Storia del buon Michele [racconto]

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jay.ren
00venerdì 15 dicembre 2006 21:08
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Chi è Michele. Premetto: Michele non è quel Michele (ormai dimenticato) alcolizzato allo stadio finale del Glenn Grant, ma ci si avvicina. Michele è un mio amico, forse ex. Una brava e onesta persona dopotutto.
Ex lotta continua, ex cane sciolto, ex arancione, ex bambino di Dio, ex tutto; amante della poesia Polacca, valente pittore "romantico" (ma di pareti).
Nel 1990 il buon Michele mi butta la fatidica frase: quando parti per l'Irlanda, posso venire con te? Mi piacerebbe vedere quei posti.
Da lì ha inizio una tragedia di immani proporzioni.
Avevo già programmato un bel capodanno alle Aran. Il mio amico Patty J. 'O Flaherty (in breve P.J.) gestore del ristorante (l'unico all'epoca) Dun aengus mi aveva invitato e mi aveva promesso una festa di SOLI "Araniani" e un sorso di Poteen fatto da un meglio non precisato parente dell'altra Aran (quella intermedia) Wow! Da sballo!!!

Benissimo rispondo a Michele, vieni con me.
Come te la cavi con l'Inglese?
Benino, lo capisco e lo parlo discretamente... Parole da incidere nel bronzo.
Organizzo con partenza il 29/12 per ben tre settimane. Memorabili dirò poi...
Viaggio da bestie in treno dalla costa molisana a Fiumicino, poi volo Aer Lingus affollato di preti, pretini & monachelle evidentemente di ritorno dopo chissà quali faccende natalizie in vaticano.
Volo senza storia se non fosse per il buon Michele, che chiede con voce stentorea un "orrange pressed" alla stranita (ma carinissima Hostess) che lo guarda e inizia a pensare come appiattire un agrume a novemila metri di quota.
Non intervengo. Quel volo era il battesimo dell'aria per il mio amico, un minimo di emozione era inevitabile...
Arriviamo a Dublino, giusto il tempo di dormire da amici la notte e ripartire con il primo treno per Galway. Michele non spiaccica parola ma sorride.
Il massimo è una sfilza di "Deghiù" (inventati questi da Michele. Il Biscardi, hquasi compaesano di Michele lo ha sfacciatamente copiato). Vabbé penso, quando io non sapevo una parola di Inglese...

Huston station ore sette A.M. circa. Buio, nebbiolina, freddo, sporco per terra e puzza di treni diesel mal messi a punto. Viaggio piatto senza emozioni, a parte Michele che si immerge nella lettura di un'oscuro poeta Polacco che decanta i monti Tatra...
Galway. Pioggia non male. Abbiamo 2 ore di attesa per il minibus per l'Aer Aran...
Ci rifugiamo nel centro commerciale (Michele li adora, ne ha dipinti una caterva!) da poco aperto per rovinare ulteriormente Galway.
Prendiamo un tè e le solite scontate cartoline da spedire giù, nell'ex regno delle due Sicilie.
Io mi immergo nella lettura del "neutrale" Irish Times, Michele tira fuori un libretto di un poeta dilettante di Danzica (ma dove li troverà mai?).
Silenzio tra noi.
Michele infine parla: Fabio, dovrei comprare qualche pellicola per la mia macchina fotografica...
Ok Mic, c'è il chioschetto lì avanti, credo ne abbiano in abbondanza.
Ehm... potresti andare tu? Sai, qui a Galway l'accento è un poco duro, ho paura di non capirli...
No Michele, devi andare tu. Devi scioglierti con il tuo Inglese.
Detto fatto. Michele con passo sicuro si appropinqua al chiosco e chiede: Diapositiv plis!
La ragazza del chiosco inizia a guardarlo perplessa.
Michele si ripete: Diapositiv plis!!
Niente, Michele a Galway è un incompreso.
Al settimo dispositiv credo che sia il momento di intervenire.
Michele guarda che in Inglese le diapositive si chiamano slides... e dicendo questo sfodero un impeccabile "I'm looking for an Agfa film of slides please".
Michele mi guarda stranito. Ma perché è così diverso dall'Italiano?
E' Inglese Michele, Inglese! Diapositiv in inglese è solo il nome (molto) tecnico del processo di sviluppo.
Compriamo due rullini. Michele rinuncia all'uso della parola.
Inizio a sospettare che il suo Gaelico sia di gran lunga migliore del suo Inglese, cioè nulla.

Arriviamo finalmente all'areoporto. All'epoca si partiva dall'aeroporto "Vero" di Galway, non come ora dall'aeroporto privato fuori città, proprio dell'Aer Aran.
Solita trafila di pesata per noi e dei bagagli. Sistemazione dei posti e il povero Michele, un omino di cinquanta kg, viene per ragioni di equilibrio aerodinamico sistemato al fianco del pilota, dove ci sono i doppi comandi.
L'aereo rulla, il pilota (settantacinque anni mal portati) tira velocemente la cloche a se. Di conseguenza visti i doppi comandi si muove anche l'altra... colpendo violentemente le ginocchia del malcapitato Michele.
Serie di insulti tra cui un Molisanissimo "pouzze ess stramuorto" e "'t pozza'n ampennere".
Comunque si vola. Tre atterraggi nelle tappe delle tre isole e finalmente si arriva senza altri danni a Innishmor.
Mike, il mite e gentile autista zoppo, vera autorità del trasporto su gomma dell'arcipelago ci trasporta al B&B.
Si ricorda bene di me (l'anno prima avevo comprato un puzzolentissimo maglione da sua mamma, valentissima sferruzzatrice) e memore dei novanta Pounds spennatimi non mi chiede un pence per la corsa. Che bravo!
Sono le tre e mezzo ed è già notte.
Senza dire una SOLA parola ci sistemiamo e facciamo una doccia. Michele sembra un semaforo: cambia di continuo colore, ma anche se interrogato non profferisce una singola vocale.
C'è più freddo in camera che fuori.
Con me avevo un paio di bottiglie di Brachetto di infima qualità comprate al negozio Vegè sotto casa. Per i palati degli Araniani potevano andare bene, bisognava solo consegnarle a P.J. avvolte nella loro orrida carta natalizia, comprata in offerta due-per-tre alla standa, il tutto con regolamentare fiocco.

Ore 18 - Michele mi segue nel mio breve cammino fin da P.J.
Abbracci, pacche, felicitazioni e la conferma che la festa si terrà a porte chiuse (non per me, of course) per non avere turisti tra i piedi. Costo dieci pounds. Inizio a sentirmi un raccomandato. P.J. insiste per avermi a cena, ha un nuovo cuoco Neozelandese che promette scintille ittico-culinarie (dice lui...)
Michele ha una faccia spersa e abbacchiata. Che oltre la lingua gli inizi a mancare anche la pasta?
Il Cuoco venuto dagli antipodi si rivela un itticida.
Gli scampi, l'aragosta e gli altri ultra-strafreschi gasteropodi, vengono trasformati in immonde pappe putrescenti guarnite con inquietanti salsine al rafano della Nuova Guinea. Il tutto guarnito di patate fritte surgelate fresche fresche dall'Olanda... Per dovere di ospitalità fingo di apprezzare molto la cena.
Michele invece apprezza il tutto e riacquista l'uso della parola (in Italiano). Si butta in paragoni culinari e asserisce una presunta superiorità della cucina Neozelandese (?) rispetto alle tipiche ricette dei ristoranti di Termoli. La tensione cala. Viva la Nuova Zelanda!
Finita la cena, ci trasferiamo nel lato bar.
Michele tira fuori un'altro libro di poesie polacche e io, inizio a scambiare quattro parole con il tizio che fa la manutenzione della centrale elettrica. Serata tranquilla tra discussioni di Kilovattori e Michele che nel suo cantuccio si sorbisce una pinta pensando ai monti Tatra (forse).
Alle 10 saluto P.J. e i vari avventori e, richiamato Michele dal suo meditare tra l'Oder e Stettino, ci avviamo al B&B. All'epoca in tutta Innishmor vi era un solo lampione stradale, quello vicino al porto. Ma una torcettina portatile illumina la nostra strada.

31/12 - Sveglia alle nove, overdose di Calorie a mezzo bacon & Company e poi affitto di due rumorose m-bike.
Via per le stradine dell'Isola!
Il tempo è buono e Michele sembra non avere altre edizioni di poeti di Varsavia e dintorni.
La mattinata passa presto tra i vari Dun e le case dal tetto di paglia-rifatto-originale (con i contributi del Board failté).

Ma alle tredici il primo fattaccio.
Ci fermiamo in un pub poco fuori Kilronan, il più malconcio e puzzolente. Avventori che ciacolano solo in Gaelico, e allora io, coraggiosamente sfodero le mie 25-proprio 25 frasette in Gaelico ordinando due pinte e facendo scontate considerazioni sul tempo "àn tà tse!" (trad. qui piove eh!). Ottengo il plauso degli avventori che iniziano a inondarmi con fiumi di parole in Gaelico.
Capisco un poco di più Michele cosa prova con l'Inglese...
Michele dice: sai, questi li capisco meglio di P.J. parlano più piano...
Michele! 'Sti qua non parlano Inglese, parlano gaelico ga-e-li-co. capisci? Tu credi che io parli gaelico? (oltre le frasi dei corsi su cassette: Bùntùs càinte & Gaelic for dummies...)
Da quell'attimo Michele si richiude nuovamente nel suo mutismo. Finiamo le birre e usciamo fuori.
Appena fuori c'è un gruppetto di turisti. Dagli zainetti, e dalle sgargiantissime giacche da sciatore di fondo, indubitabilmente Italiani.

Alla prima parola captata nella lingua natia, Michele si fionda sui connazionali e si presenta.
Sono quattro Trevigiani, una coppia e due single appena sbarcati dalla "Queen of Aran".
Tipici protoleghisti di provincia che hanno visitato mezzo mondo, (ma mai per più di una settimana per ogni nazione eh!) i quattro ci si incollano letteralmente dietro.
Come Inglese sono quasi al livello di Michele, ma visto l'essere fuori del territorio nazionale, munificamente e con gioia del mio poliglotta amico, rinunciano all'uso del loro dialetto.
Al calare delle tenebre la fatidica domanda: che fate stasera?
Sto per inventarmi una poco credibile scusa di una lontana zia Gràinné di Gort Nà càpall che non vedo da venti anni, quando Michele dice: ma noi siamo invitati ad una festa di locali, senza turisti. Perché non ci fate compagnia?
Adesso sono io ad avere i colori del semaforo.
Ma bandendo la gentilezza e la solidarietà Italica ad ogni costo, spiego ai trevigiani la situazione.
La banda dei quattro fa finta di non capire che l'invito è per due.
Veniamo anche noi! Vedrai che i tuoi amici saranno felici di avere ospiti.
Malefici mangiatori di radicchio! Invadenti precursori del sindaco Gentilini (dico adesso), lo volete capire che gli Irlandesi e in particolare gli isolani, ne hanno piene le balle di turisti?
Morale? Capodanni separati. Io nel retro con gli Araniani (molto composti nei loro festeggiamenti) trattato in modo adorabile con sempre un traduttore al fianco.
Michele e i quattro mangia-radicchio nel ristorante in compagnia di una malassortita combriccola di stranieri, con maglione finto-Aran, tutti nutriti dal diabolico chef Neozelandese.
Come è continuato il viaggio? Clifden, Sligo, Tralee, Athlone e Dublino. Io chiacchierante e Michele al traino in silenzio alla disperata ricerca di qualcosa di Italiano.
Niente pastasciutta? Niente pizza? Niente cappuccino? Michele si accontentava anche una Uno o una Panda per strada, persino qualche residua 850 ridestavano in lui il sorriso.
Il cibo? Cinesi, cinesi, cinesi...
E ora, anno 2003 Michele cosa fa?
Nulla, dipinge sempre muri & pareti. Si è sposato con una ragazza tunisina di 20 anni più giovane, e ha scodellato 3 bimbetti in breve tempo.
I bene informati asseriscono che abbia imparato 4 parole in Arabo.
Ora facciamo vite diverse. Ma ogni tanto facciamo quattro chiacchiere al bar, logicamente in gaelico...


Un racconto di Fabio Riccio
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