Staminali effetto Obama

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princepsoptimus
00martedì 24 febbraio 2009 19:28
e intanto aumentano anche i posti di lavoro
Il tornado Obama "potrebbe spingere i nostri migliori cervelli ad abbandonare i laboratori inglesi a favore di quelli statunitensi". L'allarme del 'Times' di Londra, scattato subito dopo le prime mosse del neopresidente Usa, riguarda il decollo di quella fetta di ricerca che nel mondo anglosassone viene considerata strategica, sia in termini di leadership tecnologica sia come trampolino per affari e posti di lavoro: l'industria biofarmaceutica.

A trasformare l'America in un magnete di dimensioni planetarie, secondo il prestigioso quotidiano britannico, sarebbe stata la pioggia di finanziamenti che sta arrivando sui laboratori e sulle 'start up' statunitensi del settore biopharma dopo la promessa di Obama di rimuovere il divieto di Bush alla ricerca sulle staminali embrionali. Primi fra tutti i sedici miliardi stanziati dal piano di stimolo economico del neopresidente, destinati per la quasi totalità alla ricerca staminale, senza contare poi i fondi dei capitalisti di ventura, quelli statali e quelli dei National Institutes of Health.

L'anno scorso dal venture capital sono arrivati investimenti pari a 8 miliardi di dollari per dare spinta alle nuove società del settore staminale. Il California Institute for Regenerative Medicine ha distribuito un miliardo ai maggiori centri di ricerca dello Stato, e gli Nih, ai quali fanno capo i maggiori centri di salute pubblica degli Usa, hanno dedicato circa il 10 per cento dei loro 30 miliardi di budget alla ricerca staminale, condotta però con embrioni animali e cellule staminali di origine somatica (provenienti cioè dai tessuti). Nella mischia non sono mancati i privati come il tycoon asiatico Li Ka-Shing, che sta investendo 200 milioni in California per costruire il Li Ka-Shing Center for Biomedical Sciences.

Per spiegare agli americani che la liberalizzazione della ricerca staminale era cosa fatta, Obama ha spedito in tivù David Axelrod, il suo consigliere più fidato, ad annunciare l'arrivo di un decreto presidenziale. "È quello di cui aveva bisogno il settore", afferma Mike Havrilla, analista del 'biopharma' di Seeking Alfa: "Dopo l'annuncio della Geron, la comunità scientifico-affaristica aveva cominciato ad accusare l'amministrazione di temporeggiare. Se non ci fosse stata la dichiarazione di Axelrod i titoli sarebbero crollati".


Reagendo alle aspettative create dall'elezione di Obama la Federal Drug Administration, tre giorni dopo l'insediamento del neopresidente, aveva infatti autorizzato la Geron, azienda biotech della Silicon Valley californiana, a condurre le prime prove cliniche con cellule staminali di origine embrionale. Il titolo dell'azienda e di tutte le altre che operano nel settore delle staminali avevano risposto impennandosi del 60 per cento.

"Per l'industria delle medicina rigenerativa è una fase nuova", afferma Linda Powers, direttrice della Toucan Capital, una società di venture capital con 140 milioni di dollari investiti nelle principali start up della ricerca staminale mondiale: "Adesso possiamo applicare le scoperte di laboratorio alle corsie ospedaliere".

La Geron ha speso oltre 170 milioni di dollari nello sviluppo di un trattamento per le lesioni della spina dorsale. Iniettate in cavie di laboratorio, le sue staminali hanno restituito l'uso degli arti ad animali paralizzati. "Dal successo della Geron dipende il futuro dell'industria biogenetica e della medicina rigenerativa", afferma John Kessler, direttore del Cell Institute della North Western University, "Se va bene, le cellule staminali prenderanno il volo".

Quello dei finanziamenti pubblici per la ricerca staminale è stato uno dei punti dolenti degli ultimi otto anni. Totalmente assenti, se si fa eccezione per quelli sborsati dai National Institutes of Health con limitazioni strettissime, hanno rallentato drasticamente l'introduzione di cure in grado, come sostiene Tom Okama, ceo della Geron, "di riparare organi danneggiati con cellule generate dalle staminali embrionali".

Se questo è stato vero per per la maggioranza degli Stati, in California no: nel 2004 gli elettori decisero di trasformare, per via referendaria, la ricerca genetica in un diritto sancito dalla Costituzione e, stanziando tre miliardi di dollari, fecero del Golden State l'Eldorado della ricerca staminale planetaria.

Oggi l'industria biogenetica californiana rappresenta il 40 per cento del comparto negli Usa: novemila ditte che generano 50 miliardi di dollari di investimenti annuali e impiegano oltre 300 mila addetti con un salario medio di 71 mila dollari. "La California è il nuovo centro planetario della ricerca genetica", afferma Travis Blaschek-Miller, portavoce di BayBio, l'associazione degli industriali del settore: "Sta producendo le cure e i farmaci del futuro, ed è il posto dove ogni ricercatore vorrebbe essere".


Di recente in California sono arrivati geni del calibro di Michael Clarke della University of Michigan e Phillip Beachy della Johns Hopkins University: entrambi passati alla Stanford University, che sta costruendo il centro di ricerca staminale più grande del mondo. Peter Donovan, altro talento della Johns Hopkins, ha scelto la University of California a Irving, mentre l'australiano Martin Pera, uno dei maggiori genetisti mondiali, è approdato alla Università di San Diego.

E non arrivano solo talenti scientifici. Nel 2008 la Advanced Cell Technology, azienda leader delle staminali, s'è trasferita a Los Angeles. In California hanno messo bottega start up come la Zosano Pharma, la Biomerix e la Cordis - sussidiaria della Johnson & Johnson - che hanno tutte aperto uffici nell'area compresa tra Fremont e Palo Alto. Ditte che si vanno ad aggiungere a società come la Genentech, la Sri e la Clontech. Dando tutti quanti vita allo straordinario fenomeno della Biotech City, la bretella industriale che collega South San Francisco a San Jose, 50 miglia più a sud, con oltre 4 mila laboratori biotecnologici, 116 mila addetti e 1.294 nuovi tipi di farmaci portati sul mercato solo nel 2008.

fonte: L'Espresso.it
(Upuaut)
00martedì 24 febbraio 2009 21:14
Viva Obama.
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