"Questa è la porta del rancore… qui arrivano le persone che hanno subito una morte violenta. Tu sei stato ucciso. Puoi scegliere tra tre strade. Puoi accettare la morte e andare in paradiso. Puoi rifiutare la morte e vagare nel mondo dei vivi come fantasma. Oppure puoi uccidere qualcuno con una maledizione.” E' la gelida Izuko ad accogliere con queste parole le anime di coloro che sono stati assassinati, e ad accompagnarli nella meditata scelta del loro destino.
Breve e toccante serie del geniale Tsutomu Takahashi, questo Skyhigh sorprende per l'attualissima visione filmica delle ossessioni e delle problematiche umane. Avendo letto Jiraishin e Tetsuwan girl, possiamo dire che la completezza introspettiva di cui dispone l'autore nel tratteggiare i suoi personaggi ha raggiunto l'apice , e la simbiosi di sceneggiatura e disegno (in Skyhigh non si capisce quale dei due mezzi sia miglior tramite di introspezione) contribuisce a rendere il manga un'opera omogenea, piacevole e di lettura scorrevole. Il tratto spigoloso, ruvido, è perfetto per inquadrare l'allucinata esperienza spirituale e raccontarcela facendocela vivere da dentro al protagonista, permettendoci di comprendere i perchè della sua vita, della sua morte e della sua scelta, il tutto con un trucco molto efficace e apparentemente semplice: che la vittima sia una madre incinta uccisa dalla sua migliore amica per invidia, o un'adolescente con problemi di solitudine, o un anziano custode di un'azienda fallita, o un giovane musicista con poco talento e il complesso della competizione, viviamo in loro le nostre inquietudini. Il dilemma, se perdonare e vivere o vendicarsi e precipitare all'inferno, pone a noi stessi non solo l'occasione per riflettere su cosa avremmo fatto, ma soprattutto su cosa ci porta a a dover scegliere. Per quanto l'ambientazione sia horror puro, è la realtà tagliata in maniera verosimile nelle vignette a risultare orribilmente squallida e degenerata, l'aut aut è solo la conseguenza degli effetti che il mondo ha avuto sulle anime trapassate. Non c'è omicidio senza senso, si è portati a credere, o senza interesse, eppure ciò che traspare è la distorsione mentale che giustifica un senso così futile o la mancanza stessa di un motivo ("Perchè l'abbiamo uccisa? Abbiamo dovuto. Continuava a chiedere scusa, aveva rotto le balle... come si chiamava? Non glielo abbiamo chiesto. Importava?"). L'ultimo racconto diviso in due parti, una per vittima, è il migliore degli otto che compongono i due volumi, e l'approfondimento psicologico e identificativo tocca la stessa Izuko, ma stavolta, laddove precedentemente non si lasciava molto spazio alla speranza o all'illusione di un mondo benevolo, Takahashi si lascia andare alla narrazione di valori umani trionfanti in un mondo sconsiderato (pur notando ancora la patologica abnegazione che trasporta questi valori, nella figura dello scrittore/padre), facendoci chiudere il volume con un senso di mancanza: possibile che siano solamente otto racconti, solo due volumi, solo 480 paginette (purtroppo le solite cartine trasparenti della Star Comics...), solo otto scelte e basta, non c'era altro da raccontare e farci vedere? Pare tuttavia che dal manga sia stata tratta una serie televisiva... viene il dubbio se, a parte la non eccessiva originalità del soggetto, il manga sia stato solo un trampolino pubblicitario. Fosse anche così, è un trampolino molto ben fatto :)