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Caterina63
00sabato 10 aprile 2010 23:57
Anime fiammeggianti

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Siamo anime fiammeggianti.
I nostri corpi bruciano, le nostre anime risplendono.
La luce che effondono illumina il cammino nostro e quello di coloro che ci stanno accanto.
Forse è proprio per questo che siamo stati scelti per bruciare.
 

Ci sono malattie talmente terribili e devastanti che, istintivamente, siamo portati a pensare che non possano colpirci, che siano destinate agli “altri”.

Poi, un giorno, ci accorgiamo con terrore di essere diventati noi stessi “gli altri” di qualcuno.
 

Mi presento.

Mi chiamo Adriano Stagnaro, in arte “Thunder”, sono nato il 29 settembre del 1970 ed ho la SLA.

Anzi, forse sarebbe più corretto dire che ho una qualche forma di Malattia del Motoneurone, di cui la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) è la variante più nota e diffusa.

Le differenze tra le diverse tipologie di Malattie del Motoneurone consistono in tecnicismi medico-biologici che interessano forse qualche topo di laboratorio alla ricerca del Nobel.

Quel che interessa a me è che sono tutte malattie irreversibili, incurabili e letali.

 

La SLA è una malattia bastarda, che non si limita a distruggere le cellule nervose che trasmettono gli impulsi motori ai muscoli volontari, portando il corpo ad una progressiva paralisi. La SLA, morso dopo morso, si mangia tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta: prima inghiotte il tuo futuro, poi comincia a sbocconcellarsi il tuo presente.

L’appetito della SLA si rivolge preferenzialmente ai progetti, ai sogni, alle speranze, alle passioni. E’ una malattia prepotente ed egoista: non sopporta di essere messa in secondo piano, ma vuole a tutti costi diventare il tuo Pensiero Unico.

Il Pensiero Unico, piano piano, come un cuculo nel nido altrui, fa strage di tutti i tuoi interessi. A questo punto, nella tua vita, resti solo tu e la malattia, non riesci più a vedere altro, non esiste più altro.

E’ come essere già morti, da vivi.

 

Ma la SLA non ha fatto i conti con me.

 

Il Sito delle Anime Fiammeggianti nasce con lo scopo di fungere da baluardo di tutto ciò che mi appassiona, di tutto ciò per cui vale la pena combattere.

E’ il fortino di quella vita interiore che nessuna malattia, per quanto subdola e spietata, riuscirà mai a strapparmi.

 

Un anziano sacerdote, il mitico Don Albino buonanima, un giorno mi disse: “Se nessuno berrà alla fonte della tua anima, la sorgente diverrà pantano e non servirà più a niente”.

E’ per questo che ho deciso di condividere con voi le passioni della mia vita.

 

Il sito è organizzato per sezioni, in funzione degli argomenti affrontati.

L’intenzione è quella di aggiornare periodicamente le varie pagine, ma senza un programma definito, così, a mio ghiribizzo.

“Anime Fiammeggianti” non è un prodotto finito, ma una creazione in divenire alla quale anche voi potete partecipare, con i vostri commenti, suggerimenti, critiche e consigli.

“Anime fiammeggianti” vuole raccontarvi di come io mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo. E di come si possa continuare ad amare Dio e ad aver fede in Lui anche dopo che la nostra vita ci è stata strappata dal Male.

 

Vedete, io non ho alcuna paura della morte, perché credo nella vita eterna. E’ ciò che verrà prima della morte che mi spaventa.

La morte sarà un’amica che verrà ad invitarmi a fare un giro. Io uscirò dal mio corpo e andrò con lei, finalmente libero.

 

 

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ANIME FIAMMEGGIANTI


Caterina63
00venerdì 7 gennaio 2011 11:12

Dall'Amico "Thunder" del sito Anime Fiammeggianti.... mi è indispensabile condividervi i "suoi" Auguri speciali....


EDITORIALE GENNAIO 2011

TRASFIGURARE IL DOLORE

 

L'operoso San Giovanni Bosco soleva ripetere ai suoi allievi: "il demonio ha paura della gente allegra".

Il suo insegnamento non faceva altro che riprendere l'antica tradizione della Chiesa, in cui troviamo scritto che "la tristezza è la più malvagia di tutte le passioni, dannosissima ai servi di Dio, perché rovina l'uomo e scaccia da lui lo Spirito Santo" (Il Pastore di Erma, 140 d.C. circa).

A volte la tristezza, intesa come sfiducia, noia, indifferenza, vuoto interiore, veniva identificata con il demonio del mezzogiorno, annidato nel tempo della vita che avrebbe dovuto essere il più consapevole ed il più creativo.

Al contrario la gioia, secondo San Tommaso d'Aquino, "è la forza che muove la vita, l'anima del dinamismo: dilata lo spirito, moltiplica le energie, sostiene l'entusiasmo, fa operare con diligenza e attenzione".

Eppure la gioia cristiana, la gioia interiore che la promessa di vita eterna porta con sé, spesso è proprio l'ultimo dei nostri sentimenti.

"Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi" constata lo scrittore cattolico francese George Bernanos.

Forse, pur portando questo nome, non siamo abbastanza cristiani o non riusciamo a comprendere sino in fondo che cosa tutto questo comporti. Oppure semplicemente non sappiamo che fare della nostra tristezza e del nostro dolore e lasciamo che restino lì, a gravare sulle nostre anime, distruggendoci.

Se il demonio ha paura della gente allegra, chissà come gode della gente triste, della gente che soffre, ben sapendo che il dolore allontana da Dio ben più facilmente di quanto non avvicini a Lui. Pensate alla perfida soddisfazione di Satana, quando chiede a Dio il permesso di tormentare Giobbe nella carne, pregustando la ribellione dell'innocente contro l'ingiustificata punizione: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». (Giobbe 2, 4-5)

Noi non possiamo evitare il dolore e la sofferenza, né Dio ci preserva da questi mali quando, attraverso vie tortuose e imperscrutabili ai nostri occhi, Egli trae da essi un bene maggiore dei mali stessi. Dio ci chiede di aver pazienza, di confidare in lui, di attendere che il dolore sofferto porti i suoi frutti, che raccoglieremo nella vita eterna.

Quando Gesù, nel discorso della montagna, proclama: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati", intende chiaramente che il motivo della gioia non è l'afflizione in se stessa, bensì la consolazione che seguirà. Dio ha ben chiaro quanto possano essere terribili il dolore e la sofferenza.

L'uomo, quando incontra la propria Croce personale, non ha che due scelte: tentare di fuggire, ritrovandocisi inchiodato sopra sempre più a fondo, oppure caricarsela da solo sulle spalle e seguire l'unico che può rendere leggero questo giogo: il Cristo che mostra la via della Resurrezione.

"E’ dai segni delle sue sofferenze che Cristo ha voluto farsi riconoscere dai suoi discepoli, ed è per mezzo delle sofferenze, che riconosce coloro che sono i suoi discepoli." (Pascal): è questo il vero significato della frase di Gesù, quando afferma: " chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me" (Matteo 10,38).

Accettare il dolore non significa arrendersi ad esso ed alle cause che lo hanno provocato, bensì reagire, non lasciarsi schiacciare, impossessarsene e trasfigurarlo in un'arma di salvezza.

Quando della sofferenza e del dolore non sappiamo più cosa farcene, non lasciamo che vadano sprecati, strappiamole alla soddisfazione diabolica ed offriamole direttamente a Dio. Poche cose, tra quelle che possiamo prendere dalla nostra vita e donare a Dio, hanno così grande valore come il nostro dolore, liberamente offerto a sconto dei peccati nostri e dei nostri cari. In questo modo, neppure una lacrima andrà sprecata.

 

“Se altro non hai da offrire al Signore, presèntagli almeno il dolore e la pena.

A tanti uomini è costato tanta fatica quel pezzo di pane che riposa sulla patena.

Se vuota è la tua mano ed arida è la tua bocca, offri il tuo cuore ferito e tutto il tuo pianto. Perché il vino scorresse nel calice, non è stato forse necessario che il grappolo fosse spremuto e il chicco franto?
Se altro non hai in te che il peccato e la malvagità, la stanchezza della vita e tutta l’umana pena, le tue mani innalzino al cielo queste tristi cose, perché la Misericordia le ha ricevute come di più nella sua Cena.

E se non hai più neanche la forza dell’offerta e della preghiera, se tutto in te non è che assenza ed abbandono, accetta in silenzio che un Altro si carichi di te per te, e ti assuma perché l’offerta e l’offerente siano un solo dono”.
(Daniel Rops)


CLICCA QUI: ANIME FIAMMEGGIANTI




Caterina63
00domenica 23 dicembre 2012 14:54


  il sito da giorni non segnala più l'attività.... non vogliamo pensare al peggio, ma che cosa è il peggio, davvero?

Tuttavia riscontriamo nel wueb questa notizia dal giornale interno del 7 ottobre :
Per dare l'ultimo saluto ad Adriano Stagnaro una folla di persone si è incontratanellamattinatadi lunedì 3 ottobre per assistere al suo funerale ...


In un modo o nell'altro sappiamo di non esserci persi.... c'è un contatto che può al di la di ogni difficoltà: la Preghiera, la Comunione dei Santi, l'Amore di Cristo.... e in Cristo.
E' così che ti contattiamo da oggi, caro Adriano, chiedendo al Signore di farti partecipe  della beatitudine dei suoi giusti, noi pregheremo per questo e per te, tu prega per noi.......


Sestri piange Stagnaro,

stroncato a 41 anni dalla Sla Il funerale si é tenuto lunedì

3 ottobre nella chiesa di Santo Stefano del Ponte.

Don Pino: «Aveva una fede granitica»




Ti avviciniamo attraverso le parole che seguono, uno degli ultimi contatti....

Anime fiammeggianti

Autore: Saro, Luisella  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
martedì 14 agosto 2012

«Il male è una lima. Secondo la natura delle nostre virtù, le assottiglia fino al nulla o le aguzza sino a Dio».
(Gustave Thibon)
E’ vero. E’ come un tuono: l’imprevisto che squarcia il silenzio e fa sobbalzare, il sito di Adriano Stagnaro, in arte “Thunder”, l’araldo della Divinità.

Nel giro di una settimana, il link ad Anime fiammeggianti mi è arrivato da due amiche che non si conoscono, che abitano lontanissime. E siccome ha ragione Anatole France nel dire che «il Caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare per esteso», quel link è una calamita. Impossibile non cliccare. Impossibile non leggere. Entro e non uscirei più…
Adriano Stagnaro, nato il 29 settembre del 1970, ad un certo momento della vita viene colpito dalla SLA, malattia che morso dopo morso si mangia tutto. Prima inghiotte il futuro, i progetti, i desideri, poi inizia a sbocconcellare il presente. «Ma non ha fatto i conti con me», scrive. E così nasce il sito, con un intento ben preciso.
«Fin dal primo momento in cui ho scoperto di essermi ammalato – racconta –, ho cominciato a chiedermi: “Perché Dio ha permesso che mi accadesse questa cosa terribile?” Alla fine, ho trovato due risposte. Credo che Dio abbia permesso – badate bene, “permesso”, non “voluto”! – che io conoscessi la SLA sulla mia pelle, affinché io gli rendessi testimonianza direttamente dall’inferno del dolore, riuscendo a trasformare un evento tragico, come questa malattia, in un’occasione di salvezza per me e per gli altri».

In una delle sezioni, quest’uomo racconta la sua “traversata”, in un diario di bordo lucidissimo, a tratti persino ironico, che inizia ad agosto del 2008 e si interrompe a maggio 2011, quando peggiora la funzionalità polmonare ed è costretto ad utilizzare il respiratore 24 ore su 24, viene attivato il servizio a domicilio, aumentano le difficoltà di comunicazione vocale e di nutrizione, e l’atrofia muscolare comincia ad interessare tutto il corpo.

La forza sono le visite degli amici, la presenza costante e amorevole dei famigliari, i piccoli, ingegnosi stratagemmi per fare meno fatica a scrivere, a muoversi, a leggere, a… vivere.

La forza è il suo sito. «Anime fiammeggianti vuole raccontare di come io mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo – scrive – e di come si possa continuare ad amare Dio e ad avere fede in Lui anche dopo che la vita ci è stata strappata da Male».

La forza sono altri amici, come lui malati di SLA, che attraverso il sito donano a chi li “incontra” la loro testimonianza e la loro passione, intensissima, per la vita.

Sebastiano Marrone, missilista della Marina, direttore di un Istituto scolastico, atleta, arbitro, maestro di arti marziali, allenatore olimpico della Nazionale di tiro con l’arco, la cui vita, nel 2002 «si è schiantata su uno scoglio infido e bastardo», la SLA. Eppure «Sebastiano non ha mai smesso davvero di navigare» e così, basta cercare, e in un’altra sezione si trovano alcune sue intense, drammatiche poesie, che vanno dritte al cuore.
Luana Gorza, bellunese, sciatrice e maratoneta, che ama l’arte, la pittura, la lettura, le sue montagne. Nel 2005 le viene diagnosticata la SLA, ma non si scoraggia; nemmeno quando si trova costretta in sedia a rotelle. «Non lascia tempo alle cose inutili, ama le conversazioni intelligenti, cerca di trasmettere la propria sensibilità ai tanti amici che la circondano e l’aiutano… Consapevole del tempo che passa preferisce vivere il presente, cogliendo le sfumature più profonde di un vissuto che è già stato tutto un regalo».
Gian Luca Fantelli, musicista e scrittore che si definisce “inversamente sano” e che vede la SLA «come opportunità per tirare fuori i sogni dal cassetto (già trasformare la Sfiga Letale Abominevole in un’opportunità non è da tutti)». Fante scrive canzoni insieme ad un amico. «Finché ha voce canta e, quando non canterà più, scriverà canzoni che altre voci canteranno per lui. Di una cosa sola è sicuro: non alzerà mai bandiera bianca».
Un altro collaboratore e amico è Gian Cavallo, “scrittore di razza”, che nonostante la SLA continua a scrivere, ha devoluto il ricavato del secondo romanzo all’AISLA ed è diventato un testimonial della lotta alla malattia.
L’ultimo aggiornamento al sito – entro e mi muovo in tutte le sezioni per cercare qualcosa di recente – risale ad un anno fa.

Non so come stia Adriano Stagnaro, né come stiano, ora, i suoi amici.
So che “Thunder” questo pensava e questo, nel 2011 ha scritto: «Se qualcuno, attraverso la mia testimonianza di fede, si avvicinerà a Dio, allora il mio sacrificio sarà stato utile e, per quanto vi potrà sembrare assurdo, ne sarà valsa la pena». E ancora: «Non avrei la forza di accettare questa prova se non fossi certo che Dio stesso, facendosi carne e sangue, l’abbia affrontata prima di me, sperimentando di persona la solitudine, la paura, l’abbandono, il dolore e la morte».


So che la sezione del sito che Adriano-Thunder considera la più importante è quella dedicata all’apologia, che, come scrive, è nata «per difendere la mia Speranza contro chi, nel nome di una ragione onnisciente, vorrebbe togliermela». E’ una parte ricchissima e commuovente.

So che quest’uomo, nonostante la malattia, ha iniziato ed è riuscito a terminare un libro di oltre 400 pagine, dal titolo “E voi, chi dite che io sia?”, la domanda che Gesù, da duemila anni, rivolge al cuore di ogni uomo. Un impegno enorme, a testimonianza e a difesa della Verità.

Nel sito così scrive: «T.S.Eliot, onirico poeta inglese, chiuse il suo capolavoro “The Wasteland” con la sezione V, intitolata “What the Thunder said”. Chiamato a dirimere una contesa tra dei, demoni e uomini, la Divinità suprema risponde con una sola parola, “DA”, che ciascun gruppo interpreta a suo modo. Eliot reinventa l’antica leggenda: il Tuono si rivolge all’umanità richiamando l’uomo alle sue responsabilità terrene, tanto più urgenti quanto più la vita é caduca, gli suggerisce il modo di liberarsi dalla prigionia dei propri limiti, gli promette serenità nell’abbandono alla sua Volontà».

Il Gange era basso, e le foglie flosce
attendevan la pioggia, mentre nubi nere
si agglomeravano distanti sull’Himavant.
La giungla stava appiattita, acquattata in silenzio.
Allora parlò il Tuono:
DA
Datta: che cosa abbiamo dato?
O amico, sangue che mi rimescola il cuore,
il terribile ardire di un momento di abbandono
che un secolo di prudenza non potrà mai ritrattare,
per questo, e questo soltanto, noi siamo esistiti.
Questo, che non si troverà nei nostri necrologi,
né sulle lapidi velate dal benefico ragno,
né sotto i suggelli rotti dallo scarno notaro,
nelle nostre camere vuote
DA
Dayadhvam: io sentii la chiave
girar nell’uscio una volta e girare una volta sola.
Noi pensiamo alla chiave, ciascuno nella sua prigione.
Pensando alla chiave, ciascuno conferma una prigione.
Solo al calar della notte, eterei rumori
ravvivano per un momento un affranto Coriolano
DA
Damyata: la barca rispondeva
lietamente alla mano esperta con la vela e con il remo.
Il mare era calmo, anche il tuo cuore avrebbe corrisposto
lietamente, invitato, battendo obbediente
alle mani regolatrici.
(T.S.Eliot. What the Thunder said)


Sì, basta un click ed è davvero un tuono imprevisto e “impertinente” quello che irrompe nelle case. Così fragoroso che è impossibile fingere di non aver sentito.Così potente che non può non provocarci.

Che il suo rimbombo scuota le nostre tiepide coscienze di “fintamente sani”…

[SM=g27998]




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