Solitario Vermeer

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vanni-merlin
00venerdì 5 maggio 2006 19:02

Solitario Vermeer


A Roma a Palazzo Barberini fino al 18 giugno esposta "Lettera d'amore" di Vermeer , un segno della rinascita della Galleria nazionale d'arte antica




Roma - Una lettera è arrivata a Palazzo Barberini e una lettera è partita da Palazzo Barberini. La lettera arrivata è esattamente il dipinto "La lettera d'amore" ed è il primo Vermeer in assoluto che arriva a Roma. La lettera partita è quella che idealmente e appassionatamente Anna Lo Bianco e Angela Negro, responsabili della Galleria nazionale d'arte antica, hanno inviato per dire che Palazzo Barberini non è solo un coacervo di problemi, ma anche di cose fatte, di problemi che si stanno risolvendo e che permetteranno aperture progressive, di scadenze non più stratosferiche per la "Grande Barberini", a conclusione della più che cinquantennale disputa di Stato contro Stato, Beni culturali contro Difesa, Galleria nazionale contro Circolo delle Forze Armate.

Il Vermeer è arrivato da Amsterdam, dal Rijksmuseum, al quale il Polo museale romano ha concesso tre Caravaggio, fondamentali per la mostra in corso al Museo Van Gogh che mette a confronto Rembramdt e Caravaggio. Dalla Barberini è arrivato "Giuditta e Oloferne", dalla Borghese "Il giovane col canestro di frutta" e "San Girolamo". Non che il "quadretto" di Vermeer (44 per 38,5 centimetri, profonda cornice nera) sia arrivato spontaneamente, come scambio reciproco. I direttori dei grandi musei non hanno queste sensibilità: è stata necessaria una ferma richiesta, ma è fondamentale che in cambio di tre gioielli ne sia arrivato almeno uno che rimarrà a Palazzo Barberini dal 27 aprile al 18 giugno nella sala dei Marmi contigua al salone con il soffitto affrescato da Pietro da Cortona. "Giuditta e Oloferne", il Caravaggio che gira più il mondo grazie alle ottime condizioni di conservazione, non tornerà tanto presto alla Barberini: anzi è stata annunciata la sua presenza a Vienna, al Liechtenstein Museum, dal quale arriverà un prezioso Rubens, "Venere e Amore".

Intanto gustiamoci Vermeer, uno "dei più grandi pittori di tutti i tempi" come ha sintetizzato Claudio Strinati, direttore del Polo museale romano. Un pittore di cui sappiamo molto poco tranne che probabilmente era mercante d'arte ed uno specialista della pittura italiano pur non essendo mai stato in Italia (come Rembrandt). Il più antico dipinto conosciuto di Vermeer è la copia di uno sconosciuto pittore fiorentino.
Vermeer è pittore che "può personificare la pittura stessa" come si disse di Michelangelo, di Raffaello, di Caravaggio "che ha inventato tutto". Vermeer non ha inventato nulla, "non ha particolari attenzioni per grandi tematiche", i suoi dipinti sono quanto di più banale si possa immaginare, fatti di cose normali, quotidiane, eppure "è grandissimo nel banale" osserva Strinati. Sentiamo e vediamo che siamo di fronte alla quintessenza della pittura. Come appunto nella "Lettera d'amore" dipinta fra 1666 e 1674, nella piena maturità.

Qui Vermeer spia dall'interno una bella casa borghese con tendoni, un alto mobile con colonnine, quadri con marina e paesaggio ad una parete che creano uno spazio più vasto di quello che il pittore rappresenti fisicamente, un pavimento dalle grandi mattonelle bianche screziate. Vermeer lavora in profondità, di prospettiva fra due quinte: quella di destra sembra uno sgabuzzino, disordinato come tutti gli sgabuzzini, questo più degli altri con fogli di musica per terra, strofinacci sulla spalliera di una poltrona.

Non vediamo finestre, ma tanta luce che irrompe da sinistra sui due personaggi al centro della piccola porzione di stanza che Vermeer ci fa vedere: in piedi una servetta-sguattera con la cuffia bianca in testa e il grembiale attorcigliato alla vita; seduta una giovane donna, elegante, che con la mano sinistra sorregge un liuto e con la destra una lettera, sigillata. Dalle espressioni che Vermeer dipinge sui loro volti (anche grazie alla trama grossa della tela), il dialogo muto potrebbe essere di questo tipo. La giovane chiede: "Ma è proprio per me?". E la servetta: "Cosa aspetta ad aprirla? Non è quella che aspetta da tanto tempo?" E a questo punto dovremmo uscire e lasciare la giovane sola a gustarsi la lettera appassionata o timida.

Uscendo possiamo osservare che Vermeer si è firmato sul muro, al centro della scena, con non piccolo impatto: "IVMeer (IVM in monogramma).

Siamo nelle prime ore della mattinata quando la casa è in subbuglio per le pulizie. Ai piedi della giovane è il canestro della biancheria. Probabilmente la servetta lo ha deposto lì perché ha ricevuto la lettera mentre era intenta al bucato e aveva fretta di farla arrivare alla padroncina. La giovane è in un elegante abito di seta giallo oro che Vermeer colloca in uno spazio in luce e in uno spazio nella penombra. Anche il volto è "tagliato" in due zone, in una posizione che visivamente non rende giustizia. Per incrociare lo sguardo della servetta gli occhi presentano infatti un po' troppo bianco. La giacca è bordata di pelliccia di ermellino. Al collo un filo di perle, orecchini di perle, gioielli nei capelli. Ma perché la giovane è così elegante? Forse sta aspettando il maestro di musica e si è rifugiata in quella stanza per ripassare qualche accordo.

Vermeer si affida tutto alla luce per rivelare "un sommesso mondo di sentimenti". Prospettiva e luce - osserva Michela Ulivi nella scheda - intensificano "il contrasto tra il senso di intima quiete che pervade la scena e l'impercettibile ansia che si concentra nei gesti e negli sguardi". Ci sembra che Vermeer ci abbia portato al limite di quel momento in cui l'ansia della giovane si scioglierà o si moltiplicherà nella lettura della lettera inattesa.

Momenti di ansia di tutt'altro tipo si manifestano nella "lettera" che Anna Lo Bianco e Angela Negro hanno lanciato. Dunque Palazzo Barberini batte ancora colpi di vitalità. A giugno sarà aperto il giardino seicentesco restaurato dalla soprintendenza ai beni architettonici come il "giardino all'italiana" della corte dei Barberini. Quattro settori ad arabeschi in siepi di bosso in parte già cresciute, una fontana al centro circondata da quattro alberini di aranci, essenze rare e preziose come tutti i giardini dei signori. Uno spazio di 60-70 metri per circa 60 con un lato occupato da una serra ottocentesca che ora serve da riparo a decine di statue e altre sculture restaurate, busti, erme antiche e del XVII e XVIII secolo che troveranno posto nella galleria e nel giardino.

Il giardino si trova alle spalle del corpo del palazzo che si affaccia su via IV Fontane il cui ingresso sarà esclusivo per la Galleria nazionale. Tutto l'atrio è sotto lavori, ricoperto di alte palizzate di legno, ma l'antica rampa originale a gradoni di mattoni, di ingresso al giardino, è stata già ripristinata al posto della strada percorsa dalle auto del circolo. Qui passeranno solo i pedoni diretti al giardino. Prima dell'inizio della rampa due scale elicoidali, a destra e a sinistra, condurranno i visitatori alla galleria e al giardino.

In fondo alla rampa è pronta la nuova sede del Circolo delle Forze Armate, la palazzina Savorgnan di Brazzà, che ha un proprio ingresso da via XX Settembre, separato da quello della Galleria.
A sinistra, circondato da una cancellata, il giardino della principessa Barberini pieno di rose. Un'altra fetta di fabbricato è per il Sismi.
A ottobre è confermato il trasferimento del Circolo che finalmente lascerà a disposizione della Galleria i 2.860 metri quadri del piano terra. Ci vorrà un anno e mezzo per recuperare da un pesante uso improprio, restaurare, mettere a norma gli impianti, allestire gli spazi che sono destinati ad ospitare le opere dai Primitivi al Trecento, Quattrocento e metà Cinquecento. L'attuale ministro per i Beni culturali, Rocco Buttiglione, aveva osservato che ottobre 2006 era il "termine massimo" per il trasloco, ma evidentemente il Circolo si prenderà tutto il tempo massimo.

Negli altri settori a disposizione della Galleria i lavori marciano, sempre a cura della soprintendenza ai beni architettonici (direttore dei lavori l'architetto Laura Cherubini) e alla fine di quest'anno sarà riallestito il piano nobile sul lato di via Barberini con le opere di fine Cinquecento e del Seicento.
A marzo 2007 la Galleria organizzerà nel salone di Pietro da Cortona una mostra su "Bernini pittore", di una trentina di opere, a cura di Tomaso Montanari.
Ottobre 2006 è la data fondamentale perché da allora scattano i tre anni che secondo Anna Lo Bianco e Angela Negro sono necessari per arrivare alla "Grande Barberini", nell'ottobre 2009. In questo termine sono compresi tutti i lavori complessivi (per esempio quelli del secondo piano per completare l'allestimento delle opere del Settecento, il restauro della facciata prospiciente il giardino in condizioni disastrose).

Se questi sono i tempi rimane l'argomento fondamentale dei soldi. Finora sono stati impegnati i 12,4 milioni di euro del lotto per la prima tranche di lavori (restauro e ristrutturazione della Palazzina Savorgnan e delle scuderie anch'esse destinate al Circolo, con il relativo ingresso riservato; restauro della rampa per il giardino e del giardino stesso; atrio; piano nobile). Il progetto del secondo lotto di lavori è in corso da parte della soprintendenza ai beni architettonici dopo di che si conoscerà l'investimento necessario.
In base all'aggiornamento dell'accordo Beni culturali-Difesa rimangono a disposizione non del ministero della Difesa, ma del ministro per gli alti compiti di rappresentanza per esempio in ambito Nato, circa 740 metri quadri. La distinzione ministero-ministro è dello stesso Buttiglione per il quale anche questo spazio potrebbe passare alla Galleria se si mettesse a disposizione del ministro della Difesa uno spazio di assoluto prestigio come la Palazzina Algardi nel parco di Villa Pamphilj, riservata, ma utilizzata poche volte l'anno, dalla Presidenza del Consiglio. E poi ci sono le speranze nel nuovo governo nel ricordo dell'accelerazione data dall'allora ministro per i Beni culturali (e vice presidente del Consiglio) Walter Veltroni.
Ma Palazzo Barberini vuole diventare veramente la Galleria nazionale di arte antica e allora il soprintendente Strinati intende affrontare anche l'aspetto mai prima sollevato di Palazzo Corsini alla Lungara. Anche le opere della cosiddetta Galleria Corsini fanno parte della Galleria nazionale. I primi ottocento numeri dell'inventario sono stati sistemati alla Lungara per mancanza di spazio a Palazzo Barberini che ospita fra le sale di esposizione e i depositi i numeri dell'inventario da 801 a 5.000. Palazzo Corsini potrebbe diventare spazio per le mostre (certamente non con il fascino e la praticità di uno spazio in pieno centro storico), ma ci sono anche aspettative da parte dell'Accademia dei Lincei proprietaria del palazzo.

In attesa di questo ulteriore sviluppo si cominciano a conoscere i dipinti che usciranno dai depositi di Palazzo Barberini. "Agar e l'angelo" di Poussin, acquistato nell''80, proveniente dalla collezione Altieri, e il "Putto dormiente" di Guido Reni, affresco staccato di Santa Maria Maggiore e proveniente dalla collezione di don Urbano Barberini. Un altro acquisto recente, il "Parnaso" di Taddeo Zuccari, affresco del Casino del Bufalo demolito a fine Ottocento per l'apertura delle arterie centrali di Roma. Un altro affresco staccato, la "Divina Sapienza" di Andrea Sacchi. E poi i grandi paesaggi di Brill e Dughet, tele di Tintoretto, Valentin de Boulogne, Manetti, Baglione e Preti per ampliare il vasto nucleo della pittura caravaggesca. Ancora, i dipinti restaurati di Francken il Giovane, le tele dei cortoneschi Romanelli e Gimignani, fra cui una allegoria acquisita dallo Stato. Dai depositi usciranno anche gli arredi barocchi e una scelta di arazzi e sculture.

Goffredo Silvestri

(2 maggio 2006)


da: www.repubblica.it/2006/05/sezioni/arte/recensioni/vermeer/vermeer/verm...

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