ho appena letto questo articolo... cosa ne pensate dell'argomento????
Il mio corpo non mi piaceva. Così l'ho cambiato. Questo è un lusso che l'umanità può permettersi da pochi decenni e io ho usufruito di questo progresso. Mi sono sempre chiesto cosa avrei fatto se fossi nato e cresciuto in un periodo in cui nessuno dei cambiamenti fisici che io ho messo in atto fosse stato possibile. Anzi, me lo sono chiesto esplicitamente quando ho scritto lo spettacolo "One New Man Show" dove il protagonista è uomo ma nessuno - a parte il pubblico - lo vede così. Per quanto mi riguarda, forse mi sarei ucciso. E' anche probabile che, in quanto nato e cresciuto come femmina, non avrei avuto accesso a strumenti culturali che mi permettessero di interpretare il mio disagio, e quindi, magari mi sarei lasciato vivere, sofferente ma inconsapevole, convinto che il malessere faccia inesorabilmente parte della vita, e basta.
Un passo indietro, per chiarire meglio. Dire che ho cambiato il mio corpo è solo un inizio a effetto, in realtà è un'affermazione superficiale. Non sono certo andato al supermercato, per "cambiare corpo", e il corpo che ho oggi non è poi tanto diverso da quello che i miei geni mi hanno regalato: stessi colori, stessa struttura, stesse mani stessi piedi stessi denti, eccetera. Solo che adesso parla un linguaggio maschile anziché femminile: una barba folta e ispida dove prima le guance incorniciavano il viso liscio, un petto piatto e muscoloso dove prima c'erano i seni… Eh sì, la moderna alchimia fa miracoli: in un anno, diverse iniezioni di testosterone mi hanno definitivamente trasformato, alcune operazioni hanno fatto il resto, e da quella ragazzina scorbutica, ombrosa e piena di rabbia è emerso un uomo sereno e pacifico, persino felice! Felice solo perché finalmente tutti potevano vedermi sul serio: adesso il mio corpo parlava la mia lingua. Mia.
Ma chi è l'"io" che parla? Un "io" che non si identifica col suo corpo? Un "io" che crede di abitarlo come passeggero momentaneo? Sì e no. Sì, perché credo che esistano altri piani di esistenza oltre quello fisico. No, nel senso che se non mi identificassi col mio corpo, non avrei nemmeno avuto bisogno di cambiarlo. Invece la mia sensazione - largamente condivisa - è proprio che quel corpo sia "io", o meglio, una parte di "io". Il corpo è lo specchio - imperfetto e deformante, certo, ma sempre attendibile - dell'anima, di come si è dentro. Non nel senso che se ho un corpo bello vuol dire che sono bello anche dentro. Si tratta piuttosto di un atteggiamento mentale che sul corpo si riflette. E da che ho ricordi, la mia anima, la mia mente è sempre stata maschile. E' molto difficile definire cosa sia maschile o femminile senza cadere in stereotipi. Sentirsi, quindi essere maschi o femmine (o una diversa sfumatura tra i due) è una percezione innata. Sappiamo di essere così, e nessuno può convincerci del contrario. In passato le persone transessuali venivano trattate con la forza, sottoposte ad elettroshock, bombardate di farmaci, lobotomizzate - e in qualche paese dove essere trans è considerato reato/peccato, le cose stanno ancora così - ma nulla poteva cambiare la loro percezione di sé, la loro identità di genere.
Ancora oggi molte persone trans si sposano, mettono al mondo figli, conducono una vita socialmente in regola nella speranza che prima o poi tutto vada a posto, salvo rendersi conto, a un certo punto della loro esistenza, che non ce la fanno proprio più. Stanno malissimo. Qualcuno per eccesso di responsabilità, per non tradire chi ha creduto nel suo falso "io", inizia a transizionare in tarda età: "Tanto ormai i figli son grandi e possono capire". E solo ora comincia a vivere, perché finalmente può essere se stesso/a. Quindi vuol dire che non lo fa perché è sessualmente deviato/a. E nemmeno che è psicologicamente instabile: vorrei vedere quante persone riescono a mantenersi equilibrate così a lungo quando ogni volta che ti guardi allo specchio vedi un volto e un corpo che non ti corrispondono!
Ma io sto di nuovo facendo la fatica di spiegare cosa si provi quando ormai, dopo molti anni di attivismo, ho constatato che neppure con le migliori intenzioni è possibile capirlo se non ci sei dentro, se non lo vivi sulla tua pelle. Tutti sappiamo quanto l'immagine conti nei rapporti sociali, nella vita privata quanto nel lavoro. Se avessi potuto scegliere il mio corpo come si fa con un vestito, non avrei avuto dubbi: sapevo che a tradurre in maschile il mio femminile ci avrei perso anziché guadagnarci. Come donna rientravo abbastanza nei canoni estetici di gradevolezza. Insomma, avrei potuto essere una bella donna, invece donna non mi ci sentivo. Facevo di tutto per apparire maschio: a 20 anni, pre ormoni e pre interventi, passavo costantemente per un ragazzino di 16 solo grazie alla forza di volontà. La felicità che provai la prima volta che mi dissero che "sembravo" un ragazzo, in confronto alla depressione in cui ero sempre immerso, mi fece capire che dovevo andare fino in fondo: questa era la mia strada. Sarei diventato un uomo minuto, di certo meno attraente della donna che ero; un uomo comune, privato di quell'ambiguità che molti trovavano interessante. Se avessi dovuto attenermi alle "esigenze di mercato", chiamiamole così, non facevo un buon affare, a transizionare.
Ma che importava? L'importante era sentirmi finalmente libero di parlare, di spogliarmi, smetterla di sentirmi ridicolo ogni volta che mi muovevo: l'importante era essere me stesso. Anche se mi fossi trasformato in un uomo brutto, almeno sarei apparso all'esterno come sono sempre stato dentro. E non ho mai creduto di salire così un gradino della scala sociale nei valori maschio/femmina di una società tutto sommato ancora maschilista, perché ad essere transessuali il gradino finora lo si scende sempre, ed è quello più basso. Semmai col tempo mi sono reso conto che attraverso la mia esperienza di uomo diverso, di uomo nuovo, posso essere io stesso un altro modello di maschio: meno dominante e più tollerante, di certo meno irrigidito nella sua maschera virile, visto che una maschera l'ho già portata per metà della mia vita.
Nella mia vita non c'è in realtà niente di molto strano. Sono cambiato, vero, ma lo facciamo tutti: ci cambiano il tempo e le esperienze. La transizione è stata la mia maniera di crescere, tutto qui, anche se ho avuto bisogno di un aiuto dall'esterno per farlo. Credo sia una sensazione comune a tutte le persone trans: transizionando cerchiamo solo di star bene. A dispetto del luogo comune, che ci immagina perversi e viziati, ricercando il benessere noi adottiamo un comportamento socialmente responsabile: perché chi sta male genera intorno a sé malessere ed è un peso per la società, mentre chi sta bene è una ricchezza per tutti. Si tratta solo di capire questo, e smetterla di colpevolizzarci.