Roma 10 maggio 2009 V Domenica di Pasqua

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ale3000
00giovedì 7 maggio 2009 19:45
Roma 10 maggio 2009

V Domenica di Pasqua

Introduzione. Una missione rischiosa, che deve fare i conti, non con la fiera delle parole, ma con i fatti, aventi il “marchio della verità”.

A. Una missione rischiosa:< Saulo … predicando apertamente nel nome del Signore, parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo> (1ª lettura).

Commento.
S. Paolo, convertitosi da poco, affronta alcuni greci, gente pagana, ma di raffinata cultura, per annunciare loro, senza peli sulla lingua un messaggio sconvolgente, riguardante un certo Gesù di Nazareth, Crocifisso e Risorto. Apriti cielo! Quando mai un Crocifisso è risuscitato? Perciò quei greci tentarono, non solo di tappargli la bocca, ma addirittura di togliergli la vita.
La storia si ripete. S. Paolo e gli altri Apostoli rappresentano la Chiesa nascente nel suo difficile cammino nel tempo. Infatti, la Chiesa, ieri come oggi, rischia:
1. O il bavaglio, perché non possa annunciare al mondo verità scomode
2. O la persecuzione, per essere messa a tacere, perché non abbia diritto alcuno di cittadinanza nella società.

Riflessione.
Questi due tentativi di mettere a tacere la Chiesa d’oggi, provengono in gran parte da quel fenomeno tanto dilagante chiamato “secolarizzazione”.
Questa al dire del Papa Benedetto XVI:< non è soltanto una minaccia esterna, ma anche interna nella Chiesa stessa, perché snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e il comportamento dei credenti, nei quali regna la superficialità e un egocentrismo con il rischio di cadere in un cristianesimo vuoto>. (Benedetto XVI, 08/03/2008).

B. Missione non di sole parole, ma di fatti contrassegnati con il marchio della verità.
“Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità … (perché) questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri …” (2ª lettura).
Dunque il Signore vuole essere amato da noi, non a parole, ma con i fatti, perché, l’unica parola ammessa nella Chiesa, non è quella degli uomini, ma quella di Dio.
Motivo: Solo la Parola di Dio possiede il “marchio della verità”, essendo Egli stesso: la Via, la Verità e la Vita in senso esclusivo ed assoluto.
Pertanto:
1. La Parola di Dio, non deve essere una “Passerella” di annunci facili inquinati da un certo “Buonismo” contemporaneo.
2. La Parola di Dio deve far parlare il cuore degli uomini, perché, questi imparino a non poter fare a meno di Lui e a riconoscerlo nei panni del prossimo, specialmente se povero e indifeso.
3. La Parola di Dio deve incarnarsi nelle cose degli uomini, ma senza lasciarsene condizionare e contagiare.

Riflessione.
La Parola di Dio, dunque è necessaria a tutti, credenti e non credenti, se la Chiesa e la società non vogliono ritrovarsi naufraghi sperduti nel burrascoso mare della storia. Infatti ha scritto qualcuno:< Un mondo dove viene a mancare l’amore, sprofonda nell’abisso della morte>. (Gabriel Marcel, filosofo francese cattolico).

C. Missione rischiosa, che deve fare i conti con alcuni punti fermi postulati dalla nostra realtà esistenziale.
“Come il tralcio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neanche voi, se non rimanete in Me. Io sono la (vera) vite, voi i tralci. Chi rimane in Me porta molto frutto, perché senza di Me non potete fare nulla”. (3ª lettura).
Con questa similitudine della vite e dei tralci il Signore vuole alcuni punti fermi postulati dalla nostra realtà esistenziale:
1. Come il tralcio staccato dalla vite non porta frutto così l’uomo senza Dio, non può fare nulla di buono, di credibile e di duraturo.
2. Solo se il tralcio è unito alla vite può portare frutto, così l’uomo solo con Dio, e per Lui può compiere grandi cose. (cfr. la Vergine Maria).

Riflessione.
Purtroppo spesso succede, che noi non abbiamo abbastanza umiltà per riconoscere i nostri limiti; perché dimentichi, che, in metafisica:< Non è il più, che ha bisogno del meno, ma il meno, cioè l’uomo ha bisogno del più, cioè di Dio>.
Non c’è cosa peggiore infatti di quella di ritenersi del tutto autosufficienti, quando invece non lo siamo affatto, perché sempre bisognosi di Dio e degli altri. Mentre in fatto di fede ci si convince di essere ormai arrivati. Ma in questo caso, fa osservare Ernesto Balducci, che:< Fino a poco tempo fa, credevamo di essere una cristianità, ma non è detto, che fossimo cristiani!>.

Conclusione.
Dinanzi alle difficoltà e agli ostacoli, che possono impedire la nostra rischiosa missione di lasciarci guidare dalla Parola di Dio, in un mondo ormai scristianizzato, non bisogna perdere la fiducia e la speranza; anzi io suggerirei di affidarci a quella delicata preghiera di Charles Peguy che recita: .

Don Remo Bonola
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