Volersi vendere
Se è per quello i vini di qualità (Brunello, Barolo, Chianti, ecc) e i formaggi di pregio (Grana, ecc) li sappiamo vendere bene anche noi. All'estero il Grana è molto più famoso di qualsiasi formaggio francese, anche del Roquefort e del Camembert. Quindi non è vero che non sappiamo venderci bene. Per quanto riguarda il Giro, l'incapacità di vendersi bene all'estero temo che sia almeno in parte voluta. Il nostro ciclismo è sempre stato molto autarchico e quando non aveva grossi campioni da corse a tappe ha fatto il grande errore di volere ignorare il Tour per paura di mettersi in discussione e di perdere prestigio. I più conservatori papponi del ciclismo italiano "vogliono" che il Giro rimanga una corsa solo per italiani, al massimo ammettendo l'intrusione di qualche superasso straniero tipo Merckx, Anquetil, Hinault o Indurain oppure la presenza di stranieri di seconda fascia comunque controllabili, preferibilmente militanti in squadre italiane, quindi già dovutamente addomesticati. Vendere il Giro all'estero vorrebbe dire arrischiare di non riuscire più a vincerlo per anni. Questo, secondo i mammasantissima, che hanno perso anni di studio attorno alla materia, vorrebbe dire chissà cosa, forse vendersi al nemico, forse dare un'immagine perdente dell'Italia, forse perdere spazio sui media. Questo il Tour non l'ha mai temuto: il Tour non ha mai voluto essere una corsa nazionale, autarchica, ma s'è sempre offerta al mondo, anche quando i francesi dominavano, ai tempi dei Bobet e degli Anquetil. Forse occorrerebbe un bagno di umiltà. Se non vogliamo che anche il Giro diventi come il calcio: ricordate Biscardi, Cannavò e altri narcisi dello sportitaliano definire almeno 20 volte al giorno il campionato italiano di calcio il più bello del mondo? Senza rivelare tutto il marcio che c'era, a partire dai bilanci. Siamo sempre i più bravi di tutti, crediamo di essere chissà chi, quindi quando vogliamo sappiamo venderci. E anche bene. Quando non lo facciamo è perché non vogliamo.