SSST!... di Anton Pavlovič Čechov

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vanni-merlin
00giovedì 3 dicembre 2009 21:04
SSST!...



Ivàn Jegòrovic' Krasnuchin, collaboratore giornalistico di mezza tacca, rincasa a notte tarda accigliato, serio e come particolarmente riconcentrato. Ha un'aria come se s'aspettasse una perquisizione o meditasse il suicidio. Dopo aver camminato un po' per la stanza, si ferma, arruffa i capelli e dice col tono di Laerte (1) che si accinge a vendicar la sorella (2):

- Affranto, stremato nell'anima, in cuore un'angoscia opprimente, ma pure siedi e scrivi! E questo si chiama vita?! Perché nessuno ancora ha descritto la tormentosa discordanza che nasce nello scrittore, quand'egli è afflitto, ma deve far ridere la folla, o quand'è allegro e deve sparger lacrime su ordinazione? Io debbo esser gaio, indifferentemente freddo, arguto, ma immaginate che mi opprima l'angoscia o, mettiamo, che io sia malato, mi stia morendo un bimbo, che partorisca la moglie!

Ciò egli dice scotendo il pugno e rotando gli occhi... Poi va in camera e desta la moglie.

- Nadia, - dice, - mi metto a scrivere... Per favore, che nessuno mi disturbi. Non si può scrivere, se strillano i bambini, sbuffano le cuoche... Da' ordine pure che ci sia il tè e... una bistecca, che so io... Tu lo sai, senza il tè non posso scrivere... Il tè è l'unica cosa che mi sostenga nel lavoro.

Tornato nella sua stanza, egli si leva soprabito, panciotto e stivali.

Si sveste lentamente, dopo di che, data al suo volto l'espressione dell'innocenza offesa, siede alla scrivania.

Sulla tavola non v'è nulla di occasionale, di usuale, ma tutto, ogni minima inezia, reca il carattere della ponderazione e d'un rigoroso programma. Bustini e ritrattini di grandi scrittori, un mucchio di manoscritti in bozza, un tomo di Bielinski (3) con una pagina ripiegata, un osso occipitale in luogo di portacenere, un foglio di giornale, piegato con negligenza, ma in guisa che si veda il posto segnato intorno a matita azzurra, con una grossa scritta in margine:

«Ignobile!». Vi son pure una decina di lapis temperati di fresco e di portapenne con pennini nuovi, visibilmente messi lì perché cause e accidenti esteriori, del genere d'un guasto alla penna, non possano interrompere neanche per un secondo il libero volo creativo...

Krasnuchin si arrovescia sulla spalliera della poltrona e, chiusi gli occhi, si sprofonda nella meditazione del tema. Sente come la moglie strascica le pianelle e spacca legnetti per il samovàr. Ella non s'è ancor destata del tutto, lo si vede dal fatto che il coperchio del samovàr e il coltello di continuo le cascan di mano. Presto giunge il grillare del samovàr e della carne rosolata. La moglie non smette di spaccar legnetti e di sbacchiare intorno alla stufa chiusini, coperchi e sportellini. D'un tratto Krasnuchin sussulta, apre gli occhi spaventato e comincia ad annusar l'aria.

- Dio mio, acido carbonico! - geme, contraendo dolorosamente il viso. - Acido carbonico! Questa donna insopportabile s'è prefissa di avvelenarmi! Orsù, dite, per amor di Dio, posso io scrivere in un ambiente così?

Egli corre in cucina e là esplode in drammatiche urla. Quando, dopo aver aspettato un po', la moglie, avanzando guardinga in punta di piedi, gli porta un bicchier di tè, egli siede come dianzi in poltrona, con gli occhi chiusi, e immerso nel suo tema. Non si muove, si tamburella leggermente in fronte con due dita e fa mostra di non sentir la presenza della moglie... Sul suo viso vi è, come poc'anzi, un'espressione d'innocenza offesa.

Come la ragazzina a cui han donato un prezioso ventaglio, egli, prima di scrivere il titolo, civetta lungamente con se stesso, posa, fa smancerie... Si preme le tempie, ora si rattrappisce e piega le gambe sotto la poltrona, come per dolore, ora strizza languido gli occhi, come un gatto sul divano... Infine, non senza esitanza, allunga la mano al calamaio e, con un'espressione come se firmasse una sentenza di morte, fa il titolo...

- Mamma, dammi dell'acqua! - egli sente la voce del figlio.

- Ssst! - dice la madre. - Il babbo scrive! Ssst...

Il babbo scrive lesto lesto, senza cancellature e interruzioni facendo appena in tempo a voltar le pagine. Busti e ritratti degli scrittori celebri miran la sua penna che scorre rapida, non si muovono e sembra che pensino: «Ohi, fratello, come ci hai fatto la mano!».

- Ssst! - stride la penna.

- Ssst! - fanno gli scrittori, quando sobbalzano con la tavola per un urto del ginocchio.

D'un tratto Krasnuchin si raddrizza, posa la penna e tende l'orecchio... Egli sente un sussurro eguale, monotono... Nella stanza attigua l'inquilino, Fomà Nikolàievic', sta pregando Iddio.

- Sentite! - grida Krasnuchin. - Non vorreste pregare un po' più piano? M'impedite di scrivere!

- Scusate... - risponde timidamente Fomà Nikolàievic'.

- Ssst!

Riempite di scrittura cinque paginette, Krasnuchin si stira e guarda l'orologio.

- Dio, già le tre! - geme. - La gente dorme, e io solo devo lavorare!

Rotto, spossato, chinata la testa di fianco, va in camera, desta la moglie e dice con voce languida:

- Nadia, dammi ancora del tè! Io... sono affranto!

Scrive fino alle quattro, e scriverebbe volentieri fino alle sei, se non fosse esaurito il tema. Civettare e posare davanti a se stesso, davanti agli oggetti inanimati, lungi da un occhio osservatore indiscreto, dispotismo e tirannia sul piccolo formicaio dalla sorte gettato sotto il suo dominio formano il sale e il miele della sua esistenza. E come questo despota qui, in casa, è dissimile da quel piccolo omino umiliato, privo di favella, incapace, che siamo avvezzi a veder nelle redazioni!

- Son così spossato che difficilmente prenderò sonno... - egli dice, coricandosi. - Il nostro lavoro, questo lavoro maledetto, ingrato, da galera, estenua non tanto il corpo quanto l'anima... Dovrei prender del bromuro... Oh, vede Iddio, se non fosse la famiglia, smetterei questo lavoro... Scrivere su ordinazione! E' tremendo! Egli dorme fino alle dodici, o fino all'una del pomeriggio, dorme sodo e profondamente... Ah, come ancora dormirebbe, che sogni farebbe, come si scapriccerebbe, se diventasse uno scrittore noto, redattore, o magari editore!

- Ha scritto tutta la notte! - bisbiglia la moglie, facendo un viso spaventato. - Ssst!

Nessuno ardisce né parlare, né camminare, né far rumore. Il suo sonno è cosa sacra, la cui profanazione il colpevole pagherebbe cara!

- Ssst! - aleggia nell'appartamento. - Ssst!




NOTE:

1) Nell'"Amleto" di Shakespeare.

2) Ofelia.

3) Celebre critico e pubblicista russo (1812-1848).


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