SPORT PER USCIRE DAI RECINTI SOCIALI

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vanni-merlin
00mercoledì 22 agosto 2007 00:32
SPORT PER USCIRE DAI RECINTI SOCIALI


Lo sport è un momento fondamentale di integrazione sociale e di incontro con gli altri, aiuta ad entrare in contatto con le persone, a migliorare la propria autostima, a dare maggiore fiducia in se stessi. Ma è anche un'occasione di condivisione delle rispettive esperienze in un'ottica di integrazione sempre più ampia volta alla ri-acquisizione dell'autonomia.

E' quanto emerso dal convegno “Sport e integrazione sociale: non solo per gioco”, tenutosi a Udine presso il Parco Sant'Osvaldo, all'interno della Festa d'estate. L'evento era organizzato dall'associazione polisportiva E’ Vento Nuovo di Udine in collaborazione con il Dsm dell’Azienda sanitaria n°4 Medio Friuli, il Comune di Udine e l’Associazione nazionale polisportive per l’Integrazione Sociale. Obiettivo dell'incontro era focalizzare l'attenzione sullo sport inteso come importante strumento di crescita sociale e culturale, soprattutto a livello amatoriale e lontano dalle esasperazioni legate all'agonismo. Sport, dunque, inteso anche e soprattutto come occasione di incontro, confronto, conoscenza e relazione sociale, anche sui temi della salute mentale.

Il convegno, che si è tenuto presso l’ex padiglione 21 (sala “ex-spaccio”) all’interno del Parco Sant'Osvaldo di Udine, si è indirizzato sulla funzione di integrazione e crescita sociale-culturale che lo sport, praticato a livello amatoriale, può rappresentare. Al dibattito hanno partecipato l'assessore allo sport e vice sindaco del Comune di Udine, Vincenzo Martines, il presidente nazionale Anpis, Roberto Grelloni, la presidente del Comitato italiano paralimpico, Marinella Ambrosio, il direttore del Dipartimento di salute mentale di Udine, Mario Novello, il presidente provinciale Uisp, Francesco Zamparo, e il presidente della Polisportiva E' Vento Nuovo, Roberto Rossetto, che ha moderato i lavori.

articolati i punti sottolineati nel corso dell'appuntamento, a partire dall'idea che lo sport va riportato al suo significato primario, ossia momento di gioco, relazione e momento di vita. Sport non è soltanto quello praticato dai campioni e, in quest'ottica, la diversità va intesa come punto di forza non di debolezza. Ecco perché l'occupazione degli spazi diventa funzionale ad assegnare contenuti significanti attraverso la pratica sportiva, in una più ampia prospettiva di investimento (umano e sociale) sul piano dei diritti. Ecco che lo sport e il gioco diventano, così, prezioso strumento per riappropriarsi del diritto di cittadinanza. Lo sport dev'essere sport per tutti, deve includere e non escludere, unire e non dividere, deve aprire al confronto e non chiudere le porte alle relazioni tra le persone. In questo senso, è stato sottolineato, la personalizzazione dell'attività può diventare elemento comunicante, si veda la richiesta di conferire pari dignità tra Olimpiadi e Paraolimpiadi che, attualmente diversificate, costituiscono uno scarto non più accettabile nel concetto di sport inteso come momento di socializzazione e incontro.

Lo sport comunica se stesso e le persone che vi stanno attorno e che lo praticano utilizzando il linguaggio non verbale. In questo senso diviene strumento facilitatore per mettere in relazione persone normodotate con persone disabili. Servono però maggiori spazi dedicati in particolare allo sport per tutti, partendo dall'ottica che non solo le persone vanno messe tutte sullo stesso piano, ma che parità di livello va altresì data anche tra sport di vertice e di base. Ciò significa strutture, risorse umane, personale qualificato e, quindi, anche risorse economiche.

Sport e attività motoria significano, inoltre, la possibilità di incidere sul territorio in maniera profonda. Educando, ad esempio, la popolazione, in particolare a partire dalle giovani generazioni, a praticare lo sport non contro qualcuno ma assieme a qualcuno. Ancora includere, non escludere. Strumento di uscita dai recinti sociali e culturali, oltre che fisici. Questo l'humus dello sport per tutti. Lo sport è dunque, più che mai, patrimonio culturale straordinario. Racchiude in sé numerose sfaccettature, in uno spettro che parte dall'agonismo allo stare insieme. Ma occorre maggiore attenzione da parte degli amministratori degli enti locali, ad esempio, su come utilizzare ed applicare le leggi che già ci sono. Sono necessari momenti di riflessione costruttiva e condivisa che partano dalla base, dalle sue esigenze e richieste, dalle associazioni che si occupano di sport per tutti, anche per le persone disabili.

In chiusura di lavori il dibattito ha toccato l'esigenza, non trascurabile, di un maggiore coinvolgimento delle donne. Lo sport ha anche il compito, è stato sottolineato, di proporre stili di vita positivi e di combattere quelli dilanianti come l'anoressia. Ma lo sport, inteso come momento d'incontro e non di agonismo esasperato, può certamente essere occasione per attività alla pari. Infine, Federico della Polisportiva Fuori C'Entro di Trieste ha ricordato la sua esperienza. Entrato in contatto con il Csm di Trieste nel 2002, ha poi conosciuto l'associazione ed iniziato a giocare a calcio. Il suo percorso è andato via via migliorando sempre più, tanto che oggi lavora con la stessa associazione attraverso un contratto a progetto. Insomma -afferma- “sono diventato quasi un operatore, cerco di passare il favore che ho ricevuto agli altri, aiutandoli a superare i momenti di difficoltà”.


Fabio Della Pietra
Ufficio Stampa
Cooperativa sociale Itaca
Pordenone
Prot. 1523
www.itaca.coopsoc.it


da: www.ventosociale.it/ventosociale/content/view/3119/64/

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