Scoperta l’Arca di Noe? Gli indizi sembrerebbero confermarlo!

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mauro.68
00martedì 27 dicembre 2011 23:11


Un gruppo misto di esploratori evangelici cinesi e turchi afferma di aver scoperto sul Monte Ararat, nell’est della Turchia, i resti dell’Arca di Noé.
Di controparte sono più di 2000 anni che il popolo armeno narra agli esploratori che si sono avventurati nei suoi territori, provenienti da tutto il mondo, la leggenda dell’antica imbarcazione biblica arenatasi sulle vette del monte Ararat. Tra le testimonianze più celebri troviamo quella del 1269 di Marco Polo, riportata ne “Il Milione”. Sarà solo, però, dal 1829 che si inizierà a parlare seriamente di spedizioni alla ricerca dell’Arca di Noè sulla cima innevata del monte, prima tra tutte quella organizzata dallo Zar di Russia. Anche un italiano, Angelo Palego, testimone di Geova, dal 1985 ha diretto numerose missioni di studio e ricerca sulle pendici innevate del monte turco.
Un breve excursus delle differenti, e multiformi, ricerche e scoperte compiute su questa montagna sacra ci possono rendere l’idea su come la ricerca della biblica Arca non sia mai cessata. Nei primi anni ’70 Georgie Hagopian affermò di avere localizzato i resti dell’Arca e di esserci salito su almeno un paio di volte circa 60 anni prima, all’inizio del ’900, ma non poté offrirne delle prove a riguardo. Tra i primi ad annunciare il ritrovamento dell’Arca sul monte Ararat fu Violet Cummings, che all’inizio degli anni ’70 scrisse un libro intitolato Noah’s Ark: Fable or Fact? (“L’arca di Noè: favola o verità?”). Nonostante il titolo l’intrigante, le sue affermazioni e la ‘sua’ Arca risultarono non essere reali. Nel 1976, un altro uomo affermò di avere scoperto l’Arca sul monte Ararat, ma presentò solo delle ambigue foto come prove e nient’altro. Ron Wyatt presentò infatti come prove dell’esistenza dell’Arca delle strutture ‘barchiformi’ rinvenute a circa una trentina di chilometri dal Monte Ararat. Peccato che di quelle strutture l’intera regione è piena e ancor più, quella da lui scoperta, costituiva in realtà un antico fortilizio costruito da mano umana. Anche l’italiano Angelo Palego ha compiuto diverse missioni in situ in questo caso però riscoprendo strutture anomale nei pressi del ghiacciaio Parrot ed identificando frammenti di legno fossilizzato di antica origine.
L’interesse calò verso gli anni ’90, quando la CBS mandò in onda uno speciale intitolato The Incredible Discovery of Noah’s Ark, offrendo come prova un testimone oculare della scoperta che possedeva un pezzo di legno spacciato come una parte dell’Arca. L’intera storia si rivelò però essere una grande bufala. Alla lista si aggiunge anche l’americano Porcher Taylor che vide sulle immagini satellitari dell’angolo nord-ovest del monte Ararat ciò che riteneva essere i resti dell’Arca. La ricerca del biblico manufatto ha appassionato schiere di ricercatori e pur se alcuni di essi hanno plasmato alcune scoperte a loro piacimento non tutto deve essere abbandonato poiché le prove che qualcosa di realmente anomalo si trovi su questa montagna della Turchia sembrano essere davvero numerose.
A onor del vero una analisi filologica e lessicale della Bibbia potrebbe far sorgere qualche dubbio sulla possibile attinenza dell’Ararat come luogo in cui si incagliò l’imbarcazione di Noé. Secondo Jack Sasson, professore di ebraico e studi biblici alla Vanderbilt University in Tennessee, nella Genesi non si specifica mai su quale vetta sbarcò la nave “perchè la Bibbia ci dice solo che l’Arca sbarcò da qualche parte nell’Urartu (un antico regno nella Turchia orientale), ma è solo successivamente che la gente identificò il monte Ararat con Urartu”. Ma il Dr. Paul Zimansky ha confermato, nel suo testo Ancient Ararat: A Handbook of Urartian Studies, come verosimilmente questa vetta possa costituire quella di biblica memoria. Analisi e controanalisi che sembrano contendersi un primato e una scoperta che, sicuramente, cambierebbe molte concezioni storiche acquisite come certe. Sono più le domande delle risposte in rapporto a ciò che questo monte deve ancora svelare. Sono più le prove sulla reale esistenza di una struttura artificiale fossilizzata rispetto alle confutazioni che, nel tempo, si è cercato di produrre a suo detrimento. Qualcosa c’è e qualcosa aspetta solo di essere riscoperta.
Forse questa nuova missione potrà portare nuove risposte ma certamente sapra ancora farci sognare e portare le nostre peregrinazioni mentali verso nuove possibilità e nuovi scenari.



Il team cino-turco autore della recente scoperta afferma di aver recuperato, e fatto datare al carbonio, alcuni frammenti lignei della struttura scoperta, ritrovando una loro antichità pari a 4.800 anni, acclarando ciò che si trova scritto nelle Sacre Scritture. Il Monte Ararat è stato sospettato a lungo di essere il luogo finale dove lo scafo si sarebbe arenato, secondo tanto gli evangelici quanto i letterati biblici.
Yeung Wing-Cheung, del tema di ricerca Noah’s Ark Ministries International e autore della scoperta, afferma che “Non è al 100% l’Arca di Noé, ma pensiamo che lo sia al 99.9%“.Dal 2003 che il gruppo di cristiani evangelici di Hong Kong, The Media Evangelism Limited, ha promosso un’iniziativa al fine di cercare e recuperare l’Arca di Noè. Denominata Noah’s Ark Ministries International Limited (NAMI), questo gruppo religioso si avvale della tecnologia per promuovere il messaggio cristiano. Nella loro missione evangelica verso i popoli, viene indicata la necessità di far giungere il messaggio di fede utilizzando tutti i media disponibili.



Da anni gli studiosi del NAMI hanno organizzano numerose spedizioni. Nel 2003 viene girato un video divulgativo sull’Arca ed il Diluvio Universale, mentre nel 2004 il team esplora il ghiacciaio nella zona di un precedente ritrovamento. In queste diverse occasioni il team di ricerca riesce a socializzare con la popolazione locale, avendo modo di stringere amicizia con uno scalatore professionista turco, Ahmet Ertugrul detto Parasut, Paracadute. Sarà nel 2008 che Parasut riceve un indizio fondamentale per una svolta dell’intera vicenda. Un misterioso personaggio gli indica il luogo dove si troverebbe l’Arca di Noè. Parasut crea rapidamente un gruppo e sale per verificare l’informazione. In quel posto si trova effettivamente una struttura di legno, dopo aver scattato alcune foto e contatta il NAMI.



Durante una scalata nel 2006 Parasut trova effettivamente un pezzo di legno pietrificato. La zona è stretta da un clima tiranno a cui si aggiunge un terremoto e il crollo crollo di una grotta in cui erano stati identificati altri frammenti pietrificati. Visto vanificarsi una prima missione nel febbraio del 2007, nell’agosto dello stesso anno un nuovo gruppo di 10 persone trova una struttura di legno pietrificato, ricoperto di cenere vulcanica. Sarà proprio in questo momento che il gruppo inizierà due anni di ricerca frenetici, formando un team turco-cinese per effettuare rilevamenti e documentare scientificamente la possibile scoperta.



Interessante notare che il frammento ligneo ritrovato è passato all’esame del carbonio facendolo risalire a 4800 anni fa. Una troupe diretta da Yeung Wing-Cheung si affianca per documentare la spedizione, non certamente priva di difficoltà, per analizzare l’interno della struttura. Due sadrebbero i luoghi del ritrovamento. Nel primo dei pali di legno di 20 metri incastonati nel ghiaccio mentre nel secondo vi si accede calandosi con delle corde, e accedendo ad un ampio vano con pareti di legno leggermente curve.
Nelle prossimità vi sarebbero vani ancora non esplorati per mancanza di ossigeno, come testimonia Yuen Man-fai, un rappresentate del NAMI presente durante le riprese. Dalle foto e dal video reso pubblico sono visibili delle rastrelliere e dei paletti per legare gli animali. Un dato molto importante è che si evidenzia un dato corroborante la possibile antichità della struttura, sembrerebbe essere stata costruita con una tecnica ad incastro, senza chiodi. Sono state ritrovate persino delle scale ricavate da grossi tronchi che portano ad una botola, anche se è stata lasciata chiusa per timore di danneggiare la struttura.



Sul versante scientifico il professor Oktay Belli dell’Università di Istanbul, archeologo, ritiene si tratti di una grande scoperta, forse la più grande della storia. Ipotesi che viene confermata dal dr. Ahmet Özbek, geologo presso l’Università Kaharamanmaras Sutcu Iman in Turchia. L’altitudine ed il ghiaccio misto a cenere avrebbero preservato il legno dal degrado e dalla pietrificazione.
Il 25 aprile scorso, dopo aver completato la prima serie di analisi, il NAMI ed il team turco divulgano le scoperte del monte Ararat durante una conferenza stampa mentre il governo turco, rappresentato dal governatore e dal responsabile del Ministero della cultura della provincia di Agri, dichiara l’intenzione di richiedere lo stato di Patrimonio dell’Umanità all’UNESCO.



Le parti hanno anche dichiarato di voler coinvolgere scienziati da tutto il mondo per continuare lo studio di questo ritrovamento, ed hanno pubblicamente sottoscritto un accordo per “collaborare per la ricerca scientifica e lo studio dell’Arca di Noè sul monte Ararat. I risultati sono importanti per il monto intero, e l’umanità dovrebbe aver cura delle proprie credenze e origini comuni”.
Nel testo reso pubblico le conclusioni sono affidate ad una speranza, “Noi crediamo che la scoperta dell’Arca di Noè risolverà secoli di conflitti ideologici nazionali. Ci dedichiamo a lavorare per un mondo migliore e pacifico”.



Nel tempo sono state riportate dalle cronache e dai media diverse ri-scoperte di frammenti o appartenuti alla biblica Arca di Noé tra cui, la più note è quella effettuata nel 1987 da Ron Wyatt. Al momento il Governo turco ha dichiarato ufficialmente la zona prospicente il ritrovamento Parco Nazionale. Nondimeno, il ministro evangelico Wing Cheung, si dice convinto che la scoperta sia nei fatti un artefatto umano, avendo anche chiamato il ricercatore tedesco Gerrit Aalten a verificare la sua legittimità.
“Il fatto più importante di questa scoperta è che, per la prima volta nella storia, la scoperta dell’Arca di Noé, è ben documentata e rivelata all’intera comunità mondiale“, afferma Aalten durante la conferenza stampa indetta per annunciare il suo ritrovamento. Citando molti dettagli storici conosciuti sull’Arca, Aalten afferma di poter legittimare questa scoperta archeologica.



“Ci sono un numero enorme di evidenze solide che la struttura ritrovata sul Monte Ararat, sia la leggendaria Arca di Noé”, continua Aalten. Rappresentanti della Noah’s Ark Ministries affermano che la struttura contiene diversi compartimenti, alcune con travi di legno, che loro ritengono fossero utilizzati per contenere gli animali. Il gruppo di archeologi evangelici ha identificato un insediamento umano che nessuno ha mai ritrovato e posizionato oltre gli 11000 piedi.
Durante la conferenza stampa, un la ricercatrice del team Panda Lee ha descritto la missione sul sito. “Nell’ottobre del 2008, ho scalato la montagna con un team turco. Ad una quota di più di 4.000 metri ho visto una struttura cistruita con strutture simili a dei listoni di legno. Ognuno di essi era appossimativamente di 8 inches di lunghezza. Ho potuto visionare anche dei tenoni, prova di una antica costruzione che si colloca prima dell’uso dei chiodi di metallo“. “Abbiamo camminato a circa 100 metri su un altro sito, ho potuto vedere pezzi e frammenti di legno rotti ed inglobati nel ghiaccio, alcuni di una ventina di metri di lunghezza. Ho perlustrato la zona e trovato che le strutture di legno erano permanentemente coperte dal ghiaccio e da rocce vulcaniche“.



Le locali autorità turche hanno chiesto al governo centrale di Ankara di includere la zona nella lista di luoghi protetti dall’UNESCO (UNESCO World Heritage) così che il sito possa essere protetto mentre altre spedizioni archeologiche continueranno le ricerche.
La storia biblica afferma che Dio decise di mandare il diluvio dopo aver visto lo stato di corruzione e depravazione in cui era caduta la Terra. Disse così a Noé di costruire un’Arca e di portarci una coppia di ogni specie animale. Dopo il Diluvio, le acque si ritirarono e, dice la Bibbia, l’Arca si arenò su una montagna. Molti hanno creduto che il Monte Ararat, la più alta vetta di questa regione, sia il luogo in cui l’Arca e i suoi occupanti, rividero la terra.
Torneremo a breve con la polemica suscitata dalla scoperta nonché da una maggiore analisi dei documenti ad oggi divulgati.

Qui

Mauro
flabot
00mercoledì 28 dicembre 2011 16:36
Re:
mauro.68, 27/12/2011 23.11:



Un gruppo misto di esploratori evangelici cinesi e turchi afferma di aver scoperto sul Monte Ararat, nell’est della Turchia, i resti dell’Arca di Noé.
Di controparte sono più di 2000 anni che il popolo armeno narra agli esploratori che si sono avventurati nei suoi territori, provenienti da tutto il mondo, la leggenda dell’antica imbarcazione biblica arenatasi sulle vette del monte Ararat. Tra le testimonianze più celebri troviamo quella del 1269 di Marco Polo, riportata ne “Il Milione”. Sarà solo, però, dal 1829 che si inizierà a parlare seriamente di spedizioni alla ricerca dell’Arca di Noè sulla cima innevata del monte, prima tra tutte quella organizzata dallo Zar di Russia. Anche un italiano, Angelo Palego, testimone di Geova, dal 1985 ha diretto numerose missioni di studio e ricerca sulle pendici innevate del monte turco.
Un breve excursus delle differenti, e multiformi, ricerche e scoperte compiute su questa montagna sacra ci possono rendere l’idea su come la ricerca della biblica Arca non sia mai cessata. Nei primi anni ’70 Georgie Hagopian affermò di avere localizzato i resti dell’Arca e di esserci salito su almeno un paio di volte circa 60 anni prima, all’inizio del ’900, ma non poté offrirne delle prove a riguardo. Tra i primi ad annunciare il ritrovamento dell’Arca sul monte Ararat fu Violet Cummings, che all’inizio degli anni ’70 scrisse un libro intitolato Noah’s Ark: Fable or Fact? (“L’arca di Noè: favola o verità?”). Nonostante il titolo l’intrigante, le sue affermazioni e la ‘sua’ Arca risultarono non essere reali. Nel 1976, un altro uomo affermò di avere scoperto l’Arca sul monte Ararat, ma presentò solo delle ambigue foto come prove e nient’altro. Ron Wyatt presentò infatti come prove dell’esistenza dell’Arca delle strutture ‘barchiformi’ rinvenute a circa una trentina di chilometri dal Monte Ararat. Peccato che di quelle strutture l’intera regione è piena e ancor più, quella da lui scoperta, costituiva in realtà un antico fortilizio costruito da mano umana. Anche l’italiano Angelo Palego ha compiuto diverse missioni in situ in questo caso però riscoprendo strutture anomale nei pressi del ghiacciaio Parrot ed identificando frammenti di legno fossilizzato di antica origine.
L’interesse calò verso gli anni ’90, quando la CBS mandò in onda uno speciale intitolato The Incredible Discovery of Noah’s Ark, offrendo come prova un testimone oculare della scoperta che possedeva un pezzo di legno spacciato come una parte dell’Arca. L’intera storia si rivelò però essere una grande bufala. Alla lista si aggiunge anche l’americano Porcher Taylor che vide sulle immagini satellitari dell’angolo nord-ovest del monte Ararat ciò che riteneva essere i resti dell’Arca. La ricerca del biblico manufatto ha appassionato schiere di ricercatori e pur se alcuni di essi hanno plasmato alcune scoperte a loro piacimento non tutto deve essere abbandonato poiché le prove che qualcosa di realmente anomalo si trovi su questa montagna della Turchia sembrano essere davvero numerose.
A onor del vero una analisi filologica e lessicale della Bibbia potrebbe far sorgere qualche dubbio sulla possibile attinenza dell’Ararat come luogo in cui si incagliò l’imbarcazione di Noé. Secondo Jack Sasson, professore di ebraico e studi biblici alla Vanderbilt University in Tennessee, nella Genesi non si specifica mai su quale vetta sbarcò la nave “perchè la Bibbia ci dice solo che l’Arca sbarcò da qualche parte nell’Urartu (un antico regno nella Turchia orientale), ma è solo successivamente che la gente identificò il monte Ararat con Urartu”. Ma il Dr. Paul Zimansky ha confermato, nel suo testo Ancient Ararat: A Handbook of Urartian Studies, come verosimilmente questa vetta possa costituire quella di biblica memoria. Analisi e controanalisi che sembrano contendersi un primato e una scoperta che, sicuramente, cambierebbe molte concezioni storiche acquisite come certe. Sono più le domande delle risposte in rapporto a ciò che questo monte deve ancora svelare. Sono più le prove sulla reale esistenza di una struttura artificiale fossilizzata rispetto alle confutazioni che, nel tempo, si è cercato di produrre a suo detrimento. Qualcosa c’è e qualcosa aspetta solo di essere riscoperta.
Forse questa nuova missione potrà portare nuove risposte ma certamente sapra ancora farci sognare e portare le nostre peregrinazioni mentali verso nuove possibilità e nuovi scenari.



Il team cino-turco autore della recente scoperta afferma di aver recuperato, e fatto datare al carbonio, alcuni frammenti lignei della struttura scoperta, ritrovando una loro antichità pari a 4.800 anni, acclarando ciò che si trova scritto nelle Sacre Scritture. Il Monte Ararat è stato sospettato a lungo di essere il luogo finale dove lo scafo si sarebbe arenato, secondo tanto gli evangelici quanto i letterati biblici.
Yeung Wing-Cheung, del tema di ricerca Noah’s Ark Ministries International e autore della scoperta, afferma che “Non è al 100% l’Arca di Noé, ma pensiamo che lo sia al 99.9%“.Dal 2003 che il gruppo di cristiani evangelici di Hong Kong, The Media Evangelism Limited, ha promosso un’iniziativa al fine di cercare e recuperare l’Arca di Noè. Denominata Noah’s Ark Ministries International Limited (NAMI), questo gruppo religioso si avvale della tecnologia per promuovere il messaggio cristiano. Nella loro missione evangelica verso i popoli, viene indicata la necessità di far giungere il messaggio di fede utilizzando tutti i media disponibili.



Da anni gli studiosi del NAMI hanno organizzano numerose spedizioni. Nel 2003 viene girato un video divulgativo sull’Arca ed il Diluvio Universale, mentre nel 2004 il team esplora il ghiacciaio nella zona di un precedente ritrovamento. In queste diverse occasioni il team di ricerca riesce a socializzare con la popolazione locale, avendo modo di stringere amicizia con uno scalatore professionista turco, Ahmet Ertugrul detto Parasut, Paracadute. Sarà nel 2008 che Parasut riceve un indizio fondamentale per una svolta dell’intera vicenda. Un misterioso personaggio gli indica il luogo dove si troverebbe l’Arca di Noè. Parasut crea rapidamente un gruppo e sale per verificare l’informazione. In quel posto si trova effettivamente una struttura di legno, dopo aver scattato alcune foto e contatta il NAMI.



Durante una scalata nel 2006 Parasut trova effettivamente un pezzo di legno pietrificato. La zona è stretta da un clima tiranno a cui si aggiunge un terremoto e il crollo crollo di una grotta in cui erano stati identificati altri frammenti pietrificati. Visto vanificarsi una prima missione nel febbraio del 2007, nell’agosto dello stesso anno un nuovo gruppo di 10 persone trova una struttura di legno pietrificato, ricoperto di cenere vulcanica. Sarà proprio in questo momento che il gruppo inizierà due anni di ricerca frenetici, formando un team turco-cinese per effettuare rilevamenti e documentare scientificamente la possibile scoperta.



Interessante notare che il frammento ligneo ritrovato è passato all’esame del carbonio facendolo risalire a 4800 anni fa. Una troupe diretta da Yeung Wing-Cheung si affianca per documentare la spedizione, non certamente priva di difficoltà, per analizzare l’interno della struttura. Due sadrebbero i luoghi del ritrovamento. Nel primo dei pali di legno di 20 metri incastonati nel ghiaccio mentre nel secondo vi si accede calandosi con delle corde, e accedendo ad un ampio vano con pareti di legno leggermente curve.
Nelle prossimità vi sarebbero vani ancora non esplorati per mancanza di ossigeno, come testimonia Yuen Man-fai, un rappresentate del NAMI presente durante le riprese. Dalle foto e dal video reso pubblico sono visibili delle rastrelliere e dei paletti per legare gli animali. Un dato molto importante è che si evidenzia un dato corroborante la possibile antichità della struttura, sembrerebbe essere stata costruita con una tecnica ad incastro, senza chiodi. Sono state ritrovate persino delle scale ricavate da grossi tronchi che portano ad una botola, anche se è stata lasciata chiusa per timore di danneggiare la struttura.



Sul versante scientifico il professor Oktay Belli dell’Università di Istanbul, archeologo, ritiene si tratti di una grande scoperta, forse la più grande della storia. Ipotesi che viene confermata dal dr. Ahmet Özbek, geologo presso l’Università Kaharamanmaras Sutcu Iman in Turchia. L’altitudine ed il ghiaccio misto a cenere avrebbero preservato il legno dal degrado e dalla pietrificazione.
Il 25 aprile scorso, dopo aver completato la prima serie di analisi, il NAMI ed il team turco divulgano le scoperte del monte Ararat durante una conferenza stampa mentre il governo turco, rappresentato dal governatore e dal responsabile del Ministero della cultura della provincia di Agri, dichiara l’intenzione di richiedere lo stato di Patrimonio dell’Umanità all’UNESCO.



Le parti hanno anche dichiarato di voler coinvolgere scienziati da tutto il mondo per continuare lo studio di questo ritrovamento, ed hanno pubblicamente sottoscritto un accordo per “collaborare per la ricerca scientifica e lo studio dell’Arca di Noè sul monte Ararat. I risultati sono importanti per il monto intero, e l’umanità dovrebbe aver cura delle proprie credenze e origini comuni”.
Nel testo reso pubblico le conclusioni sono affidate ad una speranza, “Noi crediamo che la scoperta dell’Arca di Noè risolverà secoli di conflitti ideologici nazionali. Ci dedichiamo a lavorare per un mondo migliore e pacifico”.



Nel tempo sono state riportate dalle cronache e dai media diverse ri-scoperte di frammenti o appartenuti alla biblica Arca di Noé tra cui, la più note è quella effettuata nel 1987 da Ron Wyatt. Al momento il Governo turco ha dichiarato ufficialmente la zona prospicente il ritrovamento Parco Nazionale. Nondimeno, il ministro evangelico Wing Cheung, si dice convinto che la scoperta sia nei fatti un artefatto umano, avendo anche chiamato il ricercatore tedesco Gerrit Aalten a verificare la sua legittimità.
“Il fatto più importante di questa scoperta è che, per la prima volta nella storia, la scoperta dell’Arca di Noé, è ben documentata e rivelata all’intera comunità mondiale“, afferma Aalten durante la conferenza stampa indetta per annunciare il suo ritrovamento. Citando molti dettagli storici conosciuti sull’Arca, Aalten afferma di poter legittimare questa scoperta archeologica.



“Ci sono un numero enorme di evidenze solide che la struttura ritrovata sul Monte Ararat, sia la leggendaria Arca di Noé”, continua Aalten. Rappresentanti della Noah’s Ark Ministries affermano che la struttura contiene diversi compartimenti, alcune con travi di legno, che loro ritengono fossero utilizzati per contenere gli animali. Il gruppo di archeologi evangelici ha identificato un insediamento umano che nessuno ha mai ritrovato e posizionato oltre gli 11000 piedi.
Durante la conferenza stampa, un la ricercatrice del team Panda Lee ha descritto la missione sul sito. “Nell’ottobre del 2008, ho scalato la montagna con un team turco. Ad una quota di più di 4.000 metri ho visto una struttura cistruita con strutture simili a dei listoni di legno. Ognuno di essi era appossimativamente di 8 inches di lunghezza. Ho potuto visionare anche dei tenoni, prova di una antica costruzione che si colloca prima dell’uso dei chiodi di metallo“. “Abbiamo camminato a circa 100 metri su un altro sito, ho potuto vedere pezzi e frammenti di legno rotti ed inglobati nel ghiaccio, alcuni di una ventina di metri di lunghezza. Ho perlustrato la zona e trovato che le strutture di legno erano permanentemente coperte dal ghiaccio e da rocce vulcaniche“.



Le locali autorità turche hanno chiesto al governo centrale di Ankara di includere la zona nella lista di luoghi protetti dall’UNESCO (UNESCO World Heritage) così che il sito possa essere protetto mentre altre spedizioni archeologiche continueranno le ricerche.
La storia biblica afferma che Dio decise di mandare il diluvio dopo aver visto lo stato di corruzione e depravazione in cui era caduta la Terra. Disse così a Noé di costruire un’Arca e di portarci una coppia di ogni specie animale. Dopo il Diluvio, le acque si ritirarono e, dice la Bibbia, l’Arca si arenò su una montagna. Molti hanno creduto che il Monte Ararat, la più alta vetta di questa regione, sia il luogo in cui l’Arca e i suoi occupanti, rividero la terra.
Torneremo a breve con la polemica suscitata dalla scoperta nonché da una maggiore analisi dei documenti ad oggi divulgati.

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Mauro




Guarda che è roba vecchia, già dimostrato che di bufala si tratta.
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