo dell'energia produttiva della Russia, alla protezione della sua libertà contro le agressoni dal di fuori o dal di dentro.
Fino ad oggi non abbiamo ottenuto che una vittoria; abbiamo appena conquistato il potere politico.- -Il problema attuale consiste nel migliore e maggior consolidamento e rafforzamento della posizione conquistata e possiamo arrivare a questa meta soltanto con una ragionevole collaborazione di tutte le forze capaci di cooperare alla ricostruzione politica economica e spirituale della Russia.- -Gli anni della guerra ci hanno chiaramente dimostrato quanto fossimo deboli dal punto di vista della vera cultura, quanto fossimo insufficientemente organizzati, mentre l'organizzazione delle forze creatrici del paese ci è necessaria come il pane e l'aria. Noi siamo affamati di libertà e con la nostra predilezione per l'anarchia ci potrebbe facilmente capitare di divorare viva la libertà.- -La forza creatrice più preziosa è l'uomo. Più è spiritualmente sviluppato e meglio dotato di cognizioni tecnichetanto più duraturo e prezioso sarà il suo lavoro, tanto più è impregnato di cultura, tanto più grande è la sua importanza storica. Questo non è ancora stato compreso qui da noi. La nostra borghesia non concede allo sviluppo del lavoro produttivo l'attenzione necessaria, per essa l'uomo è ancora e sempre la fonte di forza fisica bruta, all'incirca come un cavallo.- -La scienza deve essere democratizzata: è assolutamente necessario renderla popolare. Essa ed essa sola è la fonte del fruttifero lavoro, la base della cultura.- -La forza che mi ha tenuto sulla terra durante la mia vita e ancora mi trattiene era e resta la mia fede nella ragione umana. Fino ad oggi la rivoluzione stessa si è svolta dinnanzi ai miei occhi come una luminosa serie di fortunate manifestazioni del razionale.- -E con tutta l'anima auguro al popolo russo di progredire anche in futuro sempre tranquillo e imponente, sempre innanzi e sempre più in alto, fino alla grande festa della generale libertà, dell'uguaglianza, della fratellanza universale.

E con questo è finito tutto il "MEGApistolotto" [SM=x751544] , grazie dell'attenzione e della pazienza dimostrata, non che della costanza. Un saluto, alla prossima. [SM=x751530]
cane...sciolto
00mercoledì 26 luglio 2006 02:38
Vi rinnovo... la seconda di copertina...
E CHIEDO A CHI DI DOVERE DI "CHIUDERE" IL MEGApistolotto......L'assemblea Costituente russa visse meno di un giorno... [SM=x751531]
Questo libro fa la storia delle molte cause che portarono a questo fallimento e condussero per altre vie la Russia a nuove mete, a forme statali che si staccano dalle forme politiche dell'Occidente e nulla hanno in comune con esse.

Un sogno che deve tutt'ora diventare realta... [SM=x751531] [SM=x751526] [SM=x751525]

[Modificato da cane...sciolto 26/07/2006 2.40]

[Modificato da cane...sciolto 26/07/2006 2.59]

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