TRENTO: Romanino, La nordica carnalità d’un «barbaro» maestro

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
vanni-merlin
00domenica 13 agosto 2006 16:17
TRENTO
Romanino
La nordica carnalità d’un «barbaro» maestro

11/8/2006
di Marco Rosci


Immaginate le tavole di Masaccio e di Masolino esposte nella chiesa del Carmine a Firenze davanti alla cappella da loro affrescata; oppure, ipotesi più pertinente, dipinti e disegni di Giulio Romano raccolti nelle sale del PalazzoTeaMantova. Quella Mantova che una lettera del pittore del 1531 descrive «vota di pictori e doratori perché molti se ne sono andati a Trento», chiamati ai lavori nel Magno Palazzo del Cardinale Bernardo Clesio nel Castello del Buonconsiglio. Fra questi primeggiava il bresciano quarantacinquenne Gerolamo Romanino.

Il carattere unico della sua mostra, con catalogo Silvana a cura di Lisa Camerlengo, Ezio Chini, Francesco Frangi, Francesco de Gramatica e Alessandro Nova, con una cinquantina di dipinti e una trentina di disegni, affiancati da vicini e compagni di strada, Tiziano e Lotto, Altobello Melone e Altdorfer, Moretto e Savoldo, Callisto Piazza e Lattanzio Gambara, è appunto quello di confrontarsi direttamente con gli affreschi stesi di primo getto e con febbrile velocità dal Romanino dal settembre 1531 all'agosto 1532 nella loggia, in ambienti minori, sulle scale del Palazzo. Il «barbaro», il «selvatico salito su dalle cantine o sceso giù dalle stalle», secondo l'immagine di Testori con un eccesso di coloritura settentrionale cattolico-populista, perseguiva l'eterodossia nordica, eccentrica ed espressionista, di una sua drammatica terza via nè classicista veneta nè manieristica alla romana.

Questo carattere unico promana direttamente sia dalle scene allegoriche, pagane, bibliche, quotidiane affrescate sia dalle tumultuose storie sacre narrate sulle enormi ante d'organo da Asola, da Brescia, da Verona, storie evangeliche e dimartirii recitati e assistiti da popolani, magnati, lanzi in vesti e armi cinquecentesche entro teatri architettonici altrettanto coevi, in cui circola un'aura da Sacri Monti. Le accomuna la stessa concretezza di corpi agenti con verità illusoria e spesso violenza, con punte di espressività grottesca transalpina (i frammenti di affreschi di Altdorfer sono lì a dimostrarlo). La carnalità delle ignude pagane, come le Grazie, o di quelle opulente e quotidiane con le loro trecce dorate che si affacciano sulle scale, è ben altra da quella classica di Correggio o di Giulio Romano, è figlia popolana, rustica di Tiziano e Palma Vecchio.

E sono solo esteriormente cortigiani i Concerti nelle lunette della loggia, affini a Dosso e poi a Niccolò dell'Abate, a confronto con le cronache quotidiane della Paga agli operai del cantiere e della brutalità quasi goyesca della Castrazione del gatto. Al tutto presiede, nella Sala dell'Udienza, lo stesso Cardinale con il suo segretario, faccia a faccia con Carlo V e Ferdinando I, con una evidenza di modellazione cromatica degna di Lotto e di Sebastiano del Piombo. La mostra si apre con gli splendori cromatici della fase iniziale nel primo e secondo decennio, fra Lombardia e Veneto, fra Giorgione, Bramantino, Altobello Melone, con la felicissima scoperta di una ventina d'anni fa della Madonna col Bambino del Louvre su modello grafico dureriano ma con freschissima pittura veneto-lombarda e la sequenza di stupendi ritratti finiti ai quattro angoli del mondo, la nettezza da Altobello dell'Uomo in armatura da New Orleans, il giorgionismo del Gentiluomo da Allentown, già Contini Bonacossi e Kress, lo splendore cromatico degno di Lotto del Gentiluomo di Budapest.

La svolta verso una nuova concretezza veneto-lombarda, con il colore modellato e permeato da verità di luce a gara con il Moretto, è rappresentata dalla Messa di S. Apollonio da Santa Maria in Calchera di Brescia, culminando nel Sant'Antonio da Padova e donatore del Duomo di Salò e nella Resurrezione della parrocchiale di Capriolo. La tumultuosa umanità delle ante d'organo degli anni 1530 e '40 si placa nei moduli possenti e nel cupo colorismo delle figure semplici in primo piano di una maniera grande e popolana, inaugirata nelle due Cene, in Emmaus e in casa di Simone Fariseo, affrescate a San Nicola nella bresciana Rodengo Saiano e poi riportate su tela alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Nasce con loro il modulo «severo» finale degli anni '40 e '50, con capolavori come il San Gerolamo di Budapest, l'Ecce Homo di Hannover, lo splendore argenteo dell'Adorazione dei pastori già a San Giuseppe di Brescia, messa a confronto con la Maddalena del Savoldo degli Uffizi, lo stupendo Buon Samaritano di proprietà della famiglia di Pietro Toesca.

Romanino
Trento, Castello del Buonconsiglio
Orario: da martedì a domenica 10-18
Fino al 29 ottobre


(fonte: Tutto Libri in edicola sabato 12/08/06)


da: www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=62&ID_articolo=228&ID_sezione=120&sezione=Mostra+della+s...

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:06.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com