Conny1810
lunedì 8 marzo 2010 10:57
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«Quella volta che ho visto Dio»
Testimonianza di Ron tratta dal suo ultimo libro - Ron si racconta - dove parla di sè, delle canzoni e della sua fede.
« I o credo. E so, perfettamente, dove porta il Vento ». Cioè Dio. Anche se – attenzione – sono io(intervistatore) che lo cito esplicitamente: Ron possiede un bellissimo pudore della sua fede ed è raro che Lo nomini in maniera esplicita.
Ron, quando è entrata nella tua vita la religione cattolica?
«C’è da sempre. Ma non saprei dire se sempre l’ho vissuta sinceramente. Sono sempre andato a messa, per dire, anche in tour, anche a costo di dover discutere con qualcuno dello staff perché la faccenda era problematica dal punto di vista pratico. Però non so quanto tutto questo fosse solo un frutto esteriore dell’educazione ricevuta dai miei. O quanto magari potesse anche servire a non sentirmi in qualche modo in colpa».
Però a un certo punto, per la precisione nel disco «Le foglie e il vento » del 1992, hai iniziato a cantare una tua fede. Già in altri brani del passato era emersa la tua spiritualità, ma la chiarezza è arrivata da quel disco. Cos’è successo?
« Ci furono degli episodi che mi portarono a dover sostenere la mia famiglia in un momento di difficoltà forte. Per non impazzire, cercai aiuto e lo trovai nella preghie- ra. Ho cercato Dio, posso dire: sono tornato a quel Dio che mi avevano insegnato e che per anni forse avevo frequentato solo appunto per non sentirmi in colpa. Ho cominciato a chiedere, poi a mettermi nelle Sue mani e rimettermi a tutto quanto mi poneva davanti. Ed è da lì che ho cominciato a camminare ».
Su un percorso che poi, già nel 1994, in «Angelo», hai cantato in modo anche più esplicito, dentro un album destinato al grande pubblico del «pop». Ad esempio, lì ti sei riferito addirittura all’angelo custode, nella celebre «Tutti quanti abbiamo un angelo».
«Alcuni giornalisti si sono messi a ridere ascoltandola. E per questo nel tempo sono diventato sempre più attento quando parlo della mia fede. Ho anche imparato che i valori, se li hai, li puoi trasmettere anche indipendentemente dalle singole parole che scrivi o che dici. Anzi, credo che la gioia di vivere, di esserci, di capire, di migliorare, tutto quanto la fede mi dona, possano uscire da me anche meglio, se non canto l’angelo custode. Nei teatri, durante il tour de L’altra parte di Ron , non parlavo mai, esplicitamente, della fede. Però tutto arrivava lo stesso alla gente, con intensa leggerezza».
Quindi è per questo che poche volte citi la parola «Dio» nelle canzoni. Pur parlando spesso di un credere che evidentemente dà il Senso, con la maiuscola, alla tua opera e a tutto il tuo percorso, anche artistico.
« Esattamente. Il Senso è lì. Però non è sempre necessario gridarlo. Questione della leggerezza che secondo me è anzi necessaria per non rischiare di diventare predicatori.
Ed è anche una questione di pudore personale. Perché del resto, se vuoi trasmettere veramente un messaggio di cui sei convinto, devi cercare di farlo volare alto, e questo non lo puoi fare solo con le parole, ma con l’anima… lo spirito.
In compenso metti in gioco la tua fede come esperienza di vita anche oltre i messaggi contenuti nelle canzoni, diretti o indiretti che siano ».
Ad esempio vai spesso a Lourdes.
«Sì, cerco di andarci ogni anno, se posso».
Perché ci vai?
«Ma, sai, credo che il meccanismo interiore sia uguale a quello di tutti gli altri che ci vanno. Trovarsi davanti a quella grotta. Lì il resto non conta, credimi: chi hai a fianco, i malati, la commercializzazione dell’evento… Lì si avverte una forza che ci fa sentire unici. Nella nostra debolezza. Perché poi, se si va a Lourdes, è proprio per la coscienza di essere uomini, creature fragili».
C’è differenza tra la religiosità della tua infanzia e quella che respiri nei luoghi che scegli adesso, come Lourdes?
«La differenza è in me. Non mi sento più obbligato a fare qualcosa per farlo poi con fatica. Aderisco a un credo con quel tipo di libertà di cui proprio Cristo ci parla».
Tu hai incontrato anche figure contemporanee decisive nella storia della fede cattolica, come Giovanni Paolo II. Che cosa ti ha lasciato l’incontro con Wojtyla?
«Beh, ho avuto la fortuna e l’onore di intrattenermi qualche istante con lui. E devo dire che era un uomo che comunicava forza interiore. Una volta, era una Giornata della Gioventù, cantai Il profondo dell’azzurro del mondo in piazza San Pietro, e lui mi diede una croce di legno come ricordo dell’occasione. Era molto provato, ma sentii le sue mani sulla mia testa, che gli avevo appoggiato sulle gambe. Non dimenticherò mai quei momenti: mi ha trasmesso la sensazione di non sentirmi in nessun posto se non con Dio, un’infinita tenerezza».
«Sono sempre stato un credente, ma solo in un momento di grave crisi ho davvero riscoperto la forza della preghiera[/G] La mia musica? La fede lì c’è ma io non la grido»
Fonte: "Avvenire"
Serena71.
lunedì 8 marzo 2010 13:45
Mi piace molto questa testimonianza di Ron; si sente che è VERA.
E' una bella persona...