Tempesta sul porto del regno di Scajola

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snaplinx
00domenica 24 ottobre 2010 12:49
Tempesta sul porto del regno di Scajola

La procura di Imperia indaga sui lavori per lo scalo. Le opere marittime dovevano costare 29,3 milioni. Oggi la stima è di 145,8. Nel 2008 il presidente della Commissione di verifica era Angelo Balducci

Claudio Scajola, ex ministro dello Sviluppo economico

Un’inchiesta nel cuore del regno di Scajola: Imperia. Su un porto costato quasi duecento milioni e nato dalla volontà dell’ex ministro, realizzato da una società guidata da suoi amici e fedelissimi. La Procura di Imperia sta stringendo i tempi. Un fascicolo affidato ai pm Alessandro Bogliolo e Maria Antonia Di Lazzaro. A molti sono tremate le vene dei polsi a sentire una frase circolata nei giorni scorsi in ambienti giudiziari: “Stiamo lavorando, non guardiamo in faccia nessuno”.

Per Claudio Scajola la nuova inchiesta è un macigno sospeso sul suo rientro in politica. Il suo sogno? Puntare ai vertici del Pdl. E ha già fissato una data: gennaio. La Procura è vicina a tirare le fila anche se filtrano soltanto voci. Scajola si è sempre dichiarato padre di questo progetto contestatissimo. Un’operazione immobiliare faraonica realizzata da Francesco Bellavista Caltagirone, imprenditore amico del ministro già dal lontano 2003 quando sorvolarono in elicottero la zona del cantiere insieme con Gianpiero Fiorani, che in Liguria sperava di reinvestire i soldi delle sue scalate.

Da allora il porto è andato avanti come un incrociatore, mentre il legame tra Caltagirone e Scajola si stringeva anche con la cordata Alitalia. Nella terra di Scajola nessuno osava mettere becco. E quando qualcuno si opponeva, come l’allora responsabile della Cgil, Claudio Porchia, veniva insultato: “Caro Porchia, non sei il sindaco di Imperia, sei il capo di un gruppo parassitario che non conta un tubo e non prende un voto”.

Ma poi ecco che qualcosa nell’impero di “u ministru” ha cominciato a scricchiolare. Tutto cominciò quando Paolo Verda e Beppe Zagarella (Pd) presentarono un esposto contro un gigantesco capannone che stava crescendo in mezzo al porto. La Procura affida la perizia all’architetto Elena Colciago. Il suo studio contiene un passaggio pesante: “Per la configurazione del reato di abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere”. Secondo gli investigatori, il capannone ha un volume di 52.509 metri cubi invece di 40.928.

Ma la Procura chiede l’archiviazione. Ecco, però, la svolta: il gip respinge e l’indagine va al pm Bogliolo. Intanto l’aria in città è cambiata. Perché? Bellavista Caltagirone, in un’intervista ad Alessandro Cassinis

A cominciare dalla composizione della società divisa in tre quote detenute dall’Acquamare che fa capo a Caltagirone (33 per cento), dal Comune di Imperia (un altro terzo) e da imprenditori locali tra cui risultava anche Pietro Isnardi, suocero di Marco Scajola (nipote del ministro), fino a pochi mesi fa vicesindaco della città. Insomma, il comune è socio nell’opera su cui dovrebbe vigilare. Amministratore delegato è Carlo Conti, braccio destro di Scajola e uomo di fiducia di Caltagirone. Non solo: Paolo Calzia, per decenni segretario del Comune di Imperia di cui Scajola e un fratello sono stati sindaci, si è dimesso dalla presidenza della Porto di Imperia dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. Un altro fedelissimo, come l’attuale primo cittadino Paolo Strescino e Luigi Sappa (presidente della Provincia), strenui difensori dell’opera. Molti storcono il naso: “Il Comune ha spalancato le porte ai privati”, racconta Paolo Verda (Pd). E punta il dito sugli oneri di urbanizzazione: “Per un porto da centinaia di milioni sapete quanto è entrato nella casse pubbliche? Nemmeno un euro”.

È soltanto l’inizio. Quando scoppia lo scandalo della Cricca, emerge che Angelo Balducci nel 2008 era stato nominato presidente della Commissione che verificava la conformità del porticciolo alla concessione demaniale. Una scelta voluta dagli enti pubblici guidati dai fedeli di Scajola. Nel giugno scorso, intanto, i tecnici della Regione redigono un rapporto allarmante: “L’ultimo certificato di pagamento emesso stima in 145,8 milioni il costo delle opere marittime, valore assolutamente non congruo rispetto al progetto approvato, il cui costo era stato stimato in 29,3 milioni”. Il documento conclude: “La Commissione ritiene che il comportamento del concessionario costituisca una violazione degli obblighi previsti”.

La società di Caltagirone specifica: “Le maggiori spese sono dovute alle migliorie nella qualità e nella bellezza dell’opera. Comunque saranno a carico dei privati”. A Imperia qualcuno trema. Anche perché l’operazione, che sembrava una miniera d’oro, mostra alcune crepe: posti barca invenduti, imprese subappaltatrici che lamentano ritardi nei pagamenti. A qualcuno invece dei contanti sarebbero stati offerti posti barca e appartamenti realizzati dall’Acquamarcia vicino al golf club di Tortona. Non basta: “C’è la questione dei movimenti terra. Da un giorno all’altro ci siamo visti crescere in mezzo al porto una montagna. Materiale utilizzato per la spiaggia di cui non sappiamo la provenienza”, accusa Verda. Insomma, che cosa è quella “terra” su cui si pianteranno gli ombrelloni? A tirare il filo ne viene su un altro: le imprese e le famiglie, alcune già note agli investigatori, che avrebbero partecipato a demolizioni e movimento terra. Anche di questo si starebbe occupando la Procura che nei giorni scorsi ha fatto volare un elicottero per scattare foto dei nuovi moli. E gli imperiesi con il naso all’insù per vedere gli investigatori che volavano sul regno di Scajola.
del Secolo XIX, non usa giri di parole: “Da maggio è stato un susseguirsi di attacchi”. Insomma, da quando Scajola si è dimesso, sarebbe cominciato il terremoto. Gli investigatori, partendo dal capannone, mettono il naso in tutti i documenti dell’operazione porto. Dai progetti ai conti. Formalmente ci sono indagati soltanto per le questioni urbanistiche, la società non è stata chiamata in causa. Però emergono vicende che, a prescindere dal rilievo penale, vanno chiarite.

da il Fatto Quotidiano del 21 ottobre 2010
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