Roma, Avvento

Riccardo Assioli
mercoledì 25 novembre 2020 20:01
Roma, Avvento
Nei tratti leggeri
Che descrivono l’alba
Le mura emergono
Dall’ombre della città eterna
In un silenzio puro,
Un’armonia nuda
Che danza su
Ali di gabbiani
Senza palcoscenici.

E i primi ed ultimi
Viandanti
Accorrono con meraviglia
Dimentichi del sonno
Perché troppo
Hanno dormito
Fino ad oggi.
Ma sono in pochi
Ed ancor meno
I coscienti.

Anche Intorno a me
Poco prima
Erano danze
Audaci, superbe,
Sensuali, sfrenate.
Non di vita,
E non di morte,
Ma un lungo e goffo
Chi se ne fotte.

Dove siete tutti ?
Io solo dunque
sono il folle
Che si è accorto dell’alba?
Io solo respiro
Come appena nato
Estatico dinanzi
Al suo miracolo ?

Eppure vi vidi ridere,
Poche ore son passate.
E vidi tremare
Nei calici il ricordo
Di visioni Inebriate.

Dove siete adesso ?
Non è forse l’alba
Il sorriso più sublime?
E non è forse il mattino
il poeta Più ebbro e sapiente?

Ma io conosco
In fondo Il vostro sorriso
E vi dirò senza stupirvi troppo
Che esso è meschino,
E forse la rivolta
Della coscienza
Nei letti si arrovella
Sepolta
Perché chi
Non sa più ridere
Non sa più nemmeno piangere.

Conosco la vostra danza
Ed è risentita, distratta,
Ricolma di languore.
Potreste essere ovunque
E sareste comunque
In un posto senza nome.

Perché la vostra potenza
È divenuta la vostra
Superstizione,
E vi ha ipnotizzato
Ai tablet con il marchio del signore.
Il servo abbassa le ciglia,
Perché ha ucciso la meraviglia.

L’alba è per pochi
Ancor meno sono i coscienti.
È per chi sopravvive alla notte
E ai goffi Chi se ne fotte .
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