Saramago

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sergio.T
00venerdì 11 maggio 2007 16:53
Il padre di Saramago, José de Sousa, era un agricoltore, che si trasferì con la famiglia a Lisbona nel 1924, dove trovò lavoro come poliziotto. Il fratello minore di Saramago, Francisco, morì a soli due anni, pochi mesi dopo l' arrivo a Lisbona.

A causa delle difficoltà economiche, Saramago fu costretto ad abbandonare gli studi. Dopo occupazioni precarie di ogni tipo, trovò un impiego stabile nel campo dell' editoria e per dodici anni ha lavorato come direttore di produzione.

Saramago sposò Ida Reis nel 1944. La loro unica figlia, Violante, nacque nel 1947.

Nel 1947 scrisse il suo primo romanzo "Terra del peccato", (che in seguito ripudiò come un figlio scapestrato), ma il Portogallo di Salazar, il dittatore a cui Saramago s'era sempre opposto tenacemente e dal quale era sempre stato pesantemente censurato nella propria attività giornalistica, non l'accolse benevolmente. S'iscrisse clandestinamente al Partito Comunista portoghese nel 1969, riuscendo sempre ad evitare di finire nelle mani della polizia politica del regime.

Durante gli anni sessanta riscosse molto successo la sua attività di critico letterario per la rivista "Seara Nova". La sua prima raccolta di poesie "I poemi possibili" risale a quegli anni, precisamente al 1966.

Negli anni settanta diventò direttore di produzione per una una casa editrice e, dal 1972 al 1973, curò l' edizione del giornale "Diario de Lisboa". In quegli stessi anni pubblicò diverse poesie, "Probabilmente allegria", (1970), cronache, "Di questo e d'altro mondo", (1971); "Il bagaglio del viaggiatore", (1973); "Le opinioni che DL ebbe", (1974) testi teatrali, romanzi e racconti.

Dal 1974 in poi, in seguito alla cosìddetta "Rivoluzione dei garofani" Saramago si dedicò completamente alla scrittura e getta le fondamenta di quello che può essere definito un nuovo stile letterario ed una nuova generazione post-rivoluzionaria.

Saramago pubblica qualche anno dopo, nel 1977, il romanzo "Manuale di pittura e calligrafia", e, nel 1980, "Una terra chiamata Alentejo". Il successo arriverà però con "Memoriale del convento" (1982). Nello spazio di pochi anni altre due opere importanti, "L'anno della morte di Ricardo Reis" e "La zattera di pietra", che gli varranno, oltre al successo di pubblico, numerosi riconoscimenti della critica.

Il riconoscimento a livello internazionale arriverà però solo negli anni novanta, con "Storia dell'assedio di Lisbona", una delle più belle storie d'amore mai scritte, il controverso "Il Vangelo secondo Gesù" e "Cecità", forse il suo capolavoro.

Eletto nel 2002 presidente onorario dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.


Le accuse di antisemitismo
Nel commentare il conflitto israelo-palestinese, Saramago ha recentemente affermato che gli ebrei non si meriterebbero più "comprensione per le sofferenze patite durante l' olocausto. Vivere nell' ombra dell'olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni." La Lega per l' Anti-Diffamazione (ADL), potente associazione lobbistica ebraica per i diritti civili, ha definito queste affermazioni 'anti-semite'. Abraham Foxman, il presidente dell' ADL ha dichiarato: "I commenti di José Saramago sono sovversivi e profondamente offensivi, oltre a dimostrare l'ignoranza relativa agli argomenti che porta a sostegno dei suoi pregiudizi nei confronti degli ebrei"

Saramago ha, per contro, dichiarato che i suoi commenti erano diretti alla politica dello Stato di Israele nei confronti dei palestinesi. Ha dichiarato che Israele non può affermare di rappresentare legittimamente il giudaismo a livello mondiale e che sta usando le accuse di anti-semitismo per sminuire qualsiasi critica riguardante azioni ingiustificabili e che sarebbero considerate inaccettabili se perpetrate da qualsiasi altro stato medio-orientale. Berger, Chomsky, Pinter, Saramago "Lettera sul Conflitto Israele-Palestina"


Una lettera di John Berger, Noam Chomsky, Harold Pinter, José Saramago, Gore Vidal

Il capitolo più recente del conflitto tra Israele e Palestina è iniziato quando effettivi israeliani hanno prelevato con la forza da Gaza due civili, un medico e suo fratello. Di questo incidente non si è parlato da nessuna parte, eccetto sulla stampa turca. Il giorno dopo i palestinesi hanno catturato un soldato israeliano proponendo uno scambio con i prigionieri in mano agli israeliani: ce ne sono circa 10 mila nelle carceri di Israele.

Che questo "rapimento" sia ritenuto unatrocità, mentre si considera un fatto deplorevole ma che fa parte della vita che le Forze di Difesa (!) Israeliane esercitino lillegale occupazione militare della Cisgordania e lappropriazione sistematica delle sue risorse naturali, in particolare dellacqua, è tipica della doppia morale usata con ricorrenza dallOccidente di fronte a quanto sopravvenuto ai palestinesi, negli ultimi 70 anni, nella terra che assegnata loro dai trattati internazionali.

Oggi, allatrocità segue unaltra atrocità: i razzi artigianali si incrociano con i sofisticati missili. Questi ultimi hanno il loro bersaglio dove vivono i poveri ed i diseredati che aspettano larrivo di quello che qualche volta si è chiamata giustizia. Entrambe le categorie di proiettili lacerano i corpi in maniera orribile; chi, salvo i comandanti in campo, può dimenticare questo per un momento?

Ogni provocazione ed il suo contraccolpo vengono impugnati e sono motivo di sermoni. Ma gli argomenti che seguono, accuse e solenni promesse, servono solo da distrazione per evitare che il mondo presti attenzione ad uno stratagemma militare, economico e geografico di lungo termine il cui obiettivo politico non è niente di meno che la liquidazione della nazione palestinese.

Questo bisogna dirlo forte e chiaro perché lo stratagemma, solo per metà manifesto, ed a volte occulto, avanza molto rapidamente nei giorni che passano e, secondo la nostra opinione, dobbiamo riconoscerlo quale è, incessantemente ed eternamente, ed opporci ad esso.

Mieussy, Francia 23 luglio 2006


Lo stile narrativo
Uno dei tratti più caratterizzanti le opere di Saramago è quello di presentare eventi storici da prospettive piuttosto insolite e controverse, cercando di mettere in luce il fattore umano dietro l' evento. Sotto molti aspetti, alcune sue opere potrebbero essere definite allegoriche. Saramago tende a scrivere frasi molto lunghe, usando la punteggiatura in un modo che a noi potrebbe sembrare scorretto. Non usa le virgolette per delimitare i dialoghi, alcune delle sue frasi possono essere lunghe anche più di una pagina e mette le virgole dove la maggior parte degli scrittori userebbe dei punti. Molti dei suoi paragrafi hanno la lunghezza di capitoli.

Molte delle sue opere, come Cecità, Saggio sulla lucidità, Le intermittenze della morte iniziano con un avvenimento inaspettato, surreale o impossibile. Da questo avvenimento scaturisce poi una storia reale, pretesto per studiare le mille forme del comportamento e del pensiero umano. La storia in realtà è un pretesto, si snoda attorno ad un fatto compiuto, ineluttabile. Non ci si deve domandare come sia potuto accadere: è successo, punto e basta. Ora i protagonisti (spesso senza nomi propri) devono cercare con le loro sole forze di uscire dalla situazione che si è venuta a creare.

Il modo di scrivere è spesso ironico: ai personaggi non vengono risparmiate critiche per i loro comportamenti, spesso discutibili, ma profondamente umani: non ci sono eroi, ma semplicemente uomini, con i loro pregi ed i loro difetti. Ed in effetti non manca la pietà e la compassione dello scrittore per essi, piccoli rappresentanti del genere umano.
sergio.T
00venerdì 11 maggio 2007 16:55
Non poteva mancare in questo posticino il grande scrittore portoghese.
Un posto e' suo per diritto.
Saramago e' il classico scrittore che non abbandoni piu', una volta letto e conosciuto.
Non ci si stanca mai di leggerlo e di parlarne.
mujer
00sabato 12 maggio 2007 11:50
Mi viene di parlare di Saramago così come l'ho conosciuto io.
Ho questa specie di predisposizione, di questi tempi, rapportare lo scrittore - e la sua scrittura - al tempo e allo spazio in cui mi trovo a vivere.
L'ultima mia lettura del maestro è stata con Le piccole memorie, che qui in Italia esce a giorni.
Un libro conclusivo, l'ho definito, un ritorno all'infanzia per chiudere il cerchio.
E il riferimento non è unicamente temporale ma soprattutto spaziale: Saramago torna ai luoghi dell'infanzia e lo fa per portare a morire la sua scrittura.

Di intellettuali come lui, al giorno d'oggi, se ne vedono ben pochi.
La lettera postata da Sergio lo annovera tra quelli veri, tra quelli che non hanno temuto di dire, tra quelli che - criticando a ragione - tengono viva l'attenzione del popolo.
Popolo, Saramago sa bene cos'è.
In tutte le sue opere ci sono personaggi che sono popolo, senza nome proprio, un uomo che è come i tanti, una donna che le rappresenta tutte.
Salvo poi estrapolare un'azione, un gesto, una scelta come unicità individuale. Ne Le intermittenze della morte, in Cecità, in Tutti i nomi, l'individuo che è solo, che si determina e gestisce, si rende autonomo.
Pochi, in verità, ma quei pochi fanno la differenza.
Come pochi sono i firmatari di quella lettera, e pochi i mezzi di comunicazione che l'hanno resa pubblica.

Gli intellettuali dissidenti (lo sono perchè il potere li rende tali) sono la garanzia di un reale che viene dipinto come impossibile.

Il possibile, a detta dei forti, ci viene prepotentemente propinato come l'unica realtà accettabile.

Da questo scontro tra impossibile/possibile Saramago ha tratto le più belle storie della letteratura moderna.
sergio.T
00lunedì 14 maggio 2007 09:09
Si e' vero nel Saramago classico c'e' piu' che altro la " condizione umana" che lega tutti.
Pero' la valenza dell'individuo non e' cosi' trascurabile.
E' una giusta miscela.
mujer
00lunedì 14 maggio 2007 09:22
Quello che mi fa amare il Saramago uomo e il Saramago scrittore è quel suo sovvertire la normalità per rendere una rivoluzione.
L'anomalia del normale è da lui rivoltata come un guanto, sviscerata e messa a nudo.
La rivoluzione della normalità è quanto di meglio si possa concepire, sia nella vita che nella scrittura.
Il suo stile è anche questo; l'eterna diatriba sulla punteggiatura, sui paragrafi lunghi come capitoli, sui dialoghi in prosa, sono la sua capace rottura della "normalità".
Ciò che è impossibile non esiste - ci dice Saramago - è proprio lì che bisogna forzare.
E lui è arrivato persino a forzare l'inutile senso di morte stuzzicando la vita.
Un genio.
mujer
00mercoledì 30 maggio 2007 09:21
Un documentario su Saramago, in lingua portoghese (comprensibile):

Parte I°



mujer
00mercoledì 30 maggio 2007 09:25

Parte II°:



sergio.T
00mercoledì 30 maggio 2007 09:36
ah! il Maestro! [SM=g11230]
mujer
00lunedì 11 giugno 2007 11:03


"Le piccole memorie" (che originariamente si sarebbe dovuto intitolare "Il libro delle tentazioni") è un libro di ricordi d'infanzia che abbraccia il periodo fra i quattro e i quindici anni di vita dello scrittore: "non è letteratura su ciò che ho vissuto, bensí quello che ho vissuto. Se avessi dato forma letteraria alla mia vita, sarebbero venute fuori 500 pagine", precisa Saramago in una intervista. Dalla nascita, nel 1922, nel paese di Azinhaga, nel Ribatejo, agli studi nella scuola industriale di Lisbona. Ricorda il convivio con il nonno contadino, un uomo saggio e analfabeta, con il quale imparò a badare ai maiali e ad osservare la Via Lattea. Parla del trasferimento a Lisbona, dove il padre va a lavorare come agente di pubblica sicurezza, e dove la famiglia andrà ad abitare in piccole stanzette di quartieri popolari, sempre all'ultimo piano, dagli affitti piú a buon mercato. A Lisbona, il bambino timido si trasforma in un adolescente contemplativo, che non perde nessun film del cinema "Piolho", nel quartiere della Mouraria. E' un bravo alunno, ma ben presto interrompe gli studi causa le difficoltà finanziarie della famiglia. Saramago è rimasto molto legato al bambino che era, ed egli stesso si sorprende della quantità di ricordi che serba dell'infanzia e dell'adolescenza: il giorno, per esempio, in cui venne assalito dal cane di un vicino; le donne che ricorrevano alla fattucchiera quando le cose andavano male; la madre che alla fine di ogni inverno andava ad impegnare le coperte per qualche spicciolo; o il giorno in cui gettò nella spazzatura la carta geografica sulla quale seguiva la guerra civile della Spagna, deluso dai giornali portoghesi che annunciavano solo le vittorie del generale Franco. Altri ricordi rivelano la fonte di ispirazione di futuri romanzi, come la gita che fece a Mafra, che avrebbe dato lo spunto, mezzo secolo dopo, a "Memoriale del convento"; o le ricerche all'anagrafe, in cerca di notizie sulla morte del fratello Francisco, che avrebbero fornito materiale per "Tutti i nomi".
mujer
00lunedì 11 giugno 2007 11:09

"Le piccole Memorie" è giù uscito in Italia, com'è che il Sergio non lo ha ancora letto?

Io l'ho letto in spagnolo qualche mese fa, e l'ho trovato bello, anche se non come i precedenti pilastri della letteratura contemporanea.

Si tratta del racconto delle memorie piccole, appunto, e non solo perchè riguardano un Zezinho giovane ma perchè sono memorie semplici.
I nonni, gli amici dell'infanzia, il lavoro contadino, i momenti di svago; il racconto di una vita senza complicanze (lo so che non si dice più e si dice "complicazioni" ma dico complicanze perchè ho appena finito il libro in spagnolo e mi piace tradurre complicancias nel modo più antico).
Bisogna leggere questo ultimo libro di Saramago senza tener conto dei suoi precedenti e tenendo conto di una cosa importante: il Maestro vuole lasciarci in modo povero, vuole farci dimenticare di essere un premio nobel e di essere uno degli scrittori più influenti del novecento.
Lo fa chiudendo il libro con le foto della sua vita, accompagnate da didascalie familiari, molto intime.

E' un libro da leggere dopo aver letto tutti gli altri perchè, in alcuni brevi passaggi, dichiara gli spunti da cui ha attinto per scrivere Cecità e Tutti i nomi.

Io spero che non sia la sua ultima opera, anche se immagino che così sarà.
Spero di essere smentita, ovviamente.
mujer
00lunedì 23 luglio 2007 17:18
C'è fermento in America latina dopo le ultime dichiarazioni del maestro. Ritengo sia importante riportare le divergenze visto che da noi un intellettuale ha voce in capitolo e muove milioni di coscienze.

vi posto il documento mandato dall'associazione Nuova Colombia, associazione che si occupa di America Latina:

LE INFAMIE DI SARAMAGO

Per la seconda volta in meno di due anni il noto scrittore José Saramago, già premio Nobel per la Letteratura nel 1998, vomita infamie prive di fondamento contro il movimento guerrigliero colombiano.

In questa occasione, il megafono delle sue stolte dichiarazioni sono stati i mezzi di disinformazione del regime fascista in Colombia, e più esattamente il giornalista burattino Yamid Amat, da sempre spadaccino della causa ultra-reazionaria.
Saramago, in visita a Bogotá per presentare il suo nuovo libro, nell'intervista rilasciata ad Amat, che gli ha chiesto se la guerriglia colombiana fosse comunista, ha risposto in questi termini: "Non lo è mai stata! E credo che mai lo sarà. Attualmente sono banditi narcotrafficanti, antipatriottici. E' impressionante come per colpa sua si siano perse in Colombia due generazioni. La sua esistenza ha soltanto prodotto morte, molti scomparsi e 3-4 mila sequestrati (...)".

Affermare che le FARC-EP non siano un'organizzazione comunista, o peggio ancora che non lo siano mai state, significa ignorare deliberatamente il carattere di questa forza, che sin dalla sua nascita nel maggio 1964 si è strutturata, articolata e sviluppata applicando i principi fondamentali del marxismo-leninismo alla realtà colombiana. Disconoscere questa incontrovertibile verità storica, e la continuità della natura comunista delle FARC, denota una pesantissima ignoranza in proposito da parte del signor Saramago.

Sostenere che si tratti di "banditi narcotrafficanti" ci porta a pensare che il premio Nobel portoghese, sicuramente encomiabile per il suo modo di scrivere affascinante e colmo di significati, non abbia colto nella sua esatta dimensione il fenomeno del narcotraffico quale multinazionale capitalistica, in cui a rendere più accentuata la curva dell'offerta è la domanda proveniente dai paesi ricchi, ed in cui i veri beneficiari e gestori risiedono non nella selva colombiana, bensì nei palazzi altolocati di Washington e New York, Milano e Berlino, Parigi e Madrid, con annessi paradisi fiscali sparsi per il pianeta.
Saramago, che arriva all'assurdo di bollare l'insorgenza come "anti-patriottica" senza spendere una parola sul massiccio e sempre più crescente intervento militare USA nel paese andino-amazzonico, forse non sa del Plan Colombia e delle migliaia di effettivi a stelle e strisce (tra consiglieri, alti ufficiali e mercenari delle compagnie private di sicurezza) che scorrazzano per la geografia nazionale nella più vergognosa impunità.
In una nazione che è diventata il terzo recettore al mondo di aiuti militari statunitensi, che è sventrata dall'invasività eco-insostenibile delle transnazionali del carbone, della palma africana, degli idrocarburi e della mastodontica agro-industria, e che ha storicamente avuto un susseguirsi di governucoli che hanno agito come proconsoli e vice-regni della Casa Bianca, sarà forse "patriottico" il militarmente fallito "Plan Patriota", schiantato dalla resistenza guerrigliera e popolare? Strana lettura della contraddizione tra imperialismo ed antimperialismo in Colombia, quella di Saramago.
Altra osservazione, su cui converrete: due generazioni di colombiani "perse per colpa della guerriglia"? Ma cosa diavolo vuol dire? E' evidente che in Colombia le generazioni bastonate dalla grave crisi che affligge il paese sono ben più di due. José Saramago dovrebbe sapere che fame, miseria, emarginazione sociale, assenza di democrazia vera e di opportunità per tutti, disuguaglianza strutturale - aggravata da una dipendenza economica ormai secolare - e terrorismo di Stato pregiudicano intere generazioni di un popolo, ipotecandone per decenni le sorti.

Ma non contento, il premio Nobel 1998 rincara la dose: "Altrove la guerriglia è stata politica e si è integrata nella vita di tutti i giorni, ma qui no." Forse il celeberrimo autore non si ricorda che le organizzazioni politico-militari colombiane che, soprattutto negli anni '90, si sono smobilitate, hanno fatto una brutta fine. E probabilmente dovremmo suggerirgli di soffermarsi su un dato inconfutabile, quello sì politico: ovunque le guerriglie si siano smobilitate senza esser riuscite a produrre trasformazioni strutturali sul piano politico, sociale ed economico, le sorti dei rispettivi paesi e popoli non sono state certo incoraggianti. O forse in Guatemala e Salvador, per citare solo due esempi, c'è oggi maggior convivenza civile ed una seppur minima giustizia sociale? La risposta è scontata.

Inoltre, come ricorda il noto intellettuale James Petras in una lettera aperta di risposta a Saramago, di pochi giorni fa, quest'ultimo sembra soffrire di una preoccupante amnesia storica. Altrimenti, come avrebbe potuto obliare che quando le FARC hanno provato a condurre opposizione politica per via legale e non militare, lanciando il movimento dell'Unione Patriottica in tutta la Colombia a metà degli anni '80, ben 5000 dirigenti e militanti della stessa sono stati massacrati dal terrorismo di Stato nel giro di meno di due lustri? L'essenza genocida e paramilitare del regime oligarchico colombiano è uno spessissimo strato di sedimenti antidemocratici, accumulatisi senza sosta negli ultimi cent'anni a colpi di massacri, omicidi, sfollamenti forzati, spoliazione delle terre ai contadini, eliminazione sistematica di ogni alternativa di potere, ecc.
La guerriglia in Colombia è stata, e continua ad essere, la risposta organizzata del popolo alla violenza esercitata dalle classi dominanti. Per dirla con parole chiare, trattasi essenzialmente di una lotta di classe, condotta dai settori popolari combinando le più diverse forme di lotta, ivi compresa quella guerrigliera. Uno che si definisce "comunista" come Saramago, dovrebbe tenerne conto.

Spolverando il rovescio speculare della medaglia, va altresì detto che Saramago non si è degnato di spendere una sola favella critica verso il governo paramilitare di Uribe, che ormai da anni è fautore di una politica guerrafondaia di annientamento di ogni forma di opposizione. Né si è sentito in dovere di ricordare pubblicamente a milioni e milioni di persone in tutto il mondo, pronte a riflettere con interesse in margine ai suoi pronunciamenti, che lo Stato colombiano è permeato in tutte le sue articolazioni dalle mafie paramilitari, con in testa Uribe. Lo scandalo della para-politica docet.

Infine, non potremmo non concludere con due esemplari paragrafi della recentissima lettera di Petras a Saramago: "Lei ha il diritto di opinare, ma le circostanze, il contesto e la sostanza dei suoi commenti possono soltanto essere intesi come elementi che rafforzano i leader terroristi e della forza militare della Colombia. Lei afferma di essere comunista, ma oggi ci sono molti tipi di comunisti: quelli che hanno rubato il patrimonio pubblico della Russia e sono diventati notabili oligarchi, quelli che collaborano con il brutale regime coloniale nordamericano in Iraq, e quelli che si sono battuti per 40 anni nelle fabbriche, selve e campagne della Colombia per una società senza classi; e poi ci sono quelli che temono il problema (l'imperialismo) e temono la soluzione (rivoluzione popolare), e fanno di tutto una questione di preferenze personali."
"Le idee, come sa, hanno conseguenze e soprattutto Lei, José, sa che le sue parole sono seguite da milioni di devoti lettori. Pensi prima di parlare di bande armate, perché Lei sta giustificando l'assassinio di migliaia di colombiani che hanno scelto di prendere il cammino più difficile e pericoloso verso l'emancipazione del loro paese. Nel passato recente, abbiamo condiviso opinioni e posizioni, ma d'ora in avanti prendiamo strade divergenti.”

20 luglio 2007

Associazione nazionale Nuova Colombia
www.nuovacolombia.net
sergio.T
00lunedì 23 luglio 2007 17:39
leggero' con interesse con calma.
Mac29
00martedì 18 settembre 2007 08:55
Ieri ho intravisto in una vetrina di una libreria, un nuovo libro di Saramago. Dovrebbe intitolarsi "la strada", l'ho cercato suibsma non dice nulla. Qualcuno sa qualcosa in merito?
sergio.T
00martedì 18 settembre 2007 11:16
non lo vedo matteo, nemmeno su internet.
Speriamo che sia l'ultima uscita e speriamo che sia " romanzo".
L'ultimo Saramago da me letto e' stato Di questo mondo e degli altri : sono scritti, saggi, ricordi.
Mi piacque, ma non come il Saramago romanziere.

Posso darti un suggerimento? La morte di Ricardo Reis.


Aspetto tuoi consigli! [SM=g8273]
sergio.T
00mercoledì 19 settembre 2007 16:04
allora questa "strada"?
Mac29
00giovedì 20 settembre 2007 08:38
Oggi forse faccio un salto in libreria e ti sapro' dire qualcosa in piu' in merito.
carla b.
00venerdì 21 settembre 2007 09:08
Con il titolo La strada è uscito l'ultimo di McCarthy
Non è che lo avete confuso? [SM=g10608]



[SM=g8707]



sergio.T
00venerdì 21 settembre 2007 09:20
Ciao Carla, ti ringrazio davvero di questa notizia che non sapevo.
Matteo, si vede che lo aveva visto velocemente, ma lo aveva confuso.
McCarthy e' con Saramago lo scrittore che prediligo in assoluto ( oltre a un Marquez, naturalmente): i suoi libri si acquistano a scatola chiusa, sono un garanzia per stile, scrittura, tematica, visione del mondo.
Chi ha letto il bellissimo capolavoro Meridiano di sangue ( Rosso di sera nel west) sa quello che intendo dire.
Ci vorra' un altro secolo almeno, per potere leggere qualcosa di simile.
Mac29
00venerdì 21 settembre 2007 12:15
Grazie Carla, mi sarei corretto questa mattina. Infatti ieri andando in libreria a fare compere (ben 5 libri),mi sono accorto della gaf;tra l'altro la strada l'ho anche comprato.Ciao e scusate ancora.
sergio.T
00lunedì 28 gennaio 2008 17:34
Tempo di elezioni.
« Siete voi, sì, soltanto voi, i colpevoli, siete voi, sì, che ignominiosamente avete disertato dal concerto nazionale per seguire il cammino contorto della sovversione, della indisciplina, della più perversa e diabolica sfida al potere legittimo dello stato di cui si abbia memoria in tutta la storia delle nazioni. »
(Un passo del discorso del presidente della repubblica agli abitanti della città che ha votato in massa scheda bianca)

J.Saramago.
sergio.T
00lunedì 28 gennaio 2008 17:46
Che facciano le elezioni subito con questa legge elettorale o con una altra manfrina; che istituiscano un governo tecnico o balneare;
o provino il governone grandi intese; che facciano quello che vogliono, le cose non cambieranno se si andra' a votare questa gente.
Milioni di soliti italiani si recheranno nelle migliaia di soliti seggi, voteranno i soliti partiti, con i soliti rappresentanti politici che perpetreranno le solite promesse e le solite ruberie.
Niente di nuovo sotto il sole.

Per uscire dal " solito" si legga prima delle elezioni Il saggio sulla lucidita' di Saramago.


"Una tematica ricorrente nel libro è quello dell'arroganza del potere, che Saramago mette molto in risalto, nei rapporti tra i vari esponenti del governo, in quelli tra il governo e il popolo, in quelli tra i vari livelli di governo (il ministro dell'interno e il sindaco della città), nei rapporti tra il ministro dell'interno e il commissario, nei rapporti tra il commissario e i suoi sottoposti. Altro tema è quello delle bugie degli esponenti del governo, che mettono in piedi un autoattentato (alla metropolitana) e fanno uccidere il commissario, salvo poi elevare questo a "eroe della patria" per guadagnare voti"

mujer
00martedì 29 gennaio 2008 09:08
Saggio sulla lucidità segue il "bagliore" di Cecità, quel bianco che ripulisce, un candore rigenerante.
Questo è un libro di grande forza, l'elogio all'autodeterminazione e, nonostante la maggior parte di chi l'ha letto ritenga che il maestro abbia narrato un'utopia, io l'ho sempre considerato un grande invito, una possibilità.
La moglie del medico (l'unica a non aver perso la vista in Cecità) che sarà ritenuta responsabile dell'astensione di massa, rappresenta il vero pericolo. Chi "vede" è nemico del sistema, chi "vede" è da sopprimere.
Così il commissario che indaga per conto del governo, una volta "aperti gli occhi", verrà giustiziato.

E' uno dei romanzi più belli del maestro.
sergio.T
00martedì 29 gennaio 2008 09:37
Un'utopia? non troppo.
Un'utopia, piuttosto, e' la nostra perseveranza ad aderire a questo sistema: un'uotopia masochistica e autolesionistica.
Rimango della mia sciocca idea: si deve smettere di votare fintanto la classe politica nel suo insieme e' rappresentata da una filosofia che di politico oramai non ha piu' niente.
Se nessuno si recasse a votare vorrei ben vedere cosa succede: sarebbe la rivoluzione piu' silenziosa, ma proprio per questo, piu' assordante.
Come dice Saramago:" Siete voi, sì, soltanto voi, i colpevoli, siete voi, sì, che ignominiosamente avete disertato dal concerto nazionale per seguire il cammino contorto della sovversione, della indisciplina, della più perversa e diabolica sfida al potere legittimo dello stato di cui si abbia memoria in tutta la storia delle nazioni. »
(Un passo del discorso del presidente della repubblica agli abitanti della città che ha votato in massa scheda bianca)
La piu' diabolica sfida , ovvero, la piu' pericolosa e definitiva.

Utopia? non direi.
sergio.T
00martedì 29 gennaio 2008 10:48
La questione politica di Saramago e' semplice e non c'e' nemmeno bisogno di tirare in ballo la sua fede Comunista: la politica di Saramago e' umanitaria, e' una politica sociale nel vero senso della parola.
Innanzitutto la sua critica al concetto di " potere": si leggano Cecita', Caverna, e Saggio sulla licidita' e si capira' subito contro cosa lotta lìarte letteraria di Saramago.
Il nemico e' una politica/potere oramai destituita del suo significato piu' autentico: una politica che non appartiene piu' alla gente, al popolo, ai " tutti"; una politica che esercita in svariati modi la sua pressione sulla societa', quella societa' che invece dovrebbe difendere; una politica che si trasforma giorno dopo giorno in potere di classe, di economia, di globalizzazione ( La Caverna cos'e' se non un libro accusa contro la globalizzazione?); una politica che arriva sino al punto di trasformare il diritto voto/ non voto che un cittadino dovrebbe avere, in un obbligo sentito come tale.
Il diritto al voto come consenso o il diritto al non voto come profondo dissenso, non dovrebbe mai essere in questione: Saramago , invece, dipinge uno scenario non troppo lontano: quello scenario che vede il potere costringere il cittadino al voto criminalizzandolo se questo non dovesse avvenire.
Il profondo dissenso e' una ribellione ad una classe politica che ha perso la propria identita' e , come si sa, il dissenso destabilizza una casta dirigente.
Non votare in massa e' una destabilizzazione definitiva.
sergio.T
00mercoledì 30 gennaio 2008 12:03
Se proprio si vuol parlare di stile senza allontanarsi dal mondo , ma anzi, addentrandosi ancor di piu' in esso, si legga Saramago con i suoi romanzi e la sua scrittura.
Si avra' ben chiaro ( tranne il caso di essere completamente accecati) cosa significhi giocare con il linguaggio dicendo cose estremamente serie.
Ma si sa: questo viene soltanto se si e' veramente scrittori e non saltimbanchi ( o imbroglioni)
sergio.T
00lunedì 10 novembre 2008 14:21
quando esce l'ultimo di Saramago in italia?
mujer
00mercoledì 12 novembre 2008 09:37
Si chiama "A Viagem do Elefante" (il viaggio dell'elefante) e la sua presentazione mondiale è prevista per il 27 novembre.
In un'intervista Saramago ha spiegato che questo libro era in cantiere dal 1999 ma che solo l'anno scorso, in un momento in cui si è visto tra la vita e la morte, è riuscito a finirlo.
L'intervista è in portoghese e l'ho trovata in un sito brasiliano, non dice se l'edizione in italiano sarà pronta per il 27 novembre.
Sperem!
mujer
00mercoledì 12 novembre 2008 09:44
in italiano ho trovato questo articolo:

Saramago in viaggio con l' elefante

Lento e sicuro, l'elefante ha portato Saramago a destinazione: l'ultima delle 240 pagine di romanzo che il premio Nobel portoghese della letteratura ha appena consegnato alla tipografia. Saranno pronte a ottobre, in tre lingue: spagnolo, catalano, portoghese. Da Lanzarote, nelle isole Canarie, dove vive con la moglie e traduttrice Pilar del Rio, l'autore del Vangelo secondo Gesù fa sapere di aver dubitato di potercela fare. L'inverno scorso una polmonite l'aveva rinchiuso in ospedale. A 85 anni sarebbe potuta risultare fatale, si è reso conto Saramago, pur abituato ormai a conciliare ispirazione e sofferenza fisica. Invece ha ripreso il cammino e la penna, fino al punto conclusivo: «Il viaggio dell'elefante» si aggiungerà tra meno di due mesi alla sua già corposa bibliografia. «Non è un libro in più - scrive Pilar sul blog della Fondazione intitolata al marito -. È il libro che stavamo aspettando e che è arrivato al suo giusto porto, il lettore». L' elefante Salomone non ha avuto altrettanta fortuna, come ricorda la signora Saramago, senza svelare altri dettagli del lungo racconto nel quale lo scrittore rielabora una storia vera del XVI secolo. Epoca in cui i sovrani esprimevano desideri bizzarri come quello di disporre di un elefante. E, per esaudirli, si macchinavano piani e itinerari quantomeno fantasiosi. Il pachiderma Salomone dunque attraversò l' Europa, da Lisbona a Vienna, in una processione surreale e avventurosa di cui José Saramago fu informato dieci anni fa quando entrò per caso in un ristorante di Salisburgo che si chiamava, appunto, «L'elefante». Personaggi realmente esistiti si trovano ora, nelle pagine dello scrittore, accanto ad altri inventati, ma non meno verosimili, riuniti nella carovana che ha acceso la sua fantasia. E quello spirito di «compassione solidale» che, secondo Pilar del Rio, pervade l'irragionevole viaggio di Salomone e quello non meno faticoso, ma terapeutico, del narratore.

Rosaspina Elisabetta
20-08-08 - Corriere della Sera
mujer
00mercoledì 12 novembre 2008 10:04
Dal blog di Saramago (http://blog.josesaramago.org/)

Il viaggio dell'elefante è in arrivo nelle librerie
5 Novembre 2008

L'ultimo libro di José Saramago, Il viaggio dell'elefante, pubblicato in Portogallo dalla Caminho, sarà nelle librerie portoghesi il 6 novembre. La sua presentazione avrà luogo il 3 dicembre, alle ore 18:30, nel Centro Cultural de Belén, a Lisbona.

In Brasile, in coincidenza con l'inaugurazione dell'esposizione José Saramago "La consistenza dei Sogni" che si terrà nell'Instituo Tomie Ohtake di San Paulo, la casa editrice Companhia das Letras organizzerà la presentazione il prossimo 27 novembre. Il libro è già disponibile nelle librerie brasiliane.

In Spagna, edizioni Alfaguara, il libro sarà disponibile dal 19 novembre.




(bisognerebbe chiamare l'Einaudi per sapere se qualcuno ha iniziato a tradurlo...altrimenti mi offro io! [SM=g8785] )

il 3 dicembre a Lisbona...ci sto a fa' un pensierino! [SM=g10529]
mujer
00mercoledì 12 novembre 2008 10:08
Arriviamo sempre nel luogo in cui siamo attesi.

José Saramago

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