cristinakhay
sabato 5 maggio 2007 01:34
Ferma. Immobilizzata. Le sue dita scivolano veloci e nervose su lettere di plastica bianca tra tasti neri. Nemmeno un sospiro, un sussurro. Nemmeno un cenno di vita. Solo quel martellare, indisponente, inquietante. Tutti i suoi pensieri scorrono come fiume in piena lungo gli argini di quel foglio elettronico; non controlla, non corregge. L'unica cosa che le riesce è scrivere...scrivere...scrivere...a svuotare l'inimmaginabile pienezza del suo vaso, nel vano tentativo di ritrovarsi vuota, prima o poi. E intanto gli attimi delle parole si susseguono in un delicato tip-tap di tasti, pescando dal fondo dell'emozione il suo spazio inviolato, interno. E' dura, darsi così. E' dura perchè è un non darsi, perchè tutto cio' che esce in questo modo in realtà ti rimane agganciato dentro, perchè è lo specchio che ti riflette sul foglio, ancora e ancora. E non ti svuoti mai. Se fosse possibile, ti riempi ancora di più.
Ma Cristina non sa nè perchè scrive, nè perchè fino alle due di notte si attarda nei suoi pensieri stampati, nè perchè non riesce a farne a meno. E' una droga che non si placa, che dà arsura, che chiede completamento. Una sofferenza intensa nello sforzo di capire, di leggere dentro di sè, quasi a voler cercare il fondo dello scuro pozzo della mente e del sentire. E' l'abisso, quello fondo, maledetto. E da lì risale, un poco alla volta, dopo aver rimestato nella melma emozionale, e fatto respirare il fango. Risale, con l'aurora nelle vene. Con la forza di un nuovo giorno tra un respiro e l'altro, tra un battito e l'altro. Risale, finalmente.Nuovamente viva.
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