Roma, 17/06/2007 Domenica XI per Annum

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ale3000
00mercoledì 20 giugno 2007 20:56
Roma, 17/06/2007 JMJ
Domenica XI per Annum

Introduzione: Una fabbrica misteriosa, oggetto di continua attenzione, da parte di due tribunali speciali permanenti.

A) Una fabbrica misteriosa oggetto di continua attenzione: Le letture della liturgia di oggi senza paura di equivoci, ci dicono, contrariamente al comune pensare del nostro tempo, che il peccato purtroppo esiste e si annida nel cuore dell’uomo. Dice infatti la Parola di Dio:
1) «Davide disse a Natan: “Ho peccato contro il Signore!”» (1° lettura)
2) «Dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno» (2° lettura).
3) «Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città… stando presso i piedi (di Gesù)… cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato» (3° lettura).

La Parola di Dio dunque ci fa prendere atto, che purtroppo, per ogni uomo, il peccato è una realtà innegabile e ineluttabile propria dei comuni mortali. Infatti diversi sono gli aspetti con i quali si viene a conoscenza del peccato; esso generalmente si presenta come:
a) Disordine esistenziale:
• sregolatezza di istinti
• ingordigia negli affari e nel possedere
• possibilità di gesti dannosi contro il prossimo
• ribellione contro se stessi
• rivolta direttamente contro Dio.

b) Affermazione del primato:
1) della libertà: siamo liberi, perciò possiamo fare tutto ciò che ci pare e piace
2) dell’interesse individuale nelle forme più esasperanti dell’individualismo e dell’egoismo
3) della coscienza cosiddetta «laica», secondo la quale, è bene o male, solo quello che decido io, o la mia società, e non un Dio qualunque.

c) Anomalia:
1) Ontologica: con la quale, il finito (= l’uomo) pretende di fare a meno, o di competere con l’Infinito (= Dio). È la solita indimenticabile favoletta del poeta latino Fedro, del bue e la rana.
2) Antropologica: con la quale si accusa una «vistosa diminuzione» del mio essere «uomo» in quanto persona intelligente e razionale.
3) Teologica: con la quale si ferisce e non raramente si distrugge la mia amicizia, la mia comunione, la stessa vita di Dio (= la Grazia) in noi.

Riflessione: Nonostante ciò, a partire dall’eretico Pelagio e soprattutto da Jean Jacques Rousseau, per il quale l’uomo è buono per natura e quindi incapace di fare il male, il peccato non esiste, perciò è scomparso dalla scena degli interessi dell’uomo moderno.
La scienziata Rita Levi Montalcini, premio Nobel 1986 per la medicina, ebrea e libera pensatrice, interrogata circa la sua fede religiosa, così rispondeva con freddezza e sicurezza impressionante: «Mi definisco agnostica… non mi sento di dichiararmi atea, per quanto, forse fondamentalmente lo sono… sappiamo che, per i credenti, c’è un aldilà, dove siamo puniti o premiati. Questo mi sembra così ingenuo che io l’ho sempre rifiutato» (Dal «Messaggero di S. Antonio» Settembre 1991).
Dunque per questa eminente e come lei, per molti altri esponenti della cultura contemporanea «è ingenuo», che si possa essere puniti per il peccato, o premiati per la «virtù», perché l’aldilà non esiste e quindi c’è solo il nulla.

B) Due tribunali speciali, ma diversi tra loro, in continua fase operativa:
1) Il tribunale degli uomini: Simone, il ricco fariseo che a casa sua aveva invitato a pranzo Gesù, quando vide avvicinarsi all’ospite d’onore una donna che in città non godeva buona fama di onestà, pensò tra se: «Se Costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice!» (3° lettura).
Un giudizio di condanna verso una peccatrice partorito nel silenzio della mente di un perbenista.
Ma siccome al Signore non sfugge nulla, Egli non tollera i giudizi e le condanne senza appello, che «i perbenisti» generalmente affibbiano a tutti i malcapitati dei loro tribunali. Il Signore dunque interviene presso l’illustre fariseo, per dissipare tutti gli equivoci di chiunque di noi voglia atteggiarsi a giudice degli altri. A Lui infatti bastano questi due strali della sua dialettica, per mettere K.O. qualunque tribunale umano, compreso quello di Annozero di Michele Santoro:
a) «Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei» (Jo 8,7).
b) «A questa donna le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato» (3° lettura).

Riflessione: Dunque per demolire quell’inesorabile tribunale umano presente in ciascuno di noi, e con il quale siamo sempre pronti a scagliare sassi di giudizi e di condanne, occorrono:
1) La consapevolezza che i primi peccatori, e quasi sempre inguaribili, siamo noi. Dunque umiltà.
2) Molto amore: come Dio ama e perdona noi peccatori, così anche noi dobbiamo imparare il difficile mestiere di amare e perdonare chi sbaglia.

«Se mai diventerò una santa — diceva la Beata Madre Teresa di Calcutta — sarò certamente una santa del “nascondimento”: mi assenterò in continuazione dal Paradiso per recarmi sulla terra ad accendere la luce di quelli che vivono nell’oscurità».
Ecco l’unica professione degna del cristiano: quella di saper accendere sempre una luce là dove c’è il buio pesto o uno stoppino fumigante nel cuore degli altri.

2) Il tribunale di Dio: Questo è totalmente diverso da quello degli uomini; mentre il primo è sempre incline al perdono, alla giustizia, all’amore e alla misericordia, l’altro, quello degli uomini, con l’ipocrisia e la faziosità più sfacciate, è piuttosto proteso verso la condanna, la vendetta, il pregiudizio e l’annullamento della persona giudicata.
Perciò, mentre il tribunale degli uomini demolisce «l’uomo», quello di Dio lo «ricostruisce e lo rinnova».
Ne è conferma l’episodio di Davide, re d’Israele, ricordato nella 1° lettura.
Davide, dunque, è rimproverato da Dio tramite il profeta Natan, per aver commesso due peccati gravissimi: adulterio e omicidio. Infatti:
Per possedere la moglie del suo generale Uria, Davide non esita a farlo uccidere. Il profeta mette Davide dinanzi alle sue responsabilità, raccontandogli la favoletta di un tale, che, possedendo una sola pecorella, questa gli viene sottratta da un ricco benestante.
Al sentire questo Davide va su tutte le furie contro questo prepotente usurpatore, ma Natan lo inchioda sul suo peccato con queste parole di fuoco: «Tu sei quell’uomo!», perciò è inutile che ti fai paladino di giustizia, quando «il colpevole sei proprio tu, re d’Israele!».
In quel momento nel cuore di Davide scoppia il pentimento e allo stesso tempo scocca l’ora del perdono di Dio: «Davide disse a Natan: “Ho peccato contro il Signore”. Natan rispose a Davide: “Il Signore ha perdonato il tuo peccato; non morirai!”» (1° lettura).

Riflessione: «L’uomo è uno che ha sempre bisogno di perdono» (P. Aldo Aluffi s.j.).
Guai a noi se non trovassimo il tribunale di Dio sempre pronto e disponibile per offrirci questo perdono!, perché — lo riconosceva anche S. Paolo —: «dalle opere della legge, cioè dalle sole realtà umane, non verrà mai giustificato nessuno» (2° lettura).
Ferruccio Parazzoli, nel suo romanzo «Indagine sulla Crocifissione», immagina che Dio e l’uomo al momento della morte di quest’ultimo, si incontreranno con una grande risata in un abbraccio d’amore.
Perché questo, si chiede lo scrittore? Ed egli risponde lapidariamente così: «Dio è agguato, non è paura!».

Conclusione: La nostra vita e la nostra cultura devono imparare a respirare l’aria del perdono e dell’amore, diversamente diceva M. Luther King: «Se non impariamo a vivere nella fratellanza, sprofondiamo nella follia».


Don Remo Bonola
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